26. Qualcosa Di Strano
Alex era confuso.
Era almeno una settimana che nel gruppo si respirava un'aria strana, pesante.
Pensava e ripensava, eppure non riusciva a sbrogliare quella matassa di dubbi che gli frullavano in testa.
All'apparenza era tutto come sempre, ma c'erano state occhiate che a lui non erano sfuggite.
Non avrebbe saputo dire con precisione cosa non andasse, però c'era qualcosa che non lo convinceva.
Era domenica mattina, lui e i suoi amici si erano ritrovati al bar per fare colazione tutti insieme e il rosso stava tentando di capire cosa gli sfuggisse.
Guardò tutti, uno per uno, e cercò di convincersi che fosse solo una sua sensazione, che tutto andasse bene come al solito.
Andrea stava raccontando della sua ultima conquista, vantandosi di essere riuscito a far capitolare una ragazza di ben cinque anni più grande.
Giada e Chiara stavano confabulando tra loro come al solito; probabilmente l'argomento erano i capelli, dato che Giada stava mimando un taglio con le mani.
Mathias guardava il cellulare per i fatti suoi, da perfetto estraneo qual era; Alex proprio non riusciva a capirlo.
Era arrivato da ormai due settimane e non aveva legato con nessuno.
Per carità, non si aspettava certo che diventasse il migliore amico di questo o quello, ma almeno una chiacchierata ogni tanto... E invece no, era sempre con Léon, manco fosse la sua guardia del corpo, e interagiva solo ed esclusivamente con lui. Agli altri riservava qualche battutina ogni tanto, specialmente a Seba.
Seba...
Alex si soffermò con lo sguardo anche su di lui; negli ultimi giorni era davvero strano il suo amico.
Sembrava sempre teso, nervoso, e ogni volta che il francese gli rivolgeva la parola lui pareva irrigidirsi.
E Léon non era da meno! Anche lui stava covando qualcosa, ne era certo.
Sembrava aver rimesso su quel modo di fare che aveva agli inizi con Sebastiano, quando gli aveva confidato che stava cercando di tenersi alla larga da lui perché aveva intuito di non stargli troppo simpatico.
Ma le cose erano cambiate, no? Erano diventati amici, o almeno quella era l'impressione che aveva avuto lui.
E allora perché, tutto d'un tratto, era diventato di nuovo così freddo?
Eppure non si risparmiava di chiedere favori al castano; proprio il giorno prima gli aveva chiesto di passare a prendere in macchina lui e Mathias, nonostante Alex avesse detto che lo avrebbe fatto lui stesso, dato che abitavano uno affianco all'altro.
Non c'era stato nulla da fare, il francese era stato irremovibile.
L'arrivo di un messaggio lo fece distrarre da tutti quei pensieri e, quando scorse il nome di Filippo sul telefono, Alex non riuscì a trattenere un sorriso.
Nessuno dei suoi amici lo sapeva, ma il rapporto col suo professore di educazione fisica stava ancora andando avanti.
Era iniziato tutto durante l'estate.
Alex lo aveva incontrato per caso in un pomeriggio di luglio, un giorno in cui aveva avuto la malaugurata idea di andare a correre.
Era nervoso, lo ricordava bene, perché aveva appena discusso coi suoi genitori.
Non sopportava il fatto di dover avere sempre ospiti in casa; non si sentiva mai libero di poter fare quello che voleva, fosse anche solo ascoltare musica a tutto volume in camera sua.
E invece no, perché secondo sua madre era da maleducati, così come il girare senza maglietta per casa.
Alex era un ragazzo dall'animo libero, pertanto odiava avere tutte quelle regole da seguire.
Così, dopo l'ennesima litigata su quali fossero i modi appropriati da usare in presenza di un ospite, aveva deciso di sfogare la rabbia facendo una bella corsa.
Era un caldo asfissiante e Alex si era diretto verso il parco, sperando di trovare almeno un po' d'ombra.
Si era imbattuto in Filippo, fermo su una panchina, mentre si teneva la caviglia con una mano e aveva l'espressione dolorante in volto.
Il rosso lo aveva spiato per un po' da dietro un cespuglio, aveva osservato i capelli biondi legati in un codino alto, gli occhioni azzurri che lo avevano colpito fin da subito e quel fisico statuario che sembrava urlare: "guardatemi".
E lui lo aveva fatto, eccome se lo aveva guardato!
Ricordava ancora tutte le volte che, alla fine di un'ora di lezione insieme a lui, era stato costretto a chiudersi in bagno per dare sfogo alla sua eccitazione.
Decisamente, il professor Martinelli era un uomo davvero sexy.
Si era avvicinato a lui, salutandolo con un "Salve, prof, problemi?" e aveva visto una scintilla brillargli negli occhi.
Dopo pochi convenevoli si era proposto di aiutarlo a tornare a casa, facendogli da appoggio per tutta la strada.
Quelli erano stati i seicento metri più difficili della sua vita.
Martinelli era sudato e il suo odore aveva rischiato di mandare Alex in tilt più volte in quei minuti.
Senza contare che, per non fargli sforzare la caviglia, lo stava praticamente abbracciando.
Aveva deciso che, una volta arrivati dentro casa, si sarebbe accertato che stesse meglio e sarebbe scappato via di corsa.
E invece Filippo gli aveva chiesto di rimanere ancora, di dargli del tu quando erano fuori dalla scuola, di mangiare qualcosa insieme e, infine, di passare la notte da lui.
Una delle giornate più belle della sua vita.
Il giorno dopo Alex si era svegliato presto e, mentre il padrone di casa ancora dormiva beato nel letto in cui avevano fatto sesso per quasi tutta la notte, lui se l'era svignata.
Sarà più facile così, aveva pensato.
Ma il suo professore lo aveva sorpreso ancora una volta nel pomeriggio, quando gli aveva inviato un messaggio sul cellulare chiedendogli se avesse idea di quanto fosse stato difficile recuperare il suo numero di telefono.
Si era ritrovato a sorridere, il rosso, e si era scusato per quella fuga all'alba.
La stessa sera si erano incontrati di nuovo, e di nuovo lui era stato così bene, da sentire le farfalle nello stomaco.
Filippo era fantastico.
Aveva sette anni in più di lui ma non glielo aveva mai fatto pesare; nemmeno quando Alex, in preda ad un attacco di gelosia, gli aveva fatto una scenata da checca isterica.
Aveva capito, Filippo, e quella volta gli aveva detto che lui aveva occhi soltanto per un certo ragazzo dai capelli di fuoco.
Era iniziata così la loro storia, un rapporto che non aveva ancora potuto vedere la luce del sole, ma che faceva brillare gli occhi di entrambi.
Alex non se l'era sentita di raccontarlo agli amici, non perché non si fidasse di loro, ma semplicemente per tutelare il rapporto con quello che era il suo professore.
Non poteva rischiare che qualcuno facesse domande indiscrete a scuola.
Non poteva permettersi che qualcuno captasse per sbaglio un dettaglio di quello che loro avevano fuori dall'istituto.
Per ora la versione ufficiale era che avevano avuto un rapporto occasionale, nulla di più.
Doveva e voleva proteggere la loro storia e, una volta finita la scuola, ne avrebbe parlato a tutti.
Avrebbero capito, ne era certo.
Rispose velocemente a Filippo -che gli aveva chiesto di fermarsi a dormire a casa sua, quella sera- e poi vide i ragazzi iniziare ad alzarsi.
Si mise in piedi anche lui e fece per prendere il portafoglio, quando uno stralcio di conversazione tra Seba e Léon lo indusse a fermarsi.
«Paghi tu per me e Mathias?» aveva chiesto il francese.
«Pago per te, al massimo. Lui se lo può scordare.»
«Ma è mio amico, e gli amici degli amici vanno trattati bene...»
Alex vide Seba scuotere la testa e mettere su un sorriso amaro.
«Te l'ho già detto e te lo ripeto: io e te non siamo proprio un cazzo.»
Poi si era avviato alla cassa e aveva pagato la sua consumazione e quella di Léon.
Qualcosa non quadrava, decisamente.
Alex venne svegliato dal profumino di caffè che invase la camera da letto, quel lunedì mattina.
Si stiracchiò appena, poi infilò al volo un paio di pantaloni e decise di raggiungere Filippo.
Lo trovò in piedi davanti ai fornelli e si perse un attimo ad ammirare la sua figura.
Anche di schiena era bellissimo.
Aveva le spalle larghe, e i capelli legati mettevano in bella mostra il collo lungo. Alex adorava morderlo.
Per non parlare del culo: Filippo aveva davvero un culo spettacolare, alto e sodo, e il rosso adorava mordere anche quello.
Gli si avvicinò con passo felpato e allungò le mani verso i suoi fianchi nell'intento di spaventarlo.
«Il tuo profumo arriva molto prima di te» si sentì dire, invece.
Alex sbuffò, si accostò al più grande che stava sghignazzando e posò un bacio sulla sua spalla.
«Buongiorno» gli disse sorridendo.
Filippo si voltò e allacciò le braccia al suo collo.
Era più vecchio di lui, eppure Alex lo sovrastava di almeno dieci centimetri, e adorava questa cosa. Lo faceva sentire importante, in qualche modo.
«Oggi hai lezione con me all'ultima ora» disse, mentre con una mano scendeva lentamente lungo la schiena del rosso, fermandosi su una natica e strizzandola con foga, «Pensi di riuscire a tenere a bada gli ormoni?»
Alex si spinse in avanti, facendo scontrare i loro bacini e rendendo l'atmosfera improvvisamente elettrica.
«Non saprei, prof... Lei pensa che riuscirà a non mettersi troppo spesso in posizioni provocanti? Sa com'è... Qualcuno potrebbe accorgersi che le fisso il culo.»
Un dito del più piccolo disegnò il contorno delle labbra di Filippo, già schiuse per l'eccitazione, e poi si introdusse in bocca.
Il più grande lo leccò per bene e lasciò che Alex lo mettesse piano dentro di lui, mentre con l'altra mano aveva preso a masturbarlo.
Il rosso poteva vedere gli occhi di Filippo farsi scuri, tanta era l'eccitazione che lo stava pervadendo.
Aggiunse un secondo dito e, mentre il compagno iniziava a gemere dal piacere, si abbassò i pantaloni.
Lo prese lì, dopo averlo girato di schiena e averlo fatto appoggiare al ripiano della cucina.
Adorava perdersi dentro di lui, sentire la sua carne bollente e i suoi ansimi.
Una spinta, due, tre.
Aumentò la velocità quando capì di aver colpito il punto esatto, quello che avrebbe fatto impazzire Filippo.
L'orgasmo li raggiunse quasi nello stesso momento, lasciandoli ansimanti, stremati e sorridenti.
Filippo si voltò e baciò il rosso con la sua solita passione.
«Come farò quando ti stancherai di me?» gli chiese tra un bacio e l'altro.
Alex sorrise e lo accarezzò piano.
«Questo non credo succederà mai.»
Il professore lo guardò con l'espressone allegra e si fiondò tra le sue braccia.
Sì, quel lunedì era cominciato decisamente bene.
Alex arrivò a scuola con un po' di anticipo. Gli piaceva chiacchierare con i suoi amici e fumare una sigaretta in pace prima di entrare.
Seba, Léon e Mathias erano radunati vicino al cancello, e da lontano vide anche Chiara e Giada avvicinarsi.
Che strano... Gli altri arrivavano sempre un po' prima, ma Seba era un ritardatario cronico. Solitamente si palesava proprio quando la campanella iniziava a suonare.
Si avvicinò ai ragazzi e li salutò, approfittando della distrazione dei due francesi per chiedere al suo amico come mai fosse arrivato così presto.
«Sono andato a prendere Léon» si sentì rispondere.
Il rosso strabuzzò gli occhi. Non aveva passato la notte a casa, ma questo ovviamente il francese non lo sapeva; perché mai non aveva chiesto a lui un passaggio?
«Ragazzi, voglio prendere un cagnolino e mi sto allenando a insegnare i comandi base con Sébastien, guardate! Seba, abbaia!»
Alex spalancò gli occhi ancora di più e si voltò verso il suo amico, giusto in tempo per vederlo sospirare rumorosamente.
«Bau, bau» fu quello che sentì uscire dalla bocca del più piccolo.
Frenò appena una risata, poi si rivolse proprio a lui.
«Seba, stai bene?»
Per tutta risposta, il castano lo guardò esasperato.
«Okay, guardate questa: Sébastien, salta!»
Il diretto interessato si passò una mano tra i capelli con fare stizzito, poi fece due saltelli.
Le ragazze assistevano a quella specie di scenetta con l'aria divertita.
«Ma quanto siete scemi» disse Giada.
«Bene, questo spettacolino lo continuiamo più tardi. Ho assolutamente bisogno di parlarti di una cosa» decretò Alex, afferrando Léon per un braccio e trascinandolo con sé.
«Ci vediamo in classe!» urlò rivolto agli altri.
Non si fermò nemmeno a rispondere a Mathias -che aveva sentito brontolare alle sue spalle- in quel momento aveva qualcosa di assolutamente più importante da fare.
Arrivati dietro l'edificio scolastico tirò Léon davanti a sé e lo guardò con aria truce.
«Si può sapere che cazzo sta succedendo?»
Il francese arcuò le sopracciglia in un'espressione sorpresa.
«In che senso?»
Dio, Alex odiava quando faceva il finto tonto.
«Non prendermi per il culo, Léon. Che cazzo state combinando tu e Sebastiano?»
Il francese distolse gli occhi dai suoi, segno che Alex aveva fatto centro con quella domanda.
Abbassò la testa e iniziò a giocherellare con la manica di una felpa.
Il rosso aveva imparato a conoscerlo, in quei mesi, e sapeva che c'era qualcosa che non andava.
«Non succede niente...» tentò il più grande.
«Léon, guardami!»
Finalmente gli occhi grigi del suo amico tornarono nei suoi, e Alex ci vide dentro un'emozione che non avrebbe saputo decifrare, ma che si avvicinava pericolosamente alla disperazione.
«Ho bisogno che mi odi, Alex. Non so più che cazzo fare, io...»
Non riuscì a finire di parlare, un singhiozzo lo aveva scosso e lui si era precipitato a nascondere una lacrima sfuggita al suo controllo.
Alex era decisamente preoccupato per quella reazione, e quella spiegazione lo aveva lasciato a dir poco confuso.
«Mi spieghi perché mai dovrebbe odiarti? Non è questo che si fa quando ti piace una persona.»
«Ma la persona che piace a me è impegnata, e noi stavamo passando troppo tempo insieme! Io non ce la facevo più, capisci? Ho bisogno che lui si allontani da me, perché mi sto intossicando! Più ne ho e più ne vorrei. E deve farlo lui questo passo, perché io so già che non ne sarei in grado.»
Alex ci aveva visto giusto, allora. Era davvero disperazione quell'espressione sul volto del suo amico, poco prima. E ora si era mescolata alla rabbia. La rabbia di quando vuoi disperatamente una cosa che sai di non poter ottenere.
«Sì, ma così-»
Léon non gli diede modo di finire la frase.
«Così niente. Arriverà ad un punto in cui mi odierà definitivamente, poi torneremo come agli inizi. Insieme nel gruppo, ma senza calcolarci più di tanto» disse abbassando di nuovo lo sguardo.
«Ma almeno prima eravate amici! Insomma, so che non era quello che volevi, ma era qualcosa!»
Il francese fece spuntare un sorriso amaro sulle sue labbra.
«Era un qualcosa che non mi bastava più e che mi stava logorando piano piano.»
Alex annuì con un'espressione dolce.
Sapeva bene cosa voleva dire avere una cotta per qualcuno che non avrebbe mai potuto ricambiare; lui stesso c'era passato, poco tempo prima, e aveva sofferto così tanto che non poteva dare tutti i torti al suo amico.
C'era una cosa, però, che non gli andava a genio.
«Trova un modo alternativo, o finiscila qui. Ti sei già fatto odiare abbastanza. Sebastiano si era comunque affezionato a te, lo stai facendo soffrire per niente.»
Léon spalancò gli occhi, come se si fosse reso conto solo in quel momento che avrebbe potuto fare del male a Seba.
Chissà, forse nei suoi calcoli aveva messo in conto la rabbia che avrebbe provato nei suoi confronti, ma non il dolore.
Non disse nulla, Léon, si limitò a fare un cenno di assenso e insieme si avviarono verso l'entrata della scuola.
Spazio S.
Primo ed ultimo capitolo da punto di vista di Alex.
Più avanti arriveranno anche quelli di Giada, Chiara e Andrea 😊
Ora vado a mettermi in un angolino perché sono arrabbiata con Léon ma anche molto triste per lui!
Ci rileggiamo mercoledì💞
Un bacio, S.
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