Graffi nel sale
"Ma che cazzo! Cosa si aspetta Sen? Che ce lo facciamo a nuoto? Che ci costruiamo una zattera con i legnetti?" sbraitava Felix camminando avanti e indietro per la strada in un parossismo di irritazione, "Che facciamo il morto tenendoci tutti per mano e lasciandoci trasportare dalla corrente?"
Alexander si teneva ben lontano dal ciglio della carreggiata e fissava il cemento crepato con espressione vagamente nauseata. Esme allungava il collo giù per la scogliera grattandosi pensierosa i capelli sudati.
Samantha, invece, capiva poco l'infastidita perplessità dei suoi amici.
Liggiù c'era il mare!, pensava traboccante di euforica sorpresa. Non c'era tempo per essere arrabbiati!
Si sporse con un palpito di ebbrezza e guardò giù dal vertiginoso promontorio. Ammirò gli scogli grigi e frastagliati come denti spezzati che racchiudevano una morbida lingua di sabbia finissima. Sulle lenti sporche dei suoi occhiali si dimenò il riflesso delle onde schiumose che si infrangevano sulla costa in un miliardo di sciabordanti spruzzi che facevano bruciare gli occhi solo a guardarli. Oh sì! Era proprio il mare! Il suo cuoricino scoppiettava in un trilione di bollicine in un attacco di inarrestabile effervescenza. Il mare! Quella distesa d'acqua sconfinata e imbevibile in cui sguazzavano le sirene. Samantha aveva sempre desiderato essere una di loro, tanto che, ogni volta che faceva il bagno, lo faceva con l'intramontabile speranza di vedere le proprie dozzinali gambe umane cementarsi insieme in una squamosa coda di pesce. Non era ancora successo, ma la vita è lunga e piena di scherzetti.
"Poteva esserci una stazione dei treni? Certo che no. Il confine di uno stato straniero? Puah, troppo scontato," continuava Felix prendendo a calci i tocchi di asfalto sbriciolato che gli venivano a tiro, "Ci doveva per forza essere il mare. Il cazzo di mare."
Alexander, pallido più che mai, era appoggiato al guardrail coperto di ruggine e si grattava l'interno dell'avambraccio seguendo i movimenti di Felix con occhi vitrei. Il ruglio altalenante delle onde arrivava fin lì e travolgeva il cervello di Samantha con nitidi ricordi d'infanzia a base di vischiosissime creme solari, montagne di braccioli dall'odore plasticoso e cocci aguzzi di conchiglia sotto le piante dei piedi. L'odore iodato della salsedine impregnava l'aria rendendola molto simile a quella rimestata dagli aerosol. Un altro ricordo di infanzia che Samantha accolse con un brivido di festosa nostalgia.
"E... ora? C-cosa facciamo?" La voce strozzata di Alexander si stagliò sul vicino ruggito del mare. Felix interruppe sia la sua sferzante sfilata sia la sua feroce nenia di lamentele e gli si andò a mettere accanto scuotendo la testa, incapace di rispondere. Il sole pioveva sul mare in un milione di mutevoli scintillii che Samantha si rammaricò di non poter contare.
A quel punto Esme si inumidì le labbra e batté le mani insieme con un sospiro. "Scendiamo," fu la sua risposta.
"Tuffandoci?" domandò concitata Samantha, un po' perché ci sperava davvero e un po' perché la divertiva assistere alle reazioni degli amici. Felix però fu un po' deludente sotto quel punto di vista, si limitò infatti ad alzare le spalle e sbuffare: "A 'sto punto mi aspetto di tutto".
Esme sorrise e mosse la testa verso la scogliera. "Da lì," disse indicando un punto qualche metro più avanti. I tre seguirono la direzione del suo dito: dal campo brullo che si estendeva alla loro sinistra partiva una stretta sequenza di scalette. I gradini erano in un legno molle e tarmato che non dava esattamente l'idea di massima sicurezza, si snodavano fra gli scogli acuminati e inzaccherati di schitte di uccello per sfociare infine sulla spiaggia chiara.
Alexander deglutì distintamente, scrollò il capo come per scacciare lo stordimento e si raddrizzò. "Va bene, andiamo," acconsentì. Felix fece lo stesso, rimettendosi lo zaino che poco prima aveva sbattuto a terra in un moto di ribellione.
Samantha, da parte sua, era così emozionata che non accusava più nemmeno il peso del bagaglio ancorato alle sue spalle. Stavano per andare in spiaggia! Il lamento sordo della stanchezza per la lunga camminata era stato soggiogato dalle grida giubilanti della contentezza. Avrebbero potuto fare un sacco di cose divertenti!, festeggiava fra sé. Forse erano un po' troppo grandi per fare i castelli di sabbia, ma Samantha pensò che sarebbe stato sufficiente cambiare la parola "castello" con "scultura" e le convenzioni sarebbero state ristabilite. Sorrise inebetita di fronte allo splendore delle loro prospettive.
Mentre vaneggiava di avvincenti partite a beach volley con palloni inesistenti, falò sulla sabbia infuocata dall'imbrunire e bagni di mezzanotte pulsanti di adrenalina, i suoi amici si erano già incamminati e lei dovette esibirsi in una corsetta scomposta per raggiungerli. Scese dalla carreggiata e trotterellò sulla terra arida.
Esme saggiò il primo gradino di legno marcio per assicurarsi che reggesse, dopodiché iniziò a scendere per quelle scalette scoscese. Erano strette e dovettero procedere in fila indiana. Samantha era ultima e non mancò di mettere fretta con una sequenza di "hop hop" ai suoi compagni che procedevano dolorosamente piano. Ci misero qualcosa come cinque minuti ad arrancare giù per quel pendio malmesso. Il fragore riottoso del mare diventava sempre più forte e il vento umido asciugava i rivoli di sudore con il suo soffio salmastro. Ogni gradino sillabava la distanza sempre minore che li separava dalla spiaggia assolata.
Quando giunse sull'ultimo, marcissimo scalino Samantha sentì un gridolino di emozione vibrarle per la trachea, pizzicarle la lingua e liberarsi dalle labbra. La ragazza atterrò sulla sabbia morbida e caldissima con un balzo. Era al settimo cielo, e forse anche oltre. Tutto in lei era rischiarato dall'astro caldo dell'esaltazione.
La spiaggia si rivelò essere più grande di quanto sembrava dalla cima della scogliera, tuttavia era comunque possibile vederne sia l'inizio che la fine e percorrerla tutta avrebbe impiegato sicuramente meno di dieci minuti. Ma a Samantha sembrò una sfavillante mezzaluna di paradiso. Esme vi si aggirava a passi lenti che non mancavano di sollevare sbuffi di sabbia chiara, Felix si era divincolato dalla presa ferrea dello zaino e l'aveva lasciato cadere con un suono attutito fra le dune in miniatura. Camminava con una smorfia di riluttanza accanto a un tentennante Alexander.
Samantha sistemò il proprio zaino accanto al gemello con cura materna e abbracciò con uno sguardo pieno di delizia lo spettacolo che le si parava davanti. Era da anni che non vedeva il mare e mai avrebbe pensato di ritrovarlo lì. Ma tant'era, e lei non si poteva affatto dire delusa.
Sentiva già la sabbia entrarle nelle scarpe e scottarle i piedi con zampilli di granelli scaldati dal sole. Che bellezza!
Di fronte a lei le onde si innalzavano con guizzante bagliore, mangiavano a grandi, schiumosi bocconi metri e metri di spiaggia e poi retrocedevano sibilanti e svuotate. L'orizzonte era una fragile linea lontana che, a fatica, impediva allo sconfinato dominio del cielo e ai ribollenti spiriti del mare di annientarsi l'uno nell'altro. Samantha iniziò a saltellare nella sabbia. Del perché Sen li avesse mandati lì o del come avrebbero fatto ad andarsene non le importava granché: le cose bisogna sempre prenderle come capitano e in quel momento erano capitate nel modo più stupefacente possibile. Non avrebbe certo sciupato quella prodigiosa sorpresa con preoccupazioni e rammarichi autoindotti.
A parte una scia luccicante di schegge di conchiglia bianche e minute come unghie e qualche groviglio di alghe viscide e scure, il bagnasciuga era sorprendentemente pulito. Tuttavia, Samantha era così di buon umore che avrebbe continuato a ritenere di trovarsi su una meraviglia del mondo anche se ci fossero stati rifiuti radioattivi fra i cavalloni e una sfilza di baluginanti platesse morte disseminate fra i gusci scheggiati dei paguri. Dalla parte opposta della spiaggetta, si allungava un vecchio pontile a cui erano ormeggiate un paio di barchette che molleggiavano sull'acqua e che, nei momenti di quiete, vi si riflettevano. Uno scorcio di mondo dalla fotogenica perfezione.
I suoi amici nel frattempo avevano bellamente ignorato la terrificante e splendida maestosità del mare e parlottavano davanti a una stremata casetta in mezzo alla spiaggia. Il chioschetto in questione era fatto di lunghe e dismesse assi di legno gonfio su cui ancora resistevano strie di intonaco turchese. Sul cadente fianco destro era schiacciata una fontanella di ferro ossidato e corroso, mentre qua e là Samantha intravide qualche sdraio rotta e insabbiata. Che fosse un vecchio lido? Uno di quelli in cui si comprano gelati a un prezzo esorbitante e la gente socievole riesce a farsi un sacco di amici. Samantha in quei posti si era sempre sentita un po' sbagliata, quindi provò un'indubitabile soddisfazione nel vedere che almeno uno di loro aveva avuto quel che si sarebbero meritati tutti. La ragazza si avvicinò a falcate baldanzose ai compagni, finché non fu abbastanza vicina da distinguere le loro parole sotto al baccano del mare e del vento.
"Sen non scherzava quando diceva che questo merda di paese è in sfacelo," stava dicendo Felix mentre conficcava i piedi nella sabbia farinosa, "Sul serio, ditemi una sola cosa che non stia cadendo a pezzi in questo schifo di posto."
"La... La casa del Tale," suggerì Alexander con un sorriso amaro guardandosi un po' in giro e un po' le scarpe ricoperte da granelli luccicanti. Esme e Felix annuirono ridacchiando.
"Già, quello stronzo si trattava proprio da pascià," rise Felix mentre il mare alle loro spalle tuonava nel disperato tentativo di attirare la loro attenzione.
"E quindi? Cosa facciamo ora?" domandò Samantha più per inserirsi nel discorso che per effettivo interessamento.
Esme spostò lo sguardo dalla fontanella arrugginita a lei e si strinse nelle spalle. Era una situazione che nessuno di loro aveva progettato dal momento che l'aspetto del paese sembrava più quello di una città reduce da un bombardamento nucleare che quello di un centro balneare, dunque Samantha capiva l'istupidimento dei suoi amici anche se non sentiva di condividerlo. Il vento si quietò un istante, breve, ma sufficiente per ricordare che il sole era ancora alto e il pomeriggio ancora caldo. Questo fece venire a Samantha quella che a lei parve una geniale, perfettissima, ipermegadivertente idea.
La ragazza incollò i palmi insieme, fece gli occhi più supplicanti che poté e con tono leggermente querulo implorò: "Ci facciamo il bagno?"
Il terrore che schiaffeggiò il volto di Alexander sarebbe valso più di mille parole, ma Samantha non aveva intenzione di cedere. "Dai, che ne dite?" cinguettò speranzosa. Come le sarebbe piaciuto! I suoi genitori non glielo lasciavano quasi mai fare.
"N-nel mare?" balbettò incredulo Alexander indicando la distesa d'acqua che si sconquassava furibonda a pochi metri da loro. Samantha annuì con un largo sorriso. Proprio lì.
Felix la guardò sollevando un sopracciglio. "Mi stai dicendo che sai nuotare?" le chiese. Samantha fece spallucce e rispose con sincerità: "Boh, più o meno. Una volta sapevo farlo, ma non so se mi ricordo". Avvicinò le sopracciglia in un'espressione implorante. "Dai, stiamo vicini alla riva! Per favore!"
Esme studiò per un istante il mare - che sì, Samantha doveva ammetterlo, era un po' agitato ma di certo non burrascoso - e si strinse nelle spalle annuendo con noncuranza. Samantha si fece sfuggire un versetto di vittoria.
Felix fissò Esme a occhi sbarrati. "Ci stai dicendo che sei d'accordo?"
La ragazza assentì sorridendo. "Fa caldo," si giustificò accusando con un indice il sole bollente.
"Ma non è - come dire - pericoloso?" si intromise Alexander per nulla convinto. Samantha si sentiva come un avvocato che stia per vincere una causa importante e voleva giocare il tutto e per tutto.
"Se pensi a quelle storie tipo sulle correnti assassine, le alghe che ti trascinano giù o congestioni fulminanti le hanno raccontate anche a me," obiettò quindi con quella che sperò essere una faccia rassicurante, "Sono tutte leggende, credi a me."
Alexander fissò quel tappeto infido e cangiante che era il mare e si sfregò una mano sul collo imperlato di sudore. "E se ci fosse qualcosa nascosto sotto? E se... se qualcuno di noi, ecco, annegasse?"
Samantha fece per ribattere, ma Felix la anticipò. Il ragazzo appoggiò infatti una mano sulla spalla dell'altro e sorrise. "Be', per quello conto che Esme sia capace di rianimarci."
Esme rispose con un sorriso vago, senza confermare né smentire quella supposizione. La preoccupazione incise una profonda ruga nella fronte di Alexander, che corrugò le sopracciglia e ipotizzò: "E se... se fosse Esme ad annegare?"
"Improbabile," rispose prontamente lei con una smorfia di scherzosa spavalderia. Risero tutti e Samantha, ormai decisa a gettare il proprio corpo fra i flutti erosivi del mare a qualsiasi costo, decise di venire a patti. "Se non volete però vado solo io, basta che non scappiate via!"
Felix si strinse nelle spalle e si rivolse ad Alexander: "Se tu non te la senti non ci vado neanche io". Alexander guardò dapprima Felix e poi il mare - con un'espressione decisamente meno ostile - e alla fine annuì. "Va bene, vengo anche io... Si vive una volta sola, no?"
Samantha picchiettò i palmi insieme in un palpito di gioiosa vittoria. Ce l'aveva fatta! E così poteva realizzare almeno uno dei suoi progetti sfornati da Hollywood e plasmati dalla televisione. "Che bello!" cinguettò tutta contenta e, senza aspettare i compagni, si fiondò verso la riva sollevando una sfilza di silenziose raffiche di sabbia gialla.
Samantha si fermò a pochi passi dalla riva ed estatica si portò le braccia sopra la testa. Si riempì gli occhi già traboccanti di emozione anche con quanto le si estendeva infinito davanti agli occhi. Il cielo era vivido, dipinto con il blu perfetto e uniforme di cui sono verniciate le rose dei venditori ambulanti. Per contro, il mare barbagliava di mille, diecimila sfumature di blu, azzurro e verde. Ecco un guizzo blu cadetto seguito da barbaglio color pavone. Ecco un battaglione di onde dal ventre cobalto e le screziature di un prevedibile acquamarina. Samantha si slacciò le scarpe con dita febbrili. Ed ecco un'esplosione di centinaia di spruzzi schiumosi che bruciavano la sabbia e ripiovevano nel tumulto marino con un crepitio.
Il sole sbavava i suoi raggi sull'acqua mossa in una striscia dalla dorata radiosità che a guardarla troppo lasciava un tatuaggio rossiccio sulle retine. Ecco dove finivano le stelle di giorno, si disse Samantha. Il mare frizzava come l'euforia della ragazza mentre lei si sfilava il vestito e lo abbandonava nella sabbia impertinente, rimanendo in biancheria. Sentì gli amici che si erano avvicinati borbottando, tuttavia pensò che fossero dei gran lumaconi e non stette ad aspettare che si svestissero. La sabbia era rovente, ma Samantha vi zampettò così velocemente che se ne accorse appena. Il cuore le martellava nel petto e la spossatezza dei muscoli si era misteriosamente polverizzata. I chilometri sotto il sole battente che avevano percorso durante la giornata divennero un ricordo molto lontano e poco sentito.
I piedi di Samantha affondarono nella sabbia molle e disgustosa della battigia per poi venir afferrati dall'acqua fredda e mordace del mare. Una scossa di adrenalina attraversò come un fulmine il corpo esagitato della ragazza che continuò ad avanzare fra i flutti gelati. E, quando fu sicura di non potersi rompere la faccia su qualche sasso nascosto, si gettò di pancia ricordandosi troppo tardi di avere gli occhiali. Il mare le diede il suo abbraccio salino e le macchiò le lenti con tante goccioline luccicanti. Per un secondo, con l'acqua che le scivolava addosso e rimbombava nelle orecchie, si sentì davvero come una sirena. Trascorso questo momento che avrebbe fatto invidia a qualsiasi salmone, Samantha si rimise in piedi con un grosso sorriso e si voltò verso la riva saltellando nell'acqua sussultante. Aveva le mutande appiccicate contro il sedere e gli occhiali incrostati di sale, ma si sentiva proprio contenta. Il vento soffiava freddissimo contro la sua pelle bagnata.
"Visto che ti sarebbero tornati utili?" stava dicendo Felix ad Alexander, alludendo ai bermuda gialli del compagno. Alexander annuì ridacchiando e, affiancato da Felix, seguì incerto Esme che invece avanzava sicura nell'acqua molleggiante. Samantha li richiamò sventolando un braccio e li osservò impaziente. Esattamente come lei avevano fisici disarmonici, biancheria tremenda e - a forza di camminare sotto il sole - si erano abbronzati solo la pelle esposta con il risultato di portare marchiato sul corpo il segno pallido dei vestiti.
"Cristo santo!" imprecò Felix fra i denti quando un'onda gli si abbatté addosso con dirompente violenza, "Mi pare di fare un bagno nella soda caustica." Alexander ed Esme assentirono con espressioni leggermente sofferenti.
Samantha pensò di capire a cosa fosse dovuto l'evidente dolore dei compagni. L'acqua salata, del resto, penetrava bruciante in tutti i piccoli taglietti che screziavano le gambe graffiate. Tuttavia lei era troppo su di giri per curarsi di una cosa banale come il dolore fisico e, con l'acqua che le sbatteva contro il petto, esclamò: "Dai, che lenti!"
Le risposero con dei confusi "un attimo" e, sotto il boato di un cavallone particolarmente potente, Samantha udì Felix affermare un divertito "bah, oggi sta dando di matto" e - in tutta franchezza - non credette di potergli dare torto. Ma non ci poteva fare niente, le endorfine nel suo corpo stavano svolgendo il loro lavoro nel modo più travolgente possibile e lei non aveva alcuna ragione valida per contrastarle.
I suoi compagni la raggiunsero in breve tempo. Le loro espressioni erano difficili da decifrare dietro a tutte le goccioline che imbrattavano la vista di Samantha, ma le sembrarono tutti più o meno soddisfatti. "E allora?" chiese mentre ondeggiava le braccia nell'acqua, "Ho avuto una buona idea una volta tanto?"
"Ma sì dai, te lo concedo," sospirò Felix abbandonando fra i flutti freschi la schiena nettamente più chiara delle braccia.
"Aspettiamo a dirlo," mormorò Alexander con un cipiglio che nemmeno il sole brillante fu in grado di rischiarare. Felix proruppe in un caloroso "Ma dai!" e spintonò affettuosamente il compagno. "A volte sei proprio un uccellaccio del malaugurio, lo sai?"
Alexander sollevò le sopracciglia e si lasciò andare in una risata distesa. "Eh, non si sa mai quello che può capitare," si difese. Esme fece schioccare la lingua sul palato con spasso e la sua testa scomparì sotto l'acqua impetuosa, solo per riemergere un paio di minuti dopo con i capelli rosa tutti incollati sulla faccia bagnata.
Chissà quante orrende meraviglie mormoravano sotto il pelo dell'acqua e si rotolavano attorno ai loro piedi! Samantha decise che era più entusiasmante continuare a non saperlo. Erano a qualche metro dalla costa, una distanza abbastanza piccola da non risultare pericolosa e abbastanza estesa da ammortizzare il frantumarsi delle onde in un lontano e smorzato scroscio.
"Sapete, almeno ora abbiamo un posto comodo in cui fare la pipì," considerò a quel punto Samantha, per la quale "mare" era sinonimo di "bagno" in più di un senso.
"Be', mi piacerebbe poterti dire che è una schifezza e tu una persona disgustosa, ma sarei un ipocrita del cazzo se dicessi di non averci pensato anche io," sghignazzò Felix grattandosi il naso imperlato di goccioline. Esme rise prima di tornare a immergersi in chissà quali abissi e Alexander annuì con un sorriso perfettamente comprensivo. Le onde ora morbide, ora vorticose sbattevano contro i loro corpi troppo fiacchi per opporre resistenza e l'acqua scintillante si increspava attorno alle loro braccia scurite dal sole. Samantha ebbe un istante di lucida consapevolezza e pensò che i capelli le si sarebbero ridotti a un groviglio crespo come le setole di una scopa, ma fu un pensiero fugace e nel momento stesso in cui l'ebbe formulato cessò di condividerlo. I suoi piedi premevano ballerini nella sabbia molle e le venne il dubbio che nascosto nelle profondità vi fosse qualche perfido granchio pronto a pizzicarle le dita. Samantha sospirò, in pena per i suoi alluci e per tutte le altre dita dei piedi di cui nessuno conosce il nome, e fu inaspettatamente veloce nel partorire una soluzione.
"Potreste controllare che il mio corpo non vada alla deriva?" domandò infatti mentre si accingeva ad accomodarsi nella strategica posizione del morto. Forse i suoi amici le risposero qualcosa, ma lei era già occupata a fare altro per impegnarsi a rielaborare anche le informazioni uditive. Dunque, senza aspettarsi alcuna risposta, allargò le braccia e, con un movimento così goffo che le fece entrare un fiotto salmastro nel naso, si stese sul pelo dell'acqua. Quella del morto era sempre stata la sua attività marittima preferita: così comoda, così rilassante! Avrebbe potuto passare tutta la sua vita a farsi dondolare in quel modo, inerte e priva di preoccupazioni come un cadavere. Quella sì che era vita, pensò mentre le onde leggere la cullavano rollandole sotto la schiena. Il mare la velava con il suo manto cristallino e bruciante, toccandole con schizzi spumosi il viso deliziato. Sentiva i capelli fluttuare sotto di lei come i tentacoli di una medusa. C'erano solo lei, il cielo e il mare. E forse nemmeno quelli.
Il sole fortunatamente si stava ritirando verso quello che le elementari avevano insegnato a Samantha essere l'ovest e quindi la ragazza poteva contemplare il cielo senza rimanerne accecata. Era di un azzurro vivido e metallico e, anche a sforzarsi, non si sarebbe mai potuto circoscrivere entro un inizio e una fine. Andava su e giù, a destra e a sinistra, e lo faceva per sempre. Di fronte a quell'infinita porzione di nulla ceruleo, Samantha percepì in un solo, pesantissimo colpo tutta la sua insignificanza di fronte al mondo - che era equivalentemente insignificante, ma lo era in modo molto più maestoso. L'acqua le entrava nelle orecchie con un suono riecheggiante, permettendole di sentire il chiacchiericcio dei compagni solo come attraverso strati e strati di ovatta.
Le nuvole galleggiavano nel cielo con quel vaporoso candore dei batuffoli di cotone, controbilanciate dal corpo di Samantha che galleggiava nell'acqua con la stessa spigolosa rigidezza di un ramo d'albero.
Gli occhi le bruciavano per il sale e per la luce intensa. Leggeri spruzzi di acqua salata continuavano a schizzarle le lenti degli occhiali, incrostandovici sopra con aloni lattei e piovendole sulle labbra sorridenti. Le nuvole, dalle forme più strambe, viaggiavano veloci sospinte da correnti lontane chilometri. Samantha si aspettava che da un momento all'altro un angelo spaccasse le nubi spumose e le volasse incontro - con quelle sue aluzze da pollo - proponendole di comprare un pezzo immacolato di cielo. In cambio forse le avrebbe chiesto di dannare per sempre la sua anima fra i bollori dell'inferno, e, riflettendoci su, Samantha era abbastanza certa che lei avrebbe accettato. Del resto, pensò allegra, quello sembrava proprio un momento perfetto per morire.
Questo le favorì una seconda riflessione, che sentì la necessità di condividere con i compagni. A malincuore, abbandonò quindi il suo letto molleggiante e si rimise in posizione verticale. Il resto del mondo tornò a essere una verità insindacabile e non più una conoscenza astratta e Samantha, così, uscì da quello stato di estatica estraniazione in cui era piombata. Si era un po' allontanata dai suoi amici, ma li distingueva ancora chiaramente. Si tolse l'acqua dalle orecchie e si riavvicinò in uno stile che nessun nuotatore avrebbe saputo definire. Aveva sulla lingua il sapore salmastro dell'acqua di mare.
"Sapete," esordì quando fu abbastanza vicina agli altri, "Penso che al mio funerale ci sarete solo voi."
Le condizioni dei suoi occhiali le impedivano di distinguere nitidamente le facce dei suoi amici, ma le sembrarono tutte piuttosto sbigottite.
"Nah, non io," scherzò Felix con i capelli bagnati schiacciati sulla testa, "Sarò il primo a crepare. Però niente paura eh, vi terrò un posto caldo all'Inferno." Samantha sentì la risata di Esme risuonare insieme alla brezza marina.
Alexander invece non sembrò altrettanto divertito. "Ma no!" gli sfuggì. Poi abbassò gli occhi dalle ciglia imperlate d'acqua e con un mezzo sorriso aggiunse: "Cioè, quindi se... se io sono l'ultimo a morire significa che al mio funerale non ci sarà - ehm - nessuno?"
Felix lo sgomitò sollevando un'acquerugiola di schizzi. "Farò in modo di morire dopo di te allora," gli promise.
Esme ridacchiò, lottando visibilmente con l'impulso di strofinarsi gli occhi arrossati dal mare.
A quel punto a Samantha venne un'altra brillante idea. Fece un saltello emozionato nell'acqua ed esclamò: "Dovremmo fare un giuramento di amicizia, un patto di sangue o qualcosa di simile!"
Felix piegò le ginocchia e si ritrovò con l'acqua fino al collo. "Se pensi che sia disposto a tagliarmi per fare questa scemenza mi spiace deluderti."
Alexander annuì sfregandosi una mano sul petto costellato di goccioline. "Potrebbe venirci il tetano, o... o un'infezione, no?"
"Che noiosi," li rimproverò Samantha sentendo uno strato di pelle d'oca iniziare a punteggiarle le braccia esposte al vento sibilante.
Esme tentò di ravvivarsi i capelli e commentò: "Si fa anche con lo sputo". Tuttavia anche quella proposta fu declinata con decisione da Felix e Alexander.
"Seh, è pure peggio," commentò subito il primo mentre si picchiettava una mano sulla testa inclinata nel tentativo di fare uscire l'acqua dalle orecchie. Alexander assentì e poi si rivolse a Samantha: "Tu puoi... puoi pensare a qualcos'altro però".
Samantha fece una faccia che era un misto di allegria e riflessione e si reputò soddisfatta. Oh sì, ci avrebbe pensato eccome. Il mare le lambiva il corpo prima bisbigliando poi ruggendo e il sole le scaldava pigro il corpo bagnato. Samantha sorrise beata e, usando una sciocca antitesi, ricominciò a fare il morto sentendosi più viva che mai.
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