1.0
Z A C H A R I A S
Rigiro fra le mani il boccale di birra, perso fra i miei pensieri e cercando di capire cosa possa essere successo durante la vacanza.
Yamama e John provano a tirarmi su il morale, ma non sono proprio dell'umore né per festeggiare, né per chiacchierare.
Mi sento come se avessi fallito, come se il piano di riportare la felicità nella vita di Tasya stesse facendo l'opposto.
Continuo a domandarmi cosa possa aver scatenato tanto tormento nella ragazzina, che, quando era partita, sembrava un raggio di sole. Una volta ritornata, però, aveva più le sembianze di una rosa appassita e al solo ricordo mi vengono i brividi: aveva gli occhi spenti, come se non fosse stata veramente presente, e le labbra schiuse esalavano sospiri esausti. Sembrava persa, confusa... e io avevo paura, non sapevo come comportarmi ed ero terrorizzato al solo pensiero che non si sarebbe potuta riprendere.
«Zach?» mi richiama Yamama, passandomi una mano davanti al viso. «Non devi sentirti in colpa, tu non c'entri niente. Devi solo provare a capirla, decifrare i suoi pensieri... Sono sicura sia una brava ragazza, ma che sta cercando di affrontare da sola qualcosa di più grande di lei.»
«E io come posso aiutarla?» chiedo.
«Stalle vicino» risponde John, dandomi una pacca sulla spalla. «Domani finisci il turno a mezzogiorno, giusto? Prova ad andarla a trovare e vedere come sta, chiedile della sua giornata e comportati come se in Australia non fosse accaduto nulla.»
Sospiro e mi passo le mani sul viso, cercando di riportare un po' di lucidità in me stesso: cosa posso fare?
Non mi sono mai ritrovato in una situazione di questo tipo e non so come comportarmi. Per una volta ho visto in difficoltà anche Annabeth, che ha optato di aspettare prima di riparlare con Tasya, lasciandole del tempo per sfogare il suo dolore.
Io, invece, credo che seguirò il consiglio di John, andandole a parlare domani.
Ondeggio sui talloni e la guardo da lontano, nervoso e senza sapere cosa dire.
Ho provato più volte a formulare qualche frase con le quali esprimermi e le ho divise in due categorie: quelle da non pronunciare - a meno che non voglia finire sotto un auto - e quelle da dire solo in caso di necessità. Alla fine dei conti, però, mi sono convinto che non c'è nulla che io possa fare per migliorare la situazione, così mi sono armato di tacos in una mano e bibite frizzanti nell'altra.
Cosa potrebbe migliorare la situazione se non del cibo spazzatura?
È seduta sul porticato di casa sua e tiene stretta fra le mani una tazzina, immersa in chissà quali pensieri. Vorrei poter entrare nella sua testa e capire a cosa stia pensando, in modo da saper cosa dire ed evitando di toccare qualche tasto dolente.
Insomma, siamo nel 2020 e nessuno ha ancora inventato qualche macchina per leggere nel pensiero?
Salgo i pochi gradini, che scricchiolano sotto il mio peso attirando l'attenzione della ragazza, la quale inarca un sopracciglio.
Con un sospiro, dà qualche pacca al posto vicino al suo, invitandomi a sedere.
Ci sono tante domande che vorrei farle, ma solo una assilla la mia mente in questo istante: stai offrendo ad una persona di sedersi accanto a te senza nemmeno sapere chi sia o mi hai riconosciuto perché hai sentito le scale piangere e urlare pietà sotto il mio peso?
«Ciao» dico «Ti ho portato dei tacos e una Cola, ti va di pranzare con me?»
Sospira. «Sto già bevendo del caffè, grazie comunque» risponde.
Perfetto, deve trattarsi di una delle giornate negative.
«Cosa fai di bello qui?» chiedo.
«Lo facevo sempre, anche prima di perdere la vista. Leggevo un buon libro e sorseggiavo del caffè per rilassarmi» spiega «Ora mi limito a bere.»
Mi gratto il capo a disagio e senza sapere cosa dire.
Sapevo di dovermi preparare un discorso, perché sono così stupido?
Ha rifiutato i tacos, non mi parla, mi squadra e mette in soggezione nonostante non possa vedere e non sembra minimamente toccata dal mio gesto.
Cosa dovrei fare ora?
«Allora,» inizio, mordicchiandomi il labbro, «ti va di leggere il prossimo desiderio? Ho del tempo libero prima che Beth ritorni a casa, magari potremmo organizzarci e...»
«No» mi interrompe.
Aggrotto la fronte e la guardo, accigliato. «Come, scusa?»
«Ho detto di no!» ripete, visibilmente alterata. «È una cosa stupida e da bambini, che non sarà mai in grado di farmi star meglio! Pensi che non sappia che sia questo il tuo intento? Vuoi solo metterti il cuore in pace, sperando che i sensi di colpa per avermi rovinato la vita prima o poi spariscano!»
Rimaniamo in silenzio, lasciando che le forti parole di Tasya aleggino nell'aria fino a sparire.
Lentamente, però, sento una rabbia incontrollabile prendere il controllo su di me. «Credi che sia facile per noi? Devi smetterla di presumere che a nessuno interessi di te, che sei solo un modo per sbarazzarci dei sensi di colpa! Non pensare di non essere capita o di essere trattata come una principessina solo per metterci il cuore in pace, perché non è così!»
«E come sarebbe, allora?»
«Stiamo provando ad aiutarti, Tasya, perché a noi importa. Cerchiamo di capirti, di farti aprire nei nostri confronti, ma se l'intento arriva solo da parte nostra rimarremo per sempre punto a capo! Esci dalla bolla di vittimismo che ti sei costruita e prova a metterti anche nei nostri panni. Come pensi ci sentiamo quando smetti di parlare? Quando non provi nemmeno ad esprimerti? Devi aiutare, non solo essere aiutata.»
Rimango sorpreso dalle mie stesse parole, rendendomi pian piano conto di aver esagerato.
Nessuno dei due apre bocca: lei probabilmente offesa, io intimorito di poter dire qualcosa per peggiorare ancora di più la situazione.
Mi alzo per andarmene, ma lei mi afferra il polso e mi fa tornare accanto a lei. «È difficile esprimermi, perché ho paura di diventare un peso per voi,» spiega, con voce flebile, «ma soprattutto fa male. Le parole sono come delle lame taglienti, che mi feriscono alla gola ogni volta che apro bocca. Cerco di superare i miei limiti, ma non ce la faccio. Ho paura di cadere e di non potermi rialzare. Ho paura di cadere e di portare dietro di me voi altri.»
«Vuoi un abbraccio?» chiedo.
Rimane in silenzio, torturandosi le pellicine delle unghie e facendo passare secondi che sembrano interminabili. «Sì, per favore» risponde.
Mi avvicino a lei e avvolgo il suo fragile busto con le mie braccia, cercando di formare un piccolo rifugio per lei. Affonda la testa contro il mio petto e la sento fare qualche respiro profondo, probabilmente cercando di non piangere. Stringe ancora di più le braccia attorno al mio collo e appoggia poi la testa sulla mia spalla, tirando su con il naso.
Non sono mai stato uno bravo con le parole, ma per una volta sono sicuro di aver fatto la cosa giusta.
N/A
Quanto è carina l'amicizia fra Tasya e Zach?😍
Finalmente lei si è aperta un po' di più con il ragazzo, rivelandogli finalmente come si sente (in parte, obv) e lasciandosi dare finalmente un abbraccio, che è stato meglio di mille parole d'incoraggiamento che avrebbe potuto dire.
Mancano 20 capitoli alla fine della prima parte e io voglio farvi assolutamente conoscere un personaggio di cui mi sono innamorata.
Sì, ho delle preferenze d'autrice.😌
E niente, anche stasera vi auguro una buona notte.❤️
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