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5.9

Z A C H A R I A S

La porta scricchiola.

Spalanco gli occhi non appena la sento, sicuro di trovare un intruso nella stanza, ma quando mi guardo attorno non c'è nessuno. Beth continua a dormire beata, segno che non deve aver sentito nulla, ma un brutto presentimento si fa strada per la mia testa.
Mi giro verso la sveglia che segna le due di notte e mi alzo per studiare la stanza nei minimi particolari. Niente cassetti aperti e tutti gli oggetti sono al loro posto, quindi nessuna effrazione. Una corrente d'aria fresca mi schiarisce le idee: deve essere stato il vento a muovere la porta.

Mi avvicino alla finestra per chiuderla, notando sul cassettone due fogli piegati a metà.
Che strano, quando sono andato a dormire non c'erano.
Li prendo e li osservo: che sia qualcosa da parte di Tasya per ringraziarci della lista dei desideri? Con un sorriso stampato in volto apro uno dei due, notando che si tratta di una lettera dedicata a me. Inizio a leggerla, ma ogni parola aumenta il battito del mio cuore e per poco non mi fa vomitare. La lascio cadere a terra e prendo quella per Annabeth.
Corro verso di lei e la risveglio, sentendo il fiato sempre più corto. «Tasya, è Tasya» dico, nel panico. «Vuole uccidersi.»

Mi strappa la lettera dalle mani e la legge, con occhi sgranati. Mentre va a svegliare gli altri, io penso a un luogo dove potrebbe essere andata. Deve essere per forza in casa, la sua cecità, per fortuna, non può averla fatta andare troppo lontano.
In lontananza sento Kol urlare e solo ora, concentrandomi, riesco a udire dell'acqua scrosciare nel bagno.
Un lampo mi attraversa la mente, facendomi capire come ha intenzione di uccidersi.

Corro verso il bagno. Non appena arrivo davanti alla porta, i piedi rimangono inzuppati nell'acqua che fuoriesce. «Tasya!» urlo, cominciando a dare colpi alla porta. La spalla, dopo tre tentativi, inizia a farmi male, così decido di fermarmi e provare a parlarle. «Tasya, ti prego, rispondi. Apri la porta.»

Silenzio. L'immagine del suo corpo immerso in una vasca di sangue si fa strada nella mia mente, facendomi mancare il respiro. Ricomincio a dare colpi alla porta, ignorando il dolore, e continuo ad urlare il suo nome fino a sentire la gola bruciare. Arrivano gli altri, che hanno gli occhi sconvolti e il corpo tremante. Ci guardiamo fra di noi, nel panico: nessuno sa cosa fare.

«Tasya, apri» dice Calvin, piangendo. Prende a pugni la porta, sporcandola di sangue, ma viene fermato da Andrew che semplicemente gli sussurra di smetterla. Kol si accascia a terra, sotto shock, e io faccio lo stesso, ormai senza speranze. Calvin sussurra fra i singhiozzi: «Ti imploro, apri la porta.»

«Zach, assicurati che Kol non perda coscienza» ordina Annaberth, guardandosi attorno. Immerge le dita nell'acqua che esce da sotto la porta, per poi studiarle controluce. «È ancora viva. Se si fosse tagliata i polsi, l'acqua dovrebbe sporca di sangue.»

Vorrei intervenire, dirle che si tratta solo di un'ipotesi, ma rimango in silenzio e mi aggrappo a questo ultimo briciolo di speranza.
Mi siedo accanto a Kol, che continua a fare respiri troppo accelerati, e resto ad osservarlo senza sapere cosa fare.

Annabeth, che sembra l'unica a riuscire a mantenere la calma, si china sulle ginocchia. «Tasya, lo so che mi senti. Puoi aprire la porta? Così ne parliamo» dice. Silenzio. L'unico rumore è lo scrosciare dell'acqua, che continua a uscire da sotto la porta. La notte ci circonda insieme alla paura, che come una cara amica ci abbraccia e sussurra, iniettandoci nella testa i peggiori pensieri. «Ho letto la lettera. Hai detto che dovrei vedere tutto questo come una prova fallita ed esempio per migliorarmi, giusto? Per me, allora, non è ancora finita, non rinuncerò finché non saprò che sei sana e salva.»

Fa un respiro profondo. «In ogni caso, ti sbagli. Non sei mai stata una sfida o un giocattolino rotto da aggiustare per noi, perché non ce n'è bisogno. Sei più forte di quanto pensi, mettitelo in testa» passa il polso sotto al naso. «Non ho mai superato ciò che ha fatto mio padre e lo sai benissimo, perché certe cose non possono solo essere dimenticate. Ti perseguiteranno qualsiasi cosa tu faccia, anche le più semplici, ed è difficile controllare i propri pensieri, non tutti sono in grado di farlo. Per questo motivo bisogna saper chiedere aiuto.»

«Anche se tu non te ne rendi conto, ci sono un sacco di persone disposte ad aiutarti. Per ritrovare la speranza mi ci sono voluti un'infinità di anni, di sedute dallo psicologo e notti insonni. C'è chi dice che la luce in fondo al tunnel non esiste, ma in realtà è vera. Prima o poi ritornerai a stare bene, ma solo se aprirai questa porta e ci permetterai di aiutarti» appoggia una mano al legno. «E devi capire che non lo farai per gli altri, ma per te stessa. Perché hai solo diciassette anni, hai davanti a te una vita che potrà essere vissuta al massimo.»

«Avrai tempo di innamorarti» mi lancia un'occhiata. «Di avere figli, di trasferirti nella tua prima, vera casa e di incontrare la persona che riuscirà a salvarti, ma solo se prima riuscirai ad amarti da sola. Tendiamo a desiderare l'affetto degli altri a tal punto da trascurare la persona che per prima dovrebbe apprezzarci per come siamo: noi stessi. Quindi, Tasya, apri la porta e permetti a te stessa di amarti.»

Non sentiamo alcuna risposta, solo il continuo scrosciare dell'acqua.
Mi accascio senza forze accanto a Kol, che scoppia a piangere insieme a Calvin. È finita. È veramente finita. Guardo Annabeth poggiare la fronte sulla porta, anche lei senza speranze.

Finché il silenzio non viene infranto dalla chiave che gira nella serratura.

N/A

Falso allarme: Tasya è viva!

Sono veramente stanca, infatti non vedo l'ora di andare a dormire, ma volevo per forza pubblicare oggi per non lasciarvi troppo sulle spine. Il capitolo non mi convince appieno, spero che almeno a voi piaccia.

Domani ultimo capitolo, non so voi, ma non vedo l'ora. Cioè no, non voglio finisca, ma allo stesso tempo non vedo l'ora.

Ha senso?

Vi lancio un abbraccione e vi auguro una buona notte.❤️

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