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꧁𖢻Ventitreesimo capitolo𖢻꧂

Erano le cinque di mattina ed ero esausta. L'ultima sessione che avevo affrontato però era stata più rilassante. Si era trattato di trattare la mia cliente come una piccola gattina affettuosa, facendola mangiare dalle mie mani, obbligandola a rispondermi solo con delicati miagolii,colpendole i glutei beandomi di quel suono e solo dopo scopandola con un dildo. Non mi chiedevano molto spesso sessioni del genere, ma quando accadevano erano divertenti.

Mi rifeci una doccia, mi rivestii e tornai a casa pregando di non addormentarmi alla guida. Mi ricordai troppo tardi di aver lasciato il telefono spento nella suite.

Parcheggiai la macchina in garage osservando il cielo schiarirsi lentamente. L'alba degli altri era per me il tramonto.

Mi fermai prima di raggiungere la porta di casa. Seduto sul gradino e con la testa poggiata contro la colonna decorativa scorsi Elia. Sorrisi mentre lo raggiunsi in silenzio. Era vestito con un giubbotto chiaro e pantaloni beige che armonizzavano con i suoi capelli biondi.

Mi inginocchiai alla sua altezza e lo guardai dormire, con la bocca dischiusa e le pupille che slittavano. Stava sognando. Chissà da quanto tempo mi stava aspettando.

Avevo spento il telefono e lui mi aveva raggiunta comunque.

Gli accarezzai il viso per svegliarlo e lui sobbalzò.

«Sara? » chiese disorientato.

«Hai finito di barboneggiare davanti alla mia porta? » gli domandai un po' aspra.

Si rialzò in piedi, si stiracchiò, si strofinò gli occhi e solo dopo mi disse: «Scusa,ma il tuo telefono era spento... »

Incrociai le braccia al petto, dopotutto ero arrabbiata. «Certo, l'ho spento».

Lo vidi sospirare e lasciar cadere le spalle. «Avevi visto il servizio in Tv? »

Annuii cercando di fare appello a tutta la freddezza di cui fossi capace.

«Scusa se non ti ho parlato di Alheit. Ma con lei è stata una storia complicata».

Non mi andava di restare nel cortile della mia villa, così aprii la porta e lo invitai ad entrare. Sentire il nome di quella donna uscire dalle sue labbra mi irritò ancora di più.

Gli chiesi di raccontarmi ogni cosa mentre mi preparavo una tisana calda. Nonostante fossi molto arrabbiata dovevo dormire e recuperare le energie perse a lavoro.

«Io e Alheit ci siamo conosciuti sul set di un film dove lei era la protagonista e io solo una comparsa. Da lì abbiamo iniziato a frequentarci di nascosto perché lei era sposata, ma dopo alcuni mesi dei paparazzi ci hanno scoperti ed è scoppiato lo scandalo.

«Andammo a convivere poco dopo e la nostra storia fece impazzire la Germania, diventai molto famoso grazie a lei» si sedette su una sedia poggiò i gomiti sulla superficie in vetro del tavolo e si afferrò la testa. Sembrava che ciò che stava per dirmi fosse molto doloroso per lui, ma non lo fermai. Volevo sapere, volevo conoscere il motivo della loro rottura, un motivo che entrambi avevano tenuto ben nascosto.

«Dopo tre anni rimase incinta. Stavo per diventare padre...» sorrise amaramente «Ero davvero felice, ma lei non sembrava condividere la mia euforia. Voleva abortire, non aveva intenzione di diventare madre privandosi della sua totale libertà. Mentre io già amavo quel bambino lei lo detestava di più ogni giorno che passava. Arrivai perfino a dirle che ero disposto a prendermi l'affidamento totale di quel bambino, ma lei non lo voleva neanche portare in grembo per quei pochi mesi» lo vidi piangere sommessamente e mi si strinse il cuore. Mi avvicinai a lui sedendomi sulla sedia al suo fianco e gli presi le mani tra le mie.

«Mi dispiace...» dissi immaginando come fosse andata a finire.

«Ha abortito al quarto mese di gravidanza in maniera non del tutto legale. Mio figlio è stato ucciso e gettato in un cassonetto come un rifiuto».

Lo abbracciai. «Davvero Elia mi dispiace...»

«Ora sai perché con lei è finita» mi allontanò da lui e mi guardò con quei suoi occhi neri illuminati dalle lacrime.

«Mi vergogno davvero per essermi arrabbiata, scusami. Ti giuro che se dovesse mai richiamarti mi sentirà davvero».

Deglutii. Elia padre... Lui amava molto i bambini e aver perso l'opportunità di averne uno suo doveva averlo spezzato.

Cercai di curare la sua ferita nell'unico modo che conoscevo: il piacere. Il piacere sopraffaceva sempre il dolore, lo rendeva accettabile. Gli feci sentire che io c'ero, e che ci sarei sempre stata.

Sciogliemmo il nostro amore sul mio letto, lui rinnovò il "ti amo" così tante volte che quasi piansi. Tutta quella commozione era certamente imputabile alla stanchezza. Io non potevo commuovermi così tanto per colpa sua.

«Mi amerai davvero per sempre? » gli domandai stesa sul suo petto, con il viso nascosto contro il suo collo.

«Non dovresti neanche chiederlo».

«Anche se non potrò mai darti ciò che tanto vorresti? »

«Cosa intendi? » sussurrò accarezzandomi la schiena. Io strinsi le dita in un pugno, mi feci coraggio per confessargli qualcosa che quasi nessuno sapeva.

«Io non posso avere figli Elia... Quando Claudio e i suoi amici abusarono di me...» mi mancò la voce per raccontare il resto, rivivere quel momento che mi aveva deturpata per sempre. «...Mi hanno tolto quasi tutto, non solo la dignità».

Sentii le sue braccia stringermi più forte e cullarmi. Nessuna sapeva questa verità su di me, tranne la mia famiglia e Nyx. L'averlo detto ancora mi svuotò, e temetti che Elia iniziasse a vedermi diversamente. Lui aveva sempre desiderato avere una famiglia e dei bambini. E io, sempre se fossimo rimasti insieme per crearcene una, non gliene avrei mai potuto dare.

Si sedette sul letto e mi trascinò con lui, senza lasciarmi neanche un attimo. Pulì le lacrime dal mio viso e continuò ad accarezzarmi una guancia.

«Quei bastardi...Dio,Sara... Io non saprei neanche spiegarti quanto mi senta in colpa per averti lasciato sola. Se io...»

«Ormai è successo...Io vorrei solo che tu non mi lasciassi...»

I suoi muscoli si irrigidirono, mi costrinse ad alzare la testa verso i suoi occhi. «Guardami... » ma io non ne avevo il coraggio. «Guardami» ripeté. «Non pensare neanche per un secondo che io possa lasciarti per una cosa del genere. Non accadrà mai. Io ti amo Sara, è te che voglio» mi baciò delicatamente e io gli fui grata di quel contatto.

«Dovevano pagare tutti, non solo quel bastardo» mi disse pieno di rabbia.

«Claudio non ha voluto dirmi chi fossero gli altri neanche sotto tortura».

«Marciranno all'inferno, tutto quanti. Ma per ora, io voglio curare ogni tua ferita».

Sorrisi. Tra le sue braccia era quasi impossibile avere paura.

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