Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Né autobus né bambini

Quando raggiunsero il primo bar era già quasi l'una. Decisero, quindi, di abbandonare tutti i loro succulenti sogni di colazioni perfette e fare direttamente pranzo.

Presero posto ad un vacillante tavolino esterno: l'interno del locale era troppo piccolo e buio per essere anche invitante. Del resto, sebbene facesse comunque caldo, erano riparati da un grosso ombrellone che si era eroicamente messo fra loro e il sole. Tutto sommato si stava relativamente bene.

Ordinarono quattro porzioni di patatine fritte, altrettante lattine di coca-cola e cinque toast. Felix aveva fame e, per di più, era indeciso fra il panino con la mortadella e quello con lo speck. Nel dubbio, aveva deciso di prenderli entrambi.

Il ragazzo abbandonò le scapole contro lo schienale duro della sedia. Prese un orlo della camicia e lo sventolò per farsi aria. Sospirò: avevano camminato per quasi un'ora, con il sole che sembrava farsi più vicino ad ogni passo.
Felix sentiva il sudore pizzicargli le ascelle e scivolargli lungo la schiena.
Lavarsi era stato inutile. Era come se non l'avesse mai fatto.

Iniziò a tamburellare le dita sul tavolino di alluminio grigio ardesia.

"Che palle" sbottò, buttando la testa all'indietro e senza alcun altro proposito se non quello di lamentarsi. Sentì Alexander emettere un mormorio di assenso.
Felix mosse gli occhi verso di lui: era seduto con i piedi accavallati sotto la sedia e le mani intrecciate sulle cosce.
Praticamente immobile. Come faceva a sembrare sempre così calmo?

Felix raddrizzò la testa e cambiò posizione, mettendo i talloni sulla sedia e appoggiando le ginocchia contro il bordo del tavolino.
Un po' si pentiva di essersi mostrato così vulnerabile la sera prima. Diamine, perché gli aveva detto quelle cose? Ora l'altro doveva certamente considerarlo uno sfigato.
Sbuffò.
La stanchezza gioca proprio brutti scherzi.

Nessuno aggiunse nulla.

Una mosca iniziò a ronzargli attorno alla testa. Felix la scacciò con un gesto irritato.
Il suo stomaco reclamò con un impudico suono gutturale. Era da un'eternità che avevano ordinato, o, per lo meno, era così che gli sembrava.
Cominciò a dondolarsi sulla sedia. Quanto accidenti ci voleva a ficcare del prosciutto fra due fette di pane?
L'impazienza gli scorreva nelle vene al posto del sangue. Era forse da ore che stavano aspettando?
Prese a picchiarsi i palmi sugli stinchi. Che palle, che palle, che palle.

"Oh! Il nostro ordine!" esclamò a un tratto Samantha, che aveva trascorso tutto il tempo a studiare minuziosamente quell'orribile smalto marrone che aveva sulle unghie.
Perché, con tutti i colori che esistono al mondo, aveva scelto proprio quella specifica sfumatura? Felix non riusciva a capacitarsene.

Una nuvola profumata di formaggio fuso e pane tostato precedette l'arrivo del barista. Felix non riuscì a deglutire tutta l'acquolina che gli invase la bocca.
Le patatine luccicavano salate, come pepite d'oro sotto il sole. Se fosse stato un gatto, si sarebbe leccato i baffi.
Esme tolse i gomiti dal tavolo per fare posto ai piatti e ai bicchieri, dove cubetti di ghiaccio galleggiavano come rifiuti tossici nel mare.

Finalmente.

Il barista diede prova di una notevole abilità, riuscendo ad incastrare tutto quanto su quel tavolino microscopico.

Felix arraffò il primo toast ancor prima che il cameriere augurasse loro un invidioso "buon appetito". Era da tutta la mattina che aspettava quel momento.
Dilaniò il panino con un morso famelico. Briciole croccanti tintinnarono sul piatto.

"Sembra buono" commentò Samantha, avvicinando il volto alla crosta dorata del pane e saggiandone la consistenza con i polpastrelli.

"E' un cavolo di toast, mi sarei sorpreso se avesse fatto schifo" commentò aspro Felix, senza nemmeno premurarsi di deglutire prima il boccone di pane e mortadella spappolati che aveva in bocca.

Esme, alla sua destra, stava sezionando il panino così da togliere le foglie di lattuga e isolarle nel punto del piatto più lontano da lei. Felix la guardò con sorpreso divertimento.
"Questa è una cosa che mi sarei aspettato da lei" ridacchiò indicando Samantha, che, nel mentre, stava sbocconcellando il perimetro del toast, così da mangiarne prima tutta la crosta.
Esme sorrise e si strinse nelle spalle, rivolgendo, poi, uno sguardo disgustato alle foglie di insalata accatastate sul piatto come corpi senza vita.

Finirono di mangiare in fretta e in silenzio. Gli unici rumori furono quelli del cibo triturato fra i denti e delle bollicine che frizzavano nella Coca-Cola.
Finalmente un pasto decente.

Felix vide Alexander farsi scivolare in bocca gli ultimi cubetti di ghiaccio e sgranocchiarli impassibile. La mascella si contraeva per frantumare quei cubi gelati. Felix lo guardò stupito. Doveva avere dei denti d'acciaio.

La mosca aveva ripreso a ronzare attorno a loro. Si posò furtiva sull'orlo del piatto di Felix e iniziò a sfregare le sue fetide zampette l'una contro l'altra.
Che si cibasse pure con i suoi microscopici avanzi, pensò il ragazzo. L'insetto si muoveva a scatti e pazzo di gioia in quel paradiso di briciole.

Cessato anche quel ronzio tornò il silenzio.
La strada lastricata su cui si affacciava il loro tavolino era quasi deserta. Nessuna sorpresa.
Si udì qualche lontano uccellino cinguettare in un punto indefinibile.

"Avete notato che non passano autobus?".
A parlare era stato un esitante Alexander, con lo sguardo rivolto sulla mosca che ora si stava inerpicando sul bicchiere.
Felix elaborò l'informazione.
E, diamine, aveva proprio ragione. Felix non ci aveva fatto caso, ma, a pensarci, si rendeva conto che non avevano incrociato alcun tipo di trasporto pubblico.

"Magari sono in vacanza anche loro, è estate per tutti" suggerì Samantha, mentre si puliva le lenti degli occhiali con il tovagliolo.
"Ma che stronzata" sibilò Felix.
La ragazza lo guardò strizzando gli occhi e si strinse nelle spalle con un'espressione che sembrava dire "io ci ho provato".

"Siamo anche gli unici con meno di quarant'anni, penso" continuò piano Alexander.
Cristo, valutò Felix, come avevano fatto a non notarlo prima? Effettivamente, c'erano solo vecchi in quel paese di stronzi.
Realizzò, infatti, che non avevano incontrato un solo bambino né un loro coetaneo. Non che la cosa gli dispiacesse, sia chiaro, però doveva convenire che era un bel po' strano.

Esme corrugò le sopracciglia in un'espressione riflessiva e annuì.
Rimasero in silenzio per qualche minuto.

"Quindi che facciamo?" chiese alla fine Samantha. I quattro si guardarono perplessi.

Esme sfilò una banconota accartocciata dalla tasca e indicò con il pollice l'interno del bar: potevano iniziare pagando il conto.

Intanto che la ragazza veniva inghiottita da quella bocca scura che era la porta del locale, i tre rimasti iniziarono ad alzarsi.

Felix si accorse di aver lasciato un alone luccicante di sudore sulla sedia.
Che palle.
Si sorprese a sperare che Alexander non l'avesse notato.

Quando Esme li raggiunse, con una bottiglia d'acqua e qualche banconota in meno, cominciarono ad incamminarsi.
Si allontanarono lasciando un mucchietto di piatti sporchi, tovaglioli unti e bicchieri vuoti in balìa della mosca, che non sarebbe potuta essere più felice, e del barista, di cui non si può dire lo stesso.

Non avevano la minima idea su dove andare.
Si misero a girare a zonzo per le vie assolate del paese, strisciando contro i muri, così da rimanere in quella sottile striscia d'ombra gettata dai cornicioni e dai balconcini delle case.

Felix ammazzava la noia prendendo a calci i ciottoli appollaiati sul lato della strada.
Smise solo la terza volta che colpì Samantha sulle caviglie.

Finirono per tornare, loro malgrado, alla piazza dove sorgeva la chiesa.
Il caldo si era fatto intenso, così decisero di sedersi sui gradini tiepidi e ombreggiati della volta prima. L'acqua cristallina della fontana rumoreggiava al centro dello spiazzo.

Non c'era nessuno, se non un uomo appoggiato al muro scrostato di un bar. Indossava una leggera e discutibile maglietta di lino rosso e sembrava fissarli attraverso il fumo della sigaretta che stringeva fra le dita affusolate.

Felix prese i sassolini che si sbriciolavano dalla scalinata e si mise a tirarli nella direzione del tale, immaginando di colpirlo.
Che palle.

Samantha se ne stava a naso all'insù, incantata dalle rade nuvole bianche che si trascinavano nel cielo. Esme contava i soldi e piegava le poche banconote rimaste, mentre Alexander fissava un punto imprecisato sulla pavimentazione della piazza. I profondi occhi scuri erano assorti a guardare chissà cosa.

Felix si chiese a cosa potesse star pensando.
Stava, dunque, per proporgli di sfidarsi a chi tira il sasso più lontano, quando sentì Samantha sussurrare: "Quel signore sta venendo a sgridarci?".

I ragazzi alzarono lo sguardo: l'uomo dalla maglia rossa si stava avvicinando a passi eleganti e sicuri. Felix si domandò cosa diamine potesse volere.
Li raggiunse e si piantò di fronte a loro. Il suo volto, dalla pelle colore caramello e gli zigomi alti, si aprì in un sorriso.

Con una roca voce esotica, domandò: "Avete per caso bisogno di un lavoro?".



Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro