꧁𖢻Diciottesimo capitolo𖢻 ꧂
Siria aveva annullato tutti i miei appuntamenti per accompagnarla ad un galà dell'alta società e io l'avevo implorata di poter portare con me anche Nyx e Pier, i miei migliori amici. Doveva farsi perdonare il fatto di avermi fatto fare una sessione con quello stronzo di Fernando, e soprattutto avevo bisogno di un sostegno morale per rivedere Elia. Era tanto tempo che lo evitavo, che accampavo scuse su scuse per non incontrarlo e non parlargli. E con lui avevo cercato anche di soffocare il pensiero di avere il numero di mia sorella Olympia sul telefono. L'avrei potuta chiamare in qualsiasi momento,ma quel momento lo posticipavo eternamente.
Mi ero seduta con Nyx ad un tavolino ricoperto di un delicato tessuto lilla, che si abbinava al mio abito rosa e al suo azzurro. Speravo di avere vicino anche Pier, ma lui si era dileguato con una cameriera sexy e ormai era via da più di mezz'ora. Quel ragazzo era una macchina pompatrice, non sembrava averne mai abbastanza del sesso.
Le toccai i capelli blu, seguendone la lunghezza fino alla spalla. «Mi piace il tuo nuovo taglio scalato» le dissi, ma lei stava sorseggiando lo champagne e non mi stava dando retta.
«Hai visto il nuovo toy boy della ministra? » richiamò la mia attenzione con un cenno e guardai nella sua stessa direzione. Lontano da noi, impegnati a dialogare di politica, c'erano alcuni personaggi importanti.Guardai quella tappetta della parlamentare e lo stangone al suo fianco. L'età che li divideva era così alta che correvano certamente varie generazioni tra loro.
«Pier mi ha detto di averla rifiutata, perciò lei si è trovata un altro giovane pene» dissi con noncuranza, ma i miei occhi non si staccavano dalla schiena di quel giovane. Mi ricordava tremendamente qualcuno, ma non sapevo dove andare a ripescare i ricordi. E in quel momento non riuscivo a scorgere molto di lui, a parte le spalle dritte, i capelli neri e una barbetta corta sul viso. Bevvi anche io il mio bicchiere.«Sai come si chiama? » le domandai.
A
«No, non lo sa nessuno. La sua identità è top secreta»
Rimuginai. Dovevo sapere, quel tipo mi ricordava qualcuno e avevo una voglia logorante qe terribile di scoprire chi fosse. Dovevo parlargli.
«Nyx, alziamoci.Devo conoscerlo. Qualcosa mi dice che è meglio farlo».
Lei mi guardò, mi strinse il polso. «E qualcosa dice a me che è pericoloso».
«Un motivo in più per farlo».
La sentii sbuffare,ma mi diede corda. Intanto cercavo la famigliola Sarassi, ma ancora non la vedevo. Forse erano in ritardo. Elia era in ritardo.
Puntavo gli occhi costantemente sul quel Toy Boy a basso costo e ogni volta che i nostri occhi si incrociavano gli sorridevo sensualmente.
«Elia non è ancora arrivato» le dissi mentre fissavo il tipo, bevevo ancora un po' di champagne e lui ricambiava il mio sguardo.
«La sua famiglia sì».
Guardai il signor Sarassi e signora, insieme ai figlioletti bastardi. Elia non c'era e il mio cuore si strinse dolorosamente. Perché non era venuto?
«Sara, abborda il tipo. Poi rattristati per Elia» sbuffò. Aveva ragione. Passai alla parte concreta, inviai un sorriso più lascivo al ragazzo e uscii sull'ampio balcone. Era un invito a seguirmi e sperai abboccasse.
Una volta all'aria fredda presi il telefono e chiesi a Nyx cosa stesse facendo il tipo.
"Ti sta seguendo.Dopo aver dato un bacio disgustoso sul collo della vecchiaccia."
Sorrisi trionfante. Avrei scoperto chi cazzo fosse quel tipo.
«Serata splendida non credi? » mi disse uscendo.
Lo puntai con lo sguardo, bevvi ancora e sorrisi. «A quanto pare sì. Anche se qualcuno la passerà con compagnie poco adatte. Forse» usai tutto il mio sexappeal. Alludevo alla nonnetta con cui se la faceva.
«Forse sì, o forse no. Vorresti allietarmi la monotonia della serata? »
Guardai il suo viso,la sua barbetta scura i suoi occhi castani, e qualcosa mi stava montando nello stomaco. Non era attrazione, ma qualcosa di diverso. E non sapevo cosa fosse, non sapevo chi lui fosse di preciso. Ma dovevo saperlo.
«La tua nonna non sarà gelosa? »
Scoppiò a ridere.«Non credo. Ha gusti molto... Coloriti».
Capii subito a cosa alludesse. La senatrice Fioracci adorava molto le orge organizzate al Diamond. Le piacevano gli incastri dei corpi, i sospiri amalgamati.Perciò capii che vedere il suo giocattolino con un'altra non poteva che eccitarla.
La sua voce mi stava irritando e non sapevo perché. C'era qualcosa che dovevo ricordare, ricordare assolutamente. Ma nulla, la mia mente era vuota.
«Allora non le dispiacerà se ci appartiamo un attimo» gli proposi. Era un luogo sicuro, non correvo pericoli e non avevo paura. Lui mi si avvicinò e si mise a pochi centimetri dal mio orecchio.
«Mi spiace, ma preferisco le bionde» mi sfiorò le labbra con un dito e rientrò.
Deglutii. Quell'affermazione, invece di indispettirmi mi aveva fatto salire un moto di ansia. Finii lo champagne e gettai il bicchiere contro il muro. Cosa cazzo mi stava succedendo? Chi era quel tipo?
Aspettai qualche minuto e tornai dentro anche io. Nyx mi raggiunse in un secondo.«Allora? »
«Allora qualcosa non va. Mi ha rifiutata. Ti rendi conto? Quel tipo... »
«Lascialo perdere» mediò la mia amica. «Sarà solo il solito pallone gonfiato. Ti stai fissando e basta» mi prese per il gomito e mi portò tra la folla.
No, non era solo fissazione la mia. C'era qualcosa che il mio istinto mi stava urlando e non riuscivo a capire cosa. Quello era ciò che mi stava fissando.
Trovammo Siria a dialogare con altri invitati. Cercai di distrarmi parlando dei movimenti finanziari, delle proposte di azioni che volevano rifilarmi per far fruttare il mio meraviglioso conto in banca e io annuivo senza prestare attenzione. Che diavolo me ne facevo di far fruttare i quasi tre milioni di euro? Da soli mi bastavano per vivere fino alla vecchiaia.
Vidi il signor Sarassi parlare con una donna, e ripensai ad Elia. Chissà dov'era,chissà perché non era venuto al galà.
Ci fu la presentazione di un'associazione di beneficienza, e tutti fummo invitati a prestare attenzione. Ma io non riuscivo a stare tranquilla. L'identità di quel tipo e l'assenza di Elia mi stavano logorando lo stomaco.
«Ma perché non è venuto? » continuavo a chiedermi. Pier finalmente era ricomparso,con un sorrisetto compiaciuto sul volto.
«Parli del tuo nuovo fidanzatino? » mi schernì e io lo fulminai con lo sguardo.«Forse sarà impegnato a sbattersi qualcuna» realizzò non curante di quello che le sue parole mi avrebbero fatto. E le sue parole mi ferirono profondamente. Elia con un'altra donna? La sola idea mi faceva tremare le gambe.
«Sei una testa di cazzo, Pier» gli risposi e me ne andai via. No, Elia non poteva stare con qualcun'altra, non doveva...
Non salutai nessuno e fuggii fuori, chiamai un taxi e attesi.
Nyx mi contattò preoccupata. «Si può sapere dove sei finita? » la sua voce era irritata.
«Vado da Elia. Devo andare da lui» dissi e lei sospirò comprensiva.
Quando Siria mi aveva dato la moneta chiedendomi di fare testa o croce sui miei sentimenti avevo lasciato perdere. In realtà già sapevo cosa volessi, cosa desiderassi davvero. Il mio mondo oscuro mi piaceva, mi piaceva tanto. Ma non potevo barattarlo con Elia.
Il taxi arrivò e mi ci fiondai dentro; dissi la via e lo esortai a fare presto. Dovevo sapere se Elia fosse a casa sua, dovevo. E se lo avessi trovato davvero con un'altra? Se avesse cercato di cancellare i suoi sentimenti sostituendomi? Non ci volevo pensare. Non volevo neanche valutare l'idea che a casa sua non ci fosse nessuno.
Quando arrivammo diedi duecento euro al tassista, lasciandogli il resto. Sarebbe stata quella la mia beneficienza.
Mi ritrovai davanti alla porta di casa. Mi ero tolta i tacchi per scappare dalla villa del galà, ormai il mio chignon doveva essere una massa informe e il trucco era rovinato dalle lacrime che non ero riuscita a trattenere.
Iniziai a bussare con impeto, doveva aprire. Doveva aprire qualunque cosa stesse facendo, con chiunque fosse.
La porta si aprì dopo alcuni minuti ed Elia comparve sulla soglia, con solo i pantaloni indosso e con aria assonnata.
«Sara... » mi guardò sorpreso.
«Perché non sei venuto al galà? » gli domandai tremante.
Lui sembrò pensarci un attimo prima di rispondermi. «Pensavo preferissi non vedermi. È una settimana che mi eviti».
Sì, lo evitavo per non perderlo. Lo evitavo per non rassegnarmi al fatto che ormai lui mi aveva domata, che ormai stringeva tra le mani il guinzaglio che mi legava a lui.
«Io ti amo Elia...»dissi tutto d'un fiato senza pensarci, senza nascondere i miei occhi a lui. Rimase ammutolito e incredulo, sbatté le palpebre varie volte quasi temesse di star dormendo ancora.
«Sì, Elia. Ti amo anche io.E ho cercato di ignorare questo sentimento perché so che non sono quella giusta per te. Ma non posso farci niente, ti...» mi baciò.Le sue mani catturarono il mio viso quasi a volerlo fondere con il suo, le sue labbra tremavano contro le mie aprendosi per divorarmi,ma con paura. Ci baciammo fuori dalla sua porta incuranti di essere visti, di essere fotografati. Ma ce ne fottemmo, c'eravamo solo io e lui. Soltanto io e lui e basta.
«Non mi importa di quello che pensi, tu sei quella giusta per me. Lo sei sempre stata» mi disse.
Lo abbracciai.
Entrammo in casa, ma io avevo ancora bisogno di lui, bisogno che cancellasse l'ultima volta che ero stata a letto con Pier, che togliesse con le sue dita ogni tocco del mio amico. La sola idea che Elia fosse potuto stare con un'altra mi aveva fatto impazzire, e adesso volevo essere certa che lui fosse solo mio.
Finii contro il muro, mi schiacciò senza smettere di baciarmi, senza smettere di toccarmi. Era fantastico, con lui era davvero fantastico.
«Anche io ti amo Sara» mi sussurrò, trascinandomi verso la sua stanza da letto.«Come hai potuto evitarmi per così tanti giorni» mi fece salire su di lui e io mi aggrappai alla sua schiena. Lo baciai ancora, e ancora senza quasi riprendere fiato.
«Perché come sempre sarò io quella che ti farà dannare, quella che ti devierà» cercai di rispondere. Perché io non sono quella che credi. Avrei voluto dirgli. Io sono il demonio e tu sei un dio. Non potremo convivere per sempre.
Le sue mani corsero ad alzarmi il vestito, a prendermi per i glutei e a serrarmi ancora contro il suo corpo. «Mi è sempre piaciuto farmi deviare da te».
Le sue mani corsero alle mie intimità, trovandomi già completamente eccitata dalla sua sola presenza. Mi sfilò il vestito, e iniziò a baciarmi quasi ogni lembo di pelle, leccando la fessura creata dai seni. Sentivo la sua eccitazione contro il ventre.
«Adoro i tuoi gemiti... Sono così sexy... Li ascolterei di continuo» mi disse mentre le sue mani vorticavano dentro di me, lasciando che continuassi a gemere aggrappata a lui. Aprii gli occhi un solo istante e il suo sguardo era piantato sul mio, con possessività, con amore. Mi stava dicendo che ero sua, soltanto sua. E questo mi fece sciogliere, mi fece raggiungere l'orgasmo che quasi non mi fece restare in piedi.
Scesi con le mani fino alla sua vita, avevo bisogno di toccarlo, di sentirlo. Non avevo mai desiderato toccare qualcuno così tanto. Ma ancora una volta lui me lo impedì.
«Elia, perché mi fermi sempre?» gli domandai supplicante.
Mi baciò la fronte.«Perché onoro le mie promesse».
«Non ti capisco...» ero contro il suo corpo, con i polsi serrati fra le sue mani e una voglia logorante di lui.
«Non ricordi? Risale a quando eravamo ragazzi e tu uscivi con quel bastardo» si riferiva a Claudio. Trattenni il respiro finché non riprese a parlare. «Mi raccontasti che ti aveva costretta a toccarlo, a dargli piacere con la bocca e avevi quasi vomitato. Me lo avevi detto in lacrime e io in quel momento avrei voluto prenderlo a pugni.
«Però ti dissi che io non lo avrei mai fatto, non avrei mai chiesto alla ragazza che amavo questo».
Stavo quasi per scoppiare a ridere. «Non ci posso credere. È una cosa... » non sapevo come classificarla. Elia era di una dolcezza e devozione disarmante certe volte, e questo mi disorientava perché non sapevo come comportarmi. Ero abituata ad un tipo di sesso brutale ed estremo, a schemi precisi e con lui invece era tutto diverso. Era tutta una scoperta.
Mi liberai dalla sua presa, gli toccai i capezzoli e ci giocherellai un po'. «Questa è una cosa passata, molto passata. Non devi temere di farmi del male. Voglio darti piacere, non negarmelo».
Eppure sembrava ancora perplesso. Lo baciai, lo stuzzicai con la lingua e finalmente riusciia scendere sull'orlo dei suoi pantaloni, una zona che ancora non ero riuscita ad esplorare. I suoi respiri aumentavano, le sue mani corsero ad aggrapparsi alle mie spalle. Lo vidi deglutire.
«Non mi crei nessun trauma».
Tornai a baciarlo,cercando di fargli capire che volevo lui, lo volevo completamente.
Eravamo nella sua stanza da letto, così lo lanciai sopra il materasso. Gli avrei dimostrato di cosa fossi capace, gli avrei fatto provare l'orgasmo prolungato che in tanti avrebbero voluto provare dalle mie labbra e che in pochissimi potevano permettersi.
Salii sopra di lui,guardandolo finalmente con i miei occhi da dominatrice, imponendogli di arrendersi a me.
«Rimani sul letto e guai a te se ti muovi» lo minacciai. Mi sentivo euforica ed esaltata, esattamente come quando piegavo i miei slave. Ma Elia in quel momento non era il mio schiavo, era il mio dio da venerare. E lo avrei venerato come mai nessuna aveva fatto.
Scesi dal letto e aprii il suo armadio. Diedi un'occhiata e trovai il cassetto con le cravatte, lo avrei legato, lo avrei fatto impazzire. Gli avrei dimostrato che io ero insostituibile, che solo io gli avrei potuto dare il vero piacere. Perché sapevo che quando avrebbe scoperto chi fossi in realtà non avrebbe sopportato. Lui voleva l'esclusiva sul mio corpo e io non potevo concedergliela.
«Sara, quasi mi spaventi».
Sorrisi scaltra. Dai suoi pantaloni l'erezione sembrava prominente e minacciosa. Sciolsi le tre cravatte e le feci ondeggiare mentre raggiungevo il letto.
«Non temere. Vedrai di cosa sono capace e ti farò pentire di non avermi concesso prima di applicarmi su di te».
Aveva uno sguardo incuriosito e lussurioso. Io ero solo in intimo su di lui e volevo assaggiarlo, scoprire che sapore avesse.
All'improvviso gli legai le mani con una delle cravatte e gliele assicurai al letto.
«Sara...» mi chiamò appena sconvolto. Non era mai stato legato evidentemente.
«Voglio essere sicura che non ti muova e che non mi fermerai» gli dissi sulle labbra baciandolo e strusciandomi su di lui. Dio, avevo una voglia matta.
«Va bene... Se ne sei sicura non ti fermerò...» fu un sussurro roco nella mia bocca.Gli accarezzai il viso, lo baciai ancora accarezzandogli gli addominali, facendogli sentire l'umido che mi aveva provocato,lasciandogli addosso il mio odore. Volevo profumasse di me, solo di me.
Con l'altra cravatta gli bendai gli occhi. Volevo che si concentrasse solo sul piacere, solo su quello e su nulla di più.
Iniziai a scorrere sul suo corpo, ricoprendolo di baci, di carezze, di piccoli morsi.Leccai i suoi capezzoli, gli graffiai appena i fianchi e lo sentii sospirare, tendere la stoffa della cravatta che lo assicurava alletto.
Gli sfilai i pantaloni e con essi anche i boxer, e la sua erezione mi salutò prominente. Non mi ero resa conto di quanto fosse davvero grossa.Elia intanto si stava mordendo un labbro e vederlo così mi fece perdere il senno. Ma mi ripresi in fretta.
Gli accarezzai le cosce e iniziai a baciargli la base del pene, a leccargli la pelle calda senza toccare quella parte di lui che stava saettando ad ogni mio contatto.
Continuai a torturarlo senza dargli ciò che voleva, finché non lo sentii supplicarmi debolmente e solo allora glielo afferrai e iniziai a baciargli la lunghezza, ad assaporarne la base, a leccarlo piano. Il suo respiro stava già aumentando.
Mi abbassai di più,leccando poco più sotto, succhiando e lasciando che i suoi respiri diventassero gemiti sommessi. Iniziai a massaggiare la sua carne morbida, risalendo poi con la bocca sulla cima liscia.
Continuai a massaggiargli i testicoli, a leccarlo e lui cercava di entrare nella mia bocca. Sono certa che se avesse avuto le mani libere mi avrebbe premuto la testa sul suo sesso. Decisi di accontentarlo. Lo inglobai nella bocca muovendo la lingua e lo sentii lasciare un enorme sospiro.
Mi muovevo piano dentro e fuori, afferrandolo con una mano e ruotando i movimenti.
«Piu... veloce...» mi supplicò. Ma era solo un sussurro appena accennato. Lo leccai.
«Cosa? Non ho sentito» dissi lasciva, con il mio tono da dominatrice.
«Dio, Sara...» era imbarazzato. Glielo leggevo sul volto contratto.
«Ripetilo,altrimenti non avrai nulla» lo minacciai ruotando il dito sulla sua punta umida.
«Vorrei...» si fermò, prese fiato. «Che tu andassi più veloce...»
Sorrisi scaltra anche se non poteva vedermi. Lo accontentai, e il suo respiro mi riempì le orecchie. Era inutile dire che avere il comando tra le mani mi eccitava da morire.
Continuai, continuai a dargli piacere finché non sentii i muscoli delle cosce irrigidirsi e la sua voce dirmi disperatamente che stava venendo. Mi fermai, gli leccai la base del suo sesso, il ventre, lo morsi appena e dopo ricominciai a dargli piacere. Quell'interruzione lo avrebbe fatto godere molto, ma molto di più.
Accolsi il suo piacere nella bocca, succhiando. Quando mi alzai sulle braccia guardai il suo sorriso beato sulla bocca, il suo fiatone. Quel sorriso era quello tipico del vero piacere, un sorriso che non poteva essere simulato.
Risalii il suo petto sudato riempiendolo di baci, leccando la sua pelle salata. Quando arrivai sul collo continuai a baciarlo e a leccarlo.
«Per favore Sara,fammi un attimo riprendere».
«Ti devi riprendere ovvio. Perché ho intenzione di farlo adesso...» avevo il suo bacino a contatto con il mio inguine e lasciai che sentisse quanto avessi bisogno di lui.
Lontano da ogni mia previsione Elia si era liberato e aveva solo finto di essere segregato dalle cravatte.
«Non vale! »protestai vedendolo rialzarsi bruscamente, togliersi la benda dagli occhi e inchiodarmi al letto.
«No, vale e come» scese a baciarmi, la sua lingua danzava con la mia, mi mordeva le labbra per riprendere fiato e poi tornava a possedermi. Le sue mani strisciavano sul mio corpo fino a raggiungere le mie mutandine e sfilarmele, le sue dita arrivarono sul mio sesso fradicio e non riuscii ad impedirmi di mugolare sulle sue labbra. Lui catturava ogni mio gemito, lasciando che mi strusciassi sotto di lui.
«Ti amo Sara...»mi disse, poggiando la fronte sulla mia, fermandosi per un istante così che potessi tornare a respirare normalmente.
«Anche io Elia...»
Riprese a baciarmi,lasciando finalmente le mie mani e io riuscii ad abbracciarlo,sentendo la sua erezione iniziare a svegliarsi.
Aprì i ganci del reggiseno, ne afferrò la carne morbida stringendola, leccandola,aumentando i miei respiri. Mi piaceva appartenere a lui, le sue mani sul mio corpo sembravano famigliari e rassicuranti, la sua bocca sembrava sussurrare il mio nome ad ogni respiro.
Lo sentii entrare dentro di me all'improvviso, e gridai. Gridai di piacere, mi aggrappai alle sue spalle e sussurrai il suo nome mentre si muoveva dentro e fuori di me, sempre più forte, e io ormai gemevo senza controllo.
Occhi negli occhi,bocche che si cercavano, respiri che si amalgamavano. I suoi capelli biondi mi sfioravano, le sue braccia mi rinchiudevano.
«Adoro sentire il mio nome quando sei tu a pronunciarlo» mi disse, fermandosi un attimo e poi riprendendo a darmi piacere.
Mi contorsi ansante quando mi inchiodò un orgasmo e lui continuò più forte.
Ebbi altri due orgasmi prima che anche lui venisse sul lenzuolo e crollassimo,sudati e affannati.
Era ancora sopra di me, poggiò la fronte sulla mia, intrecciando le nostre dita. «Posso tenerti con me? » mi chiese, facendomi emozionare.
Sorrisi dolcemente.«Certo... Per sempre, Casper».
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