Siamo tutti un po' forze conservative
L'automobile decise che non voleva proseguire oltre e iniziò a rallentare singhiozzando scompostamente sulla strada bagnata.
Alexander ebbe una fugace, ma nitida visione della macchina paralizzata senza rimedio esattamente al centro della corsia.
E se fosse passato un tir? Uno di quei grossi camion che arrivano chissà da dove e che trasportano chissà cosa e che, non accorgendosi in tempo di loro, li avrebbe travolti, riducendoli a una lamina di ossa sbriciolate e acciaio ammaccato dello spessore di un foglio di cartone.
O, peggio ancora, se si fosse formata una lunga coda di vetture cromate e strombazzanti alle loro spalle? Una coda fatta di individui infuriati per quell'improvviso ingorgo, che non avrebbero fatto altro che inveire con tremende ingiurie contro di loro.
Era proprio in vista di quell'evenienza che Alexander aveva deciso che non avrebbe mai guidato.
Tuttavia, c'era un particolare che i nefasti pensieri del ragazzo non avevano considerato: di lì non era mai passato nessuno ed era probabile che la situazione non cambiasse. Quando se ne rese conto il panico smise di sbatacchiargli con le sue ali di pipistrello nella scatola cranica e gli fu chiaro come nessuna di quelle due lugubri prospettive si sarebbe mai avverata.
Esme infatti, utilizzando gli ultimi spasmi del motore, riuscì a posteggiare la macchina in uno spiazzo di terreno incolto a lato della strada.
Alexander svuotò i polmoni con sollievo.
L'automobile si esibì in un ultimo macchinale muggito e si spense del tutto. Quel rantolo finale evaporò vibrante e rassegnato nell'aria in cui la pioggia stava tornando a cadere fitta.
Erano a malapena le nove, ma le nuvole rapprese nel cielo piangente rendevano il mondo già scuro e violaceo come un'ecchimosi.
"Caspita, siamo rimasti proprio a secco?" domandò Samantha, picchiettando il dito contro il display ormai morto della macchina.
"Merda, direi proprio di sì" replicò Felix, senza smettere di tuffare la mano nel pacchetto di patatine per infilarsi in bocca il suo dorato contenuto.
Le briciole cadute sul tappetino scuro luccicavano di sale come minuscole pagliuzze d'oro in mezzo alla fanghiglia.
Samantha storse la bocca.
"E come funziona ora? Dobbiamo trovare un carro attrezzi?" domandò, prima di assumere un'aria pensierosa.
La ragazza sembrò quindi riflettere un attimo sulle proprie stesse parole e dopo qualche istante il suo viso si illuminò come rischiarato da un lampo improvviso. "Oh cielo! Sarebbe così divertente se spostassero la macchina con noi dentro, non trovate?"
No.
Alexander era piuttosto sicuro che se fosse successo non avrebbe trovato la situazione poi così divertente. Si limitò tuttavia ad alzare le spalle con fare neutrale.
"Seh, certo, così ci portano dritti dritti allo sfasciacarrozze e spappolano sia questo catorcio sia noi. Divertente, non trovate?" la rimbeccò invece Felix, accartocciando il sacchetto di patatine e ficcandolo con una sequenza di fruscii plastici nella fessura fra il sedile e la portiera.
Samantha produsse un lieve sbuffo con il naso e fece un sorrisetto spazientito. "A volte siete proprio dei noiosi. Non c'è mica sempre bisogno di togliere la poesia da ogni cosa!"
Felix alzò gli occhi al cielo, mentre Esme rise. La ragazza abbandonò poi il volante e incrociò le gambe sul sedile, mettendosi di sbieco. Probabilmente per riuscire a guardare anche lui e Felix, seduti sui sedili posteriori, valutò Alexander.
Si fece quindi allungare un pacchetto di patatine e le offrì a ciascuno di loro, prima di mettersi a sgranocchiarle lei.
Alexander le accettò di buon grado anche questa volta. I tempi in cui mangiare davanti ad altri era per lui un'impresa da ercole erano ormai uno sbiadito e sfortunato ricordo.
Erano ancora le palline al formaggio. Quel giorno ne avevano consumati così tanti pacchetti che ormai il ragazzo le considerava come la loro fonte di nutrimento primaria.
"Comunque, davvero, che cosa accidenti facciamo ora? Mi stavo abituando al lusso di avere una macchina" disse Felix. Sulle labbra aveva un velo scintillante di sale e sulla sua camicia viola svettavano le impronte gialle del formaggio in polvere.
Samantha assunse un'espressione concentrata.
"Non possiamo rubare la benzina a un'altra automobile?" domandò dopo qualche secondo di assorta meditazione.
Alexander provò ad immaginarsi la prospettiva e alla fine scosse la testa: non credeva fosse possibile. O per lo meno, non credeva che qualcuno di loro sapesse come fare.
"Non penso," disse quindi, "Però..."
Aveva un'idea su come ovviare al problema. La stessa banalissima idea che ha chiunque in quella situazione.
Samantha allungò il collo nella sua direzione.
"Però?" lo incalzò.
"E che diamine, ma lascialo parlare" la rimproverò Felix, stravaccato con la schiena abbandonata contro la portiera e una scarpa che affondava nel sedile.
Alexander lo guardò con un velo di gratitudine negli occhi.
"Però, secondo me, possiamo andare comunque al distributore, magari troviamo una tanica o un contenitore o... o qualcosa. E così forse riusciamo a portare qui il carburante. Cioè, se anche per voi ha senso si potrebbe provare."
Se la montagna non viene a Maometto, allora Maometto va dalla montagna, gli venne in mente in quel momento.
Non credeva sarebbe mai riuscito a mettere in pratica quel proverbio. Del resto, non era nella sua indole adoperarsi per prendere le briglie del proprio destino, anzi a ben pensarci non credeva nemmeno di essere in grado di salirci in groppa.
Felix lo sgomitò. "Giusto, diamine!"
Anche Esme assentì con decisione.
"Facciamolo domani, però. Ora ho un po' di fame e sono stanca, voi no?" disse Samantha e, come per avvalorare le sue parole, un grosso sbadiglio le deformò il volto, facendole venire gli occhi lucidi.
Alexander annuì. "E poi sta piovendo molto."
La pioggia infatti era tornata ad abbattersi pesante sul mondo, quasi volesse distruggerlo a suon di testate.
Nessuno quindi pensò di ribattere.
Continuarono a mangiare in silenzio. Tuttavia Alexander aveva sufficiente esperienza in materia per sapere che non era uno di quei silenzi tirati sul filo teso dell'imbarazzo che aspettano solo di essere rotti, ma era uno di quelli rilassati e distesi che si possono avere solo quando si ha sufficiente confidenza da non sentirsi costretti a dire qualcosa.
Loro erano le uniche persone con cui l'avesse mai sperimentato.
Prese due biscotti al cioccolato del pacco che gli stava tendendo Felix, accennando un basso "grazie". Erano croccanti e a ogni morso si frantumavano in una marea di granelli che gli precipitavano poi sulle gambe.
Spazzolò via quei frammenti con il dorso della mano e fece scivolare piano lo sguardo sulle confezioni che avevano svuotato e i pacchetti smembrati che se ne stavano inerti in mezzo a un macello di minuscole briciole e friabili pezzetti di cibo, un po' sui sedili, un po' impigliati nel feltro dei tappetini.
Ad Alexander ricordò un campo di battaglia, un mattatoio di mercanzia rubata.
Questo gli rammentò che non aveva pagato per i biscotti spappolati sotto i suoi molari. Erano il dolce frutto di un furto, a proposito del quale non sapeva se sentirsi in colpa o no.
Era davvero un reato se non c'era alcuna sanzione? Il suo tirannico super ego gli diceva di sì, ma lui stava iniziando a liberarsi dal suo ferreo dispotismo.
E, poi, se qualcuno davvero li aveva rinchiusi lì, senza soldi e senza possibilità di uscire, come si aspettava che si procurassero da mangiare? A meno che non fosse suo preciso intento guardarli morire - e Alexander non ne sarebbe rimasto sorpreso - non si sarebbe dovuto sentire nella posizione di biasimarli.
Non avevano potuto fare altro: rubare era l'unica soluzione per non deperire.
O, per lo meno, fu questo che decise di raccontare alla sua coscienza, che, come qualsiasi grillo parlante, iniziava a temere di potersi ritrovare schiacciata sotto il duro martello della disobbedienza.
Ma fino a quando sarebbero potuti andare avanti così?, tornò a chiedersi Alexander, cominciando a masticare una focaccia pastosa che gli si imprimeva sulle dita in vischiose macchie di olio.
Va bene, il loro obbiettivo era ora fare rifornimento. Ma dopo?
Sarebbero andati all'altro lato del paese, bene, e quando avrebbero scoperto che la cancellata c'era pure di là, che cosa avrebbero fatto allora? Avrebbero continuato a rubare sacchetti di patatine al formaggio e si sarebbero nutriti di biscotti al cioccolato per il resto dei loro giorni?
Alexander aveva sempre avuto una gran paura dell'avvenire e il futuro gli pareva ora più nebuloso che mai. Tuttavia, il suo occhio guizzò su Felix, che nel mentre si stava pulendo le mani unte sui pantaloni, e Alexander si rese conto che, finalmente, aveva qualcuno con cui condividere anche il più tragico dei domani.
"Sapete, ecco, mi sembra di non star andando da nessuna parte" disse quindi. A volte, forse, l'unico modo per fare smettere di turbinare ciò che si ha dentro è buttarlo fuori, si disse.
Gli amici lo guardarono incuriositi. I loro volti baluginavano evanescenti nel buio umido dell'abitacolo, illuminati appena dalla luce languida di un solitario lampione lì vicino.
Non ci volle molto, tuttavia, perché il loro cipiglio stupito si vaporizzasse, lasciando posto a un'espressione di intima comprensione.
"Penso sia così per chiunque in fin dei conti, no?" rispose Felix, facendo il possibile per stirarsi le gambe in quello spazio angusto, "Chi pensa di poter arrivare davvero da qualche parte è un idiota. La vita è una merda e poi si muore, non si dice mica così?"
Alexander alzò un lembo della bocca in un sorriso incerto e finì per allacciare il proprio sguardo con quello dell'altro ragazzo, i cui occhi, sotto l'immancabile cortina di caustica disinvoltura, tradivano un'amara malinconia.
E, forse per la prima volta nella sua vita, Alexander non si pentì di aver parlato.
"Caspita è proprio vero!" intervenne Samantha con quella che al ragazzo parve un'inspiegabile vivacità, "Siamo tutti proprio come forze conservative: a prescindere dal tuo percorso il tuo lavoro totale sarà comunque sempre zero!"
"Seh, non ho la più pallida idea di cosa diavolo sia una forza conservativa, ma il concetto è chiaro," replicò nuovamente Felix con tono secco. Dopodiché staccò gli occhi da quelli di Alexander, li incollò sulle proprie unghie sporche di cioccolata e corrucciò la fronte, come se volesse agguantare un pensiero recalcitrante.
"Nel senso, a prescindere dalla trama, i colpi di scena, i personaggi secondari e anche quelli principali la fine è sempre la stessa, diamine. Siamo storie diverse che iniziano nello stesso orribile modo e hanno tutte lo stesso fottutissimo epilogo. Quindi perché cazzo andare avanti?" buttò fuori alla fine.
Le ultime parole furono inghiottite da un improvviso e meditabondo silenzio.
La pioggia crepitava sul tettuccio sottile e il vento strillava, coinvolgendo nel proprio vorticante grido brandelli di foglie bagnate.
"Per quello che c'è in mezzo" rispose d'un tratto Esme, stringendosi nelle spalle. La voce era bassa e decisa, il volto disteso e sorridente.
Alexander la guardò colmo di meraviglia, un po' perché le volte in cui Esme aveva parlato si contavano sulle dita di una mano, un po' per la risposta, che baluginava di delicato ottimismo nel baratro nero delle loro parole venate di cinica disillusione.
"Oh!" esclamò Samantha sobbalzando leggermente, "Lo penso anch'io!"
Felix riabbassò le sopracciglia che gli si erano sollevate per la sorpresa e sorrise con noncuranza.
"Be', io avrei da ridire, ma per ora la tua risposta può andare" disse alla fine con un'alzata di spalle, subito seguita da un profondo sbadiglio, che contagiò immediatamente anche Alexander.
Non si era accorto di essere così stanco e la penombra soffice che lo abbracciava teneramente nel rassicurante ventre della macchina non lo aiutava certo a mantenersi sveglio.
"Cristo santo, sto crepando dal sonno" mugugnò Felix, quasi gli avesse letto nel pensiero.
Esme annuì con un leggero sorriso stampato in volto e si accoccolò nel sedile, non senza essersi premurata di allontanare con cautela la punta del piede dal freno a mano.
"Oh sì! Anche io, è proprio stata una giornata ricca di emozioni" concordò Samantha, lisciandosi con gesti blandi il vestito.
Mano a mano si lasciarono avvolgere dal silenzio. Ognuno probabilmente impegnato a escogitare il modo ottimale per riuscire a dormire in uno spazio così limitato e scomodo.
Alexander sentì Felix muoversi con un leggero tramestio sul sedile sfilacciato, per sistemarsi poi con la testa appoggiata al finestrino, nella sua stessa posizione. I capelli chiari premevano sottili sul vetro puntellato di goccioline. Alexander lo sbirciò sottecchi e i loro sguardi andarono a sbattere l'uno contro l'altro.
Si scambiarono un vago sorriso prima di trascinare gli occhi in altre direzioni.
Con il sonno che lo investiva a dolci ondate e la mente intorpidita dalla stanchezza Alexander accomodò meglio quel corpo che gli sembrava lontanissimo e che, nel carezzevole anestetico del dormiveglia, sembrava aver ben poco da spartire con lui.
Fuori dai finestrini non si riusciva più a distinguere nulla e sia sul parabrezza che sul lunotto si era creata come una piccola turbinosa cascata. Il mondo fuori dall'automobile si era ridotto ad un'immensa e crepitante pozza d'acqua.
Cullato dalla pioggia che scrosciava attorno a loro, Alexander si addormentò, sentendosi un po' come un insonnolito pesce rosso sospeso nell'acqua scura del suo acquario.
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