Verso l'infinito e oltre
Il ricordo di un'alba color pastello sfumò davanti agli occhi di Alexander mentre questi si socchiudevano dopo una notte di pelle d'oca.
Attraverso le palpebre appena sollevate, il ragazzo osservò vacuo i chiarissimi acri di sabbia che baluginavano davanti al suo volto abbandonato sulla coperta. Sentiva il pile morbido premergli contro la guancia ustionata.
Il sapore rancido della mattina gli scoppiò in bocca e punse il naso mentre lui sbadigliava stropicciandosi gli occhi incispati. Il fragore del mare si infrangeva sui suoi timpani.
Nell'aria, fredda come può esserlo solo alle prime luci del giorno, risuonavano i rari garriti dei gabbiani, il suono scrosciante dell'acqua e un lontano rombo che i sensi impastati dal sonno di Alexander non furono in grado di identificare. Una brezza frizzante di mare gli soffiava sul corpo disteso e fra i capelli sporchi. Dio, quanto faceva freddo!
Per qualche secondo, il ragazzo rimase spaesato e confuso sdraiato sul fianco, finché a ondate regolari come quelle della marea non gli ritornò tutto alla mente. Consapevole della propria ubicazione sulla Terra, Alexander si mise a sedere celando un profondo sbadiglio dietro a una mano ammantata di sabbia diafana.
La spiaggia poteva essere un materasso molto comodo, ma adorava lasciare la propria impronta farinosa sulla pelle. Il ragazzo incrociò le gambe torpide e respirò a pieni polmoni le note iodate che trapuntavano l'aria pulita. Il mare davanti a lui abbracciò il suo sguardo con una sinfonia di onde pallide e sonnacchiose.
"Ehi, Alexander!" La voce di Felix gli biascicò un allegro saluto a cui Alexander rispose con un sorriso tanto genuino quanto assonnato. È buffo come il risveglio possa condizionare tutto il resto della giornata. E, in quel caso, Alexander non avrebbe potuto chiedere di meglio. Felix era seduto vicino a lui e stava mangiando uno di quei secchissimi biscotti ai cereali di cui avevano pacchi pieni. Aveva su una guancia il segno rosso delle pieghe della coperta e i capelli scompigliati.
"Ne vuoi uno?" gli chiese porgendogli il cilindro di cartone. Alexander si profuse in un terzo sbadiglio, annuì e mormorò un arrochito "grazie". Dopodiché prese fra le dita il primo biscotto che gli capitò a tiro e lo portò alla bocca. Pur non avendo fame, aveva voglia di mangiare. Le briciole si unirono alla sabbia sulla stoffa nera della sua maglia. Il vento gli solleticava il volto solcato da occhiaie livide come i riflessi del mare mentre lui spiluccava la sua colazione.
Alexander masticò lentamente e si guardò in giro, ancora intontito dal sonno. A giudicare dal pallore del mondo il sole non doveva essere sorto da molto. Una leggera foschia aleggiava come condensa sul giorno neonato, spirava attorno agli scogli con il suo velo caliginoso e occultava sotto un soffio di bruma l'orizzonte lontano. Dell'impetuosità del loro fuoco erano rimaste solo le braci e un leggero tepore si irradiava dai brandelli di carta bruciata. Disseminate qua e là c'erano le tracce della loro permanenza lì: le coperte stropicciate, gli zaini aperti e costellati da granelli luccicanti, le scarpe consumate, il cubo di Rubik di Samantha e le borracce lampeggianti di metallo. Loro erano un po' in ognuna di quelle cose. A chiunque altro sarebbero parsi tristi scorci di spazzatura, ma agli occhi di Alexander erano i lieti segni della sua nuova quotidianità.
Con questi vaghi pensieri, Alexander finì il proprio biscotto e Felix gliene passò un altro continuando a sgranocchiare in silenzio. I gabbiani volavano sopra il mare lanciando grida solitarie e, mezza insabbiata, la radiolina era chiusa in un lapidario silenzio.
A un paio di metri da loro, Samantha era seduta di spalle sulla sdraio traballante ed era chinata sulla sua scatoletta del pronto soccorso. Stava borbottando delle parole che il vento spazzava via per disperderle verso il cielo esangue. Sull'azzurro del vestito le era rimasta una spolverata di sabbia fine. Un altro rombo vibrò nell'aria mattutina e Alexander ne seguì il suono. In fondo alla spiaggia, sul pontile, individuò Esme in piedi sulla barca rosso fragola. Armeggiava con il motore mentre la barchetta molleggiava sotto i suoi piedi. A quella vista, Alexander sentì il cuore piovergli nello stomaco assieme al biscotto e d'improvviso ingurgitare l'ultimo boccone di quel dolcetto insipido gli parve impossibile. Si era quasi dimenticato che quello era il grande giorno. Quello in cui se ne sarebbero andati. Avrebbero attraversato il mare su una malsicura imbarcazione - già quello non gli piaceva - e per di più non avevano idea di dove dovessero arrivare. Nessun indizio su cosa avesse in serbo il destino per loro. Alexander si sfregò un braccio che bruciava per le scottature. E se dall'altra parte ci fosse stato qualcosa di peggio? E se proprio non ci fosse stata un'altra parte? Sarebbero naufragati per sempre fra i flutti perigliosi del mare su un pezzo di legno che lui non aveva nemmeno il coraggio di chiamare barca.
Un terzo rombo del motore riecheggiò nell'aria caliginosa e Alexander, con gli occhi ancora appannati dal recente risveglio, distinse Esme risalire con un coraggio ammirabile dalla barchetta ondeggiante al molo precario. Mentre la ragazza attraversava con cautela quelle assi di legno marcio per poi percorrere la spiaggia, Alexander si costrinse a finire il biscotto. Felix prese la borraccia acquattata fra le dune sabbiose e ne bevve un lungo sorso.
"Tieni," gli disse asciugandosi la bocca. "Possiamo berla pure tutta, Esme ha detto che tanto poi la riempiamo con quella stramaledetta fontanella."
Gli tese la borraccia e Alexander l'accetto con gratitudine. Bevve l'acqua tiepida a sorsi pigri e, quando ebbe irrigato la gola e placato la sete, si stiracchiò le gambe velate di sabbia. Aveva il corpo tutto indolenzito, i piedi coperti di vesciche rigonfie e l'incertezza delle loro prospettive gli irrorava il petto con effluvi di angoscia. Eppure si sentiva stranamente bene. Fece un sospiro profondo, riempiendosi i polmoni di quella stessa aria vaporosa che gli faceva rizzare i peli sulle braccia. Felix aveva chiuso il pacchetto di biscotti e l'aveva relegato in uno zaino, a sua volta accuratamente riposto fuori portata. In tutta probabilità non voleva cedere alla tentazione di spazzolarsi l'interezza delle loro scorte.
Non c'era nemmeno una nuvola a galleggiare nello sfuggente cielo mattutino, mentre sul bagnasciuga le correnti notturne avevano accumulato matasse di alghe e scie luccicanti di conchiglie bianche. Alexander bevve a grandi sorsi quell'acqua che non doveva più razionare e la pungente frescura di una mattina in riva al mare.
Esme intanto li aveva raggiunti a passi calmi. I capelli le stavano increspati e amorfi attorno al viso incrostato di salsedine.
"Funziona," disse indicando la barca che molleggiava in lontananza.
Alexander fissò a sua volta quella fragile, fragilissima imbarcazione. Deglutì prima un nuovo sorso d'acqua e poi un groppo di saliva aromatizzato di apprensione. "Quindi... Quindi è assodato? Ce ne andiamo?" domandò richiudendo la borraccia. Quella era una domanda che aveva formulato spesso, ma questa volta la sentì più cruciale che mai. Come se davvero, per la prima volta, la risposta dipendesse interamente da loro e non da fattori esterni. La barca funzionava e il mare da lì non si sarebbe mosso, spettava solo a loro decidere se volevano salire sulla prima e sfidare il secondo. Decidere se rimanere a gingillarsi nella loro gabbia dorata o spiccare il volo senza alcuna garanzia di avere delle ali per farlo.
"Be', io sono pro ad andarcene," disse Felix grattandosi la schiena, "Qui non c'è rimasto un cazzo da fare."
Esme annuì, ma prima che potesse aggiungere qualcosa Samantha attirò la loro attenzione esclamando: "Ecco fatto!"
Con un movimento dall'esultante goffaggine si girò, facendo traballare la sdraio, e fece bella mostra di un luminosissimo sorriso. Il sole sorgivo colpiva le lenti degli occhiali mettendone in luce tutti gli strati di sporcizia e le illuminava quella tempesta di efelidi che aveva sul viso.
"Visto che non vi andava di fare alcun patto di sangue ho pensato a qualcos'altro," annunciò tamburellando le dita sulla scalcagnata scatoletta del pronto soccorso. Batté quindi le mani in un moto di inspiegabile contentezza e sollevò il coperchio butterato della scatola.
"Ecco qui!" disse estraendo uno strano groviglio di fili neri e conchiglie che Alexander osservò senza capire.
Samantha, incurante della perplessità di loro tre, si alzò dalla sdraio strappandole un grido stridulo e fece un saltello nella sabbia fresca. "Ne ho fatta una ciascuno!"
Loro tre la fissarono interdetti, nel tentativo di interpretare quello che la ragazza stava dicendo e soprattutto quello che stava mostrando.
"Quindi è questa la tua grande idea?" Felix sollevò un sopracciglio con un sorriso sardonico. "Collanine dell'amicizia?"
Samantha mosse su e giù il capo con inguaribile orgoglio. "Proprio così! Significativo e fashion! Cosa volete di più?"
"Che cosa da sfigati," sbuffò Felix sollevando gli occhi al cielo, mentre Samantha iniziava a sfilare davanti a loro e consegnare i suoi preziosi manufatti con la stessa religiosa reverenza che mette un vescovo nel consegnare l'ostia.
Cominciò da Esme, che accettò la collanina con un inchino scherzoso e subito se la legò al collo. Una conchiglia dal guscio liscio e iridescente le brillò sul petto lievemente irretito dalla pelle d'oca. Samantha emise un gridolino di gioia e continuò con il suo giro di benedizioni. Provò a ravvivarsi i capelli informi e si avvicinò ad Alexander, che ricevette fra le mani il guscio di una conchiglia grigia e bucherellata. La fissò per qualche istante prima di legarsela maldestramente al collo e domandare: "Ma hai... hai usato lo spago da sutura?"
Samantha fece spallucce e sorridendo ammise: "Eh sì, c'era solo quello".
Alexander annuì e pensò che mai avrebbe sospettato di finire a indossare un gioiello di quel genere. La conchiglia gli premeva leggera sul petto. Il suo senso estetico lo portava a descriverlo come un accessorio piuttosto brutto e altrettanto imbarazzante, ma il ragazzo sapeva che non se lo sarebbe tolto tanto facilmente. Finalmente apparteneva a qualcosa ed era come se quel mollusco rovinato e intriso di odore di pesce certificasse tutto quello che lui aveva passato. Era la prova antiestetica e tangibile che lui, l'Alexander puzzolente di salsedine e seduto sulla sabbia, non era più lo stesso Alexander che si era svegliato fra le grinfie dell'angoscia nelle tenebre di un campo di papaveri. In ogni screziatura, in ogni ammaccatura di quella conchiglia era incisa l'essenza di quei giorni.
"Va be', se a 'sto punto vuoi anche fare un pigiama party in cui ci pitturiamo le unghie e parliamo di ragazzi a me sta bene neh," sbuffò Felix mentre Samantha gli consegnava il suo guscio di conchiglia iridato d'arancio e scheggiato da un lato. Felix lo accettò con studiata stizza e, mantenendo una rigorosa smorfia di sufficienza, provò a legarsela al collo.
"Cosa mi tocca fare," borbottò mentre Samantha indossava la propria. Si era ovviamente tenuta per sé quella più bella: una conchiglia rigata di rosa e dal guscio bombato al punto giusto.
"Gesù cristo, ma è impossibile," sbottò Felix mentre il nodo gli si disfaceva fra le dita nervose.
"F-faccio io," si offrì Alexander. Felix lo guardò e, con un sorriso disinvolto che provava - senza molto successo - a dissimulare la riconoscenza degli occhi, sospirò un provato "grazie".
Mentre Esme iniziava a risistemare gli zaini e Samantha si pavoneggiava piena di vanità, Alexander afferrò le estremità della collana di Felix e con dita impacciate ma sicure gliela legò al collo. I capelli arruffati del ragazzo gli solleticarono le mani mentre lui stringeva il nodo.
"Fatto," gli disse.
Felix si rigirò e lanciò un'occhiata di stizza al manufatto che gli premeva sul petto. "Bah, a 'sto punto avrei preferito un giuramento di sangue."
Esme scosse la testa divertita, mentre Samantha contemplò paga le sue sgraziate creazioni. Per riuscire a infilare lo spago aveva dovuto trovare tutte conchiglie già forate, dunque il risultato è che quei gusci sbeccati se ne stavano tutti svergoli e sottosopra.
"Guardateci!" esclamò stringendo insieme le mani in un moto di commozione, "Come le Principesse Sirene!"
Risero tutti, persino Felix abbandonò la sua maschera di studiata sufficienza in favore di un rilassato e genuino divertimento.
La sabbia si stava scaldando sotto ai loro piedi e la brezza marina non accapponava più la pelle con le sue note di gelo salmastro. Il sole fino a quel punto anemico e slavato iniziava a prendere colore e a fiorire nel caldo estivo che loro avevano imparato a conoscere bene. Alexander guardando quella stella così più pomposa delle altre non poteva non chiedersi quando sarebbe esplosa. In fin dei conti ogni aurora, per quanto intrisa di delicatezza mozzafiato, non era altro che l'angelica manifestazione di un conto alla rovescia verso un'inevitabile fine. Del resto, pensò Alexander allungando la borraccia a Esme perché la riempisse, il mondo non è altro che una gigantesca sala d'aspetto e l'unica cosa da fare e rassegnarsi ad aspettare.
"La coperta." Esme fece segno a lui e Felix di alzarsi.
"Eh, ma che dispotica," brontolò Felix mentre si accingeva ad alzarsi in piedi. Alexander ridacchiò e si preparò psicologicamente a tornare a usare i muscoli per qualcosa di più impegnativo di incrociare e distendere le gambe,
"È anche ora che vi alziate!" esclamò Samantha, "Che pelandroni!"
Alexander e Felix si scambiarono un'occhiata di divertita esasperazione e si decisero a togliere il loro peso morto dal pile sporco di vecchiaia e sabbia.
"Ma quindi prendiamo la barca?" tornò a cinguettare Samantha mentre con un piede disegnava una grossa e auto-celebrativa "S" nella sabbia.
Alexander annuì. "Temo di sì," disse aiutando Felix a piegare la coperta.
"Oh, che bello!" Samantha si strinse al petto la sua scatoletta del pronto soccorso. "Non sono mai salita su uno di quegli affari, sapete? I miei dicevano sempre che sono pericolosissimi!"
Alexander aveva ormai intuito che dei genitori di Samantha c'era poco da fidarsi, ma comunque non gli fece molto piacere sentire una cosa simile.
"È... è davvero pericoloso?" domandò fissando quel mare che a ogni flutto scintillante li avrebbe potuti sgroppare dalla barca e lasciare ad affogare fra le onde gelide e i paguri.
Felix pigiò la coperta dentro allo zaino richiudendolo a fatica e diede una pacca di incoraggiamento sulla spalla di Alexander. "Può anche darsi neh, ma non sarà né la prima né tanto meno l'ultima cazzata che facciamo, quindi su, ci vorrà ben altro per farci secchi."
Esme assentì sorridendo e richiuse anche il secondo zaino.
Alexander non si poté certo dire rincuorato, tuttavia la fiducia che provava nei suoi amici era inverosimilmente più forte dei suoi ingiustificati, perenni, brutti presentimenti. Recuperarono le scarpe che avevano disseminato qua e là e si misero a indossarle nuovamente. Alexander fece scivolare i propri piedi tumefatti nelle calze sottili e poi li ingabbiò fra le stringhe. Nonostante avesse una tanto sciocca quanto viscerale avversione per i propri piedi, stare scalzo iniziava già a mancargli.
"Peccato," commentò Felix quasi indovinando i suoi pensieri, "Mi piaceva starmene a piedi nudi come un cazzo di selvaggio."
Esme annuì con espressione affranta e Samantha si sentì autorizzata a commentare: "È proprio vero! A me poi mancherà soprattutto fare la pipì nel mare!"
Nessuno espresse ad alta voce la propria comprensione, ma Alexander fu abbastanza certo che tutti, in un modo o nell'altro, simpatizzassero per quell'opinione.
Quando anche le ultime stringhe sciupate furono allacciate e anche l'ultima zip dello zaino richiusa, si guardarono reciprocamente. Era giunto il momento. Si sarebbero infine allontanati da quei lidi polverosi e da quello scorcio di mondo in sfacelo. Alexander sentì una punta di nostalgia pizzicargli il petto.
Avevano trangugiato un giorno dopo l'altro senza prendersi la briga di assaporarne nessuno. Spolpato ogni ora di quella demenziale settimana senza mai attribuire importanza a quanto era successo prima e senza mai preoccuparsi troppo di quello che sarebbe successo dopo. E ad Alexander, che in tutta la sua ancora breve vita non aveva fatto altro che rammaricarsi per il passato e angosciarsi per il futuro, nulla avrebbe potuto far meglio se non quell'eterno, delirante presente. Fissò i suoi amici dritti negli occhi, senza sentirsi di troppo, senza sentirsi a disagio o fuori luogo. Ricordava bene la prima volta in cui si erano incontrati, come avrebbe potuto non farlo? Era successa appena qualche giorno prima! Non gli sembrava possibile che fossero le stesse persone.
Samantha, quella Samantha che ora giocherellava con la propria collanina, era la stessa che era sbucata annaspante dai fusti di papavero chiedendogli se lui fosse un habitué di quel campo buio. Così come la Esme che in quel momento regolava le cinghie dello zaino con un sorriso pacifico era la stessa che come prima apparizione aveva fracassato un distributore automatico. Allo stesso modo Felix. Il ragazzo che ora gli stava accanto - spalla contro spalla, fianco contro fianco -, che l'aveva baciato, che fra un sorriso ironico e l'altro gli aveva detto che per un momento il suo desiderio più grande era stato impressionarlo, ecco, quel ragazzo era lo stesso che Alexander aveva visto prendere a calci il distributore alla luce diafana e sfarfallante di una stazione di servizio da due soldi. Era lo stesso, eppure un'altra persona. Alexander aveva scoperto un piccolo mondo dietro ciascuno di quei tre individui che all'inizio erano solo imperscrutabili facce che, per quel che ne sapeva, potevano anche non avere alcuna vita interiore. E quindi la percezione che lui aveva di loro era così cambiata che anche loro stessi gli apparivano diversi. Più come parti di lui che come parti dell'inospitale realtà esterna.
La foschia dell'alba si era dissipata e insieme a lei il tepore di un giorno appena nato. Il cielo era terso e l'aria cristallina sibilava fra scogli che non avrebbe mai smosso e su visi che non avrebbe più toccato. I gabbiani zampettavano in silenzio sul suolo limaccioso della battigia e la barca ciondolava paziente attraccata al pontile bersagliato dalla schiuma sfrigolante del mare.
"Be'." Felix batté le mani insieme e si mise il secondo zaino in spalla. "Togliamo il disturbo da questo buco di culo?"
Tutti assentirono e scrutando il pontile si prepararono a raggiungerlo.
"Ma ci pensate," sbottò Samantha stringendo le sue scatolette, "Magari stiamo facendo tutta questa scenata e poi c'è tipo una barriera invisibile e dobbiamo tornare indietro!"
"Non dirlo neanche per scherzo," commentò Esme lanciando e riprendendo la chiave di accensione del motore.
Felix annuì. "Già, diamine." Si grattò i capelli pieni di sabbia. "Tanti bei ricordi, ma - cazzo! - cambiamo un po' aria."
Alexander ridacchiò. Non si sarebbe potuto dire più d'accordo.
Si incamminarono senza alcuna fretta. Ogni passo che affogava nella sabbia scandiva il loro avvicinarsi verso una nuova avventura, o per lo meno, scandiva il loro allontanarsi da quella.
Mentre avanzavano l'odore salino del mare si trasmutò nel profumo dei gelsomini che infradiciava le strade e poi nella puzza di cipolle fritte che impregnava il lerciume del diner. Gli schizzi che provenivano dal bagnasciuga divennero i rivoli di sudore che colavano fra le scapole nella polverosa incandescenza delle vie del paese e la brezza iodata che cavalcava le onde - per un attimo - fu l'aria condizionata che vibrava fra gli scaffali del minimarket. Tutto ciò che avevano passato fremette nei sensi di Alexander. Le albe che gli erano sbocciate davanti agli occhi e quelle che si era perso. Le candele di cera bianca che tremolavano nella chiesa e le luci che vorticavano nella fragranza zuccherina del luna park. La stoffa ruvida dell'accappatoio del motel e la fragranza di toast appena sfornati. Il velluto del divanetto del Tale e l'algida inespressività delle piastrelle su cui si era posata l'intensità di quella sera nel bagno di Igor.
La società aveva insegnato ad Alexander che essere felici vuol dire avere un mucchio di amici, andare a tantissime feste e potersi vantare di come non ci si ricorda di quante ragazze ci si è portati a letto durante una notte brava. Una felicità usa e getta, da consumare una volta e poi dimenticare per sempre, nulla più di un gettone da inserire in una slot machine per qualche istante di rutilante alienazione. Tuttavia nell'ultimo periodo pensava di aver capito come felicità potesse anche voler dire dormire per terra ogni notte, mangiare biscotti insipidi e palline al formaggio, vedere il sole tramontare dietro la finestra di una roulotte e altre cose che avrebbero fatto invidia a qualsiasi cantautore di musica indie.
Samantha saltellava sulla battigia, la conchiglia pesante che le sbatacchiava sul petto. Esme faceva strada risoluta, giocherellando con la chiave che avrebbe aperto le porte della loro fuga, e Alexander procedeva di fianco a Felix, stranamente privo di angoscia per l'incertezza del loro caotico avvenire. Accanto a loro, il mare sfrigolava come la Coca-Cola che avevano bevuto, ribolliva come la benzina che avevano versato, barbagliava come la pioggia che aveva scrosciato nelle pozze e palpitava come il sangue nelle loro vene. Alexander non avrebbe mai creduto di poter avere così tanti ricordi. E, per quanto massiccia, la mole della sua memoria non lo schiacciava come faceva di solito, ma gli fluttuava leggera attorno alla testa. Gli aleggiava come polvere di fata sui capelli, sfarfallando con tutta la dolcezza che può avere un passato di cui non ci si pente.
"Lo sento solo io?" Samantha interruppe il melodrammatico slancio lirico dei suoi pensieri. Alexander si arrestò e corrucciò le sopracciglia. Di cosa stava parlando?
"Non mi sorprenderebbe," osservò ironico Felix.
Esme però si era fermata a sua volta e tendeva le orecchie verso la scogliera.
"No, sentite!" Samantha si portò una mano all'orecchio come se potesse davvero servire a qualcosa.
E anche Alexander, con un moto di angosciata confusione, alla fine lo sentì. Fra i fischi del vento si sentiva un rombo vibrare nell'aria. Veniva dall'alto della scogliera. I quattro si fermarono costernati, era il suono di un motore, il suono di... di una macchina?
Alexander si girò boccheggiando verso i suoi amici, ma il "porca puttana!" che sfuggì d'improvviso a Felix gli risbatté lo sguardo sulla scogliera. La costernazione gettò il cervello di Alexander in un lucido blackout. Lassù, fra gli scogli frastagliati, si affacciavano due imponenti individui. Gli stessi - Alexander divenne del colore della cacca dei gabbiani - che li avevano messi in fuga quel pomeriggio sotto la pioggia. Li avevano scoperti.
"Eccoli!" Gli parve di udire da lassù. "Trovati!"
Loro quattro rimasero stolidamente a guardare mentre una terza figura si stagliava nella luce sempre più intensa.
Ed eccolo là, con la perfezione dei lineamenti che si intuiva anche da quella distanza e un'inconfondibile gessato bianco. Il Tale comparve come un incubo in giacca e cravatta sopra le loro teste. Un moto di paralizzante costernazione catramò i loro otto piedi nella sabbia profonda, calcificando le loro espressioni in quattro inebetiti ritratti dell'incredulità.
Ed eccolo là, il loro piano che andava in fumo.
Il Tale agitò le braccia nella loro direzione e ordinò: "Che aspettate? Acciuffateli, maledizione!" Ordine che, anche se diluito nel vento, giunse alle loro orecchie con indubitabile determinazione.
I due omaccioni si fiondarono verso la scala sdrucciolevole seguiti a ruota dal Tale che camminava svelto. Erano grossi, ma tutt'altro che lenti. Li avrebbero raggiunti. Alexander non pensava ci si potesse sentire molli e di pietra insieme, eppure era esattamente quello che stava provando.
"Via!" gridò d'un tratto Esme. "Alla barca!" Richiamò l'attenzione di Samantha e si mise a correre verso il pontile. Samantha farfugliò qualcosa, ma subito seguì l'amica con una corsa disarticolata ma sorprendentemente veloce.
Alexander invece rimase come impietrito. Guardava i due omaccioni e il Tale farsi sempre più grandi. I loro tratti diventare sempre più distinti a ogni scalino che divoravano. Meno di dieci gradini e sarebbero scesi sulla spiaggia. Alexander si preparò a sventolare la propria bandiera bianca ancor prima di combattere.
"Cazzo, Alexander!" Felix lo afferrò per un polso e lo strattonò. "Muoviamoci!"
Alexander si riscosse. Senza capire quello che stava facendo, si lasciò trascinare da Felix e iniziò a correre. I suoi piedi affondavano nella spiaggia e la sabbia gli entrava nelle scarpe a ogni faticosissimo passo.
"Fermatevi, accidenti a voi!" La voce del Tale fendette l'aria. Pericolosamente vicina. "Vi dico di fermarvi!"
Alexander correva senza capirci nulla. Le sue gambe andavano da sole. L'unica percezione di cui era certo era la mano di Felix serrata attorno al suo polso. Sentiva il proprio fiatone, ma non la propria fatica. Il mare ruggiva, ma non tanto forte come il panico.
Il cuore gli palpitava impossibilmente. Prima si dilatava fino a occupargli tutto il petto, poi un suono secco, e si rimpiccioliva alle dimensioni di un dente da latte. Tum. Tum. Gli martellava pure nella testa. Tum. Tum. Era per lo sforzo fisico o per quello emotivo?
La sabbia attutiva il frastuono di quella corsa frenetica. I loro inseguitori potevano essere metri e metri indietro o a un passo da loro. Se Felix non l'avesse indirizzato, Alexander probabilmente avrebbe continuato a correre dritto fino a spappolarsi contro le punte acuminate della scogliera.
Il rantolo affaticato dei loro inseguitori diventava sempre più nitido. Ad Alexander, per un secondo, parve di sentire il loro alito caldo strusciarglisi sulla nuca.
"Cosa pensate di ottenere?" urlava alle loro spalle il Tale. Non era difficile immaginare i granelli di sabbia scivolare sopra le sue scarpe lustre.
Era vicino? Era lontano? Alexander avrebbe voluto voltarsi indietro, ma andare avanti gli occupava già abbastanza energie.
"Il pontile!" ansimò Felix mentre trascinava Alexander verso gli scalini in legno marcito. La mano era sudata, ma manteneva salda la presa sul polso di Alexander. Alle loro spalle la sabbia si sollevava a sbuffi. Erano i loro o quelli degli uomini?
Superarono i gradini con un balzo e appoggiarono i piedi sulle assi strette del pontile. Alexander non ebbe la lucidità mentale per sentirsi nauseato dalla pericolosità della banchina. Le onde del mare, giusto per condire quella scena con un pizzico in più di drammaticità, si abbattevano turbinose sulle assi. Gli schizzi di schiuma salata colpivano le caviglie di Alexander mentre queste percorrevano febbrili il pontile. Alcune assi mancavano. Ora c'era un asse di legno gonfio e fratturato. Ora un rettangolo di mare ribollente che Alexander scavalcava con un passo più lungo. Sicurezza e vuoto si alternavano senza criterio sotto ai suoi occhi frenetici. Il piede a volte rischiava di scivolargli in quei riquadri di abissi trepidanti. Tuttavia, per qualche ragione che non aveva nulla a che fare con la prontezza fisica di Alexander, non successe. Continuò a farsi trascinare da Felix in quella corsa spasmodica. Sentiva l'acqua scalpitargli sotto i piedi a ogni passo.
Esme era già a bordo della barca assieme a Samantha ed era pronta ad azionare il motore.
"Ma siete uomini adulti! Forza, per la miseria!" sbraitava il Tale da qualche parte dietro di loro.
Tre assi di legno screpolato. Un intervallo blu oltremare. Altre tre assi. Alexander e Felix giunsero alla fine del pontile.
"Muovetevi!" Samantha li incitò con gli occhi sbarrati dalla frenesia del momento.
"Avanti," lo esortò Felix sedendosi sul pontile e allungando le gambe sulla barca. Alexander esitò per un istante. Fu questione di un secondo, ma a lui parve dilatarsi dolorosamente. Un istante infinito in cui un cilicio di spinosi e rapidissimi "e se...?" gli strinse la testa in una morsa ferrea. E se fosse caduto dal pontile? E se la barca non fosse stata in grado di reggere tutto quel peso? E se mentre scendeva i loro inseguitori lo avessero afferrato per il colletto? Tuttavia l'urgenza del momento soffocò le sue incertezze. Con l'adrenalina che gli pulsava nelle tempie e che gli riduceva il mondo a una macchia di panico pulsante, Alexander si appoggiò al pontile e seguì Felix sulla barca. Solo a quel punto Felix gli lasciò il polso.
Passare dalla solidità del molo alla molleggiante instabilità della barchetta fu uno shock che il cervello infervorato di Alexander registrò appena. In un deliro da adrenalina il ragazzo si sedette sul primo posto che riuscì a trovare, senza smettere di boccheggiare e di percepire la realtà esterna a sprazzi vorticanti.
Felix scaraventò lo zaino in un punto della barca e subito gridò: "Cazzo, filiamocela!"
Esme annuì mentre i potenti rombi di motore vibravano nell'aria e agitavano l'acqua. La ragazza si fiondò al posto di guida facendo traballare pericolosamente la barca.
"Per la miseria! Fermatevi!" gridava affannato il Tale dal bagnasciuga. Agitava le braccia lunghe e ammantate in un bianco immacolato nella loro direzione. I due omaccioni erano praticamente sul pontile e sbuffavano nell'affrettarsi sulle assi pencolanti della banchina.
L'acqua si spaccò quando la barca partì. Erano partiti? Alexander tenne gli occhi fissi sulla riva. Erano salvi? Non aveva coraggio di rispondere affermativamente. Il Tale si sbracciava scalpitando sulla sabbia dorata e gridava frasi che venivano coperte dal muggito del motore e dallo scrosciare della corrente. I due uomini si fermarono sull'estremità del pontile, piegati in due dalla fatica e bagnati di sudore. Le grida inintelligibili del Tale riecheggiarono dietro di loro, ma presto furono inghiottite dallo sciabordio del mare. Alexander non ebbe coraggio di sentirsi in salvo. Non avrebbe saputo dire se tutto quello si era consumato in un battito di ciglia o protratto per eoni.
Felix si alzò in piedi a poppa della barca e con quanto fiato aveva in gola urlò: "Addio, stronzi!"
Samantha sventolò solo un braccio tremolante, evidentemente troppo affannata per aggiungere qualcosa di verbale. La barca continuò ad allontanarsi, protagonista eppure indifferente rispetto a quanto stava succedendo.
Solo quando lo stramazzare dell'uomo divenne indistinguibile e la sua esistenza si ridusse a una lontana macchia bianca su quella striscia gialla che era la riva, Alexander tornò ad avere una percezione lucida di sé e di ciò che gli stava attorno. Si concesse un lungo, profondo sospiro di sollievo. Era fatta? Il cuore gli martellava nel petto così forte che il ragazzo temette gli scoppiasse o che gli riducesse in briciole la cassa toracica che a sua volta si gonfiava e sgonfiava freneticamente. Boccheggiò mentre le raffiche di vento umido che lo investivano iniziavano a raffreddare la calda agitazione che l'aveva impossessato. Felix gli aveva afferrato il braccio con così tanta forza che gli era rimasto un lieve rossore sul polso. Si costrinse a fare respiri più lenti e profondi. Ma non era semplice. Nell'aria non c'era ossigeno, ma molecole di sollievo. Alexander distese le gambe affaticate da quel brusco movimento. Era un miracolo che non si fosse stirato alcun muscolo.
La scogliera troneggiava ancora alle loro spalle, tuttavia della costa e del pontile era rimasta solo un'ombra indistinta. I gabbiani cantavano le loro stonate canzonacce nell'azzurro purissimo del cielo.
Esme, al posto di guida, aveva una lunga striscia scura di sudore sul lilla del pigiama ed era assorbita nel tentativo di regolare il respiro. Samantha era accomodata su un posticino a prua. Aveva i capelli scompigliati e le guance colorate di rosso sbuffavano respiri affannati. Felix si era riseduto accanto ad Alexander. Piccoli rivoli di sudore gli scintillavano sulla fronte e il petto si alzava e abbassava convulsamente. Le vibrazioni del motore percorrevano la barca e gocce d'acqua vi piovevano dentro.
Rimasero ad ansare nel ventre vibrante della barca per qualche minuto.
Quando tutti si furono calmati sollevarono i visi accaldati e si fissarono reciprocamente. Con il vento che li schiaffeggiava e il mare che ribolliva tutto attorno a loro, si lasciarono andare in una risata incredula e liberatoria. Risero tutti e quattro in un generale e necessario parossismo di sollievo. Ce l'avevano fatta! Se ne stavano andando! Alexander non credeva ci si potesse sentire tanto leggeri.
"Diamine, ce la siamo vista brutta," sospirò alla fine Felix buttando la testa all'indietro. L'aria gli scosse i capelli sudati. "Ce li avevamo attaccati al culo."
"Caspiterina, sì!" concordò Samantha mentre lasciava cadere un braccio fuori dalla barca, "E' stato un vero inseguimento! Tanto così e ci avrebbero accalappiato!"
Alexander annuì sorridendo.
"Ce l'abbiamo fatta," mormorò incredulo.
Felix lo sgomitò. "Puoi dirlo forte, cazzo. Ce l'abbiamo fatta eccome!"
"E ora dove si va?" cinguettò allegra Samantha fissando il nulla che si apriva tutto attorno a loro.
Esme fece un sorrisetto ironico e si strinse nelle spalle. "Verso l'infinito e oltre," disse.
"Sia lodato quel grande saggio di Buzz Lightyear," commentò Felix stravaccandosi sul posticino che occupavano lui e Alexander. Risero tutti di nuovo. Alexander si accomodò meglio. Si sentiva libero, limpido come il mare che scorreva sotto di loro.
La riva non si vedeva più, il molo e le sue assi infide erano un ricordo lontano e pure la scogliera ormai si intuiva appena. Presto divenne tutto orizzonte. A destra, a sinistra, dietro, davanti. Erano abbracciati da chilometri e chilometri di nulla. Di flutti che si alzavano e abbassavano lucenti come salmoni. Di bolle saline che oscillavano sul mare e riflessi cangianti che sfavillavano in ogni dove. Non una nuvola nel cielo terso sotto cui correva la loro barca. Si lasciarono alle spalle quegli stessi posti orrendi che custodivano nel cuore.
Verso l'infinito e oltre, si ripeté Alexander. Ecco dove sarebbero andati. Dritti dritti fra le grinfie dell'incertezza di cui lui aveva sempre avuto una paura tremenda. Almeno fino a quel momento.
Esme, rilassata e placida come al solito, teneva le mani sul microscopico volante, Samantha emetteva gridolini di gioia a ogni schizzo d'acqua che le imperlava le braccia e Felix fissava un po' il cielo cristallino e un po' Alexander, che faceva la stessa cosa.
Si guardarono tutti e quattro reciprocamente fra una risata e un sorriso di stupita vittoria. Il vento fischiava salmastro, il mare sfavillava di mille riflessi e loro continuarono ad avanzare. Procedettero godendosi le bellezza dell'ignoto e lasciandosi trasportare dalle dolci onde di un brutto finale aperto.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro