Dialogo di una persona autolesionista ed uno specchio (2014)
- A volte credo di non essere normale.
- Ma tu non sei normale.
- Perché dici così?
- Perché stai parlando con uno specchio.
- Diamine, hai ragione! E, dimmi, lo faccio spesso?
- Cosa?
- Parlare con te.
- Ogni notte, e qualche mattina, alle volte.
- E cosa ti dico?
- Mi racconti.
- E cosa ti racconto?
- Quello che ti succede, quello che pensi, quello che fai.
- Ed è da molto che lo faccio?
- Raccontarmi?
- Sì.
- È da un po' di tempo.
- Quindi ormai ti sarai fatto un'idea di me.
- Più o meno.
- In che senso?
- Nel senso che non è proprio facile inquadrarti. Alle volte vieni qui davanti a me con le lacrime agli occhi.
- Sono dunque una persona debole?
- No, non direi proprio. Se tu fossi una persona debole, non mi parleresti.
- Tu ricordi come è cominciata?
- Sì, sembra ieri.
- Ti andrebbe di raccontarmelo?
- Certamente.
- Grazie.
- La prima volta che mi hai parlato è stato di notte. Eri davanti a me con una lametta da barba in mano. La luce era spenta, c'era buio, ma sentivo dei singhiozzi. Poi hai acceso la luce, mi hai guardato e ho visto una persona magra e sofferente. Avevi dei tagli sulle braccia, il sangue scendeva a gocce ed il pavimento si stava riempiendo di macchie rosso scure. Poi hai alzato la mano ed hai puntato la lametta verso il tuo collo ed il tuo viso. Poi hai lanciato la lametta per terra ed hai pianto. Hai guardato ancora il tuo riflesso ed hai sussurrato: "perché?", tra un singhiozzo e l'altro.
- Tu mi vuoi bene?
- Non posso farlo.
- Perché sei uno specchio?
- Appunto.
- Capisco.
- Non è colpa mia.
- Lo so.
- Mi dispiace.
- Lascia perdere.
- Bene.
- Piuttosto: perché poi non ho proseguito.
- Ma tu hai proseguito.
- Oh, quindi è finito tutto?
- Infatti.
- Bene.
- Ti senti meglio di prima?
- Ora non sento più niente.
- E prima?
- Nemmeno.
- Ma allora perché hai compiuto quel gesto?
- Mi mancava vivere.
- Stai forse vivendo ora?
- No, ma non mi manca più.
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