𝕺𝖕𝖆𝖑 ꧁៙Dodicesimo capitolo៙꧂
Avevo deciso che quello sarebbe stato l'ultimo mio giorno da nullafacente.
Intanto volevo godermi un attimo il risveglio. Me lo meritavo infondo.
Elia voleva rendere pubblica la nostra relazione, almeno sui social e presto mi sarebbe toccato ufficializzare al cosa anche con la sua famiglia.
Mi stava salendo la pelle d'oca al solo pensarci.
Con suo padre, il signor Sarassi, avevo sempre avuto un rapporto distaccato e professionale, dopotutto era il cliente preferito di Siria. Alle volte mi è sembrato ci fossero anche dei sentimenti da parte sua verso di lei.
Mentre Siria lo aveva visto sempre con un cliente. Un cliente che sborsava moltissimi soldi e le forniva parecchi agganci.
Non so bene come mi sarei dovuta comportare a dei probabili pranzi di famiglia. Dopotutto, io ero a conoscenza di ogni suo più intimo segreto. E il signor Sarassi lo sapeva.
Ero certa che non si sarebbe mai aspettato un epilogo del genere visto come il tutto era iniziato.
Ricordare quel giorno mi scaldó il cuore. Era un galà di beneficenza a casa Sarassi e il mio compito era solo quello di intratrenere Elia mentre il padre si portava a letto Siria.
Un compito semplice...
E invece da lì tutto era cambiato.
Francesca mi mandò un messaggio per ricordarmi del servizio fotografico e, aprendo la mail dove mi erano stati mandati i dati per l'incarico, scoprii di avere anche un altro messaggio nella posta di arrivo.
Questa volta senza alcun mittente.
Ero scettica sull'aprirla o meno, poteva trattarsi di un virus. Però... Però la curiosità era troppa. Non era indicato alcun oggetto, ma conteneva in file.
Fun quando scaricai quel video che qualcosa in me si ruppe ancora una volta. E, in questo caso, in un modo che non credevo possibile.
Quel giorno. Quel giorno che dopo oltre un decennio ancora mi faceva male, era lì sul mio schermo.
Non ricordo il momento esatto in cui azionai il video. Ma vidi ogni cosa e fu peggio di ciò che ricordavo.
Claudio e Stefano mi avevano drogata, io mi muovevo appena. Eppure a loro non era importato. Anzi, le mie condizioni li avevano eccitato come due bestie senz'anima.
Mi avevano penetrata con il loro cazzo, con le loro mani, con oggetti che si trovavano in quella stanza sporca.
Ero stata legata, picchiata, soffocata... In mezz'ora di ripresa avevo rischiato la morte almeno cinque volte.
E piangevo, il sangue era visibile nonostante la scarsità di pixel.
E le loro risate... Quei maledetti ridevano come demoni infernali.
"Vieni qua puttana!" sentii urlare Claudio, tirandomi per i capelli, spalancandomi la bocca e infilandomi il cazzo di Stefano dentro.
Dopo pochi minuti ero diventata paonazza.
Sembravo una bambina...
Nonostante i conati di vomito che mi stavano spremendo lo stomaco continuavo a vedere. Mi sentivo in trance. E i ricordi di quel giorno uscivano come lame.
Pugnalate potenti come tuoni.
Il video si concludeva con un primo piano del mio viso tumefatto e rassegnato, i miei occhi verdi ormai quasi interamente nascosti.
Come potevano esistere persone che si eccitassero nel vedere questo?
Spensi il PC e, tremando come una foglia, uscii nel cortiletto. Avevo preso le sigarette senza neanche essermene resa conto.
Ne fumai una in maniera compulsiva, avevo la mente spenta mentre guardavo l'erba. Guardavo senza osservare, respiravo senza sentirmi davvero viva.
Mi ci vollero molti, svariati minuti per metabolizzare ciò che avevo visto, rivivere per intero ciò che avevo subito, risentire le mie urla, il mio pregarli di fermarsi. Il mio piangere nonostante mi avessero drogata.
Compresi anche che c'era stato qualcuno a filmare tutto.
Qualcuno aveva immortalato per sempre ciò che era successo, senza pietà, senza provare a salvarmi.
Ed era colpevole quanto loro.
Esattamente come loro.
Appena fossi riuscita a riprendermi, Claudio e Stefano avrebbero ricevuto presto delle visite.
Era giunta la sera, avevo fumato una quantità industriale di sigarette cercando di fermare quell'impulso irrefrenabile di agire e dar via ad una castrofe.
Non ne avevo ancora parlato con Elia, né con Nyx. Paradossalmente, l'unica persona con cui mi sarei sentita in grado di esprimere ciò che sentivo era Pier. Lui avrebbe appoggiato qualsiasi mia decisione, aiutandomi senza tirarsi indietro.
Un tempo avevo affrontato con lui quel dolore, ed ero certa che avrei potuto affrontare anche questo.
Elia mi aveva chiamata, in ospedale gli avevano chiesto un cambio di turno che lo avrebbe tenuto occupato tutta la sera e forse anche dopo la mezzanotte.
« Vado a bermi qualcosa al Diamond, ok? » gli avevo detto.
Elia non era riuscito a captare il mio malessere da quella semplice telefonata e io non gli avevo detto nulla. L'idea di farmi andare da sola al Diamond non gli piaceva particolarmente, ma non mi impedì nulla.
Il suo fu un "va bene" molto confuso.
Mi mossi come un fantasma verso la mia stanza, indecisa anche sul come vestirmi.
Lessi sulla pubblicità che il Diamond quel week end aveva organizzato una festa a tema paradiso e inferno, con cocktail a tema e musica particolare.
E il mio armadio offriva esattamente entrambi gli abbigliamenti a tema. Potevo essere un angelo quella sera, ma sapevo perfettamente che in me Alberga va un gorgogliante demone che non aspettava altro che uscire.
Cosa avrei fatto?
La risposta mi si palesó poco dopo, davanti allo specchio, una volta che il mio riflesso mi mostrò la Sara di un tempo, in abiti in lattice nero, aderenti e provocanti.
I miei capelli rossi sembravano fiamme e i miei occhi verdi sembravano brillare di quella luce demoniaca che con Elia avevo cercato di assopire.
Guidai fino al Diamond come in trance, cercando di impedire alla melma che colava dentro di me di uscire e imbrattarmi. Ma era difficile davvero. La mia testa era altrove, ma cercavo di trattenere le redini.
I buttafuori all'entrata mi fecero passare accennando un semplice saluto, fingendo perfino di non vedere che avevo completamente ignorato la fila fuori. Fui felice di essere ancora considerata una celebrità la dentro, restavo ancora la figlia del grande capo con relativi vantaggi.
Iniziai a bere quasi subito i cocktail speciali di quella sera, aspri come l inferno in cui mi ero addentrata.
Ero da sola al bancone, non avevo avvisato nessuno che ero la anche se non sarebbe servito.
Nyx lo avrebbe saputo subito, ma il lavoro la stava tenendo sicuramente impegnata.
E Pier... Era Pier che volevo vedere con tutte le mie forze. Era lui la miccia chei serviva per esplodere.
Erano già le undici, avevo già finito tre bicchieri di Cosmopolitan e, dopo essermi stato servito il Madam Loren, decisi di uscire dalla discoteca per entrare nei corridoi della parte nasclsta del Diamond, la dove uomini e donne offrivano il loro corpo per il divertimento dei clienti.
La dove evrei trovato Pier.
Non ricordavo più bene i suoi orari. O forse in quel tempo li aveva modificati. Decisi di attendere comunque fuori dalla porta della sua stanza, seduta a terra, finendo lentamente il mio drink.
Oh, che magnifica senzazione era l'alcol che lentamente saliva e si impossessava della mia mente. Tutto offuscato, tutto rallentato. Anche il dolore.
Era la miglior medicina per chi non voleva affrontare se stesso.
Pier arrivò quando già avevo finito di bere. Mi sentivo gli occhi gonfi, e il corpo stanco. Lasciai andare il bicchiere che rotoló fino ai suoi piedi.
«Sara? » pronunció il mio nome incredulo, guardandomi con un sopracciglio sollevato sopra i suoi occhi azzurri.
«Sorpreso di vedermi?»
«Abbastanza».
Era strana l'alchimia che comunque ci legava. L'ultima volta che lo avevo visto mi aveva baciata e io lo avevo colpito.
Eppure avevo quasi l'impressione che quel legame che ci aveva sempre unito in passato non si era mai spezzato.
Pier sbuffó, avvicinandosi a me e inchinandosi alla mia altezza.
«Cosa è successo questa volta?»
Sorrisi in rimando al suo tono scocciato.
Gli accarezzai il viso, sentendo la poca barba ispida sotto le dita.
Avvicinai il viso al suo, facendo incontrare i nostri occhi.
«Ti va di intraprendere una nuova vendetta con me? Non voglio nessun altro in questo momento...»
Il suo odore mi inebrió, era sudato e vestito solo di un leggero pantalone.
Ebbi l'impulso di baciarlo, le sue labbra mi attiravano terribilmente.
E, in quel momento, Elia era solo il ricordo di una sagoma lontana.
------Spazio Autrice --------
Ho avuto pochissimo tempo per scrivere questo capitolo. Il cambiamento di colori quasi giornaliero della mia regione mi ha portata a non avere mai un pomeriggio tranquillo per terminare. Perdonatemi.
Intanto, nell'attesa che riesca a concludere anche il prossimo, volevo chiedervi: chi preferite tra Elia e Pier? E chi dei due vi sembra più simile e concorde a ciò che è Sara?
Rispondetemi, sono davvero curiosa!
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