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49. Linee

Sebastiano ricordava che c'era stato un tempo in cui non andava d'accordo con la matematica.
Continuava a collezionare insufficienze e nemmeno gli importava di giustificarsi coi suoi genitori, o provare almeno a capirci qualcosa.
Poi, però, Alex gli aveva proposto di andare in vacanza con la sua famiglia nell'estate che sarebbe arrivata, e così Seba aveva chiesto a suo padre il permesso per poter partire col suo amico.
La risposta era stata molto semplice e chiara: se avesse preso almeno una sufficienza in matematica, allora avrebbe avuto il permesso di andare con la famiglia del rosso.
Sebastiano aveva studiato come un pazzo per recuperare tutto quello che non sapeva, per capire le nozioni base e riuscire a fare i calcoli che tanto lo facevano uscire di testa.
Così, dopo due mesi in cui si era fatto aiutare dal suo migliore amico con esercizi e spiegazioni, era riuscito a prendere un 6+.
Più.
C'era addirittura il più accanto a quel voto.
Quello doveva significare che non era semplicemente sufficiente, ma c'erano i margini per poter migliorare e recuperare la pessima media che aveva in quella materia.
Quelle due lineette, una in verticale e una in orizzontale, avevano dato a Sebastiano il permesso di partire una settimana più tardi per la Francia, e di trascorrerne una con Alex e la sua famiglia, ed era stata una vacanza davvero meravigliosa.

Ricordava anche la sua prima fidanzatina alle elementari: dopo tanti giorni passati a guardarla dal banco dietro di lei, finalmente la maestra aveva deciso di cambiare la disposizione in classe, e lui era capitato proprio vicino ad Alice.
Si erano conosciuti un po' e avevano scoperto che entrambi andavano pazzi per il gelato della piazzetta di fronte alla chiesa, e che tutti e due amavano follemente i Pokémon.
Insomma, una bambina con quei gusti non poteva che essere l'amore della sua vita.
Così Sebastiano un giorno aveva trovato il coraggio di mandarle un bigliettino e chiederle se voleva diventare la sua fidanzatina, disegnando sotto alla domanda due quadratini con la scelta o no, e sperando che lei barrasse quella con la risposta positiva.
Aveva passato tutta la ricreazione con i suoi amici e aveva preso addirittura due goal tanto era agitato per la risposta.
Quando l'intervallo era finito e lui era tornato in classe, si era accorto che sul suo banco c'era proprio il bigliettino che aveva lasciato tra le mani di Alice, prima di scappare nei corridoi.
Col cuore che batteva all'impazzata, Seba si era avvicinato e lo aveva stretto tra le dita, poi aveva nascosto le manine sotto al banco e si era guardato attorno, accertandosi che nessuno lo stesse osservando, e aveva iniziato ad aprirlo.
Con un bellissimo inchiostro rosa fluo, la casella del era stata barrata.
Due piccole lineette, una incrociata all'altra, decretavano la risposta della sua primissima cotta.
Sì, Alice voleva diventare la sua fidanzata e loro sarebbero stati insieme e si sarebbero sposati.

Sebastiano alzò lo sguardo su Chiara.
Aveva gli occhi pieni di commozione e le labbra che tremavano appena nel cercare di trattenere le lacrime.

«Amore», disse con la voce rotta dal pianto, mentre gli andava incontro e cercava rifugio tra le sue braccia, «Diventeremo genitori.»

Due linee.
Con due piccole lineette Sebastiano aveva visto la sua vita frantumarsi in mille pezzi e aveva sentito ogni più piccola scheggia lacerargli la pelle, l'anima, il cuore.

Strinse le braccia attorno al corpo di Chiara, più per non cadere a terra che per ricambiare l'entusiasmo che la sua ragazza gli stava dimostrando, e lasciò andare le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.

Ora aveva il volto nascosto da lei; ora poteva lasciarsi andare e far uscire quella smorfia di disperazione che gli stava sfigurando il volto.

Era finita.
La sua vita era finita e lui aveva tra le braccia una ragazza che sembrava essere al settimo cielo per un dono di Dio.
Un Dio contro al quale lui ora stava mentalmente imprecando.

Si asciugò le guance in fretta, non appena sentì Chiara staccarsi da lui.
Lo guardava con quegli occhioni blu pieni di amore e gioia, e gli sorrise nel modo più dolce che lui avesse mai visto.
«Non sei felice?» gli domandò, prendendo le mani grandi di lui nelle sue piccole e ancora tremanti.

«È che... Siamo giovani, Chia', siamo davvero giovani» esalò con la voce bassa e carica di vergogna.

La verità è che sicuramente, se non avesse conosciuto Léon, lui sarebbe stato anche felice di quella notizia. Aveva sempre immaginato dei bambini nella sua vita, e la relazione con Chiara sembrava essere così solida che con molta probabilità l'avrebbe pensata come lei, in una situazione normale: erano giovani, sì, ma era comunque un qualcosa che avrebbero cercato prima o poi. Adesso, invece, gli sembrava tutto estremamente sbagliato, tutto un complotto fatto per sabotare la sua felicità, la sua vita.

«Lo so, ma sono sicura che ce la caveremo alla grande. Insomma, ci amiamo, stiamo insieme da quasi tre anni e stiamo per diplomarci. Saremo due grandi genitori, amore, ne sono sicura» rispose entusiasta lei, prima di gettarsi di nuovo tra le sue braccia.

Lui, invece, avrebbe voluto gettarsi solamente da un treno in corsa, in quel momento.
Guardò di nuovo il test di gravidanza che Chiara aveva fatto davanti a lui, appoggiato sul mobiletto del bagno, per assicurarsi di non aver visto male.
Le due linee sembravano ancora più marcate di prima, e lui sentì qualcosa spezzarsi definitivamente dentro.

Il tragitto da casa a scuola sembrò di una lunghezza devastante; Sebastiano non aveva letteralmente chiuso occhio quella notte e Chiara si era presentata a casa sua alle 6:45, ormai impaziente di fare quel maledetto test di gravidanza.

Per tutto il tempo l'aveva tenuto per mano e aveva farneticato sui progetti futuri: dove avrebbero dovuto prendere casa; quante cose sarebbero servite al bambino; quando sarebbe stato opportuno prenotare la prima ecografia...

Sebastiano si era trascinato al suo fianco senza essere davvero lì con la testa.
Era già da Léon, lui, e cercava dentro di sé un modo per dare la notizia che avrebbe realmente sancito la fine di tutto ciò che c'era stato tra loro.

Niente più baci.
Niente più ricette cucinate insieme a casa sua.
Niente più Isabelle.
Niente più Sébastien.

Arrivarono a scuola un quarto d'ora prima che suonasse la campanella, dopo essersi fermati a fare colazione al bar perché, come aveva detto Chiara, quello era un giorno da festeggiare con le brioches preferite di Seba, quelle del bar sotto i portici. Lo stesso bar in cui per la prima volta aveva visto Léon.
Quanto sapeva essere puttana la vita, a volte.

I loro amici erano tutti radunati davanti al cancello d'entrata e, appena Alex si spostò per dare un calcio ad Andrea per chissà quale motivo, ecco che la figura del francese fece la sua comparsa.

Aveva pestoni grandi quanto i suoi, e gli occhi erano più spenti del solito, più vuoti. Seba li poteva vedere anche da quella distanza.

Attraversarono la strada insieme e li raggiunsero, Chiara col sorriso raggiante sul volto e Sebastiano con gli occhi lucidi di disperazione.

«Allora? Abbiamo davanti a noi due futuri genitori?» domandò Andre.

Tutti sapevano che quel giorno Chiara avrebbe fatto il test, e tutti sapevano quanto era impaziente di sapere se sarebbe diventata mamma o meno.

Per quanto sembrasse impossibile, la sua ragazza ampliò quel sorriso ancora di più e iniziò ad annuire senza riuscire ad emettere un suono, se non un gridolino di felicità che si lasciò scappare quando Giada corse ad abbracciarla.
Saltavano come due bambine in un negozio di caramelle, quelle due.

Sebastiano invece si era limitato a prendere le pacche dei suoi due amici, mentre guardava Léon con gli occhi ricolmi di scuse nei suoi confronti.
Non glielo avrebbe mai perdonato, lo sapeva già.

Il francese gli aveva da poco dimostrato di fidarsi completamente di lui, tanto da raccontargli delle cicatrici che portava dentro e fuori di sé, e lui lo stava praticamente abbandonando a sé stesso.

Seba lo vide fargli un mezzo accenno di sorriso, che somigliava più ad uno di quei ghigni strafottenti che metteva su quando si erano appena conosciuti, e poi lo sentì accampare una scusa qualsiasi per potersi allontanare.

Lo guardò mentre si faceva spazio tra la marmaglia di studenti sparsi per tutto il piazzale.
Lo guardò fino a che la sua schiena non divenne un piccolo puntino lontano e indistinguibile tra la folla.
Lo guardò finché i suoi occhi riuscirono a tenere a fuoco la sua immagine, prima che si sfocasse con le lacrime che lui stava cercando di trattenere.

«Che cazzo farai adesso?»
Alex sembrava addirittura più preoccupato di lui in quel momento. 

La bidella era arrivata nella loro sezione cinque minuti prima per avvisare che la professoressa di italiano non sarebbe stata presente, quella mattina, quindi  avrebbero avuto la prima ora libera, e i ragazzi ne avevano approfittato per scendere in cortile a fumare una sigaretta.

Avevano lasciato in classe Chiara e Giada -che ancora avevano sul volto quell'espressione incredula e felice- e Andrea, che si era bellamente sdraiato sul banco con l'intento di fare un sonnellino.

«Non lo so» rispose Seba, sputando fuori un po' di fumo.
Giocherellava con quella sigaretta come se fosse stata una bacchetta magica che poteva esaudire tre desideri.
A lui ne sarebbe bastato uno soltanto, in quel momento.

«Léon l'ha saputo stamattina con noi, quindi?»

Seba annuì, sentendosi ancora di più una merda.

«Sebastiano!»

«Ero sotto shock, cazzo. Non ho pensato a prendere il telefono e fargli una chiamata, okay?» sbraitò contro il suo amico.
Ci mancava anche lui ad aumentare i suoi cazzo di sensi di colpa.

«I tuoi lo sanno?»

«Lo sa solo Giorgio. Anzi, sapeva che c'era la possibilità, non gli ho detto che abbiamo fatto il test.»

«Merda» borbottò il rosso, passandosi la mano tra i capelli con fare agitato.

«Devi parlare con Léon. Ci sarà un modo per rimediare al casino, no?»

Seba scosse la testa lentamente.
«Ha chiaramente detto che si sarebbe tirato fuori dai giochi se Chiara fosse stata incinta.»

Alex annuì appena, dimostrando di aver preso coscienza di quella notizia. Non sembrava nemmeno stupito, ma in fondo c'era da aspettarselo, d'altronde Léon aveva legato molto con lui e sicuramente una mossa del genere il rosso la poteva comprendere bene, mettendosi nei panni di Léon.

«Senti... Tu stai così per la notizia che diventerai padre, o anche per lui? Cioè... Era tipo una cosa di "divertimento", o c'era altro tra voi?»

Seba mise su uno dei suoi rari sorrisetti strafottenti.
«Sono nella merda» rispose soltanto, sperando che Alex capisse quali erano le reali parole nascoste dietro a quelle che aveva pronunciato.

Non è che non si fidasse del suo amico, il problema era ben diverso: il problema era che non aveva avuto modo di dire i suoi sentimenti nemmeno a Léon, anche se lui lo aveva capito, e non gli sembrava corretto dirli prima a qualcuno che non fosse il diretto interessato.

Che lo amava, Léon doveva essere il primo a saperlo e sentirlo.

«Mi dispiace, cazzo» cercò di confortarlo Alex, dandogli una pacca sulla spalla e attirandolo verso di sé in un abbraccio goffo.

Erano amici da anni, migliori amici anzi, ma di certo non erano due tipi affettuosi uno con l'altro.

Sebastiano guardò l'orologio e vide che mancavano venti minuti alla fine dell'ora libera, quindi iniziò a incamminarsi verso l'entrata insieme al rosso.

«Vado un attimo in bagno, ci vediamo in classe» disse proprio rivolto a quest'ultimo, prima di prendere le scale e salire al terzo piano.

Mandò un messaggio a Léon chiedendogli di raggiungerlo e si appoggiò con la schiena al termosifone fissando la porta d'entrata.
Si spalancò quattro volte nei minuti che rimase ad aspettarlo, ma la sua figura non apparve mai davanti ai suoi occhi.

Guardò il telefono più e più volte per assicurarsi che avesse ricevuto e letto il messaggio; le spunte erano blu, di un blu davvero fastidioso, quel giorno.

Magari il professore non gli aveva dato il permesso di uscire.
Magari c'era già un altro compagno fuori; si sa che in due non ci si può assentare.
Magari Léon era davvero andato al bagno giusto cinque minuti prima che Seba gli mandasse il messaggio, e non aveva potuto chiedere di andare di nuovo.

Magari, invece, si stava mettendo da parte proprio come aveva detto.
E Sebastiano non era decisamente pronto.

Spazio S.

Scappo?
Scappo!!!
A domani 🏃‍♀️

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