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2.6

Z A C H A R I A S

2 anni prima

La musica mi rimbomba nelle orecchie, facendomi vibrare il petto come se potesse esplodere da un momento all'altro.
Milton sta ballando al mio fianco e biascica le parole della canzone cercando di combattere contro l'alcool, ma so che a breve crollerà a terra e farà un lungo pisolino.
Gli altri, attorno a me, continuano a bere, così anche io prendo un sorso di vodka dal mio bicchiere.

Lancio un'occhiata furtiva alla ragazza al mio fianco, l'unica capace di attirare la mia attenzione: Annabeth. È appoggiata allo stipite della porta e tra le mani tiene una bottiglia di birra.
Nemmeno lei sembra tanto lucida, ma è decisamente la più sobria fra tutti. Delle mille ragazze presenti a questa festa, lei è l'unica capace di rapire i miei sguardi.

Si volta verso di me e accenna uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
Prende dal tavolo una bottiglietta d'acqua fresca e me la porge, guardandomi con le sopracciglia inarcate. «Bevi, ne hai bisogno» dice.

«Non è vero, sto bene» ribatto.

«Ne riparleremo quando sarai steso sopra un wc a vomitare anche i tuoi organi.»

Sento un tonfo alla mia destra e, quando mi volto, vedo Milton disteso a terra con la bocca semi aperta. Continua a canticchiare e stringe al petto una bottiglia di birra aperta, che sta colando lungo tutta la maglietta.

«È conciato male» commenta Annabeth «Scommetto che il prossimo sarai tu.»

Le lancio un'occhiataccia e la sento ridacchiare. Tento di bere un altro sorso, ma lei mi toglie il bicchiere dalle mani e mi prende il viso per permettermi di guardarla negli occhi. «Non esagerare, non voglio che tu stia male. E poi che gusto c'è a passare il resto della serata privo di coscienza?» chiede «Forza, andiamo!»

Mi trascina in pista, dove inizia a muoversi in modo scoordinato e fare piroette.
La prendo per mano e iniziamo a ballare un tango improvvisato, ignorando le persone attorno a noi che ci guardano o che ci lanciano occhiate stranite.
In questo momento, siamo solo io e lei.

«A cosa stai pensando?» chiede, allacciando le braccia attorno al mio collo.

Poggio le mani sui suoi fianchi e la stringo a me, come se volessi renderla invisibile agli occhi degli altri ragazzi che la ammirano a distanza. «Alla vodka» rispondo.

La sento ridere. «Wow, sei un poeta, sai?» Mi guarda negli occhi e sorride, mentre io le sposto qualche ciocca sfuggita dalla treccia laterale dietro alle orecchie. «Non è meglio, così? Intendo, Milton è di sopra probabilmente a vomitare, mentre tu ti stai ancora godendo al massimo la serata. Se avessi continuato a bere, ora non saresti qui.»

«È un invito nascosto per farmi smettere di bere?»

«No. Se vuoi, fallo, ma con moderazione. Anche io bevo, ma non mi sono mai ritrovata svenuta da qualche parte o a vomitare nei bagni di sconosciuti. È pericoloso esagerare, infatti io ti sto invitando a non oltrepassare il limite» spiega.

Rimango in silenzio, non volendo rispondere.

«Non dovrei nemmeno essere qui» ammette «Cindy e le altre mi hanno obbligata dicendo che sto sempre chiusa in casa. "Dovresti uscire e fare nuove conoscenze". Loro dovrebbero farsi una vita.»

Prima che io abbia il tempo di rispondere, un ragazzo alto e dai capelli brizzolati si avvicina a noi.
In due secondi la sua mano è sul sedere di Annabeth, che sgrana gli occhi e si stringe ancora di più a me. «Avevo ragione io, ragazzi. È bello sodo!» annuncia ai suoi amici, che ridono.

Beth trema come una foglia e tenta disperatamente di prendere delle boccate d'aria, continuando a guardare il gruppo con gli occhi sgranati.
Mi metto davanti a lei e spintono il ragazzo, che, preso alla sprovvista, rischia di inciampare. «Come ti permetti?» urlo, avvicinandomi sempre di più. Sento le mani formicolare dalla rabbia: quanto vorrei tirargli un pugno e distruggere quel sorrisino che ha stampato sul viso... «Prova a toccarla un'altra volta e sarà l'ultima che potrai usare quella mano.»

«Oh, scusami. Per caso la mia mano è finita sul suo fondoschiena, nulla di personale» dice, continuando a sghignazzare.

Non riuscendo più a controllarmi scatto in avanti e colpisco il ragazzo in pieno viso, che cade a terra con un tonfo pesante.

«Tieni» Annabeth sbuca alle mie spalle con un pacchetto di ghiaccio fra le mani. «Allevierà un po' il dolore.»

«Grazie.»

La situazione è degenerata nell'arco di pochi secondi: i suoi amici sono accorsi in sua difesa, conciandomi parecchio male, poi sono arrivati quelli del mio gruppo ed è scattata una vera e propria rissa.
Io ne sono uscito con un occhio nero e qualche ematoma, mentre il ragazzo che ha osato sfiorare Annabeth è dovuto andarsene dalla festa.

Ora sono in giardino, seduto su una panchina ad ammirare i girini nel piccolo stagno. Lei è vicina a me e mi lancia qualche occhiata preoccupata, mordicchiandosi il labbro inferiore. «Fa tanto male?» chiede «E grazie per avermi difesa, anche se la violenza non è la risposta giusta.»

«Se lo meritava» ribatto.

«Lo so.»

Sospiro e mi volto verso di lei, rivivendo gli istanti prima della rissa. Vivendo con una madre che fin da quando era bambina soffre d'attacchi di panico, ne so riconoscere uno quando lo vedo e Annabeth era nel pieno di una crisi. «Cos'è successo?» domando. Dovrei tenere la lingua a freno, ma non posso farne a meno. «Perché ti sei bloccata all'improvviso?»

Mi fissa per qualche secondo, in silenzio. Probabilmente sta decidendo se parlarne o meno, lo capisco da come apre e chiude la bocca in continuazione, come se ogni volta avesse un ripensamento. «Il contatto fisico, soprattutto quello indesiderato, mi mette ansia. Sentire le mani di qualcuno sul mio corpo mi spaventa, mi fa sentire sbagliata e mi fa venire brutti ricordi.»

«Brutti ricordi?» ripeto.

Annuisce. «Ho un passato da dimenticare, Zacharias. Qualche volta ho paura di essere la figlia del Male, che si ripeta tutto quanto in futuro per colpa mia. E se fossi cattiva?»

Vorrei farle tantissime domande, ma capisco fin da subito che non otterrei alcuna risposta. È come se fosse schiava del suo passato, ma forse un po' tutti lo siamo. «Ti ho conosciuta meglio nell'ultimo periodo e posso assicurarti che non sei affatto una cattiva persona» dico, premendo un po' di più il ghiaccio contro l'occhio. «E non riusciresti a far del male a nessuno. Sei troppo buona.»

Chiudo gli occhi per dormire un po', sentendo l'effetto dell'alcool farsi sempre più pesante. Probabilmente domani mattina mi sveglierò fra i cespugli e dovrò dare una spiegazione a mia madre sul perché non sono rientrato durante la notte, ma al momento non ci voglio pensare.

«Da bambina mia madre mi raccontava sempre una storia» dice Beth, con tono malinconico. «Diceva che le stelle sono le persone a noi care, quelle ormai morte e che vegliano su di noi. "Quando ti sentirai sola e perderai tutta la speranza, alza gli occhi e pensa che lassù c'è qualcuno che ti guarda e che è fiero di te. Mi troverai lassù, Annabeth". Sono state le sue ultime parole nei miei confronti. Mi diceva che sarebbe andato tutto bene, ma nemmeno lei ci credeva.»

Non rispondo, ma avvicino la mia mano alla sua e la stringo forte, per darle un po' di forza.
Ricambia la stretta e la sento piangere silenziosamente, percependo solo il suo corpo scosso dai singhiozzi. Rimaniamo in silenzio così: lei piangendo, io cercando di capire cosa le possa essere successo.

Qualche secondo dopo, poche parole spezzano il silenzio. «Non voglio diventare come lui

N/A

Il capitolo fa schifo, lo so, ma è di passaggio e serve a darvi qualche indizio sulla storia di Annabeth.
Credo che ormai praticamente tutti voi, a questo punto, abbiate capito di cosa si tratta.

Questo sarà l'ultimo capitolo dal punto di vista di Zach della prima parte e niente, un po' mi mancherà.

Non ho nient'altro da dire, perciò adios.💐❤️

PS: - 3!

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