4.8
Z A C H A R I A S
L'abbandono, secondo la psicologia, è un sentimento che può causare disagio emotivo o disturbi psichici. Cambia in base all'età, al sesso e alla personalità della persona colpita e il modo in cui avviene influenza il danno psicologico.
Eppure tutti i casi d'abbandono hanno due caratteristiche in comune: dolore e desiderio di poter ritornare indietro.
Vorresti rivivere dall'inizio tutti i momenti passati con lei, vorresti rivederla al tuo fianco, risvegliarti al mattino e darle il buongiorno, parlarle, abbracciarla, sfiorarle i capelli, rispondere ai suoi messaggi e alle sue chiamate, prepararle da mangiare, farle sorprese, sentire la sua voce... La rivorresti indietro quando ormai è diventata solo una presenza invisibile, un'allucinazione della tua mente.
E non è questo essere masochisti?
Non potremmo semplicemente smettere di pensarci e andare avanti?
Lasciarci tutto alle spalle e ricominciare a vivere?
Invece spendiamo ore a piangere, notti a ricordare e vite a immaginare dove saremmo ora se le cose fossero andate diversamente.
Annabeth se n'è andata e non c'è nulla che io possa fare.
Credevo che dopo anni di relazione questo momento non sarebbe mai arrivato - o, almeno, non così presto - e mi ero costruito un castello di convinzioni dove lei sarebbe rimasta insieme a me per sempre.
Non ero pronto, se esiste davvero un momento in cui lo si possa essere: ci stavamo per sposare, eravamo a poche settimane dal salire su un altare e giurare di amarci per sempre, ma è bastato un secondo per invertire il corso delle cose.
Sono passati giorni, ma non mi ha ancora dato alcuna spiegazione e sono convinto ci sia lo zampino dei nonni. Sapevo sarebbero stati un problema, ma non me ne sono mai preoccupato abbastanza e nell'arco di poco tempo sono stati in grado di rovinarci la vita.
Quando ha detto ad alta voce di non volermi più sposare, però, ho intravisto nei suoi occhi un'emozione nata da dentro e che la tormentava da tanto tempo.
Paura? O forse tristezza?
Non lo so, ma avrei dovuto capire che qualcosa non andava e l'ho fatto quando ormai era troppo tardi: siamo già arrivati a un punto di non ritorno.
Era la ragazza giusta, l'unica che è stata in grado di rubarmi il cuore e non farmi rimpiangere alcun momento passato insieme.
Non sono mai stato un ragazzo da relazione seria, eppure mi sono ritrovato a chiederle di sposarmi.
La vita, in risposta, si è presa gioco di me e ha riportato a galla tutti i ricordi delle ragazze a cui ho spezzato il cuore. Ero sempre il primo a lasciare e, come nel caso di Yamama, tradire, mentre quelle povere ragazze versavano lacrime per il cuore che avevo spezzato loro.
Ho fatto sperimentare loro la solitudine che provo io adesso, la realizzazione che una persona se n'è andata.
Ti autoconvinci che potrebbe essere colpa tua anche quando non è così.
Annabeth era la colonna portante della mia vita e in un secondo è crollato tutto davanti ai miei occhi.
Alzo lo sguardo verso il cielo scuro e pieno di stelle. Delle folate di vento sospingono le foglie inermi, secche e rossastre sulla strada. Sfilano fra le bancarelle e le persone, vengono calpestate senza pietà, evitate o ignorate: non è un po' come la gente fa con gli altri?
Lo so, è stupido paragonarci a delle stupide foglie, ma qualsiasi cosa potrebbe essere in grado di rappresentarci e non ce ne rendiamo conto.
Il palco sul quale a breve sfilerà Tasya è circondato da una marea di persone impazienti di scoprire i volti delle pretendenti al titolo di Miss Yellowknife, mentre i pochi rimasti ammirano le bancarelle senza comprare nulla. C'è quella delle frittelle, dello zucchero filato, dei gioielli finti, di vestiti e anche quella di peluche.
Guardo una bambina implorare la madre di comprarle un orsetto di pezza, ma la donna nega con il capo. «Sai che non possiamo permettercelo. Mi dispiace, Sara, ma dobbiamo fare tutti dei sacrifici per andare avanti.»
Mi avvicino alle due osservando la bambina, che annuisce e si sforza di non scoppiare a piangere.
Anche il mio vecchio migliore amico aveva problemi economici e so quanto possa essere difficile: i soldi bastavano solo per comprare cibo e qualche indumento, indossava sempre gli stessi vestiti e veniva preso in giro per questo motivo.
La camera era spoglia, nessun poster o libro, perché non aveva soldi da sprecare per queste cose. Mi sentivo così impotente e volevo aiutarlo con tutto me stesso, ma i miei genitori mi negavano sempre di prestargli dei soldi.
Tiro fuori una banconota da venti dal portafoglio e li porgo alla donna, che mi guarda incredula. «Ecco a lei, lo pago io il peluche» dico. Sorrido non appena vedo la bambina saltellare dalla gioia. «Lo faccio con piacere, davvero. Se avessi una figlia vorrei facessero lo stesso.»
«Non so come ringraziarla, io...»
«Nessun problema.»
Le sorpasso e raggiungo Kol, che lavora alla bancarella delle frittelle insieme ai suoi genitori. Il ragazzo, non appena mi vede, si alza e si pulisce la mani sul grembiule verde. I capelli sono tutti infarinati e ha qualche macchia sul viso, ma nemmeno con della farina in faccia perde il suo fascino. Comprendo perché Tasya abbia perso la testa per lui. «Zach!» esclama, venendomi incontro. «Come ti senti?»
Rimango a fissarlo in silenzio, come a domandargli: "ma l'hai chiesto veramente?".
Lui, in risposta, fa una smorfia come a domandarsi: "ma l'ho chiesto veramente?".
«Hai sentito Tasya?» chiedo, cambiando argomento.
Annuisce. «Continua a mandarmi messaggi vocali in cui dice di essere nel panico e spera di slogarsi la caviglia prima che arrivi il momento di salire sul parco. Sta impazzendo» fa spallucce. Già, so cosa significa avere a che fare con una Tasya nel panico. Spero non le abbia scritto di stare tranquilla, altrimenti farà una brutta fine non appena si ricongiungeranno. «Più che altro è preoccupata per il discorso e onestamente lo sono anche io. Molte persone potrebbero prenderla male.»
«Hai ragione, ma...» Il mio cuore perde un battito. Davanti a una bancarella intravedo una chioma bionda e a distanza riesco a sentire la sua risata. Accanto a lei i suoi nonni, che la tengono a braccetto come se fosse una bambina. «Scusami, Kol. Devo andare.»
Il ragazzo segue la direzione del mio sguardo e annuisce. «Zach,» dice, «so che non abbiamo un rapporto stretto e che l'unica cosa che abbiamo in comune è Tasya, ma per qualsiasi cosa puoi contare su di me, okay?»
Annuisco. «Okay.»
Raggiungo Annabeth, che tiene il gracile corpo stretto in un giubbino grigio. Ride e scherza con i nonni, ma non appena mi nota il suo sorriso si spegne come la fiamma di una candela dopo un soffio di vento. Rimane ad osservarmi a testa alta e in silenzio, piena di testardaggine e orgoglio, ma il suo sguardo pieno di sensi di colpa la tradisce subito. «Ciao» si schiarisce la voce. «Hai bisogno di qualcosa?»
«Possiamo parlare?» chiedo. Accenno con il capo ai suoi nonni, che mi fissano in cagnesco e con la bocca curva in una smorfia di disprezzo. «Da soli, se possibile.»
Annuisce e mi segue davanti al palco, dove rimane in silenzio in attesa che io dica qualcosa.
È a disagio, infatti si tiene una ciocca di capelli arricciata fra le dita e continua a calciare delle foglie con gli stivaletti marroni che porta ai piedi.
«Come stai?» domando «Hai già trovato un altro posto in cui stare? Se vuoi, finché non troverai un nuovo alloggio fisso, potrai tornare a casa nostra. Non c'è problema per me.»
Nega con il capo. «Non preoccuparti, vivo con i nonni.»
Cala di nuovo il silenzio.
Infilo le mani in tasca e mi guardo attorno, cercando qualcosa da dire per portare avanti la conversazione. Ma cosa posso fare quando non abbiamo ancora risolto nulla?
Sospiro e rivolgo di nuovo la mia attenzione su Annabeth. «Non credi dovremmo parlarne?» chiedo, trovando finalmente il coraggio di dire ciò che mi son tenuto dentro fino ad ora. «Potremmo incontrarci domani e discuterne davanti a un caffè, che ne dici?»
«No, ho già un altro impegno» risponde. Davvero? Siamo già arrivati al punto in cui si inventa bugie pur di non incontrarmi? Sotto il mio sguardo perplesso, alza le mani in segno di resa. «Te lo giuro, sono impegnata per davvero. Ho ripreso la terapia.»
«Cosa?»
«Sì» accenna un sorriso. «Ci stavo pensando da un po' e alla fine mi sono decisa sotto consiglio della nonna.»
«Quindi mi hai lasciato per questo?» chiedo, sconvolto. «Perché non mi hai mai detto di voler riprendere la terapia? Avremmo potuto affrontarlo insieme, io...»
«No, Zach, non è per questo che ti ho lasciato» mi interrompe. «E comunque è una cosa che voglio affrontare da sola.»
«Non capisco» ammetto.
«Lo so.»
«Torna a casa» la imploro. «Non so il motivo per cui te ne sei andata, ma so che non volevi farlo per davvero. Io ti amo e tu mi ami, non possiamo stare separati troppo a lungo e tu lo sai.»
Mi osserva con le lacrime agli occhi e un piccolo sorriso amareggiato. «Mi dispiace, ma anche se ti amo ancora ho già preso la mia decisione. È finita, non tornerò indietro» afferma. Mi sfiora la spalla con una mano e mi lascia un bacio sulla guancia. «È meglio così, fidati. Stammi bene, okay?»
La guardo allontanarsi e tornare dai nonni, che come avvoltoi la circondano e la riempiono di domande su cosa ci siamo detti.
Lei fa spallucce e sposta l'attenzione su una bancarella, evadendo alle loro pressioni.
Se si trova male con loro, allora perché è ritornata lì?
Kol mi dà una pacca sulla schiena. «Com'è andata?» chiede e con un'occhiata lo invito a lasciar perdere. Lui annuisce e guarda una ragazza dai capelli corvini sul palco, che sta pronunciando il suo discorso.
Parla di temi estremamente superflui, scritti per accontentare il pubblico e guadagnare più voti facili possibili. Vale lo stesso per le altre partecipanti, che una dopo l'altra si esibiscono in sorrisi e giravolte in abiti d'epoca.
Finalmente è il turno di Tasya, che sale sul palco lasciando tutti a bocca aperta: il trucco è sbavato, i capelli disordinati e la sua espressione è stravolta, come se avesse appena avuto un crollo emotivo. Lancio un'occhiata a Kol, che ricambia con la stessa preoccupazione. La sua ragazza, però, si avvicina al microfono ed esibisce un sorriso smagliante. «Mi chiamo Tasya, ho diciassette anni e ho qualcosa da dire a tutti voi.»
N/A
ATTENZIONE!
Questo capitolo sarà probabilmente pieno di errori e anche quelli precedenti, perciò se ne trovate non abbiate paura e segnalateli!
In questo modo mi aiuterete con la revisione e ve ne sarò eternamente grata!
Manca poco alla fine di DAMO e sono emozionatissima, help.
Dopo mi prenderò una piccola pausa da Wattpad per lavorare a un progetto importante (😌), ma sono ancora incerta e probabilmente scriverò una nuova storia molto più leggera.
Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, perché i prossimi due saranno ancora meglio. Sempre che io riesca a scriverli in modo decente, obv.
E in meno di cinque capitoli scoprirete il segreto di Beth, eheh.👻
Nessuno di voi ha ancora capito cosa le sia successo, solo in parte e ne sono felice, almeno vi stupirò e, speranzosamente, vi farò piangere l'acqua bevuta l'anno scorso.
Vi voglio bene.💕❤️
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