Chi non muore si rivede
Il brontolio del cielo coprì quello dello stomaco di Felix.
Le nuvole rumoreggiavano cupe sulle loro teste e, anche se l'aria grigia prometteva pioggia, l'afa non sembrava propensa a dissiparsi.
Il ragazzo calciò con la punta consumata della scarpa un sassolino sull'asfalto polveroso.
"Che palle" sbuffò annoiato, interrompendo quel dannato soliloquio con cui Samantha li aveva intrattenuti ininterrottamente per gli ultimi dieci minuti. Un inutile e unilaterale discorso in cui la ragazza non aveva fatto altro che rammentare con drammaticità i momenti più belli passati al luna park. O, almeno, così Felix credeva, dato che non poteva dire di averla ascoltata con attenzione.
Non che avesse nemmeno perso tempo a rielaborare quanto aveva rivelato Vadoma: preferiva non pensare al significato di quelle parole e continuare a non preoccuparsi delle loro implicazioni.
"Quindi...ecco, quindi ce ne stiamo andando davvero?" domandò a quel punto Alexander. Camminava con le braccia incrociate al petto, le unghie affondate nella carne pallida dei bicipiti e il labbro ancora rotto, come la sera prima.
"Be', non abbiamo molte alternative" gli rispose Felix, sforzandosi di cancellare tutta l'asprezza che di norma avvelenava le sue parole.
Alexander lo guardò di sottecchi per un istante, per poi tornare a fissare la strada e annuire.
Il cielo si rimise a gorgogliare come un intestino malato.
Cristo, non poteva piovere e basta? Felix digrignò i denti dal nervosismo.
Stavano camminando da una quindicina di minuti e, voltando il capo, si riusciva ancora a distinguere chiaramente la ruota panoramica. Le navicelle dondolavano esangui e spossate sotto le grosse nuvole nere.
Erano di nuovo solo loro quattro. Solo loro quattro a scalpicciare sull'asfalto che esalava umido calore.
Felix non aveva voglia di pensare a cosa questo potesse significare, l'unico fattore che lo scocciava e che non poteva levarsi dalla testa era la mancanza di cibo.
Diamine, se aveva fame! Sulla lingua sentiva ancora il sapore delle patatine al formaggio che aveva mangiato poco prima, ma nel suo stomaco di loro non c'era già più traccia.
"Sentite, possiamo fermarci in qualche dannato supermercato?" chiese provato prima di ricominciare a mangiarsi le unghie.
Esme girò appena la testa e assentì, facendogli il segno dell'okay con le dita.
"Oh sì! Prendiamo altre patatine al formaggio?" chiese sognante Samantha congiungendo le mani fra loro.
"Ci puoi scommettere" ribatté deciso Felix, stranamente d'accordo con lei.
Proseguirono per un po' in un rilassato e pensieroso silenzio.
La strada asfaltata sotto i loro piedi lasciò presto posto al marciapiede. Le case che iniziavano a riaffollarsi attorno a loro svettavano scrostate e silenziose nell'aria umida. Come al solito, non c'era quasi nessuno per le strette vie del paese.
A Felix quel postaccio non era mancato affatto.
Seguirono Esme, l'unica ad avere un senso dell'orientamento quanto meno decente, e raggiunsero in poco tempo la piazza.
Era triste e brutta come se la ricordavano.
La attraversarono, passando accanto ai bar le cui tende parasole sbatacchiavano sotto le sferzate di vento madido. La chiesa era appisolata alle loro spalle, inerte e inutilmente pomposa.
"Oddio! Qui è dove abbiamo incontrato Leandro!" esclamò Samantha con il dito teso verso le scale consumate su cui erano seduti qualche giorno prima.
Era vero, Felix se lo ricordava bene.
Alexander fissò cupo quei solitari gradini.
"Speriamo di non incontrarlo di nuovo" mormorò mentre si stringeva ancor più forte le braccia al petto.
Felix sorrise.
"Be', siamo quattro contro uno. Lo stenderemmo a occhi chiusi" disse allora, sgomitando l'altro ragazzo. Più trascorrevano tempo insieme, più si rendeva conto che non sopportava vederlo triste.
Alexander rilassò le spalle e fece un mezzo sorriso.
Be', meglio di niente, valutò Felix.
Continuarono a seguire Esme fra le stradine acciottolate e l'aria nebulosa. Dopo qualche minuto giunsero al minimarket in cui avevano già fatto approvvigionamento.
La prevedibile scritta "Minimarket" baluginava di pallido led azzurro, mentre sul vetro ricoperto di ditate era incollato alla bell'e meglio un cartello con l'immagine di un grosso gelato alla panna e la scritta "in super-sconto solo per oggi". C'era anche l'ultima volta che erano passati di lì.
Entrarono passando attraverso le porte scorrevoli.
Quello era uno dei pochi posti in cui c'era l'aria condizionata e i proprietari ne dovevano essere davvero molto orgogliosi, dato che la sparavano al massimo.
Felix non era mai stato in Siberia, ma non credeva che dovesse differire molto da quel posto. Vide Alexander rabbrividire e sfregarsi con le mani le braccia vittime della pelle d'oca.
Cristo, quanto diavolo si gelava! Eppure lui non era uno che soffriva particolarmente il freddo.
"Spero che non ci venga una bella congestione," esordì Samantha a occhi sgranati, "Mio padre diceva sempre che bruschi cambiamenti di temperatura possono portare a-"
"Non lo voglio sapere, okay?" la interruppe brusco Felix, più per difendere Alexander, che era già sbiancato, che sé stesso.
Del resto, lui era dell'idea che preoccuparsi fosse inutile: se una cosa doveva succedere, sarebbe successa anche qualora lui non avesse fatto altro che preoccuparsene. Quindi tanto valeva soffrire una volta sola e procrastinarne il momento il più a lungo possibile.
Esme si strinse nelle spalle e si addentrò fra gli scaffali. Agli altri tre non restò che seguirla in quella foresta di dolci tentazioni plastificate, vizi pieni di edulcoranti e seducenti lusinghe scontate alla cassa. A Felix i supermercati non è che facessero proprio impazzire: erano pieni di numeri, pieni di persone, pieni di merendine che avrebbe voluto mangiare ma che non si sarebbe potuto permettere e pieni di etichette a loro volta piene di parole piccolissime.
Le marche stampate a caratteri cubitali gli si affollavano prepotentemente sulle retine, mentre i colori abbacinanti delle confezioni gli schiaffeggiavano i nervi ottici.
Era una di quelle pene, però, che era disposto a subire.
Camminarono per un po' su quel pavimento in scivoloso poli-vinilcloruro bianco sporco e sotto quelle lunghe luci fredde.
Certo, non era la prima volta che entravano lì dentro, ma in certi supermercati ogni volta è come la prima.
Samantha enunciava ad alta voce qualsiasi prodotto dalla confezione invitante in cui si imbatteva, mentre Esme indicava i cibi più economici, aspettando che gli altri tre ribattessero. Attraversarono senza comprare nulla il reparto della pastasciutta, dei vini, dei sughi e il banco del pesce, di fronte a cui, per inciso, Samantha parve sentire l'improrogabile urgenza di tapparsi il naso con teatrale disgusto.
Nell'impianto stereo del minimarket gracchiava la tipica musica monotona e sconosciuta da supermercato.
Dopo aver girovagato per una buona ventina di minuti, giunsero alla cassa con la pelle fredda al pari delle mozzarelle nel banco frigo e gli occhi affaticati.
Ficcarono quindi sul logoro nastro trasportatore quattro porzioni di sandwich preconfezionati, due pacchetti di patatine presumibilmente più pieni d'aria che di cibo, altrettante bottiglie d'acqua e un sacchetto di biscotti al cioccolato a forma di cuore, che aveva conquistato Samantha. Esme pagò il tutto con una gualcita banconota da venti euro, che mise nel palmo teso della cassiera. Era la stessa della volta prima. Quella con cui Felix aveva litigato e che li aveva spediti nella topaia che in quel posto avevano il coraggio di chiamare motel. Gli occhietti chiari della cassiera baluginavano perfidi in quella faccia color gamberone.
Uscirono.
Dopo il gelo del minimarket il mondo esterno pareva un enorme forno a microonde in funzione. Felix boccheggiò, sentendosi come una cotoletta surgelata nel momento in cui si sbatte il portellino nero del fornetto.
Il cielo era più cupo che mai, ma al caldo non sembrava importare.
"Che palle" si sentì in dovere di sentenziare.
Samantha lo fissò comprensiva: "Le nuvole sono molto grigie, significa che pioverà"
Felix si stava per complimentare con la ragazza per la sua infallibile arguzia, quando Alexander lo precedette mormorando cupo: "Penso che la pioggia peggiorerà le cose e basta"
Samantha scrollò incurante le spalle: "Be', però a me piace l'odore che poi si alza dalla strada"
Esme sorrise e annuì, sedendosi sul bordo sdrucciolevole del marciapiede poco più avanti.
Gli altri la raggiunsero.
Il vento li carezzava tiepido mentre loro si accingevano a consumare il loro frugale pasto. Mangiarono in silenzio, seduti sul marciapiede duro.
Dopo qualche minuto Esme fece schioccare la lingua sul palato e indicò un punto in fondo alla via.
Felix riavvitò il tappo della bottiglia da cui aveva appena finito di bere e seguì lo sguardo della ragazza.
Poco più avanti fra le case dalla vernice vecchia riluceva con rinnovato lerciume la loro fantomatica tavola calda. Alla luce del giorno l'insegna al neon era più patetica che mai.
E, sorpresa sorpresa, fra la porta aperta e i bidoni della spazzatura se ne stava in piedi, esile e goffo, il cameriere o addetto delle pulizie.
Stava fumando una sigaretta. Gli aloni di sudore sotto le ascelle si vedevano in modo così distinto che a Felix parve di sentirne l'odore.
Felix corrugò la fronte con irritata sorpresa.
"Cielo! Ancora quel tizio!" esclamò stupita Samantha, "Ma è tornato a lavorare al diner?"
La ragazza si grattò la testa sconcertata: "Vi assicuro che io l'avevo visto al motel. Era lui! Ne sono certa!".
"Sì, ce l'hai già detto e ti crediamo, diamine" disse allora secco Felix. Ormai non si stupiva più di niente.
"Si è accorto di noi?" mormorò pallido Alexander, le dita affondate nell'ultimo boccone del sandwich.
Felix di risposta guardò il tale: si era ficcato la sigaretta fra le labbra sottili e, con una mano infilata nei pantaloni bianchi e unti, aveva tutta l'aria di starsi grattando il sedere. Fissava l'aria pesante con occhi vacui ed espressione ebete.
"No, non credo" si sentì quindi sicuro di affermare, dopo aver giurato a sé stesso che non sarebbe mai più tornato a mangiare qualcosa che aveva toccato anche quel tizio.
Esme fissava l'uomo con uno sguardo indagatore e tamburellandosi un dito sul naso.
Samantha si portò entrambe le mani al viso, spiaccicandosele sulle guance.
"Magari è in combutta con Leandro e con il prete impostore" sussurrò.
"Quasi sicuramente è così" la rimbrottò Felix, che, sebbene non ci avesse pensato quasi per nulla, non aveva difficoltà a capire che non poteva trattarsi di semplici coincidenze.
Ci fu un attimo di concentrato silenzio.
"Be', potremmo...ecco, secondo me potremmo provare a fargli qualche domanda" suggerì a quel punto esitante Alexander.
Gli altri tre lo guardarono incuriositi.
"Stai parlando di torchiarlo, eh?" rise alla fine Felix appoggiandogli una mano sulla spalla, "Un bell'interrogatorio è proprio quello che ci vuole, diamine!"
Esme sembrò pensarci su un attimo e subito dopo annuì convinta.
"Oh! Ma dobbiamo decidere chi fa il poliziotto buono e chi il poliziotto cattivo?" domandò Samantha, sgranocchiando un biscotto al cioccolato.
"Assolutamente no," sentenziò Felix per poi aprire il volto in un sorriso beffardo, "Qui siamo tutti poliziotti cattivi."
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