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Ricordati di me


«Ti amo tanto» scoppio a piangere stringendo la giacca di James, appoggiata al suo petto. Le sue braccia mi circondano con un'abbraccio affettuoso, un'abbraccio di cui ho tremendamente bisogno.
I funerali non sono neanche iniziati e già sono in lacrime.
Lacrime amare, consapevoli, colme di dolore e rimpianto.
È come se mi avessero strappato il cuore, lo avessero fatto a pezzi.
È come se mi avessero tagliato braccia e gambe, avessero distrutto la mia mente.
È come se una spada affilata si fosse infilzata in me, rendendomi impossibile alzarmi.
Tiro su con il naso e  mi asciugo le lacrime. La camicia nera di James è bagnata, i suoi occhi lucidi, i capelli disordinati.
«Vuoi che dica a Petunia che non ce la fai?» mi chiede accarezzandomi i capelli. Io scuoto la testa e mi volto, scontrandomi con il mio riflesso nello specchio dalla cornice dorata in camera mia.

Pessima idea girarmi

Le braccia di James mi circondano la vita, mentre lui mi lascia un dolce bacio sulla guancia. Mi sorride amaramente e struscia il suo naso contro il mio collo.
«Andiamo.» sussurro baciandolo un'ultima volta. Infilo in mio trench scuro ed esco dalla stanza, con James accanto. Lui si sistema la cravatta nervosamente e io mi fermo a guardarlo per un'istante.
È talmente bello, anche nel dolore.
Perché James soffre, soffre del mio dolore.
Lo ha assorbito, lo ha fatto suo, solo per sollevarmi.
Prendo dolcemente il bavero della sua giacca e incastro il mio sguardo nel suo, con un sorriso.
«Grazie» gli sussurro ad un soffio dal suo viso. Lui tira un'angolo della bocca, mi regala un bacio sul naso e mi stringe la mano, tenendola tra le sue.
«Ricordati di me, ricordati che ci sono.» sussurra lui. Io sorrido, annuisco e comincio a scendere le scale, tendendolo per mano. Petunia e Vernon ci aspettano in piedi nel salotto. Tento di ignorare la stanza attorno a noi, dove ho vissuto così tanti momenti felici della mia vita e alzo la testa.
«Alla buon'ora.» sputa lei, acida. È sempre stata così, e lo sarebbe stata per sempre; non si sarebbe mai accorta che soffrivo anche io. Era preoccupata solo e soltanto del suo dolore, come se fosse l'unica. 
È già passato il momento in cui mi incolpava di aver provocato la morte dei nostri genitori, e di sicuro non sarà l'unico. Non resterà un momento di ceco dolore, di pura pazzia, di sofferto tentativo di riscatto dagli inferi. No, sarà una costante. Un doloroso spillo puntato nelle nostre fronti, una spada sopra le nostre teste, pronta a cadere quando lei non accetterà la realtà.
«Andiamo.» fa Vernon, cupo.
Rivolgo un'occhiata sofferente a James, mentre lui mi guida tra i corridoi. Mi aiuta a salire in macchina, e poi si sistema al mio fianco.
«Andrà tutto bene.» mi sussurra baciandomi il dorso della mano.
Ci credo James
Solo se me lo dici tu

     ***

Il silenzio mi trapassa il cervello, mi distrugge la testa, mi piega al dolore.
Muovo la mia forchetta nel piatto, accusando un vuoto nello stomaco.
Petunia e Vernon, davanti a me, mangiano tranquillamente, trattenendosi dal chiacchierare per contegno.
James sfiora la mia gamba con il suo ginocchio. Accenno un sorriso e torno a preoccuparmi dei miei pensieri, che minacciano di farmi impazzire. Le immagini di stamattina di susseguono nella mia mente; le due bare, la chiesa fredda, gli sguardi delle persone, le lacrime. L'erba attorno alle lapidi, le mie urla, gli schiaffi di Petunia.
Stringo gli occhi, batto le palpebre, mi concentro sul piatto pieno davanti a me.

Non piangere Lily
Non ci provare neanche

«Vado a pagare il conto.» borbotta Vernon, alzandosi. Quando torna lancia un'occhiata gelida a me e al mio piatto. Usciamo dal triste ristorante dove abbiamo passato la sera e ci salutiamo. Loro se ne vanno, diretti al loro nuovo appartamento, tenendosi per mano, borbottando parole cattive sul nostro conto.
E no, non me la dimenticherò mai l'ultima occhiata che Petunia mi ha rivolto. Quell'ultima freccia di ghiaccio che si è conficcata nel mio cuore. Ha messo radici nella mia mente, ha preso spazio nei miei sentimenti, lasciandomi pietrificata.
«Vuoi tornare a casa tua?» mi chiede James, stringendomi le mani nelle sue.
Scuoto la testa, senza proferire parola.
«Ti va di venire da me?» alzo lo sguardo, incrociando i suoi occhi castani.
«I miei non ci sono, e domani potremmo riposarci. Abbiamo una piscina.» aggiunge alla fine, sorridendo come un bambino. Io annuisco e mi stringo a lui prima di smaterializzarci.

Ehiiii peopleeeee
Ecco a voi un capitolo formato secchio di tristezza.
Dovevo scriverlo purtroppo, e mi dispiace non sia molto lungo, né particolarmente interessante, ma nel prossimo cercherò di stupirvi
Che ne pensate di Petunia?
Quanto amiamo James?
Tanto, lo so
Vi amo ma da un paio di metri di distanza
Andate in pace (lontani dal corona possibilmente)
A presto
Lily❤️❤️

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