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𝕺𝖕𝖆𝖑꧁៙ Diciassettesimo capitolo៙꧂


Aver portato Elia con me nel vivo del Diamond aveva aperto una strada diversa per entrambi. A lui il proibito piaceva, la trasgressione anche. Continuarlo a negare era diventata solo un'abitudine usurata che pian piano gli stavo facendo togliere.

La città era già completamente bardata per Natale, nonostante fossimo a metà Novembre. Forse mettere le decorazioni natalizie costava così tanto che tenerle per un solo mese era sembrato uno spreco. Io sicuramente non avrei aderito a quella messinscena, le decorazioni appartenevano solo a Dicembre.

Avevo ripreso la macchina, mi tremavano ancora le mani sul volante, ma cercai in ogni modo di mantenere il controllo. Avevo intenzione di scoprire i due misteri che mi animavano il sangue  e che avevo accantonato solo per trovare il momento giusto per indagare. Siria si comportava come un genitore iperprotettivo, impedendomi di fare le cose a modo mio.

Aver sparato a Vincenzo, il secondo stronzo che mi aveva violentato aveva gettato su di me quasi una taglia tra gli amici della Senatrice. Non voleva proprio dimenticare che le avevo rotto il
suo giocattolo nonostante ora se ne fosse procurata un altro. Avevo sentito essere un ragazzino di appena diciannove anni. Che schifo.

Era stato difficile convincere Francesca ad incontrarmi fuori dal Diamond, in una zona neutrale. Lei aveva le risposte che cercavo o almeno una parte. Poteva aiutarmi a scoprire chi avesse manomesso la mia macchina e chi mi aveva inviato il video del mio stupro.

Parcheggiai la macchina in una stradina appartata poco distante dal pub che avevo scelto, un localino poco rinomato, con luci soffuse e costante musica jazz. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro nel trovarmi qui.

Francesca arrivo poco dopo che mi sedetti al primo tavolino libero. Era strano vederla con un abito formale, composto da un morbido maglione grigio e un leggings scuro. E, soprattutto, con i capelli sciolti.
«Se per colpa tua verrò licenziata mi avrai sulla coscienza» neanche mi salutò davvero.
«Non ti licenzierà. La conosciamo bene entrambe da sapere che lei già immagina che prima o poi sarei ricorsa a te».

Un cameriere ci interruppe per l' ordinazione, io presi un cocktail di loro produzione, un drink con mango, frutto della passione e tanto malibù. Francesca solo un succo di frutta che la gente continuava a chiamare "cocktail analcolico". Alzai un sopracciglio in risposta a quella richiesta.

«Guarda che non sei in servizio, puoi bere».
«Preferisco mantenere la mente lucida» mi rispose nervosamente.
«Come preferisci... allora, del mio incidente cosa sai? Ho una gran voglia di scappare il culo a quello che mi ha rimandato in ospedale».
Strano a dirsi, quella sera che avevo riaperto gli occhi, rivedendo le purtroppo familiari pareti azzurrine, avevo solo pensato "cazzo, non di nuovo qua dentro"; per fortuna si era trattato di un trauma cranico di lieve entità e cui dimessa presto.

«Chi lo ha fatto era un esperto. Ha inserito un dispositivo wireless il cui scoppio ha interferito con il sistema centralizzato della macchina. Insomma, non ho capito se l'intento era di uccidere o solo creare una sorta di avvertimento».
«Chi può avercela con Elia?»

Francesca beve un grosso sorso, appoggiandosi meglio sulla poltroncina. In quei mesi sembrava essere anche un po' ingrassata.
«A me qualche nome è venuto in mente. Conosci benissimo gli scheletri nell'armadio della famiglia Sarassi. E sai benissimo che i fratellastri di Elia non sono i veri figli di quell'uomo. L'unico erede che ha è proprio Elia. Magari sua moglie voleva assicurarsi che non ci fossero intralci per l'eredità».

L'ipotesi di Francesca aveva abbastanza senso. Ma non capivo come potesse una persona, gia ricca di per sé, architettare una cosa del genere.
«Rischiare la galera per qualche zero in più da dare ai propri figli?» azzardai poco convinta.
«La gente uccide anche per molto meno. Hai abbandonato il nostro mondo da poco eppure hai già dimenticato come funziona».

No, non lo avevo dimenticato. Semplicemente avevo rifiutato di credere che fosse ancora così. I soldi rendevano davvero schiavi, mantenendo un potere di manipolazione spaventoso.
«Forse potrei farmi due chiacchierate con quella donna. È sempre stato un mio desiderio indagare quella mente contorta».
«Sara, non è un gioco. Non comportarti come se si potesse tornare indietro».
«Non ho però intenzione di mollare tutto così».
«Se Siria non ha trovato ancora il colpevole come credi di uscirtene tu?».

Certo, aveva ragione. Ma non avrei perso l'occasione di parlare con quella matrona della signora Sarassi.

«E del mio video cosa sai dirmi?»
«Quale?»
Intanto i nostri cocktail erano terminati. Feci cenno al cameriere di avvicinarsi e portarcene altri, e per assicurarmi che le consegne fossero celeri gli lasciai anche una banconota da cinquanta nel grembiule.

«Quello del mio stupro» dissi tutto d'un fiato «Qualcuno me lo ha inviato, questo vuol dire che ha girato parecchi schermi».
«Quale risposta vuoi?» mi domandó facendosi improvvisamente fredda.

«Siria mi ha detto che non sa se è stato venduto insieme a quello di tutte le ragazze violentate. Ma so che mente».
«Sara, accantona questa storia. È successa dodici anni fa».

Quelle sue parole mi sconvolsero. Dimenticare. Mi chiedeva di dimenticare una cosa del genere, l'inizio del mio baratro. Francesca non aveva la minima idea di quello che avevo passato davvero, così assuefatta dalle scene del Diamond dove le slave erano ben contente di essere abusate, aveva perso il senso della realtà.

Aprii in fretta la mail, entrando tra i messaggi archiviati e le misi davanti agli occhi il mio video. Era qualcosa che mi faceva male, ma era l'unica strada per mostrarle cosa avessi subito davvero.
Anche senza l'audio il video scandalizzò Francesca, che di tanto in tanto mi guardava aberrata.
Non so come il mio corpo, all'epoca così minuto, fosse riuscito a sopportare tutto quel dolore.

«Tu avresti accantonato una cosa del genere?»
Le vidi gli occhi scuri imperlarsi di lacrime, poi passarsi una mano fra i capelli.
«Dammi un attimo» mi rispose soltanto.

In realtà trascorse molto di più. Feci in tempo a chiedere un terzo drink e lasciare che l'attesa alimentasse la sonnolenza data dall'alcol.

«Vuoi la verità che so?» mi disse all'improvviso, alzando il viso dal telefono.
«Dimmi tutto quello che sai».
La vidi sospirare. «Io e te però non abbiamo mai parlato, Siria non vuole che ti dica queste cose, vuole proteggerti».

Francesca mi raccontò sottovoce che quando fu assunta da Siria io fui uno dei primi casi che trattò. Le aveva domandato di cercare nella rete il mio video, ma di non averlo trovato. Sapeva bene che la mandante del mio stupro era la senatrice, ma probabilmente era stato venduto ad un privato. Non lo avevano mai scoperto.

«Siria da giovane ha commesso molti errori, soprattutto per il non accettarsi come uomo. È difficile diventare donna se non ci nasci».

Francesca era una ragazza pragmatica, poco incline all'empatia. L'avevo vista cedere solo davanti alle avance di Pier, uomo di cui era follemente innamorata.
Per questo ero stupita nel vederla commossa davanti al video della violenza che avevo subito.

«Conosco molti degli scheletri di Siria» le assicurai, «vai avanti».
«Aveva bisogno di soldi per le sue operazioni. Inizialmente ha collaborato nel creare lei stessa video di intrattenimento a sfondo sessuale. Poi so che questo non è bastato più. I clienti volevano sempre qualcosa in più, sempre più violenza. Cinzia Fioracci, la senatrice che un tempo era anche sua complice, amava questo tipo di cose. Ho visto scene davvero terribili, ordini che ha dato davvero raccapriccianti. Cose che anche secondo me con il bondage non hanno niente a che vedere.
«So che ci fu una grossa lite tra le due. Siria voleva creare un luogo che permettesse solo un sesso consenziente, qualunque sfumatura esso avesse avuto, Cinzia voleva far soldi e arrivare ad alte cariche. Queste divergenze furono messe a tacere dal Signor Sarassi, il padre di Elia. So che è stato lui a dare vita alla prima forma del Diamond e a rendere Siria una donna.»

«Il padre di Elia avrebbe aiutato Siria cosi? Senza chiedere nulla in cambio?»
Francesca alzò solo le spalle «So che Sarassi aveva bisogno di nascondere delle cose e Siria l'aveva aiutato. Roba grossa da quanto ho intuito. Ma non ho mai scoperto altro... Siria mi aveva chiesto di cancellare delle prove riguardanti Esmeralda, la madre di Elia e di un'altra donna che era con lei. Sinceramente non ricordo il nome».

Quell'informazione mi lasció sconcertata. Il
Padre di Elia aveva abuso anche di un'altra donna oltre Esmeralda e questo poteva significare che in giro potevano esserci anche altri fratellastri biologici di Elia...

Provai a porle questa domanda, ma Francesca mi disse che non lo sapeva e non si era mai posta il problema di indagare in merito.
Non so perché ma ebbi la sensazione che mi stesse mentendo. Non ne ero certa, l'alcol aveva già iniziato ad annebbiarmi la mente.

«Però Sara, se posso darti un consiglio... Non scavare in questa storia. Non posso immaginare il tuo dolore... Ma esci fuori da questa cosa. Prima che tu ti faccia seriamente male...»

Mi aveva salutata ed era andata via rimboccandosi la giacca al ventre.
Rimasi un altro po' in quel pub, da sola, finendo il quarto drink, riflettendo su ciò che fosse meglio fare.
E decisi che sarei andata fin in fondo a quella storia. Perché colui che aveva incaricato Claudio e Vincenzo di farmi questo doveva pagare.

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