0.3
T A S Y A
Quando apro gli occhi, vedo solo buio.
Mi sento frastornata, la testa pare stia per esplodere e un forte dolore al braccio mi toglie il fiato.
Sbatto le ciglia per dieci volte, ma la situazione non cambia, così, con il cuore a mille, avvicino le mani al viso cercando l'area degli occhi. Percepisco la ruvidità di una benda, che circonda tutta la testa fino al naso.
Sospiro, sollevata. Tento di toglierla, ma delle mani mi afferrano i polsi facendomi sobbalzare.
Tento di tirare un calcio, ma la persona che potrebbe essere davanti a me lo evita con agilità. «Calmati, sono un'infermiera»La voce di una donna riempie il silenzio della stanza. «Scusami, non volevo spaventarti.»
Se non avessi voluto spaventarmi, sicuramente non mi avresti afferrato i polsi mentre non sono in grado di vedere, penso sarcastica.
Annuisco, stendendomi meglio sul letto per riposare. Cos'è successo? Perché sono così confusa? Perché sono in ospedale?
«Ti ricordi qualcosa?» chiede.
Nego con il capo, rimanendo in silenzio. Sento gli occhi pizzicare e piccoli singhiozzi mi scuotono il corpo: odio non poter sapere. Odio non ricordare cos'è successo, odio non avere il controllo del mio corpo e odio questa sensazione di non poter vedere e non capire cosa c'è attorno a me.
«Hai avuto un incidente stradale» spiega la donna, facendomi venire i brividi.
Lentamente vedo i ricordi riaffiorare, insieme alla consapevolezza di ciò che è successo: ero in auto con Calvin, il mio migliore amico, quando qualcuno ha perso il controllo nella corsia accanto alla nostra.
Stavamo tornando a casa da una festa, ma non avevamo bevuto perché sapevamo che saremmo dovuti andare via presto.
La serata stava procedendo alla perfezione, ed ero felice essendo ad una festa. Se c'è una cosa che amo, è proprio festeggiare: adoro ammirare i colori dei palloncini, intercettare gli sguardi che si lanciano due ragazzi che hanno una cotta l'uno per l'altra e ballare in mezzo alla pista scatenandomi a ritmo.
Calvin, invece, era riuscito ad avere la prima conversione con il ragazzo di cui è follemente innamorato. Non so molto di lui, solo che è un giocatore nella squadra della scuola.
Eravamo in macchina quando mi raccontava com'era andata la serata.
«Ha una voce così profonda! E siamo riusciti ad organizzarci per uscire, sai? Mi ha invitato allo stadio, probabilmente andremo a vedere qualche partita. Non sappiamo ancora quando, ma non vedo l'ora!»
Ridacchiai. «E così hai fatto colpo, eh?»
Mi emozionava vederlo così felice, soprattutto perché è raro scorgere tutta questa gioia sul viso di una persona. I lineamenti che si tirano per formare le fossette di un sorriso smagliante, gli occhi lucidi e le sopracciglia che si incurvano in una posizione buffa.
«Puoi dirlo forte! In ogni caso, tu hai conosciuto qualche ragazzo carino? Devi trovarti qualcuno, Tasya, altrimenti finirai per deprimere anche me.»
Alzo gli occhi al cielo. «Non ne ho ancora bisogno! Non so gestire me stessa, figuriamoci un fidanzato» borbotto.
E poi buio.
Ricordo solo che ho sentito un forte vuoto nello stomaco mentre siamo finiti fuori strada, l'auto sembrava stesse per spiccare il volo e il cuore batteva talmente forte che credevo sarebbe uscito dal mio petto.
«Ricordo» sussurro.
Sento l'infermiera sedersi sul lettino e appoggiare una mano sulla mia gamba. «Come ti senti?» domanda.
«Calvin, lui come sta?» chiedo allarmata.
Sono stata così presa da me stessa che non ho nemmeno pensato al mio migliore amico, probabilmente in coma o rinchiuso in una stanza proprio come me.
«Sta bene» dice «Vuoi che lo faccia entrare?»
Annuisco energicamente, sentendo poi la donna alzarsi. La porta cigola, mentre i passi di una persona si fanno sempre più vicini.
Riconosco il passo "molleggiante" di Calvin: ogni volta che usciamo lo provoco imitando la sua buffa camminata, cosa che lo fa sempre innervosire. «Tasya?» La sua voce calda mi fa sentire al sicuro, così mi lancio verso la provenienza della voce per abbracciarlo. Sento l'unghia colpire qualcosa, poi il mio migliore amico esclamare un lamento di dolore. «Cristo, mi hai quasi fatto fuori l'occhio!»
Scoppio a ridere. «Scusami, ma è un po' difficile per me al momento vederti.»
«Come stai?» chiede. Noto qualcosa di strano nella sua voce, che va ben oltre la preoccupazione: sembra spaventato da me, come se potessi impazzire da un momento all'altro. Perché? C'è qualcosa che io non so e che mi sta venendo nascosto?
«Sono confusa» rispondo «Ma bene. Mi spiegheresti ora perché ho questa benda e perché non posso toglierla?»
Rimane in silenzio.
Lo sento sospirare e torturarsi le pellicine delle unghie, un gesto che ha iniziato a fare poco tempo dopo il nostro incontro. Scherzosamente dice che è stato dato dallo stress che ho portato entrando a far parte della sua vita, ma sono certa che si tratti anche dell'omosessualità che tiene nascosta alla sua famiglia.
«Ho parlato con i tuoi genitori e non mi hanno detto molto. Starò qui ancora per poco, poi entreranno i medici per spiegarti la situazione con più calma. Il mio compito è quello di tranquillizzarti, ma sinceramente so che è inutile perché tu non stai mai calma» spiega, poi mi stringe forte una mano. «Qualsiasi cosa accada, Tasya, sii forte. Passerà, va bene?»
«Calvin, cosa succede? Mi stai spaventando»dico, sentendo le lacrime agli occhi.
Non usa mai toni così seri, perciò significa che è successo qualcosa di grave: e se fossi rimasta paralizzata? Come farei a vivere in questo modo? Potrei seguire una riabilitazione che mi farebbe tornare a camminare?
«Non dire ai medici che te l'ho detto, ma ciò che ho capito io è questo: hai subito una lesione al lobo occipitale, presente nel telencefalo. Non ho idea di cosa significhi, ma posso assicurarti che...»
«Calvin» Riconosco la voce di mia madre. «Potresti lasciarci sola con nostra figlia? Il momento è arrivato e non vorremmo fossi qui per assistere. Potrebbe essere parecchio dura da mandare giù.»
La sua voce è incrinata, ma usa comunque un tono risoluto. Cosa sta succedendo? Cos'è che dovrei prendere così male?
Oddio: e se stessi morendo?
«Ciao, Tasya. Sono un medico che si sente onorato di averti conosciuto, infatti non ho mai visto una ragazza forte e fortunata come te»dice, confondendomi «Sei viva per miracolo, se non fosse stato per Calvin che ha chiamato subito i soccorsi probabilmente non saresti ancora qui. Hai perso molto sangue, perciò ti sentirai un po' debole in queste ore, ma piano piano si risolverà tutto.»
«Perché ho questa benda?» chiedo, sentendomi un po' più tranquilla. «Calvin ha detto che...»
«Abbiamo sentito tutto, tesoro» mi interrompe mio padre, accarezzandomi il braccio. «Ma non devi preoccuparti, come ha detto lui supereremo anche questa.»
«Non capisco» mormoro.
«Non penso ci siano parole giuste per descriverle ciò che è successo, non la prenderebbe bene in ogni caso» mormora il medico, rivolgendosi forse ai miei genitori. «Toglietele la benda.»
Sento delle mani tirarmi giù con forza, obbligandomi a stendermi sul lettino ospedaliero. Lentamente inizio a sentire la stretta della benda farsi sempre più leggera, finché non la percepisco più avvolgermi il capo.
Confusa, tocco le tempie costatando che la benda effettivamente non c'è più, ma da prima non è cambiato nulla. Inizio ad andare in iperventilazione, finché un urlo mostruoso non mi gratta la gola.
Non vedo più nulla.
BOOM!
La bomba è stata sganciata e io non vedevo l'ora. Questo non sarà il tema principale della storia, ma avrà un significato molto particolare che comprenderà anche il titolo.
E niente, molto presto le vicende dei due protagoniste si intrecceranno e si creerà una cosa figa che non vedo l'ora di svelarvi. Spero che l'idea possa piacervi, dato che io la adoro troppo.
Non penso ci saranno morti in questa storia, o forse sì ma devo ancora deciderlo. Cercate di capirmi: i finali tristi sono sempre quelli che rimangono più impressi, o almeno quelli che solitamente mi piacciono di più perché hanno un significato particolare per me.
Anyway, mai dire mai.
Come state? Io abbastanza bene, anche se ho passato un periodo orribile e che non vedevo l'ora finisse. Piano piano le cose si stanno sistemando e anche i voti a scuola si alzano per grazia divina (e per grazia di qualche bigliettino).
Vi voglio bene.
Mamma Pulcina <3
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