0.6
Z A C H A R I A S
Quando ieri ho ricevuto una chiamata da parte di un numero sconosciuto, non mi sarei mai aspettato di sentire la voce di Tasya. L'ho riconosciuta subito - nonostante le uniche parole che abbia mai sentito da parte sua fossero uno stupidissimo proverbio - e mi sono appartato per sentire ciò che aveva da dirmi.
Era insieme ad un suo amico, Calvin, l'altro ragazzo coinvolto nell'incidente, e insieme avevano preso una decisione: invitarmi a cena da lei.
Così ora mi ritrovo davanti alla porta di casa sua, affiancato da Beth e con la cravatta che non ha intenzione di sistemarsi in modo decente.
Sbuffo e la sfilo dal colletto, guardandola torva: come può andarmi tutto storto proprio oggi?
«Lascia fare a me» dice Annabeth, togliendomela dalle mani.
Non appena le ho raccontato della chiamata, si è subito offerta di accompagnarmi e darmi supporto morale. All'inizio non ne ero molto convinto, volevo fare qualcosa da solo, ma non ho avuto il coraggio di controbattere perché, altrimenti, si sarebbe offesa.
Ora ringrazio questa mia decisione, poiché solo lei riesce a tranquillizzarmi abbastanza da poter ignorare lo stomaco attorcigliato e il cuore in gola.
Non appena finisce di sistemarmi la cravatta, suona il campanello.
Sentiamo dei passi avvicinarsi e una voce femminile sempre più vicina, finché una donna alta e robusta non ci apre la porta. «Ciao, tu devi essere Zacharias! E tu sei...?» chiede, rivolgendosi a Beth.
Per quanto possa essere diversa dalla figlia, i lineamenti dolci del viso e il colore dei capelli sono gli stessi. La chioma castana è raccolta in una crocchia alta, mentre gli occhi verdi sono valorizzati da una linea di matita blu.
Viene affiancata da quello che deve essere suo marito e padre di Tasya, un uomo snello, dallo sguardo severo e i capelli grigi. La forma allungata del viso deve averla presa da lui, così come la corporatura.
«Annabeth, piacere di conoscerla.»
Ci fanno accomodare in salotto, dove un servizio da tè in ceramica, probabilmente coordinato alla serie di vasi sopra al camino, è disposto su un tavolino in vetro. Attorno ad esso ci sono i divani sistemati al centro della stanza, mentre una serie di librerie sono disposte alle pareti opposte alle finestre, coperte da delle tende bianche.
«Scegliete pure il gusto che più vi aggrada» dice la donna, accennando con il capo ad una confezione con bustine di tè di vario tipo. «Io sono Teresa, mentre lui è mio marito, Bob.»
Mi guardo attorno, confuso. «Dov'è Tasya?» chiedo, dando voce ai miei pensieri.
Teresa si porta una mano al cuore, con espressione triste. «Mi dispiace veramente molto informarvi di questa cosa, ma non penso che si unirà a noi per mangiare. Oggi è una giornata no per nostra figlia» spiega.
«Cosa intende?» domanda Beth.
«Dammi del tu, prima di tutto. In ogni caso stiamo parlando della vita di Tasya, che ormai si divide in giornate sì e giornate no. Queste ultime sono caratterizzate da continui sbalzi d'umore, che non sono mai positivi. Passa tutto il tempo rintanata sotto le coperte in silenzio, senza nemmeno piangere. Sta semplicemente zitta, mangia poco e si alza solo per andare in bagno» risponde.
Abbasso lo sguardo, sentendomi improvvisamente colpevole.
Pensavo di aver superato questa fase, quella dei sensi di colpa e delle notti insonni, ma a quanto pare non è così: per quanto Tasya possa perdonarmi, io non riuscirò mai a farlo: resterò sempre il colpevole nella mia testa.
Teresa si accorge della mia reazione, infatti si affretta a continuare il suo racconto. «Ci sono anche le giornate positive, come già detto, e sono molto più frequenti di quelle negative. Si tratta della solita Tasya, quella con la quale vivevamo prima dell'incidente: positiva, impertinente e chiacchierona. Un vero peccato che questa sera non abbiate avuto modo di conoscerla.»
«Perché non provi a parlarle?» chiede Beth, appoggiandomi una mano sulla coscia. «Magari sapere che sei qui e che non vedi l'ora di conoscerla la farà stare un po' meglio. Non sono una psicologa, ma la mia piccola esperienza mi ha sempre fatto capire che una delle cose essenziali fra paziente e infermiera è il rapporto emotivo che si crea. Lei non è una paziente e tu non sei un medico, ma prova a instaurare una sorta di legame, così saprà di potersi fidare.»
«Non è una cattiva idea, provaci!» concorda Teresa, annuendo energicamente.
Mi accompagna fino alla stanza della figlia, dove mi stringe con forza la mano e guarda dritto negli occhi. «Salva la nostra bambina, per favore» sussurra.
Entro nella stanza e mi osservo attorno, ammirando le pareti verde acqua colme di quadri e foto di ogni tipo. Riconosco un dipinto di Friedrich, "Viandante sul mare di nebbia", ed è incredibile come rappresenti il probabile stato d'animo di Tasya: imperfezione, smarrimento, i dubbi sulle sue insicurezze, i suoi errori, dubbi e incertezze.
È proprio così che sembra lei in questo momento: persa, intenta a fissare vuota ciò che la circonda, ma che non può vedere.
Non appena sente i miei passi avvicinarsi, rivolge il suo sguardo verso di me. Aggrotta la fronte, aspettando che io parli: cosa dovrei dire per non rovinare il momento?
«Ciao» mormoro.
Deve aver riconosciuto la mia voce, perché infatti sobbalza e si rannicchia contro i cuscini. Abbassa lo sguardo verso le sue mani, che si muovono nervosamente strappando le cuticole delle unghie.
«Sono qui per la cena e mi chiedevo se volessi unirti a noi, tua madre ha preparato qualcosa di delizioso a quanto pare. C'è anche la mia ragazza, Beth, e sono sicuro che riuscireste facilmente a stringere amicizia.» Inizio a parlare, senza sapere bene cosa dire e come continuare. Esattamente come quando eravamo in ospedale, tocca a me riempire il silenzio, perché lei rimane semplicemente ferma ad ascoltare le mie parole. «Comunque sono Zacharias, nel caso non lo avessi capito. Zach per gli amici. Chiamami pure come vuoi.»
Mi avvicino all'armadio aperto, passando la mano sui tessuti dei numerosi vestiti che contiene: hanno uno stile trasandato ma elegante, che si addice in modo particolare a Tasya.
Un foglio attaccato sull'anta attira la mia attenzione: "Lista dei 16 desideri".
Lo stacco e lo tengo in mano, poi mi rivolgo nuovamente alla ragazza. «Una lista di desideri? Quando l'hai scritta?» chiedo.
Improvvisamente, qualcosa nei suoi occhi si illumina: curiosità.
Prende posto sulle ginocchia e rivolge tutta la sua attenzione verso di me. Mi chiedo come faccia a capire dove mi trovo, ma non è il caso di domandarle una cosa del genere proprio ora che ha intenzione di conversare con me.
«Avevo nove anni ed era appena uscito un film della Disney che parlava di questa ragazza e della sua lista di desideri per i sedici anni. Ne feci una anche io e la attaccai sull'anta del mio armadio, sperando che un giorno sarei riuscita a realizzarli. Me ne dimenticai poco tempo dopo e si trova lì da allora» spiega.
Sorrido, soddisfatto: è il discorso più lungo che abbia mai sentito da parte sua. Non sembra arrabbiata e nemmeno felice, dietro ai suoi occhi riesco a percepire ancora quel velo vuoto. Eppure, per una volta, sembra interessata a ciò che sta dicendo, come se avesse voluto parlarne con qualcuno da una vita.
Decido di leggere ad alta voce i primi quattro desideri, quindi mi schiarisco la voce per poter usare un tono teatrale. «Avere i vestiti più belli di tutte le mie amiche, andare a mangiare all'infinito dolci senza che i miei genitori mi dicano qualcosa, essere milionaria e poter comprare due pesci rossi di nome Cosmo e Wanda per poi far avere loro tanti piccoli pesciolini di nome Timmy» Alzo le sopracciglia, confuso. «È un riferimento a "I due fantagenitori"?»
Ridacchia, imbarazzata. «Avevo nove anni, era il massimo che aspirassi dalla vita.»
Rimaniamo in silenzio.
Lei si mordicchia il labbro e aspetta che dica dell'altro, mentre io cerco di esaminare il folle piano che mi è appena passato per la mente.
«Bene, Tasya. Sono sicuro che ora tu abbia altri desideri da avverare, non è così?»
Strappo la lettera in due.
Rientro in casa seguito da Annabeth, che per tutto il viaggio non ha aperto bocca.
Tasya non si è unita a noi per cenare, ma ho avuto modo di chiacchierare di cose molto importanti con lei. Quando i suoi genitori hanno saputo che ha aperto bocca, sono esplosi in risate gioiose e piene di speranza.
Ora spero solo che il mio piano non deluda tutti quanti, me compreso.
«Posso sapere di cosa avete parlato?» chiede Annabeth, implorandomi.
Tolgo la giacca e la lascio sul divano, sul quale mi siedo con un bicchiere di vino in mano. «Ho avuto un piano folle, ma anche geniale. Mi ha parlato di un film che ha visto da bambina e della lista di desideri che ha scritto e che non ha mai avverato. Ho intenzione di farle scrivere una lista di dieci desideri e di aiutarla a realizzarli» spiego.
Beth mi guarda a bocca aperta e con sguardo scettico. «È assurdo, questo lo comprendi, vero?»
«Non sarebbe un mio piano, altrimenti» ribatto.
Alza gli occhi al cielo e si siede accanto a me. «Sono seria, non la conosci nemmeno! Capisco le tue buone intenzioni, ma è veramente folle! Per quanto tu stia cercando di aiutarla, non puoi sapere se funzionerà per davvero o se solo peggiorerà le cose.»
Appoggio il bicchiere di vino e le stringo le mani, cercando di trasmetterle almeno un po' della sicurezza che ripongo in questo piano. «Lo so, Beth, non la conosco. Ma tu non l'hai vista quando le ho spiegato le mie intenzioni, era così... Felice! Anzi, definirla in questo modo sarebbe banalizzare il tutto. E sua madre mi ha detto "Salva la nostra bambina", cos'altro potrei fare? Io ci credo e voglio aiutare Tasya a vivere tutto ciò che ha perso a causa mia. Se stai dalla mia parte sarà ancora meglio, ma non ho intenzione di tirarmi indietro per alcun motivo.»
Lei mi guarda, ancora scettica, ma annuisce. «Va bene, ti aiuterò. Che il piano dei 10 desideri abbia inizio.»
N/A
Questo capitolo è stato un parto da scrivere, spero non abbia deluso le vostre aspettative e che la trama principale della storia vi piaccia.
È uno dei più lunghi che abbia mai scritto, circa 1700 parole, e sono fiera di me stessa lol.
In ogni caso ora inizieranno le vere pazzie e il trash di questa storia, non vedo l'ora di sentire la vostra opinione sono tipo troppo emozionataa😻❤️
Anyway, la domandina del capitolo è la seguente: da piccoli/e avevate una lista di desideri da esaudire? Se sì, quali erano?
Al prossimo capitolo🎉
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