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Viaggio intergalattico a gettoni

Samantha seguì Esme lungo il ballatoio del motel e poi giù per le scale in ferro cigolante. 
Teneva stretti fra le mani i vestiti di Felix, premurandosi di mantenerli ad una considerevole distanza dal proprio naso.

A dispetto del chiaro disgusto che aveva letto sui volti dei compagni, a lei quel posto un po' piaceva. Certo, era ancora fermamente convinta che i motel fossero luoghi per persone poco raccomandabili, tuttavia, sarà stato per le pareti rosa pallido o la musica che svolazzava nel parcheggio vuoto, trovava l'ambiente davvero carino. 

Esme stava guardando con un sorriso divertito in direzione dell'intimidatoria receptionist, che stava muovendo la testa nel suo abitacolo, seguendo il ritmo di una canzone trasmessa dalla sua radiolina giallo canarino. Ricordava un po' una gelatina tremolante. La musica oscillava nell'aria ferma.

Electric Youth, riconobbe subito Samantha. Pubblicata nel 1989 da una tizia chiamata Debbie Gibson, con la casa discografica Atlantic. 
La ragazza fece un sorriso orgoglioso, soddisfatta per esserselo ricordato così bene. Tutto merito dei suoi genitori, pensò, ossia nostalgici figli degli anni Ottanta che, palesando il proprio amore per le playlist d'epoca, esibivano orgogliosi i propri dischi originali( come ci  tenevano a sottolineare) in salotto. Samantha, che li aveva davanti agli occhi ad ogni pasto, li aveva facilmente stampati nel proprio cervello e, ora, le bastava carpire le parole per ricordare artista, anno di uscita ed etichetta. Si sarebbe potuta definire un juke-box umano, se non fosse stato per il fatto che non aveva un grande senso del ritmo e non era minimamente capace di seguire il tempo.

Non le mancavano molto, concluse stringendosi nelle spalle, né quei dischi dalle confezioni sgargianti, né i suoi genitori, che sembravano spesso preferire la disco dance alla loro unica figlia.

Raggiunsero il retro del motel, dove era incastrata la piccola lavanderia a gettoni che avevano intravisto dalla finestra. Si trovava fra una porta verde rancido, su cui era incollata alla bell'e meglio una targhetta rettangolare con scritto "PRIVATO", e tre bidoni della spazzatura, pieni fino all'orlo di traslucide borsine multicolori. Sul vetro impolverato e costellato di moscerini, c'era un cartello al neon viola su cui si intuiva ci fosse scritto "APERTO 24 ORE", tuttavia doveva essere un cartello piuttosto vecchio e il quattro aveva spiritosamente deciso di smettere di funzionare.

Samantha vide Esme sghignazzare, notando il modesto cartello che annunciava, quindi, un impegnativo orario di due ore.

Entrarono.
La lavanderia era davvero piccola: Samantha contò, infatti, solo quattro lavatrici, color pervinca e schiacciate contro il muro, accompagnate da due asciugatrici impilate una sull'altra. In un angolo erano nascosti la cassa automatica e i cestelli azzurri in cui mettere il bucato, mentre al centro della stanzetta era piazzato un tavolo in plastica di un bianco opaco. Il tutto, non che fosse molto, era illuminato da una tagliente luce fredda che creava un'atmosfera di cianotica inospitalità.

Scelsero la terza lavatrice che era identificata da uno svogliato numero "tre", disegnato con un incongruo indelebile arancio, subito sotto c'era un'etichetta sciupata che le informava di come il detersivo fosse già incluso.
Esme si tolse il pigiama senza alcun imbarazzo, rimanendo in biancheria. Samantha fece lo stesso. Rimanere in mutande in un luogo pubblico non era esattamente qualcosa a cui la ragazza fosse avvezza, tuttavia non ne fu più di tanto turbata. 

Samantha si occupò di pigiare quella fetente montagnetta di vestiti sudaticci nelle fauci d'acciaio della lavatrice, mentre Esme si grattava la testa perplessa davanti alla cassa automatica. Alla fine, ci inserì quattro euro, ricavandone due grossi gettoni graffiati.

"Tu sai come funzionano queste strane cose?" domandò Samantha, indicando la sfilza di tasti sulla lavatrice. Esme scosse la testa.

"Nemmeno io" continuò Samantha, "Non ho mai usato una lavatrice... Be', a dir la verità non ho mai fatto un solo lavoro domestico in tutta la mia vita". Esme rise, mentre, sempre con espressione accigliata, sbatté il portello e schiacciò il tasto in prossimità di un "50°".
Quando la ragazza fece scivolare il gettone nella fessura nera apposita, un piccolo display le informò, con chiare cifre rosse, che avrebbero dovuto attendere trenta minuti.

Quindi, un suono intestinale proruppe dalla lavatrice, il cui interno, subito dopo, iniziò a roteare, malmenando i vestiti che aveva ingoiato. Le due ragazze si batterono il cinque: almeno era partita.

Esme si sedette sul tavolo, lasciando penzolare la gambe, mentre Samantha decise, contro ogni decenza igienica, di accovacciarsi a gambe incrociate sulle piastrelle sporche, con il naso che quasi sfiorava l'oblò trasparente. Le pareva quasi di fissare uno spazio alieno dal finestrino di un'astronave. O forse era la lavatrice ad essere l'astronave ed era lei nello spazio alieno. In ogni caso, non avrebbe distolto lo sguardo per nulla al mondo.
Si incantò guardando quelle macchie di stoffa colorata costrette a fare le capriole nel detersivo. 

Schiacciò il più possibile il volto contro il portellino, finché non finì per perdersi fra quelle amorfe chiazze di colore e l'abisso oscuro che le inghiottiva. In quelle condizioni, era facile fingere che quei pallini bianchi non fossero banali bollicine di detergente, ma strambe stelle di una galassia lontana. Una di quelle catalogate come irregolari dai libri di astronomia.

Iniziò la centrifuga e le macchie cromatiche iniziarono a sfrecciarle davanti agli occhi, tutto vorticò fino a divenire indistinguibile. Il fondo buio sembrava estendersi all'infinito, al pari di un malvagio buco nero. La navicella vibrava come un motore surriscaldato, accompagnata da un potente ronzio.

Un viaggio nell'iperspazio non doveva essere molto diverso da quello, si disse Samantha.

Senza che se ne accorgesse era passata mezz'ora e la lavatrice si esibì in un assordante e prolungato biiiiip. Il portellino si spalancò automaticamente sbattendo con forza sul volto di Samantha. La ragazza esclamò uno spiacevolmente sorpreso ahi e si tastò la fronte con la punta dell'indice. Probabilmente le sarebbe spuntato un bel livido viola, considerò con afflizione.

Esme scese dal tavolo e, a giudicare dagli sbadigli o dal modo in cui si stropicciava gli occhi, era facile intuire che avesse sonnecchiato per buona parte di quei trenta minuti. 

Effettivamente, avrebbero potuto farlo la mattina seguente, rifletté Samantha notando la stanchezza della compagna, tuttavia non le era andata molto a genio l'idea di lavarsi solo per rimettersi, poi, addosso quei vestiti lerci. Esme aveva fatto intendere di essere d'accordo con lei, anche se, al momento, gli occhi spossati sembravano testimoniare il suo pentimento.

Sentì un rumore provenire da fuori la lavanderia. Si girò in direzione della porta e aguzzò lo sguardo. Le parve di vedere una figura orribilmente deforme sgusciare nell'oscurità, al suono di uno strano sibilo. Possibile che, proprio quando aveva perdonato fra sé Felix per essere stato il mostro dei cassonetti, ne comparisse un altro? 

Si avvicinò alla vetrata e spinse la testa fuori dalla porta. 

Che delusione, pensò a primo acchito. Non era altro che un inserviente con il suo sciocco carrellino per le pulizie dalle ruote cigolanti. Stava buttando della sporcizia in uno dei bidoni.
Samantha lo fissò curiosa: quell'uomo aveva un che di familiare. Nella luce tenue emanata dall'interno della lavanderia, i loro sguardi si incontrarono. La ragazza aprì la bocca stupita.
L'uomo abbassò in fretta gli occhi, afferrò il suo carrellino e si allontanò rapidamente.

Samantha non dimenticava mai una faccia e, nonostante quel tizio avesse cambiato uniforme, colore di capelli e si fosse fatto crescere la barba, se lo ricordava bene. Era decisamente il commesso del diner in cui avevano cenato due sere prima.

La ragazza non aveva difficoltà a capire perché quel tale avesse deciso di cambiare lavoro, però non è che fosse proprio riuscito a fare un salto di qualità. Pensò di dirlo ad Esme, che intanto aveva messo i vestiti nell'asciugatrice, tuttavia la ragazza sembrava essersi già riappisolata( questa volta seduta su una delle lavatrici) e Samantha non se la sentì di disturbarla per una sciocchezza simile. Del resto, il mondo è pieno di gente che, di punto in bianco, decide di cambiare vita e aspetto.

Forse a quel tizio era solo venuta una crisi di mezz'età, pensò Samantha, perdendosi, poi, a contare i moscerini agonizzanti sul vetro della lavanderia.



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