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V

La mia storia con Anna proseguì piano piano, non avevamo fretta. Io la rispettavo in tutto e per tutto, e lei non aveva assolutamente niente da rimproverarmi.
Dopo quel bacio, la nostra avventura insieme continuò nel migliore dei modi.
Mancava un mese, ormai, ai miei esami, e io ero in preda al panico. Non avevo fatto altro che dedicarmi a lei, in quei mesi, e avevo totalmente perso di vista la scuola. Le verifiche andavano male, non davo interrogazioni e non sapevo come recuperare la situazione.
Anna fu così carina da offrirsi di aiutami. Aveva un sacco di interrogazioni anche lei, in quel periodo, ma diceva sempre che la mia situazione era più importante. Avevo gli esami e non potevo permettermi di combinare cazzate.
Come darle torto?
Le permisi di aiutarmi. Studiammo insieme quasi ogni giorno, per settimane. Ci trovavamo sempre a casa mia, o al parco vicino scuola. Lei si fidava di me, ormai. Veniva da me con tranquillità, anche quando era a conoscenza che saremmo stati da soli. Sapeva che non le avrei mai fatto del male, e questa sua sicurezza e fiducia mi rassicuravano molto. Dovevo averle fatto davvero una buona impressione.
Ci chiudevamo in camera mia e ripetevamo insieme. E ogni tanto mi faceva contento e mi permetteva di aiutarla in matematica. In qualche modo dovevo pur ricambiare il favore.
Era bellissima, nella sua semplicità. Mi faceva stare bene con la sua sola presenza. Averla lì, accanto a me, tutti i giorni, mi rendeva orgoglioso dell'uomo che stavo diventando. Finalmente, la mia vita aveva un senso.
Ogni tanto ci prendevamo una pausa, ci stendevamo sul letto e restavamo lì a leggere fumetti o a sfidarci a qualche stupido gioco sul cellulare.
Ridevamo tanto, e capitava poi che io non riuscissi a trattenermi. Buttavo a terra quegli stupidi giornalini e iniziavo a baciarla.
A volte poteva succedere che io perdessi il controllo della situazione, e quando mi permettevo di allungare un po' le mani, o sfiorare qualche zona proibita, ricevevo subito in cambio un suo schiaffo sulle mani. E allora le ritiravo subito, un po' preoccupato perché temevo di ferirla in qualche modo, ma poi vedevo il suo sorriso un po' malizioso sul volto, e capivo che non le dava poi così fastidio.
Amavo baciarla, accarezzarla, percorrere con le dita i tratti del suo volto a dir poco perfetti.
Ogni tanto si appisolava sulla mia spalla, e io restavo a guardarla per minuti, a volte anche ore, prima di svegliarla a malincuore perché magari arrivava il momento di tornare a casa.
A volte, per svegliarla, adottavo una mia piccola strategia. Adoravo lasciarle piccoli baci sul collo, sulla fronte, sulle braccia. La baciavo tutta, delicatamente, per farla svegliare con un sorriso, il più dolcemente possibile. Lei apriva a fatica gli occhi ancora assonnati, che poi incrociavano il mio sguardo e allora lei sorrideva. E, imbarazzata, si voltava dall'altro lato del letto, coprendosi il volto con le mani.
Allora io l'abbracciavo da dietro, poi la giravo verso di me, le scoprivo la pancia e cominciavo a fare delle lunghe pernacchie sulla sua pelle.
Lei rideva, e cercava di cacciarmi via, scalciando quasi come volesse difendersi da un aggressore.
Riusciva a farmi smettere, e poi si vendicava. Cominciava a solleticarmi anche lei, e ridevamo fino a non avere più aria nei polmoni.
Amavo i pomeriggi così. Non avrei potuto chiedere di meglio. Studiare, insieme a lei, diventava quasi un piacevole passatempo. Era capace di rendere le cose meno pesanti, dalla meno seria alla più seria. Mi stava cambiando le giornate, la vita. Tutto era diventato più stimolante, e ogni cosa che facevo la facevo anche per lei. Era la parte fondamentale di me, la più importante, quella che meritava più attenzioni. E io cercavo di non farle mai mancare niente.
Quando la salutavo, la sera, era sempre troppo dura. Avrei voluto tenerla con me tutta la notte, abbracciarla, dormirci insieme, depositare dei dolci baci su quelle sue soffici labbra.
Cominciavo seriamente ad amarla.
La notte, ormai, non riuscivo a prendere sonno. La immaginavo accanto a me, la desideravo, la bramavo con tutto me stesso. Sognavo di starle accanto ogni secondo della mia vita, senza lasciarla mai.
Era una ragazza speciale, mi dava un sacco di soddisfazioni. E anche in quel periodo, che mi stava aiutando, riusciva non so come a gestire anche il suo percorso scolastico. Era magnifica, aveva un'organizzazione invidiabile. Quasi avrei voluto essere come lei.
Non si abbatteva mai, non si scoraggiava. Anche quando non riusciva a capire qualcosa, non si perdeva d'animo e restava davanti ai libri finché non comprendeva cosa stava leggendo. E, quando finalmente ci riusciva, saltava felice dalla sedia e si buttava addosso a me abbracciandomi, per poi lasciarmi un lungo bacio sulle labbra.
E allora incominciavo a baciarla anche io. La sollevavo sulle mie gambe, la facevo incastrare a me e personalmente cominciavo a non capirci più nulla.
La sua vicinanza, il suo respiro, il suo corpo a contatto col mio mi facevano andare fuori di testa. Dovevo ricorrere a tutte le mie forze per trattenermi.
Poi ci staccavamo, e lei sorrideva. Si ricomponeva, si sganciava da me e tornava sulla sua sedia, come se nulla fosse successo. E, in silenzio, ricominciava a leggere.

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