4.9
T A S Y A
Avere un attacco di panico è come cadere nell'oscurità.
Inizia lentamente, si insinua nelle tue ossa e nella tua mente e l'ansia comincia a prendere il controllo all'improvviso. Non avviene in un secondo, è un processo lungo e angosciante e capisci fin dall'inizio come andrà a finire.
Respirare diventa difficile, dando il via alla fase che definisco "vuota": siete tu e il tuo respiro affannato, nessun altro.
Il cuore batte forte, come un tamburo che suona proprio vicino al tuo capo, che causa un martellante e penetrante mal di testa.
Vorresti strapparlo dal collo, vorresti lacerarti le orecchie per non udire più quel rumore assordante, ma non c'è nulla che tu possa fare: sei semplicemente impotente.
Ti agiti e ti arrabbi, vorresti spaccare tutto e colpire chiunque ti capiti davanti. È così frustrante, così doloroso! A volte mi capita di domandarmi: perché, fra tutti, proprio me?
Comincio a pensare che non passerà mai e che potrei addirittura morire da un momento all'altro, non riesco a fermare i miei pensieri peggiorando solo la situazione.
Ciò che mi passa per la testa mi fa paura e inizio a tremare in modo incontrollabile, le mie gambe e le mie braccia vengono scosse da tremolii terrificanti.
Senti un doloroso peso al petto e l'aria scomparire, ti senti soffocare sempre di più e cominci a boccheggiare come se stessi affogando. Cerchi di risalire a galla in disperata ricerca d'ossigeno.
Inizi a sudare e risciacquarti il viso con acqua ghiacciata quasi ossessivamente, fino a non sentire più la pelle per il freddo.
La parte peggiore, però, arriva quando l'attacco di panico finisce.
Quando hai fame d'aria, quando il tuo cuore è impazzito e non ti rimane nulla se non l'angoscia.
Provi forte vergogna per ciò che è appena successo e speri che nessuno abbia assistito al momento più fragile della tua giornata, continuando a vivere nella costante paura possa ripetersi.
Passo le mani sulla faccia cercando di cancellare le tracce lasciate dalle lacrime, sentendo il mascara su tutto il viso e le ore passate a prepararmi per il concorso andare in fumo.
Rachele sta provando a rassicurarmi, ma non può immaginare cosa stia accadendo nella mia mente in questo momento: è bastato immaginarmi su quel palco per scatenare il panico.
Un unico pensiero, un'intera serata rovinata.
«Te la ricordi la concorrente dell'anno scorso?» chiede, forse per smorzare la tensione. Nego con il capo. «Durante il suo discorso ha tirato un rutto talmente forte al microfono che quelli che passeggiavano in mezzo alle bancarelle credevano fosse un tuono e che un temporale fosse in arrivo. Nel panico hanno tutti tirato fuori gli ombrelli, è stato pazzesco.»
Il suo tentativo di tirarmi su il morale non fa altro che peggiorare la situazione. «E se capitasse a me?» chiedo, passando le mani tremanti fra i capelli. Faccio un respiro profondo per mantenere la calma. «Tu hai mai partecipato a uno di questi concorsi?»
«No, ovviamente no. La gente dice che sono carina, ma stento a crederci. Non ho molta autostima e non sarei mai capace di camminare davanti a così tante persone come se niente fosse. Mi piaccio con pochi amici, ma conosciuta per quel che sono veramente» ridacchia. «E poi non sono una tipa coraggiosa, non riuscirei mai a parlare davanti a una folla. Perciò sii fiera di essere arrivata fino a questo punto, non è da tutti. Sei l'unica ad avere le palle di dire la verità a chi piace vivere nella menzogna.»
Tiro su col naso. «Ho paura.»
Mi accarezza il braccio. «Lo so, ma andrà tutto per il meglio, vedrai. Capiranno anche loro che sei una ragazza stupenda e piena di qualità e che nessuno di noi ti merita» mi stringe in un abbraccio. «Fra poco è il tuo turno, non abbiamo tempo per sistemare il trucco e i capelli. Sei pronta?»
Stringo i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nella carne. «Sì, sono pronta.»
«Mi chiamo Tasya, ho diciassette anni e ho qualcosa da dire a tutti voi» Non li vedo, ma li percepisco. I loro occhi minuziosi puntati sul mio trucco sbavato, sui capelli trasandati e con le orecchie tese per intercettare qualsiasi errore nel mio discorso. Parlare davanti a una folla non rientrava nella lista dei desideri, ma aiutare il mio migliore amico sì. Sono qui per lui e riuscirò a vincere e superare le mie paure solo ed esclusivamente per Calvin. C'è solo un piccolissimo problema: il panico mi ha fatto dimenticare metà del discorso. Esibisco un sorriso falso. «Rispetto alle altre concorrenti, che sembrano delle Barbie di marca, io assomiglio più a una bambola tarocca, ma ho deciso di salire su questo palco per i miei amici. A proposito: ciao Zach, ciao Kol, ciao Calvin.»
Sento qualcuno ridacchiare. Dio, mi sto mettendo in ridicolo. «Calvin è il mio migliore amico e la ragione per cui ho deciso di partecipare a questo concorso. Non ho intenzione di parlare di quanto sia bello essere qui, di quanto sia importante partecipare a questo concorso o su quale tonalità di smalto porto alle unghie, bensì per raccontarvi di lui. Viviamo in un mondo in cui veniamo perennemente giudicati, non importa cosa tu faccia: sei troppo brutta, sei troppo bella e di conseguenza sei per forza superficiale e te la tiri, segui un determinato cantante e quindi sei sfigata, ascolti musica triste e sei depressa. Se non studi sei un ignorante, se studi troppo sei un secchione. Sei vegano e non va bene, sei gay e sei contro natura. Se sei musulmano sei un terrorista, se credi in Dio sei uno stupido.
Quale credente non si è mai sentito dire almeno una volta nella vita: "Dio non esiste, stai solo perdendo tempo"?»
«Viviamo in un mondo in cui agli occhi della gente avrai sempre qualcosa di sbagliato, vivono nelle loro idee e convinzioni senza nemmeno avere l'occhio critico per rendersi conto se stanno per sparare una cazzata o meno. Non ammetteranno mai di avere torto e la maggior parte delle volte non accettano l'opinione altrui, arrivando addirittura ad insultarti. E voi starete pensando che ho ragione, disprezzando nella vostra mente quelle persone senza sapere che, in realtà, ne fate parte.»
«Un vostro compaesano viene picchiato dal padre e voi ancora cercate una giustificazione per tale gesto. Anche quando avete la vera versione dei fatti davanti ai vostri occhi, continuate a credere a ciò che volete. Dite che l'uomo, in realtà, è innocente, che deve essersi trattato di un errore, che lui era una persona gentile, onesta e pura. E se fosse stato picchiato da uno straniero? Non avreste insultato lui e tutti quelli della sua razza? Non sono qui per fare l'eroina della situazione, ma quando il mio migliore amico è stato picchiato nessuno ha mosso un dito per stare dalla sua parte. Perché lui era quello gay, quello "sbagliato". Avete trasformato la vittima nel colpevole. Giravo in paese e vi sentivo bisbigliare ovunque, che fossi in biblioteca o al supermercato. Parlavate di lui e lo definivate il cattivo, consapevoli di avere accanto a voi la sua migliore amica. Vorrei ricordarvi che sono cieca, non sorda, e almeno io un minimo di cervello ce l'ho.»
«Perché non possiamo accettarci a vicenda per quello che siamo? Semplici esseri umani. Ci odiamo a vicenda perché abbiamo gusti diversi e ci comportiamo come bambini che fanno competizione per chi ha il giocattolo più bello e costoso. Vivere in pace è così difficile? Non è Calvin ad essere sbagliato, ma chi lo giudica perché ha un orientamento diverso dal loro. Era lui quello terrorizzato di dover dire al padre di essere gay, lui è la stessa persona che poi è rimasta inerme mentre veniva malmenato, che si è svegliata in ospedale con questi pochi ricordi e con il pensiero di essere rimasto da solo.»
Accenno un sorriso. «Potete rimanere fermi nelle vostre convinzioni, comunque. Lui, oltre ad aver vinto in tribunale, ha anche vinto nella vita, mentre voi siete ancora indietro a sparlare e sputare veleno. Ma tanto siete dietro per un motivo.»
Attorno a me non fiata nessuno, rimangono tutti in silenzio e io vorrei solo sotterrarmi.
Qualcuno inizia ad applaudire, poi altre persone urlano complimenti e il mio nome. Sento qualcuno esprimere il suo malcontento, dire che ho solo diciassette anni e che non dovrei fare la maestra di vita, ma qualcuno lo zittisce e mi urla di continuare così.
Non riesco a trattenere una risata.
Rachele mi aiuta a scendere dal palco. «Hai visto? Non hai ruttato e nessuno pensa stia per arrivare un temporale» dice e questa volta scoppio a ridere, libera dalla tensione. «Sei stata grande, sapevo ce l'avresti fatta.»
Qualcuno, poi, mi afferra per le spalle e mi fa voltare. Incontro il petto muscoloso di Calvin, che mi stringe in un forte abbraccio e mi accarezza i capelli. «Ti voglio bene da morire, Tasya. Grazie di tutto» sussurra.
Annuisco, lasciandomi scappare qualche lacrima. «Ti voglio bene anche io.»
Il resto della serata procede fra un complimento e l'altro e la cosa migliore è sentire la gente promettere che da oggi cercheranno di diventare persone migliori.
Il mio discorso ha per davvero ispirato qualcuno.
So che molti di loro l'hanno detto anche se non lo faranno, mentre altri non ci riusciranno, ma sapere di aver ispirato solo una persona mi fa sentire come non facevo da tantissimo tempo.
Felice.
A fine serata, quando annunciano la vincitrice, non mi rattristo alla notizia di aver perso.
Mi basta avere qui con me Calvin, Kol e Zach: loro sono tutto ciò che conta.
N/A
Raga manca pochissimo al capitolo 50, sono emozionatissima HELP.
1) Vi piace la nuova copertina?😏
Me l'ha fatta la gentilissima Rosalie_TheDarkLady che è super bravissima e talentuosa.
Grazie ancora!
2) Cosa ne pensate di questo capitolo?
Non vedevo l'ora di scriverlo, soprattutto la parte del discorso.
Mi sono impegnata tantissimo e spero vi sia piaciuto!
3) Secondo voi cosa accadrà nel prossimo capitolo? Perché sono così euforica nel volerlo scrivere?
-SoNo VeRAmeNte EufORica-
4) Come si supera SKAM Italia?
Ah, già: non si può.
5) Ci sentiamo domenica con il nuovo capitolo! Un abbraccio❤️❤️
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