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Nuovamente Felix

Felix tirò un secondo calcio al distributore di merendine. Quando aveva fame diventava piuttosto nervoso. E, al momento, aveva molta fame. 

Il viso, su cui la luce del distributore gettava un alone luminoso, era il dipinto dell'irritazione. Sbuffò. "Che palle! No dico, che palle" bofonchiò il ragazzo, digrignando i denti e tenendo la mano ancora sanguinante avvolta nella camicia, mentre con l'altra picchiava brusco sul vetro illuminato.

Aveva camminato per quasi mezz'ora. Si era allontanato da quei bidoni fetenti in cui, a quanto pare, aveva dormito, senza però mai smettere di sentirsi il loro lezzo addosso. Aveva percorso un'orribile strada deserta, praticamente al buio e con la ferita pulsante che non la smetteva di grondare sangue, imbrattando la stoffa viola della sua maglietta. Per esperienza possedeva la dolorosa consapevolezza che le macchie di sangue secco sui vestiti erano quasi impossibili da eliminare.

"Assurdo! È tutto assurdo" continuò, con un tono di voce talmente irato da sembrare un ringhio. Ripensò con collera crescente a come aveva dovuto sopportare l'odore della lunga fogna che affiancava la strada, le nutrie grasse e fetide e gli infiniti scarafaggi che sfrecciavano nevroticamente sull'asfalto. Lo stomaco non aveva smesso un secondo di brontolare e contrarsi a causa della fame. A volte Felix detestava il suo metabolismo straordinariamente, a tratti anche patologicamente, veloce: gli faceva avere sempre caldo, cosa che lo metteva in un costante stato di disagevole sudorazione, lo giustificava a mangiare una quantità industriale di schifezze e gli induceva un appetito insaziabile.

Guardò le merendine, sfavillanti di artificiale fulgore. Così vicine, ma così lontane! Separate da lui da uno schermo tanto impolverato quanto impietoso. Dopo aver camminato nel buio per troppo tempo, era riuscito a raggiungere quella microscopica stazione di servizio e, accanto alle pompe di benzina, aveva adocchiato quel piccolo distributore di merendine. Aveva frugato nelle tasche, estratto gli unici spiccioli che possedeva, e li aveva inseriti in quell'avida bocca nera. Aveva fissato le merendine, i cui nomi e numeri corrispondenti gli vorticavano vertiginosi davanti agli occhi e schiacciato infine due cifre e caso. Tutto quello solo per farsi mangiare i soldi dalla macchinetta. 

Continuò a osservare, con bramosia quasi animale, quelle deliziose, perfette, seducenti confezioni, dallo zuccherato e plasticoso contenuto. Sua madre diceva sempre, mimando le virgolette con le mani, che quei "cibi" per lui non andavano affatto bene. "Gli edulcoranti ti danno alla testa!" adorava ripetere con un'immancabile vocetta stridula. Felix abbozzò un mezzo sorriso, l'unica cosa buona di quella situazione era che non avrebbe dovuto sentire sua madre per un bel pezzo.

Formicolii di irritazione gli punzecchiavano il corpo.

"Che si fotta" concluse con eleganza, riferendosi un po' alla macchinetta e un po' a sua madre. Stava per sferrare l'ennesimo, inutile, calcio al distributore, quando qualcosa lo impietrì. Stava impazzendo o qualcuno gli aveva  davvero appena chiesto se avesse bisogno di aiuto?

Si girò con uno scatto.

"Tutto bene?" gli ripeté il ragazzo che si trovò davanti. Era alto, vestito di scuro e aveva un'aria sorpresa quanto lui. Felix lo guardò stupito per qualche secondo, troppo sbalordito per elaborare una risposta. 

Fu solo quando sentì una seconda voce esclamare: "Io sono Samantha!" che si accorse della presenza di una seconda figura, una ragazza piuttosto insignificante dal vestito celeste. Da dove diamine saltavano fuori quei due? 

"Alexander" riprese il primo. Aveva un tono basso, leggermente roco e parlava muovendo poco la bocca. Felix strizzò le palpebre: quella proprio non se l'aspettava. Un'ulteriore contrazione dello stomaco lo riscosse. Si ricompose, raddrizzò la schiena e proferì con forzata disinvoltura: "Felix, tanto piacere".

Ci fu un attimo di imbarazzato silenzio. La puzza di benzina pungeva le narici.

Alla fine, la ragazza sorrise e, contorcendo il volto in un'espressione che si presumeva lei credesse di comprensione, gli chiese: "Ti ha mangiato i soldi, vero? È per questo che eri così arrabbiato?"
Felix si sentì in dovere di assentire, mentre studiava con la coda dell'occhio l'altro ragazzo, che gli restituì uno sguardo impacciato, tornando ad incrociare le braccia al petto.

La ragazza si avvicinò, per poi incollare la faccia e le mani al vetro del distributore.
"Quale volevi prendere?"chiese con una voce nasale, dovuta alle narici premute contro lo schermo.
Felix esitò.

"Non so, non ci ho pensato, forse i Rigon" affermò vagamente alla fine. Non voleva ammettere di aver schiacciato un numero a caso. La ragazza allontanò il volto dal distributore e lo guardò accigliata: "Intendi dire i Ringo?". Felix si morse la lingua: merda, era successo ancora. "Sì sì, quello che è" si affrettò ad aggiungere, provando a dissimulare la vergogna che lo aveva investito.

Lei tornò a guardare il distributore, scrutò per un attimo le merendine e inserì un "42". Nulla, non successe ovviamente nulla. "Oh cielo! Ti ha proprio fregato" esclamò desolata, come se potesse essere una sorpresa il fatto che la sua azione non avesse sortito alcun effetto.
Felix stava ricominciando ad infastidirsi, quando sentì il ragazzo alle sue spalle borbottare qualcosa. Si voltò. 

Assurdo, pensò di nuovo sorpreso, comparivano come funghi.
Accanto a quell'Alexander, era comparsa infatti una terza persona, questa volta, una ragazza dal pigiama lilla e le scarpe fradicie, intenta ad osservarli con calmo e silenzioso divertimento.





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