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Quello che non sai

• Questo capitolo potrebbe urtare la sensibilità di alcuni lettori trattando temi delicati, se non vi sentite a vostro agio vi consiglio di non leggere •

Diana's POV
Stavo andando a scuola, come sempre ero in anticipo, il sole era sorto da poco e si sentiva l'aria fresca e piacevole delle mattine di ottobre, quel periodo in cui inizia a fare freddo ma non così tanto da costringerti ad indossare varie maglie di lana per evitare l'assideramento.

Avevo la vista appannata e le guance bagnate, avevo pianto ma non volevo mostrarlo, eppure, appena mi asciugavo una lacrima una nuova si faceva strada sul mio viso. Se non avessi fatto qualcosa presto si sarebbero notati i miei occhi arrossati, le persone avrebbero iniziato a fare domande e io sarei finita nei guai. Dovevo fare qualcosa. E subito.

Entrai nell'edificio scolastico e corsi verso i bagni, mi guardai allo specchio, il fondotinta si era sciolto sotto il peso delle lacrime mostrando un livido violaceo tendente al blu sulla guancia sinistra.

Mi struccai velocemente e mi asciugai la faccia dalle lacrime costringendomi a non piangere per poi riprendere il fondotinta che portavo sempre dietro usandolo per coprire quel segno orrendo.

Alzai le maniche della divisa scolastica osservando attonita tutti i lividi sugli avambracci, la maggior parte erano sui polsi ma più in alto, vicino alle spalle, ne avevo altri che non mi preoccupavo di coprire essendo normalmente nascosti dalla mia divisa.

Erano appena le otto quando mi recai in classe, la campanella sarebbe suonata tra non meno di quindici minuti e l'aula era totalmente vuota, nemmeno l'insegnante era ancora arrivata.
Presi il mio libro e iniziai a leggere, mi era stato regalato da mia madre prima che morisse e lo tenevo come un tesoro. Narrava le avventure una ragazza orfana di nome Wendy con poteri magici e ormai lo conoscevo a memoria. Non aveva un titolo e al posto del nome dell'autore si leggeva soltanto B.C. mi ricordava il nome di mia madre ma non avevo prove concrete che lo avesse scritto lei.

Man mano che scorrevano i minuti iniziarono ad entrare sempre più studentesse e alla fine richiusi quel libro infantile mettendo sul banco nulla di più che un quaderno ed una penna in attesa dell'inizio della lezione.

Quando anche la professoressa fece il suo ingresso l'aula si ammutolì lasciando che l'insegnante facesse l'appello.
Chiamò il mio nome per terzo e alzai la mano dicendo presente, come sempre, facendo attenzione a non scoprirmi i polsi.

Andò avanti fino alla lettera K, cui primo e unico cognome era quello di una ragazza dai capelli castani poco più bassa di me che andava per il nome di 'Akko'
"Atsuko Kagari è presente?" Domandò la donna dietro la cattedra senza troppe speranze, nessuno rispose.
"Signorina, Akko è stata chiamata in presidenza ma dovrebbe arrivare a minuti." Spiegò un'altra ragazza alta poco più di un metro e cinquanta con spessi occhiali tondi sul naso, sapevo chiamarsi Lotte Jansson, veniva dalla Finlandia ma non la conoscevo granché.
"Va bene, andiamo avanti."

Appena l'insegnante concluse l'appello la porta della classe si spalancò e da lì fece il suo ingresso la ritardataria Atsuko, per gli amici Akko, una ragazza giapponese iperattiva e costantemente in punizione per qualche disastro fatto quasi sempre involontariamente. Era poco più bassa di me e a volte ci era capitato di parlare anche se lei era sempre la prima ad iniziare la conversazione.

"Vedo che ci onora della sua presenza signorina Kagari. Si vada a sedere in silenzio per cortesia."
La ragazza si limitò a sorridere imbarazzata prima di fare uno di quegli strani inchini classici della cultura giapponese.
Si guardò intorno trovando come unico posto libero quello di fianco a me, era inevitabile, le mie uniche amiche erano in classi differenti e a nessuno piaceva avere come compagna di banco una persona diligente come me.

Roteai gli occhi appena la ragazza si sedette al mio fianco con quel suo sorriso raggiante.
Cercavo di non ammetterlo ma quel suo modo di fare, così sciolto ed estroverso, lo invidiavo spesso.

"Diana, proprio la ragazza con cui volevo parlare." Sussurrò lei fingendo di prendere appunti sul quaderno che avevo notato essere ancora nuovo dopo più di un mese di scuola.
"Atsuko, ti dispiace? Sto cercando di prendere appunti."
Notai la sua espressione con la coda dell'occhio, non era cambiata e da quello intuì che non aveva alcuna intenzione di lasciarmi concentrare in silenzio.

Parlò di argomenti così stupidi che descriverli sarebbe una totale perdita di tempo, saltava di palo in frasca senza seguire nessun filo logico e, come già detto, le sue parole erano completamente inutili, senza scopo.
Eppure mi piacque star a sentire le sue parole.

"Com'è andata a scuola?" Mi venne chiesto in tono freddo.
"Splendidamente zia Daryl." Risposi con tono altrettanto gelido.
"Le tue cugine ed io usciamo, vedi di non combinare disastri Diana."
Seguirono le risate delle mie cugine, due gemelle qualche anno più grandi di me.
La porta si chiuse e poi ci fu il silenzio più totale.

La casa in cui abitavo apparteneva a mia zia Daryl, la sorella minore della mia povera madre Bernadette Cavendish.
Abitavo lì da quando anche mio padre era morto ma non mi trovavo affatto bene, c'è da dire che mia zia non fosse la persona più dolce che poteste incontrare.

Istintivamente guardai i lividi giallastri sui polsi, presto sarebbero guariti completamente.

Andai a cambiarmi indossando una maglia azzurra dalle maniche corte e dei jeans blu per stare comoda, mi recai poi nel bagno per struccarmi il viso, rabbrividì per l'ennesima volta ma ignorai il sentimento che si faceva dolorosamente strada nella mia gola e che se non avresti fermati mi avrebbe causato una nuova crisi di pianto.

Per fare i compiti andavo sempre al piano di sotto, la mia stanza era fredda e non molto ospitale mentre in sala da pranzo ero molto più a mio agio.
Proprio mentre stavo per afferrare l'astuccio mi accorsi di aver lasciato in classe il libro di mia madre.
Com'era successo? Lo avevo messo nello zaino ne ero sicura. Eppure non c'era più. Avrei dovuto aspettare il giorno seguente e pregare fosse stato portato agli oggetti smarriti.

Dopo una buona mezz'ora di compiti sentii bussare alla porta, immaginai fosse un corriere e non ci pensai molto ad aprire la porta. Fu una delle scelte peggiori che potessi fare.

Davanti a me ritrovai la simpatica ragazzina mora chiamata Akko con in mano quelli che riconobbi subito come il mio libro.

"Oh mio Dio. Diana che hai fatto sulla guancia?" Domandò Akko preoccupata.
D'istinto coprì il segno con la mano, altra pessima scelta.

La ragazza vide anche i vari lividi sui polsi. Sentì i suoi occhi ispezionarmi completamente e sono certa prese nota di tutti quegli ematomi che erano completamente scoperti.

"Ma che..." Appoggiò l'indice contro uno di questi premendo appena, faceva male ma cercai di resistere e fingere non fosse nulla di grave.
"Vado spesso a sbattere contro gli oggetti." Inventai incrociando le braccia al petto. Sicuramente le sembrai patetica.
"Posso entrare?"
Non volevo, desideravo mandarla via, riprendere il mio libro e restare sola.
Ma non potevo: se l'avessi cacciata senza spiegazione sarei sembrata sospetta.
"Si.. prego." Dissi sottovoce lasciando una quasi sconosciuta entrare in casa mia.

"Questo è tuo, lo hai dimenticato in classe. Beh in realtà era per terra ma dentro c'è scritto il tuo nome."
"Grazie." Afferrando il mio piccolo tesoro sfiorai appena le dita di Atsuko, erano fredde da far paura.
"Atsuko ma stai congelando." Dissi trascinandola verso il camino "Rimani qui davanti qualche minuto per favore."
Lei mi sorride inclinando leggermente il volto.

Rimanemmo lì davanti in totale silenzio almeno cinque minuti.

Sentii qualcosa afferrarmi le dita, guardai in basso trovando la mano di Atsuko stretta intorno alla mia.
"Ascolta Diana, sembrerò indiscreta, però voglio sapere che cosa sta succedendo, cosa sono quei lividi?"
Non avevo idea di cosa dirle se mentirle o raccontarle tutto. Potevo anche restare in silenzio. Bastava che mi decidessi.

"Non è nulla non preoccuparti." Risposi dopo qualche secondo di silenzio. Il che rese tutto più sospetto.
"Non- Non prendermi in giro ok? Non sono stupida."
Lottai con il mio istinto per non indietreggiare di qualche passo sentendo la ragazza al mio fianco alzare la voce.
"Per favore, ti chiedo di mantenere la calma e di andartene." Esposi in tono moderato tirando via la mano dalla presa di Atsuko.
"No, aspetta ti prego, non volevo sembrare scortese, mi dispiace." Fece un leggero sospiro portandosi di fronte a me. "Magari non mi definisci tua amica, ma tu sei la mia amica, e io ci tengo al fatto che i miei amici stiano bene. Mi dispiace di aver alzato la voce è se non vuoi parlarne mi sta bene." Prese entrambe le mie mani stringendole cautamente nelle sue.

Mi sentii così scoperta.

Vulnerabile.

In quel momento una nuova lacrima mi percorse velocemente la guancia finendo sul pavimento, non ci volle molto e iniziai a singhiozzare fino a lasciarmi cadere in ginocchio sul tappeto.

Percepii una mano dietro la mia nuca, la mano di Atsuko, tirarmi verso di lei e alla fine mi scontrai con il suo petto.

"Mi dispiace." Singhiozzai stringendo il tessuto della felpa indossata dalla ragazza che mi stava consolando.
"Sh sh sh. Non scusarti ok? Va tutto bene, fa bene piangere."
Ero talmente agitata che, senza accorgermene, avevo iniziato a tremare.

Rimanemmo sul pavimento diverso tempo, fino a quando non mi calmai completamente ed il mio respiro tornò alla normalità.

A guardare Atsuko mi sentivo in imbarazzo, mi ero appena fatta consolare da lei, avevo mostrato le mie debolezze a lei. A lei che era una totale estranea.
"Didi ti sei calmata?" Quell'inaspettato soprannome mi causò un sorriso involontario che nascosi.
"Sto bene ora.." Sussurrai senza però muovermi.
"Ti va di alzarti allora? Se mi dai indicazioni posso prepararti qualcosa, un tè per dire."
Scossi la testa: non avevo intenzione di sottrarmi a quel piacevole contatto di cui mi sarei pentita solo qualche ora più tardi.

Sentii il mio corpo venir sollevato da terra e aprendo gli occhi mi resi conto di essere tra le braccia di Atsuko che mi guardava sorridendo.
"Ho pensato che sul divano staremmo più comode." Si giustificò dirigendosi verso il salotto, una delle stanze che avevo attraversato per raggiungere il camino.

Rimanemmo sul divano l'intero pomeriggio senza proferire parola, ogni tanto ci muovevamo il che aveva causato, alla fine, di trovarci sdraiate una vicino all'altra con la mia testa contro la clavicola di.. Akko.
Mi suonava così bene quel nomignolo.

"Akko."
"Dimmi."
"Tutto questo rimane tra di noi."
"Ovviamente, non tenere."

"Grazie."
"Ricordati che ti voglio bene Diana, ok?"
"Anche.. Anche io tengo a te.."

Avvinghiai le me braccia attorno alla vita di Akko senza pensarci molto.

Sapevo che se mia zia mi avesse trovata in quelle condizioni sarei finita nei guai ma mi andava bene, avrei affrontato le conseguenze.

Mi andava bene anche se non lo avrei accettato..


A/N Ok. Non sono certa del fatto che questa prima one-shot mi piaccia. La trama è semplice, le interazioni anche ma lo sento molto vicino per vari motivi quindi credo che il mio voto sia un 6.5/10
Che ne pensate?

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