A sedici anni imparai che c'era un modo per illudersi di volare... spiegando appena le ali in un atmosferia illusoria, creata dal sapore amaro dell'alcol.

Isabel Scipioni, al tempo era una di quelle che a quell'età si ama definire "la propria migliore amica", come se a quell'età potessimo essere noi a scegliere chi può essere o non essere  il meglio per noi.
Anche lei aveva un papà alcolizzato, non potevamo che intraprendere entrambe un principio di imitazione, solcando la pericolosa strada iniziata dai nostri tre genitori allo sbando.

Bevevamo a casa da sole, nei bar del quartiere, nei locali notturni che troppo presto iniziarono ad essere casa nostra.

Il buio, la confusione delle luci colorate, l'effetto dell'alcol sui miei neuroni già abbastanza stanchi di vivere, erano cose che, per appena una serata, mi davano l'impressione di volare.
Era come se riuscissi a dimenticare il presente per qualche ora, sentendomi leggera e stupida.
La mattina dopo avevo puntualmente mal di testa, litigavo con mio padre che per qualche motivo invadeva brutalmente il mio spazio vitale, mi sentivo un idiota e odiavo la sensazione di non ricordare ciò che era successo la sera prima.

Ogni volta così.. e ogni mattina mi chiedevo perché l'avessi fatto, per poi farlo ancora e ancora una volta.

La libertà era ben lontana da me, come il vento fresco dei ghiacciai è lontano dalla siccità equatoriale.

Mi sentivo asfissiata dalla mia esistenza stessa, che continuava a strisciare come una larva sui gelidi pavimenti della solitudine.

Mi chiesi se sarei morta così, senza mai sentire la brezza della metamorfosi e l'aria del cielo volteggiare sulla mia trasformazione dipinta di colori nuovi.