Storie della nostra infanzia - Capitolo II
Biancaneve
C'era una volta una giovane donna che si era presa un enorme impegno: quello di proporre una rubrica sulle favole.
Quella folle sono io, ovviamente. E questa è la rubrica "Storie della nostra infanzia".
Quindi, come una novella "papà Castoro" (e qui sto facendo piangere alcuni di voi), mi accingo a spulciare e raccontare una nuova fiaba.
Siamo nel periodo invernale; la neve cade... almeno nelle regioni del nord, perché qui piove soltanto e il freddo rompe i cabbasisi e basta, e il mondo fuori è bianco e puro: cosa c'è di meglio che raccontare la storia che più si associa a questo elemento?
Perciò oggi parliamo di... Biancaneve.
Come dite? Dalla premessa vi aspettavate "La Regina delle Nevi"? Lo so, ci stava meglio; ma se devo affrontare quell'immensa roba che è "Frozen", ho bisogno che sia dopo Natale altrimenti, per tutte le parolacce che dovrò dire, Babbo Natale mi mette sulla lista dei cattivi e o ho un primato di ben ventotto anni sulla lista dei buoni. Mai carbone in vita mia.
E poi lo avevo promesso alla mia collega Pally, che ama chiamare la protagonista di oggi "La Svampita". Quindi ho le mani legate. Ma tranquilli, perché "La Regina delle Nevi" sarà la prossima (che perché è la mia preferita, ho aspettato anche troppo).
Ma finita sta lunghissima premessa, cominciamo.
Al pari di Cenerentola, protagonista della scorsa volta, Biancaneve è una di quelle favole super famose e che ben pochi non conoscono. Non so come si faccia a non conoscerla, dato che anche di questa ci sono un ventordicimila versioni, ma dobbiamo sempre mettere dubbio su tutto.
Cerchiamo di raccontarla brevissimissimamente. Crediamoci.
C'era una volta un re che aveva una bellissima figlia di nome Biancaneve; la madre/matrigna/genitore 2 di sta picciridda era una donna bellissima anch'essa, ma lo specchio magico che possedeva le diceva "Seh, viri che Bianca è cchiu bedda; torna a casa, vecchia". Era uno specchio palermitano. Allora, giustamente inalberata, chiama un cacciatore chiedendogli di comprare mezzo chilo di patate, un po' di pomodori secchi e, visto che c'era, di uccidere la ragazza, perché se non poteva essere lei la più bella del reame non poteva esserlo nessun'altra; in più gli ordina di portarle il suo cuore, perché stufato con le patate e i pomodori secchi ci stava bene. Il cacciatore prima ci prova ad ammazzare Biancanevuccia, ma poi si pente e la fa fuggire, decidendo di portare alla regina il cuore di [inserire nome di animale a caso], che tanto non fa differenza; la ragazza fugge e si rifugia nella casetta di sette... persone piccole (non voglio essere offensiva). La regina, ovviamente, mica è scema e si accorge che quello che il cacciatore le ha dato è il cuore dell'inserto di "Esplorando il Corpo Umano" (non era un bravo cacciatore, a quanto pare), e chiede allo specchio dove si trovi Biancaneve. Quella spia infame glielo dice, così si traveste da vecchina e porta a Biancaneve una mela avvelenata. Rimbambita (come dice giustamente Pally) se la mangia, perché non aveva mai imparato il motto che ogni mamma italiana insegna "Mai prendere il cibo dagli estranei". E te credo, chi glielo insegnava visto che non ha una mamma? In questo modo cade a terra e, tra il veleno, il pezzo di mela in bocca e la botta in testa, cade in un sonno simile alla morte. I nani...ehm... Le piccole persone non possono mica seppellirla e quindi creano un abuso edilizio, fatto di cristallo, dentro cui mettono Rimbambita. Un giorno arriva un principe senza nome, perché del nome ce ne frega proprio che un ca...spio, e Rimbambita (per motivi che cambiano continuamente perché bisogna essere family friendly) si sveglia e si sposa con lui. Chiamala scema.
Fine (per ora).
Ma come sono brava a raccontare le fiabe, guada...
Tornando vagamente seri, anche Biancaneve è una favola di origine europea, perlopiù legata al folclore tedesco: il titolo originale, difatti, è una scatarrata tipo Schneewittchen.
Come tantissime altre favole della "nostra tradizione", Biancaneve non è nata direttamente in forma scritta, ma in forma orale e per tale motivo veniva spesso cambiata, acquisendo o perdendo dettagli in base al narratore o, persino, alla corte in cui veniva raccontata. Le fiabe, infatti, non erano adatte ai bambini, ma erano principalmente un intrattenimento per i nobili sebbene derivassero dai racconti della plebe.
Si pensa, infatti, che la storia sia ispirata da fatti probabilmente accaduti, fatto che è ancora oggi oggetto di discussione di molti esperti.
Alcuni pensano che la "vera" Biancaneve sia la Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal (per gli amici Mimma... se avete visto qualche spettacolo de Il Trio avete capito la cit, altrimenti correte ai ripari), figlia di un magistrato e quindi nobile. Mimma (perché col cavolo che riscrivo il nome), dopo le seconde nozze del padre, venne osteggiata dalla matrigna, che cercava di favorire i suoi figli, e fu costretta a vivere nei boschi limitrofi che erano pieni di miniere in cui lavoravano persone molto basse o persino bambini. Purtroppo la ragazza morì di vaiolo e questa storia inasprì ancor di più l'avversione degli abitanti nei confronti della matrigna.
Altri pensano che dietro Biancaneve ci sia Margaretha von Waldeck, che si racconta essere stata uccisa con del veleno perché amore segreto di Filippo II di Spagna. Altri ancora fanno risalire le origini della storia in Italia, più precisamente nella Provincia di Belluno.
Non si sa, dunque, chi sia per certo Biancaneve, ma di fatto (come ogni storia) vi è un piccolo fondo di verità che, passando di voce in voce e modificandosi nel tempo, è arrivata alle orecchie di chi poi la metterà per iscritto.
La prima versione scritta ufficiale è, ovviamente (e quannu ti sbagghi), dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm e risale al 1812, pubblicata nel loro libro Kinder-und Hausmärchen (titolo che, data la "musicalità" della lingua tedesca, non tradurrò).
Da allora ad oggi, le versioni della storia sono state davvero tante, tra cui la più nota è senza dubbio quella che ha consacrato la Disney, Biancaneve e i sette nani. In questa versione è giusto specificare "sette nani" perché, oltre ad essere il titolo della pellicola non in tutte le versioni è presente l'elemento di supporto alla protagonista in forma di "nani" (in alcuni casi ci sono persone di statura media, a volte sono bambini e in altri sono più di sette).
Come dicevo prima, essendo Biancaneve una forma di intrattenimento per persone adulte (nel senso che non era rivolta a bambini), le prime versioni della storia sono... come dire... disturbanti.
Nella prima versione dei fratelli Grimm, quella del 1812 appunto, la regina cattiva è infatti la madre biologica di Biancaneve e la ragazza ha solo sette anni. Sette! Sta pazza vuole uccidere una bambina. E chiede persino i polmoni e il fegato per mangiarseli (io prima scherzavo, ma siamo matti?). La "mamma modello", poi, tenta di uccidere la figlia ben tre volte, prima con un nastro, poi con un pettine avvelenato e infine con la famosa mela. Inoltre i nani, su pressione del principe, gli cedono la bara con Biancaneve dentro perché lui ne è talmente "attratto" da doversela scarrozzarsela ovunque, pure al gabinetto probabilmente; i servitori del principe, stanchi di trasportare sta cosa pesantissima ogni giorno (e te credo) se la prendono con il corpo di Biancaneve, dandole dei colpi sulla schiena che le fanno sputare il pezzo di mela avvelenato. Ovviamente Bianca sposa il principe e tutto è bene ciò che finisce bene. A parte il fatto che la matrigna, invitata al matrimonio, tenta di uccidere (ma allora si capocchiona) un'altra volta Biancaneve che finalmente le dice "Mo me so scocciata" e le prepara delle belle scarpe arroventate che costringono la pazza a ballare fino alla morte.
Questa storia, appunto, presenta dei tratti troppo cupi e macabri oltre che poco gradevoli o del tutto inaccettabili per una corte perbenista; un aspetto ritenuto poco gradevole era, così come già accaduto con Cenerentola, il fatto che la cattiva di turno fosse la madre naturale della protagonista: a quel tempo, infatti, anche le nobili morivano di parto di frequente e il pensiero di poter uccidere la propria figlia era "inaccettabile" (o almeno così dicevano, poi ci stanno le eccezioni). Un altro elemento malvisto era quel piccolo e vago riferimento al cannibalismo, una pratica ritenuta selvaggia e crudele in particolar modo a quei tempi in cui ci si avvicinava sempre più all'Imperialismo: era inaccettabile che una nobildonna potesse mangiare gli organi di una persona.
Infine, ovviamente, l'altro aspetto fortemente criticato era quello della possibile necrofilia del principe: appariva inquietante e poco regale la "passione" del principe per il corpo apparentemente morto di Biancaneve.
Per queste ragioni, i Grimm decisero di riscriverne una nuova versione nel 1819, in cui tutti questi elementi davvero macabri sparirono: la madre divenne la matrigna, gli organi della ragazza divennero da spuntino a prova della sua morte, e la necrofilia del principe venne ridimensionata, ma solo perché Biancaneve viene svegliata subito a causa della caduta di un servitore.
Eppure ancora non andava bene, perché c'è quel dettaglio che proprio non andava giù: la giovanissima età di Biancaneve.
Ma perché l'età di sette anni venne mantenuto per così tanto tempo?
Per lo stesso fatto che sette era il numero dei nani, il numero delle leghe degli stivali magici dell'orco, di Pollicino e i suoi fratelli,... Anche qualcun altro ha usato il sette nei suoi sette libri; aveva a che fare con la divisione dell'anima in sette parti o sette fratelli di una famiglia molto amica del protagonista... Chissà come si chiamava quella saga.
Il sette è un numero considerato magico e sacro da sempre e veniva spesso usato sia in mitologia che in religione (in diverse religioni, anzi); lo ritroviamo in alchimia, in astrologia e persino nella storia. Tale numero si ripete spesso persino nelle nostre vite: quanti sono i giorni della settimana. Quindi, come dice il buon Dottor CuloCane, sette è la misura massima di tutte le cose.
Nello specifico di Biancaneve, probabilmente oltre all'elemento "mistico", si deve aggiungere che nel periodo in cui generalmente è ambientata la favola, sette era in media l'età in cui le fanciulle nobili ricevevano le proposte di matrimonio o veniva loro combinato uno perché il momento in cui (come viene detto anche nella fiaba) "si raggiunge l'apice della bellezza".
Il numero sette poi ritorna con i nani, che non rappresentano propriamente i sette stati dell'assunzione di una certa sostanza (sebbene potrebbe anche essere), ma i tipi di personalità più comuni che si possono ritrovare e che anticamente (e nel mondo esoterico) vengono ricondotte i pianeti Sole, Luna (anche se questi due non sono pianeti), Marte, Giove, Venere, Saturno, Mercurio. Si associa così la giovialità di Giove a Dotto, la ritrosia di Saturno a Brontolo, la pudicizia di Venere a Mammolo, la forza irruenta di Marte a Eolo; Pisolo rappresenta il mondo onirico della Luna, Gongolo la vanità del Sole e Cucciolo la duttilità di Mercurio.
Un altro argomento interessante è legato ai colori tipici di Biancaneve: il rosso, come le labbra e le guance (oltre che la mela), il bianco, come la pelle, e il nero. Questi, infatti, sono riconducibili ad elementi fortemente legati alla natura. Biancaneve, In questo modo, rappresenta la natura: è bianca come la purezza di un bocciolo appena nato, rossa come il sangue che rappresenta il fluire della vita, nera come la morte che anticipa la rinascita. Sotto questo ultimo aspetto, infatti, vediamo spesso Biancaneve come se fosse morta sebbene sia semplicemente addormentata: lo è quando si perde nei boschi, lo è quando la ritrovano i nani, lo è dopo aver morso la mela avvelenata.
In tutte le rappresentazioni, o almeno nella maggior parte, Biancaneve è una ragazza ingenua, sempre sorridente e piena di speranza. Ciò che invidia principalmente da matrigna, infatti, è proprio questo suo ottimismo che contrasta con le condizioni misere in cui le impone di vivere. Biancaneve diventa, così, la rappresentazione dell'ingenuità infantile, di quella forma di speranza un po' illusa che pervade tutti noi; conoscendo poi i nani, le sofferenze, e infine l'amore, Biancaneve diventa adulta.in questo modo la favola diventa una metafora della crescita, in particolar modo delle giovani donne: si è ingenui e infantili, si conoscono poi le persone, si vive l'esperienza e si conosce l'amore e si cambia.
(Anche la mela è in principio nera, circondata dal veleno verdastro per simboleggiare la morte; vita e morte si fondono così in un unico elemento)
Ci sono poi tantissime versioni della favola di Biancaneve in cui questo aspetto nella protagonista, quindi il suo carattere più ingenuo e più fanciullesco, viene radicalmente cambiato a favore di una eroina più "cazzuta", cinica e disillusa: spesso la ragazza diventa una brigante o una ladra, diventa una ricercata è una traditrice, sa padroneggiare armi e difendersi da sola. Questa versione più moderna di Biancaneve e sicuramente più in linea con i dettami di oggi, ma si allontana dalla visione originaria della favola. Rivediamo questa versione di Biancaneve soprattutto nelle ultime pellicole come "Mirror mirror", "Biancaneve e il cacciatore" e nella Biancaneve di "Once upon a time": in queste trasposizioni, la protagonista è pienamente una combattente, una guerriera che sa padroneggiare un'arma, che non ha bisogno effettivamente di un principe e che guida il suo popolo nella ribellione contro la Regina Cattiva.
Sebbene a me piaccia vedere una Biancaneve più sicura di sé e meno illusa, ciò che davvero non approvo è che questa sua modernizzazione sia a discapito nuovamente del principe: spesso questo "stravolgimento" del carattere della ragazza è dovuto alle insistenze del pubblico che vuole un'eroina che sappia salvarsi da sola; ma c'è da chiedersi se davvero chiedere aiuto sia davvero una debolezza.
Così, con il passare del tempo, il Principe Azzurro è passato da essere un necrofilo a una figura senza nome la cui unica funzione è baciare la principessa; da una macchietta inutile e anzi, talvolta, ingombrante e antagonista a un pervertito che bacia la protagonista senza il suo permesso.
Sull'ultimo punto poi ho delle perplessità: non è assolutamente vero che la Biancaneve della Disney fosse contraria al bacio del Principe Azzurro, anzi! Tutta la scena iniziale di Biancaneve e i sette nani ruota attorno alla canzone "Il pozzo dei desideri" in cui la protagonista esprime il desiderio di avere un amore e di ricevere il bacio del vero amore, fino a quando non conosce il principe di cui si innamora subito (direi, le fa la serenata sotto il balcone nonostante lei sia vestita di stracci). E si scambiano una sorta di bacio sin da subito, attraverso la colomba (simbolo di purezza, a simboleggiarne l'amore puro).
Non capisco perché far polemica su questo aspetto davvero sciocco. Inoltre, quello del principe non era un bacio d'amore, ma un bacio d'addio dato che credeva che Biancaneve non si sarebbe mai più risvegliata e dato che non sapeva come funzionasse l'incantesimo: come avrebbe potuto chiederle il permesso? Se il vostro amore fosse in coma e vorreste dargli un ultimo bacio, come lo svegliereste per chiedergli il permesso? Il bacio del principe, poi, deve essere ricondotto al concetto di risveglio dalla morte: Biancaneve viene messa in una bara di cristallo, simile al ghiaccio che ricopre la natura durante l'inverno; con il bacio del principe la fanciulla si risveglia, come si risveglia la natura e i colori attorno a lei.
Critiche a parte, Biancaneve è una storia ancora bellissima in tutte le sue versioni capace di farti innamorare; le sue innumerevoli versioni, poi, possono essere apprezzate da tutti.
Ci sarebbe ancora altro da dire su questa favola, ma abbiamo superato le 2500 parole e non vorrei che mi avvelenaste tutte le mele per ripicca; acciaio che riprendiamo l'argomento più in là?
E quale altra storia vorreste leggere?
Un bacio (consensuale, spero) a tutti voi
La vostra favolosa madamepadfoot
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