3.2
Z A C H A R I A S
Nulla è più comodo del proprio divano dopo un’intensa giornata di lavoro.
Ho letteralmente passato tutta la mattinata in ufficio, seduto su una di quelle scomode sedie in plastica e con gli occhi incollati allo schermo di un computer, compilando dei documenti e scartandone altri.
Non appena sono tornato a casa mi sono concentrato sui preparativi per il matrimonio: quali tovaglie usare, che canzone far partire a fine serata... Piccoli dettagli che mi fanno realizzare che il grande giorno è ormai imminente.
Eppure c'è qualcosa - o meglio, qualcuno - che mi impedisce di rimanere concentrato: Tasya.
È da quasi due mesi che non ricevo sue notizie, nemmeno un messaggio o una chiamata, e la lista dei desideri è ormai andata in fumo.
Sono preoccupato per lei, ho paura le sia successo qualcosa o che stia male, e vorrei scriverle un messaggio, ma conoscendola peggiorerei solo le cose.
Annabeth, invece, sta diventando giorno dopo giorno sempre più distante. Non è quasi mai a casa, inoltre di recente ho scoperto che si è riavvicinata ai nonni e ho il timore che le stiano facendo il lavaggio del cervello, convincendola a riprendere la terapia.
Vorrei parlargliene, ma l'ultima volta che l'ho fatto abbiamo rischiato di litigare e non voglio accada di nuovo.
Prendo il cellulare e apro la chat con Tasya, controllando l'ultimo accesso: mezz'ora fa. Sbuffo e mi mordicchio il labbro, scrivendo un “ciao” che resto ad osservare per qualche minuto.
Lo invio o no?
«Fallo» dice Annabeth, seduta al mio fianco.
«Cosa?» chiedo.
Accenna col capo al cellulare, non staccando gli occhi dalla televisione. Un gruppo di pinguini cammina lungo una valle nevosa, mentre il tizio del documentario continua a parlare della loro alimentazione. «Fallo» ripete «Invia quel messaggio. Invitala ad uscire questa sera, magari portala a cena… Però scrivile.»
«Non ne sono sicuro» faccio spallucce. «Vorrei sapere come sta, ma se non ci ha scritto per due mesi significa che non è interessata a noi e non vuole essere disturbata.»
«O che ci sta evitando per qualche motivo a noi sconosciuto» ribatte «Che rimarrà tale finché non decideremo di parlarle.»
«Non lo so…»
«Ho parlato con Kol, l'altro giorno» mi interrompe, cambiando canale. «Neanche lui ha più sue notizie, perciò abbiamo provato a fare qualche teoria. Pensiamo si senta responsabile per ciò che è successo a Calvin, ma non riusciamo a capire perché abbia deciso di isolarsi. In ogni caso deve essere molto scossa, Zach, e ha bisogno di noi, di te.»
Non rispondo e torno a osservare la chat, senza sapere cosa fare.
Vorrei inviarle un messaggio, davvero, ma forse è il caso di lasciarla andare se è quello che vuole.
Se ha deciso di tagliare i rapporti con noi avrà le sue valide ragioni e chi sono io per metterle in discussione?
Inoltre incontrarci dopo ben due mesi sarebbe decisamente imbarazzante: ormai siamo praticamente due sconosciuti, no?
Beth si volta verso di me e dal suo sguardo capisco che sta riflettendo. «Non dovrei dirtelo, ma ho parlato con il dottor Jackson» spiega, sistemando una ciocca di capelli. «Ha infranto il segreto professionale e mi ha parlato di Tasya, lui è il suo psicologo o l'assistente, non ho ben capito. In ogni caso sta peggiorando. Hanno notato un certo isolamento, ha iniziato a chiudersi in se stessa e sta cercando di chiudere i rapporti con tutti, compresi i suoi genitori. Ha bisogno di te, Zach. Sei l'unico che può salvarla.»
Sospiro e ritorno a guardare il messaggio, per poi cancellarlo e riscriverlo: Ciao, Tasya. È da un po’ che non ci sentiamo… Ti va di incontrarci stasera?
Invio il messaggio e spengo lo schermo, sentendo il cervello ordinarmi di cancellarlo prima che lei possa leggerlo.
E se avessi fatto la cosa sbagliata? Forse non avrei dovuto scriverle, forse mi odia ancora dal giorno dell'incidente e fin'ora ha solo finto di volermi bene. O forse si è trasferita in un altro Stato senza avvisarmi, o magari… Oh, ha risposto.
Mi affretto a leggere il messaggio, che dice: Okay, incontriamoci alle 20 sul ponte davanti alla banca. Ti aspetto.
Mi siedo sulla panchina in cemento, facendo attenzione alla gomma da masticare che qualcuno deve aver lasciato qui recentemente. Questo ponte è sempre stato il mio posto preferito a Yellowknife, anche se ho sempre avuto una certa attrazione per il vuoto. Fermatevi a riflettere per un secondo: vi siete mai resi conto che un ponte potrebbe crollare con voi sopra ad esso da un momento all'altro e voi non potreste farci nulla? Siamo esseri impotenti, le nostre vite sono nelle mani di qualcosa che ci divertiamo a chiamare destino, ma cos'è realmente? A volte vorrei avere una risposta alle tante domande che mi pongo, ma nessuno le ha ma mai trovate. Mi piacerebbe essere il primo a farlo, ma sono anche convinto che in fin dei conti una risposta non ci sia.
Sento dei passi alla mia sinistra, così mi volto per vedere Tasya con Sumo al suo fianco. Il cane tiene le orecchie ritte, in ascolto e pronto a proteggere la sua padrona, ma non appena mi vede inizia a scodinzolare e ululare di gioia.
Un piccolo sorriso incurva le labbra della padrona, che si siede al mio fianco.
Mentre Sumo poggia il suo dolce muso sulla mia gamba implorando qualche carezza, Tasya tiene lo sguardo puntato verso le ballerine che porta ai piedi. «Ciao» dice.
Ricambio il saluto e la guardo, con la fronte aggrottata. «Hai tagliato i capelli» affermo, allungando una mano per sfiorare una ciocca. Non appena mi accorgo di ciò che sto facendo la ritraggo, rischiando quasi di colpire Sumo. «Scusa.»
«Quando bisogna ricominciare daccapo si inizia sempre dai capelli, no?» risponde.
Ridacchio. «Già.»
La lunga cascata di capelli castani, che prima le arrivava a metà schiena, è stata accorciata fin sopra le spalle. Questo nuovo taglio le incornicia il viso e valorizza le guance piene, che fino a poco tempo fa non aveva. Questo mi fa stare un po’ più tranquillo, almeno so che non trascura il cibo.
Mi chiedo il significato di questo suo voler ricominciare. Non mi ha inviato alcun messaggio, non si è più fatta sentire… Forse non vuole che io faccia parte di questo suo nuovo inizio? Sento una fitta al petto, ferito, ma allo stesso tempo non posso far altro che domandarmi se io le abbia fatto qualcosa di male.
E ritrovarmi qui con lei, in silenzio e senza saper cosa dire, mi fa capire che invitarla ad uscire è stata una pessima idea. Non sappiamo da dove cominciare e non riusciamo ad aprir bocca senza aver prima mille ripensamenti.
Non siamo più Tasya e Zach, quella squadra imbattibile che credevo fossimo.
Forse, per lei, non lo siamo mai stati e questo mi fa sentire in qualche modo inutile.
Se potessi tornare indietro a qualche ora fa, chiuderei la chat senza inviarle alcun messaggio.
Mi chiedo per davvero cosa ci faccia io qui…
«Lo so che dovrei essere io quella a parlare,» dice, accarezzando un orecchio a Sumo «ma non so veramente cosa dire. Lo so che è colpa mia, sono stata io quella a non rispondere ai messaggi e a non uscire dalla mia stanza quando voi venivate a trovarmi, ma credevo fosse la cosa giusta da fare. Lo rifarei anche adesso.»
Rimango in silenzio e le do un'occhiata per osservarla, rimanendo sorpreso nel non vedere nemmeno una lacrima rigarle il viso. La vecchia Tasya sarebbe sul punto di rottura, ma penso di aver capito che di quella ragazza non è rimasta neanche l'ombra.
«Ho rovinato tutto. Abbiamo perso il legame che prima ci teneva uniti e sì, è colpa mia. Non so come farmi perdonare, Zach, perché non mi è mai capitato prima. Mi sento come se per mesi avessimo costruito insieme un castello di sabbia per poi inciamparci accidentalmente sopra, distruggendolo. Due mesi fa saresti stato disposto a porgermi la mano per rialzarmi e con pazienza avremmo ricostruito il castello, ma non sono sicura di cosa faresti ora.»
Aggrotto la fronte, questa volta voltandomi completamente in sua direzione. Lei continua a tenere gli occhi puntati su di me, ma dietro ad essi non intravedo nulla. «Non so cosa dire, onestamente.»
Le mie parole la feriscono come se le avessi appena tirato uno schiaffo. Indietreggia e serra i pugni appoggiati sulle cosce, senza aprir bocca. Finalmente, però, intravedo qualcosa.
È solo per un secondo, ma i suoi occhi si velano di tristezza. Ed è come ritrovarsi davanti la vecchia Tasya, quella fragile, indifesa e a cui bastava un abbraccio per rimettersi in sesto.
E mi sono sempre sentito così nei suoi confronti, come se fossi il fratello maggiore e dovessi proteggerla dal male di questo mondo.
Lo so che è inutile, perché non ne ha avuto solo un assaggio, è come se ne avesse fatto una scorpacciata, eppure sento comunque il bisogno di farle vivere una vita piena di momenti felici, innocenti e spensierati.
Accenno un sorriso. «Che ne dici di cominciare dalla lista dei desideri?» chiedo.
N/A
Breve storia triste: domani ricomincia scuola.
Alexa play Mad World.💔
In ogni caso sono stata ben tre ore a rileggere questo capitolo e ancora non mi convince, ma non avendo intenzione di riscriverlo lo pubblico comunque.
Spero non vi abbia fatto troppo schifo, gn.
Ora vado, che devo fare un po' di ginnastica e prepararmi alla giornata che mi aspetta domani.
Ily🌹
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