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III

Cominciammo a frequentarci sistematicamente. La mattina l'aspettavo sempre davanti scuola, ma non mi sono mai, e dico mai, presentato da lei a mani vuote. Ogni giorno, uscito di casa, andavo al bar vicino scuola e le compravo un cornetto. Alternavo sempre i gusti: crema, cioccolato, e poi marmellata. Sapevo odiasse la marmellata, ma io glielo portavo lo stesso. Mi divertiva vederla arrabbiata, e adoravo che mi rimproverasse sempre le solite distrazioni.
Mi diceva che non avrei mai imparato, che ormai il mio era un vizio, che sembrava lo facessi di proposito. Non credo immaginasse, lei, che il mio era veramente un farlo di proposito. Amavo stuzzicarla, sempre, in ogni situazione. Amavo il suo fare timido e impacciato. Adoravo il fatto che si vedesse solo con me, lì a scuola. Per un periodo mise da parte anche le sue amiche. Non so cosa ci vedesse in me, ma qualunque cosa fosse, ero contento mi stesse dando una possibilità.
Le sue attenzioni valevano mille, i suoi sguardi li ritenevo sinceri e i suoi sorrisi più che rassicuranti. Era bello che fosse sempre accanto a me, e pensavo che non avrei mai fatto nulla di sbagliato da permetterle di allontanarsi.
Durante la ricreazione trovavamo sempre un momento per vederci e parlare. La raggiungevo in classe, ma l'aspettavo fuori dalla porta. Non volevo risultare troppo invadente. Non credevo fosse il caso. Non in quel periodo, almeno, vista la nostra scarsa conoscenza.
Restavamo appoggiati al muro per tutti i minuti che l'intervallo ci concedeva. Parlavamo, scherzavamo, e io di tanto in tanto facevo qualche battuta sul modo che aveva di guardare le persone. E lei rideva. Aveva un viso simpatico, leggero, pulito. E le lentiggini che le incorniciavano le guance erano solo un tocco di pittura in più a quel meraviglioso dipinto.
Amavo guardarla, fissare ogni suo singolo particolare, badare ai dettagli. Avevo intenzione di studiarla a fondo, non avrei mollato ad un primo eventuale "no". Sapevo che per noi due ci sarebbe stata una possibilità.
Mi piaceva, ma per davvero. Non era la solita conoscenza superficiale, quella che stavo intraprendendo. Sapevo che lei mi avrebbe potuto offrire qualcosa di più. E sapevo che anch'io avrei potuto donarle tutto me stesso, se solo me l'avesse permesso.
Andammo avanti per due settimane, tra incontri a scuola e cornetti caldi. Il fatto che mi aspettasse sempre davanti la porta dell'aula in cui studiava mi dava la sicurezza che volesse vedermi. E puntualmente il mio cuore sorrideva, perché finalmente pensavo di avere qualcosa di speciale. Per la prima volta, nella mia vita, capii di avere qualcosa da offrire. Ed era a lei, che volevo offrirlo. Non c'era più posto per nessun'altra.
Gli incontri con Anna, ogni giorno, mi davano speranza, mi davano carica. I suoi occhi grandi e profondi costruivano in me la certezza di poter finalmente contare su qualcuno.
Anna era in grado di guardarti e capirti, non insisteva mai, ma sapeva benissimo quando c'era qualcosa che non andava.
E a me piaceva. Tutto questo mi piaceva. Col passare del tempo, divenne sempre più tranquilla, con me. Lo avevo notato da qualche giorno, ormai. E decisi solo allora che forse era arrivato il momento di invitarla ad uscire.

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