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0.9

T A S Y A


Mi piacerebbe da morire poter guardare il mio riflesso allo specchio, ma semplicemente non posso. 

Tutto in questi giorni mi ha resa triste, a partire dalla cecità e concludendo con il disastro che si sta rivelando questa vacanza: non mi sono ancora adeguata e tutti mi trattano come se fossi una bambina.

Ma oggi, finalmente, ci sarà una svolta: passerò una giornata con mio zio.
Niente più lamentele, niente più tristezza... Questo giorno sarà perfetto.
L'unico e ultimo, tra l'altro. Domani ripartiremo per tornare a Yellowknife, dove Zacharias tornerà a lavorare e dove Annabeth ha degli esami per i quali studiare. Io, invece, devo progettare il mio secondo desiderio.

«Sei pronta?» chiede Beth, sistemandomi i capelli in una coda alta.
Annuisco. «Già, ma vorrei chiedere a te e Zach un favore» rispondo.
«Di cosa si tratta?» 

«So che è una vacanza anche per voi, ma vorrei andare da sola insieme allo zio senza te e Zacharias» spiego «È un problema?»

Non è per essere cattiva, ma ci tengo veramente molto a questa giornata nipote-zio: è da quando sono qui che la aspetto con pazienza e vorrei che fosse solo per noi due.
Non penso sia chiedere troppo.

«Nessun problema» dice, poggiando le mani sulle mie spalle. «Passa una giornata degna del tuo primo desiderio.»  

Cavalcare un cavallo non è mai stato così strano per me.
Da bambina il mio sguardo veniva catturato dalla penombra del bosco e dai raggi che penetravano con difficoltà i fitti rami degli alberi, simili a fili di ragnatele.

Ora, invece, non avendo nulla da guardare, mi concentro sulle sensazioni che si manifestano in tutto il mio corpo. Sento i muscoli del cavallo irrigidirsi ad ogni passo e le vibrazioni causate dai suoi nitriti. Delle foglie mi solleticano le gambe, provocandomi piacevoli brividi, e dei moscerini per poco non mi finiscono nel naso, facendomi sbuffare come l'animale. Sento versi di uccelli e gli zoccoli schioccare su quella che immagino come una stradina bianca.

«Immagino tu ti sia fatta molte domande sulla mia nuova compagna e penso di doverti molte spiegazioni» dice mio zio. «Quando mi sono trasferito qui ho sentito molto la lontananza dalla famiglia, così mi sono concentrato per qualche mese solo sul lavoro. Tua zia voleva venire qui, io, invece, sarei tranquillamente rimasto a Yellowknife. Le cose precipitarono senza avere nemmeno il tempo di accorgercene e poco dopo decidemmo di optare per il divorzio.»

«E perché non me l'hai detto?» chiedo.

«Non volevamo arrecare un dispiacere a te o a mio fratello, così non abbiamo detto nulla a nessuno. Poco tempo dopo ho conosciuto Alice, che mi ha aiutato ad adattarmi e a risollevarmi» spiega «Se non fosse stato per lei, mi sarei perso completamente. Mi dispiace di non averti detto nulla, avrei preferito farlo in maniera più delicata e in circostanze migliori, ma sappi che non ho mai smesso di volerti bene o di pensare a te.»

Perché tutti parlano dell'amore come se fosse qualcosa in grado di salvarti? Può un'emozione farlo o siamo noi che cerchiamo di convincerci di questa cosa? 
Se qualcuno vuole salvarsi, lo fa da solo e non facendosi supportare da un'emozione che potrebbe svanire da un momento all'altro.
Quando ha sposato mia zia l'amava, no? Avrà riposto i suoi sogni e speranze in lei, eppure non è durata per sempre.

L'amore non è infinito, perché continuiamo a crederci allora?

«Stai cavalcando una delle puledre più forti e intelligenti che possiedo, una purosangue nera. Ti ricordi quando da bambina sognavi di averne una tutta tua? Ci ho riflettuto molto su che nome darle e sono giunto alla conclusione che Tasya sarebbe stato il nome perfetto» dice, facendomi sorridere. «Sai cosa significa?»

«Che Tasya sta cavalcando Tasya?» ironizzo.

«No, intendo il significato del tuo nome» ribatte «Risurrezione. è un nome che ti simboleggia molto, sai? Come una fenice risorgerai dalle ceneri dei tuoi dolori e delle tue sofferenze, ritornando più forte di prima.»

Ridacchio e alzo gli occhi al cielo. «Mi piacerebbe pensarla così.»

Pochi minuti dopo arriviamo nelle vicinanze di un fiume, dove lo zio mi aiuta a scendere da cavallo. Riesco a udire lo scroscio dell'acqua e delle anatre starnazzare, mentre quando mi siedo percepisco le rocce bagnate.
Inspiro l'aria fresca a pieni polmoni, cercando di godermi l'atmosfera e la giornata magnifica che si prospetta.

«Dove siamo?» chiedo, incuriosita.
«Quando ero triste mi nascondevo qui e passavo intere giornate ad ammirare il tramonto. Gli alberi circondano completamente la zona e il sole crea dei riflessi stupefacenti sulla superficie dell'acqua» spiega, con voce carica d'emozione. «La sola vista di questo posto mi riempie il cuore di gioia, Tasya. La felicità sta in queste piccole cose.»

All'improvviso, un senso di vuoto si fa spazio dentro di me. Mi toglie il fiato, mi stringe lo stomaco in una stretta mortale e il cuore inizia a battere all'impazzata, più forte di qualsiasi altro rumore attorno a me. La voce di mio zio si fa sempre più distante, riesco solo a sentire quella della mia coscienza che dice: Tu non sarai mai felice.

Poi più niente.
Sento solo un profondo vuoto nel mio corpo e nella mia mente, che non mi fa pensare a nulla se non alla mia vita che non sarà mai più quella di prima.
Ho perso tutto, perciò cosa ci faccio ancora qui a lottare?

«Voglio andare a casa» dico, con voce flebile.
Ogni parola mi raschia la gola, ogni sillaba sembra fuoco e brucia ogni mia emozione, riducendola in brandelli, piccoli pezzettini impossibili da ricomporre che mi lasciano solo con un infinito vuoto dentro.

«Cosa? Tasya, sei sicura?» domanda mio zio.
Riesco a percepire la delusione nella sua voce, ma non mi interessa: perché devo interessarmi degli altri quando sono i primi a non interessarsi di me?
Perché devo sempre essere quella ad ascoltare, ma mai quella ad essere ascoltata?
Perché mio zio può vedere ciò che ci circonda, ma io devo limitarmi ad immaginarlo?

«Voglio andare a casa» ripeto.
E voglio tornare a vedere, tornare ad essere felice e ad essere amata per com'ero. Voglio una vita normale, voglio capire cos'è l'amore e incontrare lo sguardo della persona che mi amerà con tutto il cuore.
Rivoglio indietro la mia vita.

Ritorniamo al maneggio, dove sento subito dei passi avvicinarsi. Mi fanno scendere da cavallo e mi tengono il viso fra le mani, mentre io appoggio le mie su quello che deve essere il petto di Zach.
Ha il cuore a mille, che sia preoccupato per me? Ho un aspetto così orribile?

«Cos'è successo?» chiede Alice.
Anche lei ci tiene a me, in fondo.
È così carina, dolce... Perché la tratto male se ha riportato la felicità nella vita di mio zio? Perché sono così egoista?
Eppure quella stronza è una rovina famiglie, una falsa e una bugiarda! Non ci tiene a me, è solo finzione!

«Cos'è successo?» insiste Zach, prendendomi in braccio.

Percepisco il calore delle coperte avvolgermi e solo ora mi rendo conto che devono avermi portata nella mia stanza.
Sento qualcuno rimboccarmi le coperte e i suoi capelli mossi mi solleticano il viso mentre cerca di sistemarmi il cuscino.
Annabeth.

«Un momento prima stava bene, poi si è spenta e non ha più aperto bocca» dice mio zio «Tasya, tesoro, ti va di parlarne?»

Lasciatemi sola, penso.

«Usciamo di qui e lasciamola dormire, se vorrà parlarci lo farà, ma solo se si sentirà pronta. Ora diamole un momento di pace» dice Annabeth, dando voce ai miei pensieri.

Grazie, Beth.

Li sento uscire dalla stanza, così rimaniamo io, me stessa e la mia coscienza. Il silenzio mi abbraccia come un caro amico, cercando di essere più assordante delle urla che continuo a sentire nella mia testa.
Eppure mi fanno stare bene, mi fanno sentire reale e non solo carne e ossa. Fa male, ma almeno provo qualcosa.
Sofferenza. Dolore. La percepisco sulla mia pelle, nella mia mente e nel silenzio.

Da quando ho perso la vista, non faccio altro che adattarmi alla sofferenza. Lei c'è, io non posso mandarla via. Lei è più forte.
E, anche se si tratta di qualcosa talmente doloroso da togliere il fiato, io la accetto.

Perché sto bene nel mio dolore, perché aspetto che qualcuno se ne accorga, che mi abbracci e che mi dica che andrà tutto bene. Perché mi fa sentire viva, mi fa sentire umana e mi fa sentire tanto debole quanto forte.

Io e la sofferenza, ormai, siamo una cosa sola.

N/A

Penso sia stato uno dei capitoli più difficili da scrivere.

Avendo molte cose da fare ed essendo un capitolo abbastanza impegnativo, non riuscivo a trovare l'ispirazione per scrivere questo capitolo, che ho riscritto per tre volte.

Questo è il lato psicologico di Tasya, che come avete visto è tormentata da se stessa e da ciò che ha portato l'incidente nella sua vita. Spero di essere riuscita a descrivere bene come si sente, perché è davvero importante per il futuro della storia e per come andrà a finire.

Essendo tardi, non rileggerò il capitolo, ma lo revisionerò domani mattina o pomeriggio.

Domandina: pronti per la fine della scuola? Avete qualche buca?

Buonanotte❤️❤️

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