6: Locura...
Diana
Quando riaprii gli occhi ero circondata da pareti bianche e sdraiata su un letto dal morbido materasso. Avevo addosso una coperta e in più qualcuno aveva provveduto a rivestirmi dopo lo "scherzo di pessimo gusto" di quell'idiota di Romano. Mi faceva male ogni parte del corpo e non vedevo chiaramente, ma ero sicura di non essere nella mia stanza del collegio.
"Cara, sei sveglia?" chiese una voce. Era una donna a parlarmi e conoscevo il suo tono gentile.
"Miss Mary..."
"Certo, tesoro! Dimmi: come ti senti?"
"M-mi sento come se mi fosse passato sopra un camion con rimorchio." risposi con un filo di voce.
"MARY! VIENI VIA!" urlò una donna.
"A dopo, cara!"
Miss Mary mi baciò la fronte per poi uscire.
"Come ti è venuto in mente di colpire Romano? Credi che facendo questo ti lasceremo del tutto in pace?"
"Vattene, vecchia megera!"
"Come ti permetti?" disse la direttrice a denti stretti.
La sentii avvicinarsi a grandi falcate. Voleva picchiarmi, me lo sentivo, ma io la schivai e dissi: "Non mi toccare!"
"Questa ragazza è impazzita." sussurrò la donna lasciando la stanza.
La sentii rientrare poco dopo, insieme ad un uomo dal camice bianco e dal viso molto dolce.
"Lei è una parente della ragazza, vero?" chiese gentilmente il medico.
"No, lei è una mia allieva. Fa parte del collegio: "Alas de la libertad" da molti anni."
"Vecchia strega! Anche nel nome che hai dato a quel tugurio sei stata una bugiarda! Perché non lo chiami: "Catene ed umiliazioni" che gli si addice molto di più, eh?" iniziai a dire, senza controllo.
"Diana, calma!"
La direttrice, per la prima volta, tentò di stringermi la mano, ma io la respinsi.
"NON MI TOCCARE!" le urlai contro.
"Perché dice questo?" domandò il dottore, incredulo.
"È pazza!" rispose la megera.
"Tesoro, vuoi farmi vedere se hai altre ferite oltre all'ematoma in testa?" mi chiese il dottore.
Cominciai a tremare e cercai di girarmi, ma trascinandomi sulla schiena e mordendomi le labbra dal dolore mi voltai posizionandomi sulla pancia.
"Dio mio! Cosa sono questi segni?" chiese il medico, spostando di poco il tessuto che mi copriva. "Santo cielo... la tua schiena è completamente martoriata! Bambina mia, ma come..."
"È pazza!" ripeté la donna.
"Sta dicendo che queste lesioni se le è procurate da sé? Non ci credo!"
"Come? Posso giurarle che..."
"Come le sarebbe stato possibile darsi da sola delle frustate sulla schiena? Un'autolesionista cerca punti più accessibili del corpo, non certo la schiena. E questi segni qui sui polsi, poi! Questi" spiegò avvicinandosi e massaggiandomi i polsi, "questi segni stanno ad indicare che la ragazza è stata legata. I suoi muscoli sono ancora doloranti, ed ora glielo dimostro. Cara, ascoltami... se ti tocco le spalle provi dolore?" Detto questo mi sfiorò delicatamente le spalle, o meglio: una zona che si trovava poco più in basso, e sentii un forte dolore.
Urlai appena lui mi toccò con un solo dito, e lo sentii staccare bruscamente le mani dalle mie giunture.
"Vede? La ragazza prova dolore e si agita non appena qualcuno prova a sfiorarla."
"Quella ragazza è pazza!" tornò a dire l'arpia.
"Forse, ma c'è un motivo se si è ridotta così!"
"La mandi fuori da qui! Questa donna è un mostro! Divide i suoi alunni in due gruppi! Gli Anonimi e gli Intoccabili! I primi sono quelli come me!"
Battevo le mani sul letto e mi agitavo come fossi stata un'ossessa. Mi venne una gran voglia di piangere.
"Per favore, esca!" disse il medico.
Il suo "ordine" fu eseguito, ma prima di andare via l'uomo mi iniettò un tranquillante che mi diede un senso di pace.
Sentii che il medico stava parlando con un'altra persona.
"Dottore... è vero quello che ha detto la direttrice?" chiese quella persona. Ma era... Daniél.
"Purtroppo la ragazza è rimasta segnata dai traumi che ha subito. Non si può definire pazza, ma non ha un equilibrio mentale stabile. Potrebbe avere delle crisi da un momento all'altro... per cui le consiglio vivamente di portarla via dal collegio in cui è tenuta. Non può continuare a restare là."
"Devo parlarne con Miss Mary. Lei le vuole bene, ci aiuterà ad allontanarci dal collegio."
"È meglio che lei non ci ritorni. Il solo vedere quel posto potrebbe influire negativamente sul suo equilibrio."
Furono le ultime parole che sentii prima di addormentarmi...
Daniél
"Miss Mary, ho bisogno del suo aiuto." le dissi andandole incontro. Eravamo al collegio. Diana era ancora in ospedale e sapevo che Miss Mary era la sola persona a potermi aiutare.
Quando andai da lei, però, la vidi piangere a dirotto.
"Miss Mary, sta bene?" chiesi retoricamente. Sapevo che non stava bene. Chi sta bene non piange in quel modo.
"È tutta colpa mia, Daniél!" esclamò Miss Mary.
"Perché?" chiesi. "Cosa c'entra lei con quello che sta vivendo Diana?"
"C'entro perché sono sua madre, Daniél!"
"Lei è... è la madre di Diana? Dice davvero?"
"Sì. Quando lei era bambina ho rischiato di annegare. Mi sono risvegliata su una spiaggia e quando ho recuperato la memoria sono venuta a cercarla. In questo collegio sono a conoscenza dell'esistenza delle streghe... sapevano che io ne facevo parte ed ho dovuto cambiare la mia identità per starle vicino. Loro sapevano che lei era una Strega della stirpe del Cuore, ed è per questo che la tratta male. Io volevo proteggerla, ma non ho potuto fare molto per lei... ed ora la mia bambina sta rischiando di impazzire!"
"Streghe di che cosa?" chiesi.
"Ci sono due famiglie di streghe: quella del Cuore e quella del Sangue. Quelle del Cuore hanno una cicatrice a forma di cuore sul polso mentre quelle del Sangue hanno una lama di coltello. C'è una continua battaglia tra di noi: è come quella tra il bene e il male."
Ricordai che la direttrice di quel collegio aveva una cicatrice a forma di lama ricurva sul polso.
"Quindi la direttrice è..."
"Precisamente."
"Miss Mary, il medico ha detto che Diana non deve tornare qui in collegio e che se vi facesse ritorno potrebbe avere delle crisi di nervi."
"Il problema... è che se provaste a fuggire loro vi troverebbero. La direttrice ha contatti praticamente dappertutto e non vorrà certo perdere una sua preda! Quella donna è priva di scrupoli, santo cielo!"
"Oh Dio mio!" esclamai serrando i pugni.
"Ti prego, aiutala! Lei si fida solo di te ragazzo, aiutala, ti prego!" disse Miss Mary.
"Che cosa posso fare adesso?" le chiesi portando entrambe le mani al viso.
Miss Mary, però, non fece più in tempo a rispondermi, perché sentii delle urla provenienti dalla camera d'ospedale: io conoscevo fin troppo bene quella voce!
Feci irruzione in quella stanza e vidi la direttrice accanirsi sul corpo inerme di quella povera ragazza. La donna reggeva un frustino e stava portando la pelle a raggiungere un livello di distruzione quasi totale.
"Lasciala stare!" le dissi istintivamente.
Non volevo più badare a delle formalità.
Le strappai dalle mani l'arnese e mi diressi velocemente verso la portafinestra che dava sul cortile. La aprii, corsi verso un prato e iniziai a scavare a mani nude, per poi sotterrare quell'obbrobrio.
"Non ti toccheranno più, mai più" dissi sottovoce.
Rientrai, corsi verso la ragazza e posai le mani sulle sue spalle, con molta delicatezza.
Lei si riscosse e iniziò ad urlare. Io la lasciai andare e le dissi: "Tesoro, ascoltami, cerca di stare calma. Io non voglio farti del male... d'accordo?"
Lei si accasciò sul mio petto e cominciò a piangere come se avesse perso ancora un'altra persona oltre alla madre, che in realtà non aveva letto.
"Lascia che chiami qualcuno per medicarti... mi dispiace vederti così..."
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