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House with no mirror

A/N IMPORTANTE: questo capitolo lo scrivo ispirandomi ad una canzone, 'House with no mirror' appunto, sarà qualcosa di triste perché voglio parlare dell'accettazione, dell'auto accettazione in particolare modo, il che non può avvenire senza un po' di tristezza.
Vi chiedo di apprezzare lo sforzo perché questo periodo è veramente brutto per me, non sto a raccontarvi i dettagli perché non voglio far pena a nessuno ma gradirei molto il vostro sostegno: non chiedo stelline, commenti o altro, spero solo che capiate il significato di questo capitolo.

Quella casa, quella stanza, quello stesso letto, era tutto soffocante, nulla sembrava poter scacciare le nuvole che da tempo rendevano offuscata la visione del mondo per Akko, non era in vena di uscire, di chiacchierare, non ne valeva nemmeno la pena secondo lei.

Da tempo le sue amiche avevano iniziato a vederla sempre più distante, meno allegra... meno Akko. E così il suo telefono squillava sempre meno, sempre meno fino al punto di non squillare più, le sue amiche, nonostante il dolore che provocava loro, smisero di chiamarla sperando che lasciarla in pace fosse la cosa giusta.

Anche la madre della ragazza aveva iniziato a notare un comportamento strano nella figlia, mangiava meno, parlava meno, e non voleva andare a scuola. Akko non avrebbe mai saltato scuola per niente, nonostante andasse male adorava quel posto, lo sapevano tutti. Eppure...

<< Akko, oggi vuoi andare? >> chiese con voce spezzata la donna entrando nella stanza disordinata della figlia.
Lei si sfregò rapidamente gli occhi e scattò in piedi per la sorpresa.
<< No ... preferisco di no ... >> replicò sedendosi sul materasso.
Sua madre la raggiunse e si mise di fianco a lei stringendola con un braccio attorno alle spalle.
<< Qualcosa non va a scuola? Ti prendono in giro? Vuoi che ne parli con i professori? >>
La ragazza scosse la testa forzando un sorriso, quel gesto fece frantumare il cuore della donna, sapeva che qualcosa non era 'ok' eppure sua figlia non ne parlava, la cosa peggiore per un genitore è un figlio che non si fida... un incubo.
<< Ho una verifica e non ho studiato molto ... e sono un po' stanca ... >> inventò Akko recitando al suo meglio.

<< Allora vogliamo uscire noi due? Ti ... ti porto da ... da qualche parte ... dove ... >> prima di concludere la frase la donna era già scoppiata in lacrime, il suo cuore non poteva sopportare di aver fallito.
<< Mamma! Mamma, sto bene ok? Guarda, ci vado pure a scuola ok? Non piangere ... ti prego ... >> come alla madre spezzava il cuore vedere sua figlia in quello stato, ad Akko spezzava il cuore vedere sua madre piangere a causa sua.
<< No, Akko ... dimmi solo cosa c'è che non va ... per favore ... >> ripetè la donna guardando sua figlia, la sua bambina, dritta negli occhi.

Akko si alzò in piedi con un sorriso fatto talmente bene da sembrare vero.
<< Ora mi faccio la doccia e vado, entro in seconda ora così salto la verifica. >> Disse ignorando la richiesta, prima che si potesse aggiungere altro corse fuori dalla stanza per andare nel bagno, lasciando sua madre seduta sul suo letto.
<< Oh Akko... >>

Il bagno era terribile, forse uno dei posti peggiori in cui andare.
Akko si spogliò restando solamente in intimo e le prese una fitta alla gola vedendo il suo riflesso nello specchio, odiava sentirsi così inadeguata.
I capelli scompigliati e le occhiaie non erano le uniche cose che la facevano sentire male.
Posò una mano sul suo stomaco sospirando rumorosamente, guardò il riflesso delle sue gambe trovandosi quasi disgustata da se stessa.
La fitta alla gola era sempre più dolorosa e sapeva che presto avrebbe iniziato a piangere, non poteva, non in quel momento, era certa che sua madre l'avrebbe sentita.

Una volta nella doccia, con l'acqua che scorreva, colpendo ripetutamente le mattonelle, si lasciò andare, singhiozzò permettendo poi all'acqua di portare via le lacrime salate.

Non voleva tornare a scuola, in quel posto tutti l'avrebbero potuta giudicare, con la gonna dell'uniforme si sarebbero viste le sue gambe, parte del corpo che odiava in modo particolare.
Una volta davanti all'armadio decise di mettere un paio di calze al ginocchio sperando migliorassero la situazione. A lei sembrava tutto uguale in ogni caso.

Era da almeno una settimana che non entrava nell'edificio scolastico e ringraziò il fatto che non ci fosse nessuno nei corridoi appena arrivò, decise di sbrigarsi ad andare in classe prima che suonasse la campanella e che gli studenti si riversassero come un fiume addosso a lei.
Cambiò idea solo durante il tragitto: si recò al suo armadietto ed aspettò.

Al suono della campanella, come previsto, un gran numero di alunni, tra ragazzi e ragazze, si precipitò nei grandi corridoi.
Ad Akko si avvicinarono le sue due migliori amiche che però non la notarono all'istante.

<< Abbiamo..? >> domandò una ragazza bionda con spessi occhiali tondi sul naso
<< Inglese. >> rispose un'altra di fianco a lei, questa con i capelli viola ed un'aria da emo.

Akko le fissò con la coda dell'occhio ma entrambe sembravano troppo impegnate a cercare il libro per notarla.

Loro tre erano vicine d'armadietto ormai da due anni, si erano conosciute così. Era stata Akko la prima ad attaccar bottone con entrambe. Lotte e Sucy.

<< Non senti uno strano odore? >> chiese Sucy chiudendo il suo armadietto.
<< Tipo? >>
<< Hai presente quel profumo dolce che mette sempre Akko, come zucchero filato o qualcosa di simile. >> spiegò guardandosi attorno in cerca della ragazza.
L'armadietto aperto di Lotte però impediva alla giovane ragazza giapponese di essere vista.
<< Sì ho capito, anche se non credo sia zucchero filato. >> rispose con un leggero sorriso.

Akko arrivò alle spalle di Lotte senza che la notasse prima di dire:
<< È caramello. >>

Sentendo la voce della loro migliore amica entrambe furono prese alla sprovvista, mentre Sucy trattenne l'entusiasmo nel vedere che la ragazza stesse bene, Lotte non potè fare a meno di abbracciarla presa dall'euforia.

<< Akko! Sono così felice tu stia bene! >> esclamò attirando l'attenzione di qualche studente passante per di lì, Sucy fece uno dei suoi più incredibili che rari sorrisi.
<< Scusate di avervi fatto preoccupare, non avevo voglia di venire a scuola, mi sono rilassata un po' >> mentì la mora non volendo annoiare le sue amiche con i suoi problemi.

Quando Lotte si allontanò notò le calze alte indossare da Akko e la guardò interrogativa.
<< Non credevo tu fossi un tipo da calze alte. >> confessò
<< Oh no, è solo che ho un livido bruttissimo qua — indicò poco sotto il ginocchio — e non volevo dare una brutta impressione al mio rientro. >> mentì ancora, imitò una risata e pregò di essere sembrata convincente.
<< Avrei voluto vederti cadere. >> commentò Sucy con un tono sarcastico.
Akko roteò gli occhi stando al gioco senza aggiungere altro, strinse la stoffa della gonna senza farsi vedere. Per qualche ragione voleva piangere in quel momento.

<< Scusate, devo andare in bagno, vi raggiungo più tardi. >> disse dileguandosi di fretta lasciando le sue amiche ancora leggermente confuse dallo strano comportamento dell'ultimo periodo.
<< Secondo te sta bene? >> domandò Lotte guardando nella direzione dove l'amica si era diretta.
<< Non lo so.. sento che qualcosa non va ... >> rispose Sucy incrociando le braccia.
<< Appena posso le chiederò di spiegarmi ... >>
Entrambe di diressero poi in classe, a breve sarebbe suonata nuovamente la campanella, ed era meglio non fare tardi alle lezioni d'inglese tenute dalla tirannica professoressa Finnelan.

Dopo essere uscita dal bagno delle ragazze Akko si rifiutò di andare in classe, non era pronta per rivedere i suoi compagni, tutte quelle ragazze carine, e quei ragazzi altrettanto carini, l'avrebbero fatta sentire solo peggio.
<< Sei ridicola ... >> si disse vagando per i corridoi nuovamente vuoti della scuola, si dirigeva in biblioteca dove, probabilmente, avrebbe schiacciato un pisolino, questo almeno fino all'ora successiva e magari oltre, in base al suo umore.

Quando la vecchia signora, vigilante della biblioteca, la vide la salutò con un sorriso gentile, Akko ricambiò il gesto con la mano ma non si sforzò a sorridere.

Prese un libro: uno che fosse abbastanza spesso da farle da cuscino ma non troppo per farle venire un doloroso torcicollo, e si sedette ad uno dei tavoli. Solo a quel punto lesse il titolo del libro: 'Piccole Donne' sorrise pensando a quanto quel vecchio romanzo fosse conosciuto. Eppure lei non lo aveva mai letto in vita sua.

Ignorò tutta la curiosità e poggiò la testa sul libro rilegato in un morbido tessuto rosso, chiuse gli occhi pregando che il mondo dei sogni la portasse in un posto migliore.

Purtroppo non fu così, una voce femminile la richiamò alla realtà quasi all'istante.
<< Scusa, credo dovresti trovarti in aula. >> disse quasi seccata.
Akko sollevò pigramente la testa e si sfregò gli occhi, appena la vista fu migliorata riuscì a riconoscere il viso della ragazza.
Aveva lunghi capelli biondi, folti e mossi che le ricadevano ordinatamente sulle spalle e sulla fronte, un viso pulito e dei sottili occhi azzurri la rendevano simile ad una specie di angelo.
<< Sto saltando la seconda ora. >> precisò Akko abbassando lo sguardo sulla copertina del libro.

Quella ragazza, così carina ed elegante, era una vista deprimente per Akko, più la guardava e più si sentiva inadatta, non avrebbe mai retto il confronto.

<< Tu sei Atsuko Kagari, vero? >> domandò l'interlocutrice, Akko annuì velocemente.
<< Puoi chiamarmi Akko. >> aggiunse cercando di essere naturale.
<< L'amica di Amanda O'Neill, spero non voglia essere sospesa anche tu. >>
<< Magari ... >> si lasciò scappare la frase in preda alla malinconia, almeno con la sospensione avrebbe avuto la scusa per restare a casa, e sua madre non si sarebbe preoccupata.
Iniziò a pensare a cosa l'avrebbe fatta sospendere per qualche giorno, ignorando completamente la ragazza che la stava fissando con aria confusa.

<< Perché stai piangendo? >> chiese dopo almeno un minuto di silenzio, Akko si toccò la guancia sentendola umida, non si era accorta di aver cominciato a piangere, non ne sapeva nemmeno il motivo.
<< Oh ... scusa ... >> si alzò facendo scricchiolare la sedia contro al pavimento.
<< Stai bene? >> domandò la ragazza provando ad avvicinarsi, Akko fu troppo veloce e prima che se ne potesse accorgere era già uscita dalla biblioteca.

<< Che ragazza particolare. >> sospirò la bionda prima di afferrare il libro su cui Akko stava sonnecchiando poco prima.
<< Scusi — disse avvicinandosi all'anziana bibliotecaria — posso prendere in prestito questo libro? >> porse il romanzo alla donna, la quale annuì con un sorriso.
<< Nome? >> chiese prendendo il registro dei libri dati in prestito.
La bionda porse la carta che la scuola aveva fornito ad ogni studente, sopra c'era scritto il nome, la data di nascita ed un codice diverso per ognuno, era essenziale per la mensa, la biblioteca ed i club.
La donna afferrò la tessera.
<< Diana Cavendish, codice 2134. >>

Quella giornata era certamente andata meglio del previsto, le sue amiche sembravano trattarla come sempre e i professori non avevano fatto alcuna domanda riguardo alle sue assenze. A breve sarebbe tornata a casa, sua madre sarebbe stata più tranquilla e lei avrebbe potuto tornare nella sua amata camera.

<< E dopo ha detto tipo "Kagari! Cosa stai facendo con quel cellulare!" E io " Niente prof" allora mi dice di alzarmi così lancio il telefono sulle gambe di Costanze e mi alzo tutta tranquilla, l'avete vista la sua faccia? Era stupenda. >> raccontò appoggiandosi all'armadietto, in attesa che Sucy trovasse il suo libro.
<< Costanze non ti ha rotto il telefono? >> domandò Lotte confusa.
<< Sì beh, ha detto che le serve la batteria così l'ho data a lei, tanto era vecchio comunque. >> giustificò la mora scuotendo la mano da sinistra a destra.

<< Atsuko Kagari. >> la voce familiare fece voltare di scatto la ragazza giapponese, ad appena un metro si ritrovò la ragazza che le aveva parlato precedentemente in biblioteca.
<< Sei nei guai Akko. >> sussurrò Sucy soddisfatta << noi andiamo. >> aggiunse trascinando via Lotte.

Akko deglutì sperando non avesse davvero fatto qualche disastro inconsapevolmente.
<< Qualcosa non va? >> Chiese allontanandosi dall'armadietto per dirigersi verso la ragazza.
<< Mi chiamo Diana Cavendish. >> si presentò la bionda porgendo la mano con un gesto educato.
<< Piacere..? >> ricambiò la stretta di mano
<< Sono venuta a portarti questo. >> disse Diana offrendo il libro alla mora.
<< Io in realtà ... non sono un'amante della lettura ... lo stavo solo usando come cuscino ... >> ammise Akko imbarazzata da se stessa.
<< Lo so ... ma credo che tutti debbano leggere certe cose. >>
Akko afferrò il libro senza protestare oltre, non sapeva cosa quella ragazza volesse ma sarebbe stato al quanto scortese non accettare.
<< È da restituire entro un mese, i miei dati li trovi nell'ultima pagina. >> concluse con un sorriso << Spero di rivederti. >>

<< Anche ... io ..? >>

Ok, so, sono il Raiden del 22 novembre 2021, questo capitolo l'ho scritto alla fine dello scorso anno scolastico credo, ero davvero distrutto e mi sentivo malissimo, è per questo che il capitolo risulta così deprimente, farò un seguito se ne vorrete uno e magari potrei anche trasformare questa breve one shot in un racconto a parte fatemi spare.

P.S.
L'anno scorso avevo diversi problemi a scuola a causa dell'ADHD, il disturbo da deficit di attenzione per capirci meglio, che non sapevo di avere. Mi mettevo pressione e sentivo di essere una delusione costante a scuola, e diciamo che la mia bassa autostima non aiutava come mi vedevo facendomi credere di essere inadeguata, facendomi credere che il mio corpo non andasse bene (in parte anche causa della Disphoria). Ora sto andando da uno psicologo per l'ADHD, mi sono messo a fare ginnastica e mi sento decisamente meglio e cosa più importante ho degli amici davvero fantastici che mi aiutano quando le cose non vanno a casa. Magari non vi interessa ma era per dirvi che in principio questa fanfiction era per sfogarmi e riversare le mie frustrazioni su Akko (povera malcapitata). Spero che questo spieghi qualcosa

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