Il cielo è blu, le tasche al verde
La carrozzeria dell'automobile luccicava ammaccata e polverosa sotto il sole luminoso, esattamente dove l'avevano lasciata. I parafanghi erano scheggiati, i cerchioni più insozzati di quanto ricordassero e il paraurti costellato di schizzi di fango ormai bianco e indurito. Ma almeno era ancora lì. A quella vista Esme provò un sincero sollievo: le era infatti sorto il nefasto dubbio che il legittimo proprietario potesse aver approfittato della loro assenza per riappropriarsene. Fu quindi con imprevista lietezza che si avvicinò a quel cofano malridotto e gibboso.
"Tu guarda, è ancora qui il bolide," commentò Felix battendosi una mano sulla coscia.
"Ma certo che è ancora qui!" intervenne Samantha con la voce resa anche più acuta dalla contentezza, "Glielo avevo promesso che saremmo tornati!"
"Ah, ora si spiega," replicò sardonico Felix.
Si avvicinarono ulteriormente. Alla loro sinistra di estendeva un campo di granturco, fitto e piuttosto secco, mentre a destra si snodava la strada principale che si allungava come una lunga lingua nera di fianco al centro abitato.
Le suole di Alexander scroccarono sullo sterrato mentre lui aggirava dubbioso la vettura alla ricerca del serbatoio. Quando lo individuò il suo volto assunse una pesante sfumatura di titubanza.
"Riusciamo davvero a travasare il carburante?" domandò sfregandosi l'avambraccio sinistro con la mano.
Felix lo raggiunse e si strinse nelle spalle. "Ma sì, ci si prova. Anche se c'è da ammettere che non ne sia rimasto chissà quanto, eh." Con ciò lanciò un'occhiata di rimprovero a Samantha, che subito si impettì risentita.
"Guardate che pesava da morire," si difese, "E sarebbe stato impossibile non rovesciarne nemmeno una goccia, non sono mica un'equilibrista io." Nella foga del discorso, oscillò pericolosamente il secchio, facendogli sputare fuori altri irrecuperabili millilitri del preziosissimo liquido che piovve sulla strada sconnessa.
"Come se non avessi insistito tu per farlo," la rimbeccò nuovamente Felix guardando seccato le innumerevoli piccole pozze che brillavano giallognole alle loro spalle. Se qualcuno vi avesse inavvertitamente gettato un mozzicone di sigaretta avrebbe avuto una brutta sorpresa, pensò Esme mentre si aggregava ai compagni presso il fianco destro della macchina.
"Be', forse il nostro duo non era così affiatato come pensavo," ammise Samantha, fissando con occhi pieni di delusione il secchiello che stringeva fra le mani.
Esme localizzò a sua volta la linea nera che disegnava il serbatoio nell'acciaio blu e ne percorse il perimetro sottile con un polpastrello. Sotto gli occhi attenti degli amici raggruppati attorno a lei, aprì lo sportellino, rimosse il tappo in plastica scura e rivelò la bocchetta per il carburante che si addentrava nelle profondità della macchina come una tortuosa gola nera. Si piegarono tutti in avanti per osservarla meglio.
"E se... E se avessimo preso il carburante sbagliato?" avanzò Alexander, "Cioè, può darsi che non funzioni per forza a benzina, no?"
Felix tirò un calcio svogliato allo pneumatico che aveva avuto la sfortuna di trovarglisi più vicino. "Merda, è vero."
Anche la sicurezza di Esme si trovò a vacillare: effettivamente quella era un'eventualità che lei non aveva preso in considerazione e che purtroppo non era nemmeno così remota. La ragazza si grattò la testa pensierosa, non era sicura di cosa potesse comportare l'utilizzo della benzina in una macchina che andava a gasolio, ma dubitava fosse qualcosa di piacevole o di anche solo trascurabile. Senza margine d'errore il motore si sarebbe danneggiato, ma le era difficile ipotizzare in che modo questo si sarebbe manifestato e come loro avrebbero potuto accorgersene in tempo.
Vero era, però, che di alternative non ne avevano e ormai era tardi per preoccuparsi: di tornare alla stazione di servizio proprio non aveva voglia, né avevano più soldi sufficienti per erogare un diverso tipo di carburante. Senza contare che, in ogni caso, non avrebbero potuto sapere quale inserire ed era anche probabile che si stessero facendo tante paranoie per nulla. Non restava quindi che versarvi la benzina, auspicarsi che fosse adatta al motore e sperare che, nello scongiurabile caso contrario, le eventuali conseguenze non contemplassero l'esplosione dell'auto e di tutti i suoi scriteriati passeggeri.
"Quindi?" domandò curiosa Samantha, avvicinando il volto al serbatoio esposto.
Alexander finì di mangiucchiarsi un'unghia e sollevò lo sguardo. "Rischiamo lo stesso?"
"Io dico di sì," rispose Felix, mentre scrutava infastidito un nugolo di moscerini che aveva preso a ronzare attorno a loro.
A Esme non restò che assentire e farsi passare il secchiello con quel poco di liquido ancora contenuto. L'odore penetrante le punse il naso e le diede un vago stordimento, ma fu questione di un istante. In religioso silenzio accostò il beccuccio alla gola del serbatoio, inclinò il secchio e permise così alla benzina di defluire lenta e oleosa nelle viscere della macchina.
I suoi compagni assistevano immobili ed Esme fu loro grata per questo: era infatti un'operazione più complicata di quanto avesse previsto. Il beccuccio era decisamente più largo del serbatoio e la ragazza doveva fare appello a tutta la sua fermezza per mantenere un flusso sì controllabile, ma anche abbastanza rapido da rendere possibile il travaso. Nonostante tutta la sua accortezza, però, più d'una infiammabile lacrima dorata finì inevitabilmente per terra, dipanandosi in un acre cerchiolino sul terreno screpolato.
Gli insetti continuavano a ronzare nel caldo estivo e un paio di piccioni passarono in volo sulle loro teste con un frullio di ali. L'aria si era riscaldata ed Esme cominciava a sentire il sudore farle capolino da gran parte dei pori.
Fortunatamente non ci volle molto perché anche l'ultimo rivolo sgocciolasse lento in quel condotto scuro. Una cosa era andata.
Esme rilassò i muscoli, raddrizzò il busto e restituì il secchio di nuovo leggero a Samantha.
Tutti e quattro fissarono guardinghi la macchina, come aspettandosi una reazione.
Una mosca ronzò pacifica attorno alle loro teste per poi avvicinarsi pericolosamente all'auto, zigzagò nell'aria e infine si andò a posare ignara di tutto sul tettuccio. I quattro ragazzi svuotarono all'unisono i polmoni.
"Be', almeno non è esplosa, no?" osservò Samantha animata da una nuova vivacità.
Esme era piuttosto certa che la cosa non funzionasse così, ma annuì lo stesso: in ogni caso era un buon inizio.
Più rilassata, rimise quindi il tappo, richiuse con cura il portellino e si spolverò le mani sui pantaloncini lerci.
"Comunque, non vorrei essere io il pignolo della situazione," si intromise Felix grattandosi la schiena, "Ma c'è da dire che di carburante siamo riusciti a metterne poco più di uno sputo."
"Già," convenne Alexander, "Non credo potremo fare molta strada, giusto?"
Era vero, Esme ne era tristemente consapevole, tuttavia dovevano farselo bastare e continuare a fare il massimo che potevano con il poco che avevano.
"Ma cos'è che abbiamo da raggiungere?" chiese Samantha, occupata a dare buffetti esageratamente affettuosi alla macchina.
Esme sospirò impensierita, non era possibile dare una risposta concisa e netta a quella domanda più che lecita. D'altra parte, il suo piano era persino troppo vago per potersi davvero definire tale: si trattava più che altro di un'idea imprecisa, speciosa e astratta che, purtroppo, capitava con l'essere anche l'unica attuabile. L'unico brandello di speranza a cui appigliarsi con tutte e dieci le dita.
La ragazza, del resto, aveva evitato accuratamente di riflettere sulle accuse che l'uomo aveva rivolto a loro quattro, sulla loro possibile validità e sulla morale che tutto quello poteva avere. E c'erano anche diverse cose che lei non riusciva ancora a spiegarsi, per esempio in che rapporti fossero gli abitanti del paese con il progetto e perché avessero acconsentito a prendervi parte, ma si era detta che saperlo non sarebbe servito a nulla e che il modo migliore per valutare tutta quella situazione era prima uscirne.
Samantha si era presto dimenticata di aver posto una domanda, troppo impegnata a tuffare la faccia nel secchio per riempirsi le narici con l'odore della benzina. Una zanzara si era posata sul braccio di Felix, ma Alexander fu veloce nello scacciarla almeno tanto quanto le sue guance lo furono nell'arrossire. Ma dopo questa breve distrazione i due ricominciarono a guardare Esme con aria vagamente interrogativa.
Il luogo che avevano da raggiungere era qualsiasi ma fuori di lì, di questo Esme era convinta. Il Tale aveva ammesso di non aver fatto recintare tutto il paese. Non ce n'era stato bisogno, aveva aggiunto. Ma perché? La ragazza era decisa a scoprirlo e sarebbe spettato a loro quattro decidere poi se il bisogno davvero non c'era. Dovevano solo proseguire con l'obbiettivo che si erano già prefissati: andare alla parte opposta rispetto a quella dove si erano imbattuti nel cancello. Se erano fortunati avrebbero immediatamente trovato la presunta falla nella recinzione, altrimenti avrebbero costeggiato la cancellata finché non ci fossero riusciti. Forse non sarebbero stati in grado di evadere subito, ma avrebbero avuto una visione più chiara dei confini entro cui erano relegati. Come piano faceva acqua da tutte le parti e non forniva alcuna certezza, ma era meglio di niente.
Esme avrebbe voluto spiegare tutto questo anche agli amici, tuttavia era troppo lungo da condividere e quindi sperò con tutta sé stessa che loro continuassero semplicemente a fidarsi di lei. In risposta, dunque, si limitò a indicare con il braccio l'orizzonte verso cui puntavano i fanali opachi della macchina.
Gli amici osservarono riflessivi la strada cotta dal sole e poi annuirono.
Samantha afferrò la maniglia nera della portiera e la strattonò più volte. "E allora? Saliamo?" li esortò impaziente.
Il primo a rispondere fu lo stomaco di Felix, che - come suo solito - si premurò di ricordare al mondo della propria esistenza con un cupo brontolio. Esme sorrise pensando a come avessero probabilmente più familiarità con il suono dell'apparato digerente di Felix che con quello della voce di lei.
Alexander lanciò un'occhiata apprensiva a Felix, si sfregò serio il naso e domandò: "E con il cibo come facciamo?"
Anche quella era una cosa che Esme non aveva valutato, ma che costituiva un bell'ostacolo: non sapevano esattamente dove erano diretti né tanto meno quanto tempo avrebbero impiegato, e cibo e acqua erano due cose di cui era meglio non rimanere privi. Non c'era altra scelta che fare provviste.
"Bella domanda," sospirò Felix picchiettandosi un'unghia sull'incisivo, "Quanto ci è rimasto?"
Esme scosse dispiaciuta la testa: di certo non molto. Giusto per essere sicura estrasse le monete che erano avanzate e se le sparpagliò sul palmo, non arrivavano a cinque euro.
Felix abbandonò le spalle e sbuffò rumorosamente. "E che palle."
Samantha appoggiò il secchio a terra e si scroccò le dita delle mani. "Caspita, dobbiamo ancora violare la legge?"
Esme temeva di sì. Forse non avrebbero fatto altro che comprovare quanto il Tale sosteneva e avrebbero ufficialmente consacrato il loro status di pessime persone, ma per quanto si arrovellasse la ragazza non riusciva a elaborare nessun piano B che fosse moralmente ineccepibile.
"Magari potremmo fare un ultimo pasto caldo in un bar," suggerì Alexander, "E pagarlo con quegli ultimi spiccioli e poi... poi-"
"Poi proporci di lavare i piatti!" lo interruppe Samantha, "Non succede così nei film?"
Alexander annuì e anche Felix si lasciò sfuggire un brontolio di assenso.
"Be', mi turba ammetterlo, ma può funzionare," convenne, "E poi, più in basso di così credo sia difficile sprofondare."
Esme si strinse nelle spalle e diede anche la sua approvazione. Quell'idea aveva senso, considerando soprattutto che gli abitanti erano consapevoli della loro situazione e, dalla presentazione che il Tale doveva aver fatto di loro quattro, probabilmente nessuno si aspettava che pagassero davvero. Ne consegue che forse qualcuno sarebbe stato felice di vedere la loro redenzione e, anche se Esme dubitava potessero fare sufficiente ammenda da contrastare il progetto, almeno dimostravano che da parte loro ci avevano provato.
Su comune accordo, si congedarono quindi dalla macchina, attraversarono la strada e si diressero verso il centro del paese.
Le nuvole erano tornate a rapprendersi nel cielo, bianche e spumeggianti come latte cagliato, ma ciò non tratteneva il sole dall'invadere di luce forte le viuzze squallide e ciottolose. Spiando attraverso le imposte aperte delle case si intravedevano ventilatori in funzione e televisori accesi. Gran parte delle attività erano chiuse e i rari negozi aperti erano per lo più vuoti e silenziosi come il guscio di una lumaca morta. Tutto era mollemente sprofondato in un'atmosfera di languida pigrizia che portò Esme a pensare potesse essere una domenica.
"Che mortorio," fu l'asciutto - ma non sorpreso - commento di Felix.
Continuarono a scalpicciare sull'acciottolato scaldato dal sole e sul cemento vecchio per quasi mezz'ora. Esme ormai sudava copiosamente e cominciava ad avvertire una certa pesantezza alle tempie, a intervalli regolari si prendeva qualche secondo per assicurarsi che gli amici stessero bene.
Gira e rigira, giunsero alla piazza centrale. La fontana gorgheggiava nel mezzo, il duomo era appollaiato sui suoi sette gradini a prendersi tutto il sole in faccia e un quartetto di piccioni zampettava sui sampietrini grigiastri.
"Quello è aperto!" esclamò d'un tratto Samantha, indicando con il braccio sudaticcio un bar incastrato a lato dello spiazzo. Era uno di quelli che avevano visto di frequente e che manteneva i tavolini esterni protetti da uno spesso parasole color crema.
Vi si diressero accaldati e affamati e presero posto al tavolino esterno più all'ombra. Le gambe e la schiena di Esme si incollarono sgradevolmente al vimini finemente intrecciato della sedia.
Felix prese uno dei menù impilati sul tavolo e si profuse in un lungo sospiro. "Diamine, pensavo che questo momento non sarebbe mai arrivato."
Alexander si passò il dorso della mano sulla fronte e si risolse a studiare a sua volta il menù. "Ma quindi mangiamo e ci offriamo di pagare lavando i piatti?" domandò, evidentemente meno sicuro riguardo il margine di riuscita e la credibilità del piano.
Esme sorrise divertita da quella prospettiva e annuì. C'era una buona probabilità che il gestore finisse col ridergli in faccia, costringendoli a rimettere in atto il "mangia e scappa", tuttavia non avevano nulla da perdere e tanto valeva provare.
Scelsero cosa mangiare e risistemarono i menù nell'attesa che qualcuno venisse a prendere il loro ordine.
Non dovettero aspettare molto, erano gli unici clienti e il cameriere fu veloce nel servirli. Era un uomo sulla cinquantina, dalla carnagione scura e che, nonostante l'afa, riusciva comunque a mantenere un buon profumo.
Esme, Alexander e Felix ordinarono un toast ciascuno, mentre Samantha coronò il proprio sogno di avere un piatto di pancakes imburrati, si fecero portare poi anche una vaschetta di patatine fritte e quattro bicchieri di limonata ghiacciata. Si erano sforzati di non esagerare, tuttavia era anche vero che non mettevano qualcosa di sostanzioso sotto i denti dal giorno prima e non potevano rinnegare il bisogno primario di rifocillarsi.
Nel giro di poco il loro tavolo era già imbandito e l'odore di fritto, formaggio filante, pane tostato e burro sovrastò quello del loro sudore. Ringraziarono il cameriere con un coretto sottilmente adulatorio, nella comune speranza di poter entrare nelle sue grazie e bendisporlo nei loro confronti.
Proprio vicino al loro tavolino era situato un tombino e il rumore delle fogne che gorgogliavano sotto i loro piedi li accompagnò mentre mangiavano di gusto.
Samantha contemplava con occhi adoranti ogni pezzetto dorato di pancake e brillava di felicità a ogni forchettata. Felix faceva sparire a grandi morsi voraci il proprio panino, mentre Alexander mangiava avendo ben cura di ridurre al minimo le briciole ed era l'unico a pulirsi la bocca nel tovagliolo e non sul dorso della mano. Esme cominciava a sentirsi nettamente più rinvigorita, la limonata fredda scacciava via la fiacchezza procurata dalla calura, così come il panino croccante al punto giusto le faceva sembrare la situazione un po' meno disperata. Consumarono il loro pasto avidi e in monacale silenzio.
La piazza era deserta e, fra un boccone e l'altro, Esme aguzzò lo sguardo per vedere cosa ci fosse all'interno del bar. Intravide un orologio da muro che segnava le quattro e mezza e una figura femminile accomodata in un angolino. Era seduta di schiena, indossava un vestito estivo beige e sul capo aveva un cappello da pescatore di un colore neutro e di una taglia troppo grande.
Esme registrò senza troppo interesse la sua presenza e si concentrò ad assaporare gli ultimi morsi del proprio toast.
Non ci volle molto perché anche l'ultima patatina si volatilizzasse e perché nei bicchieri rimanessero solo poche, piccole perle di limonata.
"Ah, ci voleva proprio," sospirò soddisfatto Felix abbandonando la schiena contro la sedia.
Alexander finì di tamponarsi la bocca con il tovagliolino e sprofondò a sua volta nello schienale.
I raggi del sole filtravano attraverso il tessuto del parasole e gettavano sui loro volti un alone caldo e dorato.
Samantha trascinò il dito su tutto il piattino per raccogliere le ultime tracce di unto, lo avvicinò alla bocca e improvvisamente si arrestò. "Oddio! Non ci siamo lavati le mani!" esclamò inorridita, più rivolta a sé stessa che a loro. Tuttavia non seppe resistere al luccichio del burro, fece spallucce e si leccò il polpastrello.
"Secondo la mia modesta opinione, questi toast stravincono su quelli dell'altra volta," sentenziò Felix togliendosi un pezzo di prosciutto incastrato fra i denti.
Alexander ridacchiò e annuì, anche Esme dovette dirsi d'accordo: se non altro, questa volta non si era imbattuta in disgustose foglie di insalata.
Il cameriere tornò a sparecchiare ed Esme colse l'occasione per tirare fuori gli ultimi spiccioli e far così intuire fossero al verde.
Quando però l'uomo vide le monetine sul palmo della ragazza scosse la testa e si aprì in un sorriso cordiale. "Non è necessario," disse gentilmente, "Ha già pagato per voi quella giovane donna laggiù." Accompagnò queste parole indicando la figura che Esme aveva visto nel bar e che ora li osservava in piedi fuori dalla porta. Aveva il cappello calato sul viso ed era quindi impossibile distinguere le sue fattezze.
Inutile dire che lo sbalordimento si disegnò a caratteri cubitali sulla faccia di Esme, che ricambiò senza sforzo il cipiglio costernato di Alexander e Felix. Cipiglio che non fece che acuirsi quando videro Samantha sventolare felicissima la mano in direzione della donna.
"Cristo, ma cosa fai?" le sussurrò Felix con un velo di aggressività nella voce, "Non sappiamo nemmeno chi diavolo sia."
Samantha inclinò la testa e li fissò stupita.
"Ma come no?" sbottò sollevando le sopracciglia, "È Sen!"
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