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Occhiali sgocciolanti e asfalto bagnato

Anche con la pioggia battente che crepitava sull'asfalto, non fu difficile individuare la macchina: ce n'erano davvero poche e solo una della stessa marca della chiave. O, per lo meno, non sembrò essere difficile per Esme.
Samantha infatti era troppo occupata a combattere la sua battaglia personale per preoccuparsi anche di quella in comune con gli altri. Del resto, con tutte quelle gocce d'acqua che le costellavano le lenti degli occhiali, ormai camminava alla cieca. Le pareva di guardare il mondo attraverso un cristallo falso oppure di aver preso in prestito quegli strani e sfaccettati occhietti delle mosche.
Sta di fatto che distingueva solo caleidoscopiche macchie di colore e che quindi avanzava aggrappandosi alla vaga speranza di non inciampare in qualche insidia.

La pioggia le si abbatteva pesante sulla testa e le scarpe di tela potevano senza alcuna differenza essere sostituite con due spugnette gravide di acqua.
Ormai era fradicia.
Se si fosse buttata fra i riflessi clorati di una piscina e ci avesse sguazzato per qualche ora il risultato sarebbe stato lo stesso.
Tastandosi il vestito zuppo e la pelle grondante pensò che qualora un gigante fosse passato di lì, non sarebbe potuto resistere alla tentazione di strizzarla come si fa con gli stracci dopo aver asciugato i piatti.
E, pensandoci bene, a Samantha quell'evenienza non sarebbe dispiaciuta. Certo, forse le si sarebbero spappolate tutte le ossa, ma almeno sarebbe stata asciutta.

Samantha, ormai quasi priva della vista e assorta nei propri pensieri, si era presto dimenticata dell'esistenza di un mondo esterno alla sua fradicia testolina. Ne consegue che, se Alexander non avesse avuto la prontezza di riflessi di scostarla, sarebbe finita dritta dritta contro uno spesso lampione appostato lì vicino.

"Oh, grazie!" esclamò la ragazza, esprimendo tutta la riconoscenza per quella forza misteriosa e benevola che le aveva salvato i connotati facciali.
In quel momento, i passi dei compagni che sciabordavano sull'asfalto bagnato si interruppero.
Samantha arrestò dunque anche i suoi con un velo di tristezza nel cuore: quei sonori "ciaf ciaf" le piacevano così tanto!

La pioggia scrosciava implacabile sulla strada e sulle loro teste.
"Be', speriamo che almeno parta questo catorcio" commentò aspra quella chiazza viola che doveva essere Felix.
Erano arrivati all'automobile?
Samantha intuiva di sì. Strizzò quindi gli occhi per provare a vederci chiaro. Le parve di distinguere una grossa macchia blu scuro.
Sì, quella era decisamente una macchina. Doveva essere una modesta utilitaria di modello vecchio a cinque posti. Anche se, considerando quello che la ragazza sapeva di macchine e quello che riusciva a vedere, se qualcuno le avesse detto che si trattava di una fiammante Ferrari lei ci avrebbe creduto senza porsi troppe domande.

Esme aggirò la macchina, infilò con attenzione la chiave e dopo qualche secondo aprì la portiera al posto del guidatore. Samantha, non senza difficoltà, aprì a sua volta la portiera e si affrettò ad infilarsi con un movimento goffo nel ventre scuro e asciutto di quel mostro cromato.
Ciò che subito la colpì sgradevolmente mentre sprofondava nel sedile anteriore fu l'odore di tabacco, sudore e di generica trascuratezza che aleggiava nella vettura. Odore che nemmeno un anemico Arbre Magique che penzolava sconfitto dal finestrino retrovisore riusciva a contrastare. Samantha storse il volto ancora imperlato di pioggia in un'espressione disgustata.

"Bagneremo tutto" fu il tetro commento di Alexander, intento a prendere posto sul sedile posteriore, accanto a Felix.
Questi lo guardò accennando un leggero sorriso e passandosi una mano sulla fronte bagnata. "Tanto è impossibile peggiorare questo rottame" uscì dalle sue labbra arricciate con stizza.
Samantha non sarebbe potuta essere più d'accordo.

Sbatterono le portiere con un sonoro, sinergico rimbombo.
Il rumore della pioggia arrivava ora attutito e Samantha era grata del fatto di aver chiuso fuori quel vento impertinente, che non aveva fatto altro che sollevarle il vestito. Finalmente era al riparo. Si sentiva protetta e al sicuro, come un gelatinoso mollusco serrato nella sua conchiglia dura.

La fugace apparizione di un lampo precedette il boato di un tuono.
La ragazza sobbalzò, spaventata da quell'improvvisa deflagrazione. A giudicare da quel suono sembrava quasi che il cielo si fosse spaccato.
Si riprese con una scrollata di spalle: quante emozioni in così poco tempo!
Si decise poi a rovistare per cercare qualcosa con cui pulirsi gli occhiali. Passò quindi le dita sugli interni in plastica ruvida e aprì tutti gli sportelli in cui si imbatté. Tuttavia, in ogni anfratto in cui ebbe il coraggio di spingere le mani trovò solo cartacce, vecchi mozziconi di sigaretta o fazzoletti sporchi. Alla fine si rassegnò a prendere quello che le pareva meno smoccolato e ne passò con cura un lembo intatto sulle lenti.
Quando inforcò di nuovo gli occhiali il mondo le apparì stranamente nitido quasi qualcuno avesse all'improvviso azionato l'ultra HD sulla realtà. Gongolò contenta di essersi riappropriata del senso della vista. Chissà quante cose si era persa!
Diede quindi un'occhiata in giro, come a voler testare che gli occhi fossero ancora in grado di svolgere la loro funzione.

Separata da lei solo dal freno a mano, Esme stava provando a ravvivarsi i capelli schiacciati dalla pioggia e studiava nel frattempo i comandi dell'automobile. Doveva inoltre aver estratto le banconote bagnate dalla tasca, perché se ne stavano appallottolate sul cruscotto.
Samantha girò appena lo sguardo per vedere Felix e Alexander che, seduti su quei sedili spelacchiati e grigi come il cielo, avevano ancora il volto rigato di pioggia, quasi avessero appena cessato un piano disperato.
La ragazza sorrise divertita da tutta quella situazione e tornò a guardare avanti.
Sul tappetino in feltro costellato di palline di sporcizia si stava già creando una piccola pozza in prossimità delle sue scarpette zuppe. Allo stesso modo, i capelli le gocciolavano sulle spalle e moleste perle di pioggia le solleticavano il corpo.
Nemmeno un mastodontico asciugacapelli sarebbe bastato a far evaporare tutta quell'acqua.

Mentre gli amici erano intenti a brontolare e strizzare i lembi dei vestiti, Samantha guardò curiosa fuori dal finestrino. La pioggia estiva massacrava le tenere foglioline degli alberi sotto cui erano parcheggiati e picchiettava sul tettuccio cromato della macchina. Grossi goccioloni si spiattellavano sul parabrezza con tonfi cristallini. Era proprio una buffa sinfonia!
Il suono della pioggia le aveva sempre ricordato quello di tanti piccoli oggetti preziosi che si frantumino al suolo. Fissò incantata quelle schegge d'acqua che venivano scaraventate chissà da chi giù dal cielo ribollente, fendevano l'aria e si rompevano a terra come pendenti di vetro soffiato.
Samantha sentì quel formicolante calore noto come felicità nascerle in petto come un piccolo sole e iniziare a irradiare i suoi euforici raggi mielati per tutto il suo corpo sgocciolante.
Sì, in quel momento era proprio felice.
Dopotutto, erano poche le cose che le piacevano di più di stare in macchina, al calduccio e al riparo, mentre fuori, nell'indomabile resto del mondo, infuriavano burrasche e acquazzoni. Così poteva gustarsi l'infuriare della natura senza esserne coinvolta, osservare l'Inarrestabile abbattersi sulla realtà dalla sua comoda poltroncina. Come fosse al cinema: pop-corn caramellati e coca-cola scoppiettante alla mano, pronta a sollazzarsi con le peggiori catastrofi.
Ovviamente, se non avesse avuto il vestito stagnante incollato sulla pelle fradicia sarebbe stato molto meglio. Tuttavia c'era ben poco da fare.

"Dove...dove abbiamo intenzione di andare?" domandò d'un tratto Alexander, la cintura già allacciata si confondeva con la stoffa nera e bagnata della sua maglietta.
Felix lo guardò e scrollò le spalle. "Ovunque, basta che sia lontano da questo buco."
A Samantha venne un tuffo al cuore e sembrò che il neonato astro di felicità dentro di lei si raffreddasse fino a spegnersi, assiderato.
Non è che la loro avventura stava già per finire?, si domandò traboccante di sgomenta delusione. Non voleva in alcun modo tornare al grigiore solitario della sua vita quotidiana. Nossignore. Non poteva accadere.
Ormai i suoi genitori, casa sua e quelle altre cose noiose le sembravano molto lontani, come se appartenessero ad un'altra vita, ad un'altra Samantha.

"Voi volete tornare alle vostre case?" chiese piano mentre studiava con attenzione il percorso delle goccioline di pioggia sul finestrino.
Ci furono alcuni istanti di silenzio che nessuno ebbe il coraggio di colmare.

"Be', no!" sentenziò alla fine Felix, "Almeno, io non ho alcuna intenzione di farlo, poi voi fate quello che volete."
"Nemmeno io voglio tornare a casa" disse Alexander, con un'inedita determinazione nella voce.
Samantha si rianimò e un sorriso radioso le illuminò il volto ancora umido. Se li era scelti proprio bene gli amici!
Si girò, di nuovo sfavillante, verso Esme.
"E tu, Esme?"
La ragazza staccò gli occhi dal volante e scosse energicamente la testa, schizzando d'acqua un po' il cruscotto un po' il viso raggiante di Samantha.
Nel cielo cupo gorgheggiò un altro tuono dalle fosche note baritonali. Samantha si riaccoccolò contenta nel sedile molle e umidiccio su cui era seduta.

Esme, a quel punto, fece girare la chiave con gesto deciso. La macchina si esibì in un lento brontolio per poi mettersi a vibrare come una di quelle poltrone massaggianti.

"Sai guidare?" domandò Alexander con gli occhi sbarrati e le mani strette attorno alla banda della cintura.
Esme si strinse noncurante nelle spalle e, dopo aver armeggiato un po' con i comandi, azionò i tergicristalli e fece partire la macchina.
La ragazza guardava concentrata la strada, le mani posate con sicurezza sul volante consumato. Iniziarono a procedere piano e con cautela sulla stradina del paese, come un bambino che muova i primi passi. Con l'unica differenza che loro non avevano le braccia di nessun genitore amorevole a frenare l'eventuale caduta.
Samantha si infilò la cintura con un leggero "click".
"E...hai la patente?" tornò a chiedere Alexander, più cereo che mai.
Esme gli lanciò un'occhiata dal finestrino retrovisore e scosse la testa senza nascondere un certo divertimento.
Il ragazzo parve sul punto di strozzarsi con la propria stessa saliva. Oppure con la propria lingua: Samantha sapeva che era possibile e aveva sempre avuto un terrore feroce che succedesse anche a lei.
Felix, che stravaccato com'era occupava due posti solo per sé, gli appoggiò una mano sulla spalla. "Ma sì, guarda come andiamo piano! E poi dai, detto fra noi, sarebbe stato un problema se a guidare fosse stata Samantha."
Alexander abbozzò un sorriso non troppo convinto e rilassò le spalle fino a quel punto rigide come pietra.
Samantha si girò corrucciata. "Guardate che io conosco tutte le regole della strada!" esclamò, "Ho svolto l'esame di teoria alla perfezione!"
Era vero: a ricordare cartelli, indicazioni, segnaletica stradale e regole varie non aveva faticato per nulla. Quello era pane per i suoi denti.
"Seh, e la pratica?" la rimbeccò sardonico Felix.
Samantha storse la bocca e si voltò incupita: quello era un tasto dolente.

Tornò quindi a guardare la strada sui cui avanzavano lenti, protetti dalla pioggia scrosciante solo da quella brutta automobile maleodorante e privi di qualsiasi meta a cui tendere.

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