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3.3

Z A C H A R I A S

Appoggio il mento sul cuscino a cui sono abbracciato, osservando Tasya estrarre dal cassetto del comodino il foglio rosa cipria.
La lista dei desideri è identica a due mesi fa - forse solo un po' più stropicciata - e tutto ciò mi ricorda i bei vecchi tempi, quando ognuno di noi era semplicemente felice.

Stamattina, quando ho trovato un messaggio da parte sua, è stato come se non fosse mai cambiato nulla. Mi ha invitato a casa sua per salutare i suoi genitori, che mi hanno offerto dei biscotti e una tazza di the per darmi il bentornato, e continuare la lista dei desideri.
Era da un bel po' che non mettevo piede in questa stanza: le pareti verde acqua sono spoglie, infatti la maggior parte delle foto e dei quadri sono stati tolti e accatastati in un angolo. Quello di Friedrich, però, è rimasto al suo posto, accanto a una foto che rappresenta Calvin e Tasya da bambini. Sono seduti su una panchina con un panino ciascuno fra le mani e con un grande sorriso stampato sul volto sporco di fango.

E ora ciò che hanno in comune è un trauma.

«Dati gli ultimi avvenimenti ho deciso di cambiare i desideri rimasti. Non tutti, solo tre» spiega, gesticolando nervosamente. La mia presenza la agita, riesco a notarlo dal modo in cui si muove e parla, e questo mi fa stare male. Prima non era così, ora è tutto talmente... diverso. «E ovviamente, come l'ultima volta, tu non scoprirai quali erano quelli precedenti.»

Annuisco, dando un'occhiata alla lista: alcune delle scritte sono state cancellate a penna, altre con del bianchetto, mentre degli scarabocchi decorano gli angoli del foglio. È stata trascurata, un po' come Tasya. Non posso immaginare come deve essersi sentita in questi due mesi, con un pensiero sopra l'altro proprio come le scritte e un casino in testa che potrebbe farti impazzire da un momento all'altro.

«Inoltre ho aggiunto un undicesimo desiderio» dice, «e sarà una sorpresa per tutti.»

Annuisco un'altra volta. «Iniziamo dal desiderio numero sei?»

Non vedo l'ora di uscire da questa stanza per ritornare a casa e riflettere.
Lei non è la sola ad essere cambiata, ad aver sofferto e a sentirsi a disagio.
A volte vorrei se ne rendesse conto, si comporta come se fosse l'unica a star male, ma, in fin dei conti, abbiamo tutti un passato alle spalle. 

«Il prossimo desiderio è molto speciale, sia perché è uno di quelli che sono stati modificati, sia perché sarà collegato al numero sette» spiega. «Più che un desiderio, è un piano e ho organizzato tutto alla perfezione. Lo chiameremo "vendetta per Calvin". Non ho trovato un nome più originale, purtroppo.»

Aggrotto la fronte, confuso. «Vendetta per Calvin?» ripeto.

«È meglio di quanto sembri, lo giuro. Il nome lo fa suonare qualcosa di pericoloso, ma non lo è. Tutto ciò che dovremo fare sarà dare giustizia al mio migliore amico» risponde «Quindi, stavo pensando a...»

Mentre parla non posso far altro che osservarla e constatare quanto sia cambiata. Ogni parola, ogni movimento... È come se fosse una persona completamente diversa e questa cosa mi fa paura.
Non riesco a decifrarla, eppure prima per me era un libro aperto. Vorrei chiederle della depressione, ma so che peggiorerebbe solo le cose.
Non so come togliermi dalla testa le parole di Annabeth: se è vero che sta peggiorando, perché non fa nulla per essere aiutata? Vorrei farle tantissime domande, ma rischierei solo di rovinare tutto ciò che stiamo ricostruendo di nuovo.

All'improvviso smette di parlare.
Alzo lo sguardo verso di lei, incontrando i suoi occhi che mi scrutano con attenzione. So che non può vedermi, ma ogni volta è come se riuscisse a leggermi dentro. Sospira e riprende a parlare, come se non fosse accaduto nulla. «Stavo dicendo: voglio organizzare qualcosa per vendicarmi dei genitori di Calvin. Lui ovviamente non deve saperlo, non approverebbe mai qualcosa del genere» si schiarisce la voce. «Io, invece, voglio che passi una giornata felice in compagnia dei suoi amici.»

Non appena sento nominare la famiglia del ragazzo, una domanda mi sorge spontanea. «Che fine ha fatto sua madre?»

Tasya scoppia in una risata amara. «È scappata o forse è ancora in città. La cosa certa è che non sappiamo più dove si trovi. È stata lei a scrivere a Andrew, lo sapevi? È stata lei a scrivere quel messaggio in disperata ricerca d'aiuto, eppure non ha chiamato i soccorsi» spiega «Calvin la chiama ogni giorno, ma non risponde mai. Sente molto la sua mancanza, non si è più fatta viva da quel giorno.»

Come possono dei genitori comportarsi in questo modo?
Avevano già perso un figlio e consapevolmente stavano per ucciderne un altro.
Mentre il padre è stato l'artefice di tutto, lei se n'è andata abbandonandolo a se stesso. È come se avesse deciso di non prendersi più carico di tutte le responsabilità prese, come se non fosse più una madre.

Non mi comporterei mai in questo in modo con il mio bambino, nemmeno se fosse omosessuale perché non c'è nulla di sbagliato, andrebbe solo appoggiato e amato.
Vorrei un rapporto sano con il mio futuro figlio, vorrei che sapesse che si potrà fidare di me in qualsiasi momento e che suo papà gli vuole un'infinità di bene.

«Che ne dici di preparare una festa?» propongo, strofinando i palmi delle mani sui jeans. «Inviteremo tutti i suoi amici, Andrew e, se riuscirò a trovarla, anche sua madre. In questo modo potranno avere un confronto e un modo per riconciliarsi. Cosa ne pensi?»

Tasya non sembra molto convinta, ma si limita a scrollare le spalle. «Come vuoi» risponde. Si scioglie i capelli, che cadono sulle spalle disordinati, e ripone la lista dei desideri nel comodino, dove intravedo un sacco di auricolari, vecchi biglietti, libri e penne. «Allora, che mi dici di Annabeth? A quando il matrimonio?»

«Ci sposeremo fra un mese, manca ancora un sacco di tempo e non abbiamo ancora finito di preparare il tutto, ma non vedo l'ora!» ammetto. «E tu? Cosa mi dici di...»

Mi ammutolisco, rendendomi conto di ciò che stavo per dire, ma lei finisce la frase al posto mio. «Kol?» un sorriso triste si fa spazio sul suo volto. «Il destino non era dalla nostra parte. Ma cambiamo argomento! Vuoi un caffè?»

M

i sistemo sotto le coperte, osservando Annabeth seduta davanti alla specchiera intenta a struccarsi. Accendo l'abat-jour sul mio comodino, urtando accidentalmente il libro che stavo leggendo nell'ultimo periodo e facendolo cadere a terra.
Vorrei raccoglierlo, ma sono troppo stanco per provare a piegarmi e raggiungere il pavimento.

«Com'è andata?» chiede Beth, buttando la salvietta imbrattata di trucco nel cestino.

«Bene, credo, ma è come se fosse stata completamente un'altra persona» rispondo, tirando su la coperta fino al naso. «Era così... fredda, Beth. Concentrata solo e unicamente sul suo piano! È assetata di vendetta, quasi irriconoscibile.»

Annabeth fa il giro del letto per stendersi accanto a me, poi mi lascia un bacio sulla fronte. «Credo sia una cosa normale» ribatte, ma notando la mia occhiata contrariata si affretta a finire la frase. «Ho studiato un po' di psicologia al liceo, Zach, e ciò che sta passando lei è il periodo più brutto, persino peggiore del dolore provato al momento del trauma. Si sta concentrando solo sui sentimenti negativi perché sono gli unici che prova, non riuscendo nemmeno a ritrovare un briciolo di speranza e positività.»

Ha ragione, ma non posso negare di essere preoccupato per Tasya.
Finirà per mettersi nei guai in qualche modo e ho paura possa fare qualcosa di veramente molto grave. In fondo la depressione è una malattia, giusto? Potrebbe essere mentalmente instabile, ferire qualcuno. Tasya non lo farebbe mai, però.
O forse non ne sono più così sicuro...

«Di che piano parlavi, comunque?» domanda, poggiando la testa sulla mia spalla.

«Ha organizzato una vendetta per Calvin, vuole colpire i suoi genitori e farlo stare bene permettendogli di passare una giornata insieme ai suoi amici» spiego «Io le ho proposto di organizzare una festa a sorpresa e, anche se non era convinta, ha accettato. Tu cosa ne pensi?»

«È una buona idea, Zach, ma perché vuole vendicarsi anche della madre?» domanda, confusa.

«Ha abbandonato il figlio e di lei non ci sono più tracce. Tasya ha detto che Calvin ha tentato più volte di contattarla, ma senza successo. Come si può abbandonare il proprio figlio in questo modo? Soprattutto dopo averne già perso uno.»

«Già» mormora.

«Quando avremo un bambino dovrò essere il padre migliore del mondo, non di quelli che ignorano i figli come se fossero un peso» dico «Se mai mi comporterò da idiota, sarà tuo compito colpirmi e farmi ritornare la ragione.»

Il silenzio è l'unico suono a pervadere la stanza.
All'inizio è quasi rilassante, ma più i minuti passano e più si fa fastidioso e persistente. Annabeth si allunga per spegnere la luce, poi torna sul suo lato del letto, dandomi la schiena. «Sono stanca, ora. Voglio dormire» dice, con tono piatto.

Mi volto verso di lei, scorgendo nel buio solo la sagoma del suo corpo. Questa volta il silenzio è quasi assordante e urla insieme agli altri mille rumori a cui di solito non presto attenzione: il fruscio delle foglie fuori dalla finestra, la goccia che fugge dal tubo del lavandino in bagno emettendo un ticchettio sordo... E rimaniamo io e i miei dubbi, che sussurrano alle mie orecchie come se fossero i miei fidati consiglieri.

E mi ritrovo a chiedermi: ho per caso detto qualcosa di sbagliato?

N/A

*capitolo da ricontrollare*

Ho un sacco di cose da dirvi: la prima è che credo aggiornerò una volta a settimana, probabilmente di domenica.
La scuola mi porta via un sacco di tempo e durante la settimana non ho né la voglia, né l'ispirazione per scrivere un capitolo decente.

Seconda cosa: il pensiero di Zacharias, quello in cui definisce Tasya una possibile psicopatica e la depressione una malattia mentale, è una cosa voluta e ci ho riflettuto molto prima di inserirlo.
In giro troviamo molta ignoranza su questo argomento, gente non informata e che si fa trasportare dalla paura e dai propri pensieri, un po' come ha fatto Zacharias.
Tasya è sempre stata una sua amica, eppure, da come avete letto, ha un sacco di dubbi ed è addirittura spaventato.
Questo è uno dei motivi per cui le persone che soffrono di disturbo depressivo vengono abbandonate, etichettate pericolose o strane.

Il mio intento era quello di farvi entrare anche nella mente dello spettatore e non solo del protagonista.
È difficile vivere con questi disturbi, ma è anche difficile per i vostri amici comprendere il motivo e come farvi stare bene.
Avranno degli alti e bassi, avranno momenti in cui forse si sentiranno insicuri e non in grado di aiutarvi e sì, anche spaventati da voi, ma questo non significa che non ci tengono, anzi, tutt'altro.

Detto questo il prossimo capitolo uscirà lunedì pomeriggio, forse martedì.

Alla prossima!❤️

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