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0.8

T A S Y A

Volare non è mai rientrato nella lista delle mie paure più grandi.
Fin da bambina mi ha sempre emozionata e quel senso di libertà talmente vasto che ti fa sentire come se fossi tu quello in mezzo al cielo, e non l'aereo.
Non dormivo e non passavo il tempo usando il telefono o leggendo libri, perché non volevo perdermi nemmeno un attimo del panorama fuori dal finestrino.

Ora, però, mi è stato tolto anche questo e tutto ciò che vedo è solo un immenso, angosciante buio.
Non posso passare il tempo studiando gli altri passeggeri e nemmeno osservando le nuvole.
Posso solo stare ferma e aspettare che queste interminabili ore passino.

«Cindy, invece, è già certa di non superare l'esame» dice Annabeth «Io ho provato a convincerla a studiare, ma non ne vuole proprio sapere! Le ho fatto anche qualche ripetizione gratuita, ma è stato solo tempo perso.»

Faccio un respiro profondo, sperando che chiuda la bocca il prima possibile.
Quando ho chiesto di raggiungere mio zio in Australia, non pensavo venisse anche lei con noi. È tutto il viaggio che parla dei suoi esami, delle sue amiche e della sua vita, senza lasciare a Zach il tempo di rispondere.
Non la definisco antipatica, solo un po' troppo solare e sicura di sé.

«Oh, comunque a breve darò un altro esame, spero mi vada bene! Passerò la notte fuori anche quella sera, io e le altre abbiamo intenzione di festeggiare come non mai. Spero non ti dispiaccia» continua.

Inoltre continuo a domandarmi cosa ci possa trovare Zacharias in lei: l'aspetto fisico non posso vederlo, perciò non posso nemmeno sapere se si tratti di una bella ragazza o meno, eppure l'incompatibilità dei loro caratteri l'ho notata fin da subito.
Lei parla, lui ascolta.
Mai viceversa.

«Tasya?» Zach richiama la mia attenzione, interrompendo il monologo della fidanzata. «Hai bisogno di qualcosa?»

«No, grazie» rispondo, accennando un sorriso.

Io e Annabeth abbiamo provato ad avere una conversazione, ma non è andata a buon fine. Eppure ho notato qualcosa di strano in lei: parla sempre, questo è vero, ma mai di cosa importanti, solo superflue.
Evita domande sul suo passato e incentra subito l'attenzione su qualcos'altro, sperando di non toccare più quel tasto dolente.

Ciò che mi chiedo io è: di cosa si tratta?

Non posso vedere la goffaggine di Zacharias, ma di sicuro riesco a sentirla.
È da quando siamo scesi dall'auto che lo sento sbattere le valigie, lanciare versi per far sentire il suo affaticamento e scontri contro ogni superficie possibile.
Mi chiedo se lo stia facendo di proposito, ma Annabeth non ha ancora fatto nessun commento e ciò significa che deve trattarsi di una cosa totalmente normale per lei.

Non appena ho messo piede fuori dall'auto che ha fatto arrivare mio zio all'aeroporto, un odore tremendamente familiare mi ha riempito il cuore di gioia: stalla.
Per quanto assurdo possa sembrare, è una cosa così emozionante da far male. Sento il nitrire dei cavalli, i loro zoccoli contro il suolo, le loro code che scacciano le mosche... Mi ricorda la mia infanzia, quando mio zio era ancora presente nella mia vita.

«Vieni, ti faccio accomodare nella tua stanza» dice una voce femminile a me sconosciuta.

Decido di seguirla, continuando a domandarmi di chi potrebbe trattarsi: una collega di mio zio? Una cugina di cui non sapevo l'esistenza? O più semplicemente qualche donna delle pulizie che bada alla casa quando lui è a lavoro?

«Tasya, tesoro!» Questa voce, invece, la riconosco in pochi secondi. È quella dell'uomo che mi ha fatta crescere, del mio vecchio migliore amico e della persona di cui mi fidavo di più. Ci dicevamo tutto, segreti e pettegolezzi, non c'era bisogno di mentire fra di noi: eravamo una squadra. «Perdonami, ma dovrai accontentarti di una stanza degli ospiti.»

«Non c'è problema, figurati... Come stai? Abbiamo così tanto da raccontarci!» dico, incredula di essere per davvero qui con lui.
Sono grata a Zacharias per avermi dato questa opportunità, mio zio mi mancava da morire e ritrovarmi qui è come vivere un sogno.

«Ne parliamo dopo» risponde «Non ho potuto lasciare il lavoro, ho molte cose da finire, ma ti prometto che un giorno di questi ti porterò a fare un giro a cavallo come ai vecchi tempi.»

Rimango in silenzio, un po' delusa, ma non apro bocca: si tratta di lavoro, no? È un suo dovere.

«Nel frattempo potrai stare con i tuoi amici, sembrano delle brave persone. Dove li hai conosciuti?» chiede.

Faccio spallucce. «Non sono miei amici, solo lui lo è» rispondo.

«Un motivo in più per stringere amicizia con lei, no?»

Mi sforzo a sorridere. «Certo.»

No, assolutamente no, penso, mettendo fine alla conversazione.

Sono passate solo poche ore dal mio arrivo e già mi pento di aver espresso questo mio desiderio.
La "vacanza" si sta rivelando un vero e proprio disastro, dove io rimango zitta e gli altri parlano per fare conoscenza fra di loro. Ovviamente Annabeth - o Beth, come la chiama Zacharias - sta raccontando le sue avventure all'università, parlando degli esami e dei mille impegni che rendono la sua vita un inferno, mentre Zacharias e mio zio sembrerebbero aver già fatto amicizia e non fanno altro che parlare di sport, lavoro e politica.

E quindi rimango io, da sola ad affrontare un duro colpo: mio zio ha una nuova compagna.
La voce femminile che mi ha accolta era la sua, una donna di cui mio zio si è follemente innamorato e per la quale ha deciso di lasciare mia zia.
Mi tratta con un modo di fare così tenero e dolce, scherzando con me e facendo tantissime battute... Ma chi si crede di essere? Non potrà mai sostituire la mia vera zia, lei è solo un'intrusa pronta a rovinare la vacanza e la famiglia.

La cosa che fa più male, però, è il fatto che io non ne ero a conoscenza. Se non fossi venuta qui, probabilmente, non lo avrei nemmeno mai scoperto.
Perché?
Perché non me l'ha mai detto? Dopo tutto ciò che abbiamo passato... Avevamo giurato di non aver nessun segreto fra di noi, eravamo una squadra, perché mentire?

«Tasya, non ti piace ciò che ho preparato? Non hai toccato cibo...» dice la rovina famiglie.

«Sono solo stanca, vorrei andare a dormire» rispondo, fingendo un sorriso.

«Di già? Sono appena le sette, è un po' presto. Sicura di star bene?» insiste mio zio.

Vorrei potergli sputare in faccia - ovviamente dopo averlo fatto nel piatto - e vomitargli in faccia tutto ciò che penso, ma mi sforzo a prendere un respiro profondo e a pensare ad una scusa plausibile.

«Sarà stanca per il viaggio, non ha chiuso occhio, poverina» interviene Annabeth, salvandomi. «Ti accompagno io, vieni.»

Mi aiuta ad alzarmi e a braccetto raggiungiamo la stanza degli ospiti. Mi fa accomodare sul letto, dove si siede accanto a me e rimane in silenzio, facendomi sentire a disagio.
Non può semplicemente andarsene e lasciarmi da sola? Cosa sta facendo qui?

«Cosa c'è che non va?» chiede «Non provare a dire che sei stanca, perché fino a prima dell'ora di cena eri più che energica. Cos'è successo?»

Cerco di non mostrarmi stupita e di mantenere un'espressione neurale. La più spocchiosa fra tutti è l'unica ad essersi interessata a me e a coprirmi per farmi scappare da quella cena - o meglio, trappola -, dimostrandosi come l'unica che ci tiene davvero.

Sospiro. «Nulla, mi sono solo sentita esclusa. Parlavate fra di voi e io non sapevo cosa dire, mi sentivo... di troppo» spiego.

Appoggia la sua mano sulla mia spalla e sospira, forse in modo volutamente teatrale. «Siamo noi quelli di troppo, Tasya, non siamo parte della famiglia. Tu sì, sei qui per tuo zio, perciò goditi questi momenti. Ti sei sentita esclusa e credo sia normale, in fondo non vi vedete da anni ed è solo il primo giorno che sei qui. Devi ancora ambientarti, ma fidati quando ti dico che andrà tutto bene» dice.

Annuisco, poco convinta.

«Vuoi un abbraccio?» chiede.

Nego con il capo. «No, grazie comunque.»

«Va bene. Io vado a finire di mangiare, se hai bisogno di qualcosa fammi un fischio» dice, poi esce dalla stanza e mi lascia da sola.

Mi stendo sul letto e chiudo gli occhi, prendendomi un momento per riflettere.
Vuoi un abbraccio?
Non lo voglio, io ne ho bisogno. Vorrei tuffarmi fra le braccia di qualcuno, sentire da vicino il suo profumo e sentirmi dire che andrà tutto bene, che sono forte.

Ma se lo facessi, tutti gli obbiettivi che mi sono fissata in mente non avrebbero più senso.
Prima di tutto, voglio essere forte da sola, senza aver bisogno di nessuno al mio fianco.
Se lo facessi, il muro che mi sono costruita attorno crollerebbe e io mi ritroverei fragile e indifesa.

Finalmente le sento, bagnate e fredde che scivolano lungo il mio viso come ogni sera.
Non le controllo, non so come fare, ma mi sono abituata alla loro presenza.
Lacrime che sfogano silenziose ciò che provo da quando ho perso la vista.
Lacrime che rappresentano la vita che mi è stata strappata.

N/A

Questo capitolo è un po' noioso, lo so, ma serve per introdurvi meglio il personaggio di Tasya e il suo stato d'animo.

Non ho molto da dire, ma ho da dire una cosa. Forse, nello scorso capitolo, l'ultima scena fra Zach e Beth è stata un po' fraintesa: lei non si è scostata da lui perché era arrabbiata, ma per altri motivi che scoprirete fra molto tempo.

Domandina: al posto di Tasya come avreste reagito alla notizia dello zio e della nuova compagnia?

Al prossimo capitolo! (molto presto eheheh)❤️

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