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Alla stazione di servizio

Samantha assistette esterrefatta al resto della scena.

La ragazza appena arrivata sembrò studiare per un attimo la situazione. Uscì poi dall'area su cui le luci della stazione di servizio gettavano un alone quadrato e si accovacciò per raccogliere un ciottolo impolverato che giaceva inerme lì vicino. Gli altri tre la guardarono posizionarsi qualche metro di fronte al distributore di merendine, fare cenno di scansarsi con la mano e infine tirare, con flemmatica efferatezza, il sasso dritto contro il vetro. Esattamente al centro.

Lo schermo si frantumò, esplodendo in miliardi di piccoli pezzettini che piovvero a terra con un tintinnio cristallino. Dopo quel rumore così potente ed inaspettato, il silenzio tornò più pesante di prima. Si poteva udire con chiarezza il ronzio delle pallide luci al neon.

Samantha, incapace di richiudere la bocca, muoveva lo sguardo dalla ragazza, che si puliva le mani con fare compiaciuto, ai cristalli che scintillavano sul cemento. Era incredula e proruppe in uno strozzato "Oh cielo!". Si udì distintamente Alexander deglutire. Altri secondi di inebetito silenzio.

"Be', mi chiedo perché non ci abbia pensato prima io" disse alla fine Felix, senza tentare minimamente di nascondere l'ammirazione per quel gesto avventato. Il ragazzo quindi si avvicinò contento al distributore e allungò la mano sinistra per iniziare a riempirsi le tasche di quelle tanto sospirate merendine ormai alla sua inesorabile mercé. La suola delle sue scarpe scricchiolò sui frantumi.

Alexander, nel frattempo, si appoggiò con una spalla a una delle poche pompe di benzina e si mise ad osservare perplesso il distributore. Samantha, dal canto suo, si diede due schiaffetti sulle guance per riscuotersi e individuò l'altra ragazza: si stava facendo scivolare un paio di sacchetti di M&M's nelle tasche di quello che pareva, a tutti gli effetti, un pigiama.

"Io sono Samantha," disse dunque per la terza volta nel giro di forse un'ora, "E loro credo siano Alexander e Felix". La ragazza la guardò e le fece un sorriso. Samantha glielo restituì: "Tu come ti chiami?".

L'altra socchiuse le labbra, solo per riserrarle dopo poco. Parve boccheggiare per un attimo, prima di chiudere gli occhi e, dopo un lungo respiro, borbottare un basso "Esme". Samantha le stava per rivolgerle qualche domanda riguardo le possibili conseguenze legali per essere stata complice di quell'atto vandalico, quando un'esclamazione di dolore fendette l'aria come una lama.

"Mi sembra sia ferito" proferì un Alexander dal volto sbiancato, indicando Felix, senza però guardarlo direttamente. Samantha allungò il collo: "Con i vetri?". A lei succedeva spesso di tagliarsi con i vetri, dato che le cadevano di frequente i bicchieri dalle mani e quindi era convinta che la maggior parte delle ferite fosse imputabile a quello.

"No...Cioè, sì, ma non con questi" mugugnò il ragazzo, reggendosi il polso della mano lesa. Il sangue gocciolava vermiglio a terra. Esme si scrocchiò le dita delle mani e si avvicinò decisa.

Samantha la osservò analizzare la ferita con freddezza quasi chirurgica, per poi mettere il braccio nel distributore ormai sventrato ed estrarre una delle bottigliette d'acqua. Svitò il tappo, fece allontanare il resto del corpo del suo paziente e gli versò un fiotto d'acqua sul taglio rosso. Il conseguente sibilo di dolore di quello fece male al cuoricino sensibile di Samantha.

Si sarebbe voluta disperatamente rendere utile, ma non aveva idea di come fare. Intanto notò Alexander, che per tutto quel tempo aveva guardato con insistenza il soffitto sporco della stazione di servizio, frugarsi nelle tasche dei jeans e allungare un pacchetto di fazzoletti ad Esme. Questa, accompagnata da un rispettoso silenzio, tamponò la ferita con uno dei fazzoletti, la osservò attentamente e poi vi premette con cura un secondo fazzoletto pulito. Scostò i capelli biondo cenere del ragazzo dalla fronte e vi posò il dorso della mano. Samantha aveva sentito che quando c'era un'infezione veniva la febbre: forse Esme stava controllando quello. Quest'ultima, intanto, fece un sorriso soddisfatto e, dopo aver consegnato il pacchetto di fazzoletti nella mano buona di Felix, si scostò.

"Quindi?" chiese il ragazzo, "Ho un'emorragia? Un'infezione? Il fottuto tetano?". Anche Alexander fissò Esme con una certa apprensione, ma lei si aprì in una risata e scosse la testa in segno di diniego. Calò un silenzio impacciato, quando i tre, in primis Samantha, si misero ad aspettare inutilmente che l'altra aggiungesse qualcosa.

Alla fine, a mettere fine alle torture che l'imbarazzo sa infliggere fu Felix che, continuando a premersi la ferita nel fazzoletto, sbottò in un interrogativo: "E ora?".

Dato che nessuno seppe rispondere, Samantha si sentì in dovere di rincarare la dose, domandando: "Qualcuno sa dove ci troviamo?" Alexander ed Esme scossero la testa laconicamente, mentre Felix riprese la parola dicendo: "Speravo lo sapeste voi, diamine. Io mi sono svegliato fra due cassonetti della spazzatura che puzzavano di..."

Samantha smise di badare al resto del discorso: lui era stato nella spazzatura...che avesse incontrato anche lui il mostro? Oppure...Non poteva essere... Era lui il mostro! Samantha interpretò quest'informazione nel modo più sbagliato possibile e decise che l'avrebbe tenuto attentamente d'occhio.

"...comunque mi sono rotto di stare fermo. Io me ne vado da qui, se volete venire con me bene, altrimenti addio" concluse Felix. Probabilmente voleva nascondersi e spaventare altra povera gente, rifletté argutamente Samantha: no, non glielo avrebbe lasciato fare.

"No, veniamo con te. Non si sa mai cosa ci possa essere in agguato nell'ombra..." disse allora con tono allusivo, accompagnato da un'espressione che sperava di intelligente sospetto.

"Sì, be', magari troviamo anche qualche indicazione o qualcun altro" suggerì esitante Alexander, guardandosi la punta delle scarpe e stringendosi le braccia al petto.

Esme annuì, si strinse nelle spalle e si avviò per prima, calpestando incurante i vetri sbriciolati. Gli altri la seguirono nel buio denso, lasciandosi alle spalle il distributore squarciato, qualche cartaccia di merendina e la luce esangue di quella stazione di servizio che diveniva sempre più piccola.











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