4. Brainstorming
Il sacchetto con la cena è ben saldo nella mia mano destra. La sinistra stringe una bottiglia di vino bianco, scelto a caso nell'enoteca sotto casa di Laurie. Mi sono trasferito da lei da qualche giorno e devo ammettere che la convivenza con la migliore amica di mia sorella è più facile di quanto pensassi. D'accordo, lo ammetto: il fatto che sia un'infermiera e trascorra fuori casa gran parte delle giornate e delle serate mi è di grande aiuto. Non ho problemi con Laurie in particolare, ce l'ho con l'idea di condividere un appartamento con una ragazza che non sia la mia. Laurie è completamente fuori di testa e siamo diventati piuttosto amici da quando è nata Emily ma non credo che potrei mai fare la lavatrice con la sua biancheria, ecco.
Ad ogni modo, puntuale come al solito, alle otto sono davanti alla porta dell'appartamento di Harper. È domenica e io le ho promesso un fine settimana di brainstorming e massaggi per vedere di riuscire a creare un piano d'attacco che possa far si che quel Michael si innamori di lei e io possa trarre dei benefici per la mia schiena. Devo ammettere che in realtà sarebbe bastato vederci solo ieri sera ma mi pare chiaro che Harper mi incuriosisca e quindi perché non approfittarne e passare con lei più tempo, dal momento che posso?
Ieri sera ci siamo visti a casa di Laurie, dal momento che era in ospedale per un turno di notte. È stata una serata piacevole, in cui ho avuto modo di scoprire che Harper non è solo incredibilmente sexy ma anche terribilmente brava a muovere le mani per sciogliere i muscoli rattrappiti della mia schiena. Nonostante io avessi proposto di fare qualcosa dopo il massaggio, lei si è dileguata con la scusa che non poteva fare tardi ma stasera non avrà scampo. È per questo che ho portato la cena. Ho intenzione di mangiare dell'ottimo sushi insieme a lei dopo il massaggio e nel frattempo provare a conoscerla ancora meglio.
La porta si apre qualche secondo dopo aver bussato. Harper appare nella sua tenuta da casa e io penso che un paio di leggins non hanno mai fasciato delle gambe così sensuali e tornite nei punti giusti.
- Sei in anticipo. – Borbotta, lasciandomi entrare.
- Sono in perfetto orario, lo sai anche tu.
- Solo gli sfigati arrivano sempre puntuali.
È incredibile come riesca ad avere sempre l'ultima parola.
- Ho portato la cena. – Dico, ignorando la provocazione e alzando il sacchetto.
Harper si volta a guardarmi e per la prima volta sembra accennare un sorriso.
- Chi ti dice che io voglia mangiare con te?
- Harper, sono le otto, scommetto che tu non abbia ancora preparato niente e io ho dell'invitante sushi pronto. In più, ti avevo avvisata: questo fine settimana lo avremmo passato insieme anche facendo altro. E a meno che tu non voglia fare sesso, il che per me andrebbe benissimo, ti conviene limitarti al pesce crudo.
- Sei disgustoso.
Faccio spallucce, poi poggio il sushi sul tavolo e mi tolgo la giacca.
La casa di Harper è la stessa in cui ci siamo rifugiati la sera in cui siamo finiti a letto insieme. Non l'ho guardata bene però quando me ne sono andato la mattina dopo, così adesso posso notare i particolari. Le foto alle pareti sono parecchie e ritraggono quasi sempre Harper e i due bambini che avevo già visto l'altra volta, uscendo. Chissà dove saranno stasera, magari con il padre. In effetti, a ben guardare c'è una certa somiglianza con Harper. Solo che lei è davvero giovane per avere dei bambini già così grandi. Chissà che storia c'è dietro e chissà chi è quel farabutto che ha deciso di abbandonarla da sola con due creature. Sarà che dopo la storia di Rebecca e Harry sono particolarmente sensibile al tema ma io non lascerei mai una ragazza da sola a crescere un figlio mio.
- Hai finito di ficcare il naso in fatti che non ti riguardano?
Harper mi spunta accanto. Si è legata i capelli e la felpa della tuta ha la zip aperta fino alla scollatura. È impossibile non guardarla. Questa ragazza sprizza sensualità da tutte le parti e anche una insulsa, orrenda tuta di ciniglia addosso a lei sembra l'abito più sexy che sia stato creato. Farei di nuovo sesso con lei, eccome!
- Loro sono...
- Ti ho già detto che non ti riguarda. Allora, lo vuoi questo massaggio o no?
- In realtà, avrei fame. Ti va se mangiamo qualcosa prima?
La bella assistente fa spallucce e mi fa cenno di seguirla in cucina. Prendo il sacchetto con la cena e le sto dietro fino all'altra stanza.
- Scusa per il casino, i bambini sono andati via ieri venerdì sera tardi e ieri non ho avuto modo di sistemare perché ho dovuto fare delle commissioni prima di venire da te.
Harper mette a tavola due tovagliette di plastica e due bicchieri, prima di prendere i tovaglioli.
In effetti in questa cucina c'è un po' di caos, ma mi piace. Ci sono le calamite colorate sul frigo, un vasetto sul davanzale davanti al lavandino e la carta delle merendine sul ripiano del forno. È un caos di vita, non di sciatteria.
- Harper Jones che si scusa? È una novità, questa.
- Smettila di fare quella faccia.
- Che faccia?
- Quel sorrisetto fastidioso.
- I bambini tornano presto?
- Tornano lunedì, dopo la scuola. Mia madre li riporta nel tardo pomeriggio. – Nasconde la faccia dietro al bicchiere di acqua che beve tutta d'un fiato. Sono io ad essere sorpreso e a sgranare i miei occhi:
- Tua madre? Io pensavo fossero con il tuo ex.
Harper tossicchia e sputa l'acqua che ha in bocca.
- Perché mai i miei fratelli dovrebbero stare con il mio ex?
- I...I tuoi fratelli?
Questa sì che è una notizia. O forse, sono solo io ad essere un deficiente. Era così ovvio che non potessero essere i figli di Harper, è troppo giovane per averne di così grandi.
- Charlotte e Jamie. – Soffia – Chi credevi che fossero?
- I tuoi...I tuoi figli.
Adesso mi sento davvero un cretino totale. Harper scoppia in una risata esagerata; capisco di aver fatto una figura di merda ma sbeffeggiarmi in questo modo mi sembra esagerato. Eppure, non posso fare a meno di pensare che in questo momento, io e lei insieme sembriamo perfettamente a nostro agio. È successo solo un'altra volta e non eravamo vestiti.
- Charlotte ha nove anni. Io ne ho ventiquattro. L'avrei fatta a tredici anni. Sei fuori di testa, Mister Architetto!
- Che ne so? Mi aspetto qualsiasi cosa da te!
- Perché? – Smette subito di ridere e io mi chiedo se abbia detto qualcosa di sbagliato. – Perché vado a letto con gli uomini conosciuti nei bar? Beh, notizia dell'ultima ora: prendo la pillola contraccettiva e non ho intenzione di avere figli al momento. – Il tono non è più scherzoso, non c'è accenno di ilarità sul suo volto.
Di certo, Harper è una che cambia l'umore molto facilmente.
- Non intendevo quello, io...
- Senti. Siamo qui solo perché ho accettato di farmi dare una mano da te per arrivare a Michael e invece stiamo mangiando sushi e tu ti stai facendo gli affari miei. Mi sembra inutile continuare. – Si alza e smette di mangiare.
- Harper, calmati. Volevo solo fare conversazione, non volevo ficcanasare.
- Noi non siamo amici, Thomas.
Adesso è il mio momento di alzarmi in piedi. Non posso credere che questa cocciuta non abbia capito che invece un amico è proprio tutto quello di cui ha bisogno. Perché è sempre arrabbiata, perché non ha nessuno con cui parlare e si tiene tutto dentro credendo di essere dura e forte e invece io l'ho percepito quel bisogno di aiuto. L'ho capito quando è bastato chiederle dei massaggi in cambio di un complice che lo aiutasse a conquistare Michael.
- Io credo proprio che tu abbia bisogno di un amico, invece! Non facciamo niente di male, non succede niente se mi racconti qualcosa della tua vita. Tu sai tutto di me, no? Sai che ho perso il lavoro, che la donna con cui uscivo mi piaceva e che sono tornato a Londra con la coda fra le gambe. Non è certo un bel quadro eppure non mi dispiace che tu lo sappia. Anche se questo mi dipinge ai tuoi occhi come un perdente. Questo perché mi fa piacere raccontare a qualcuno quello che mi è successo, qualcuno che non sia Patrick o mia sorella. Non c'è niente di male a farsi degli amici. Tutti ne abbiamo bisogno!
Ho parlato velocemente, tutto d'un fiato. Harper è disorientata, probabilmente non si aspettava di ricevere una sfuriata da me. La vedo scuotersi, spostare lo sguardo di lato e poi allacciarsi le braccia in vita.
- Io non credo che tu sia un perdente. E adesso siediti, che ti prendo la soia.
Si sposta verso la credenza e io segno un piccolo punto a mio favore.
La serata procede piuttosto tranquillamente. Harper non si sbottona più di tanto sulla sua vita personale, mi dice solo che i suoi fratelli vivono con lei da quando era al primo anno di università, ma considerato come era iniziata tra noi la cena, direi che posso accontentarmi.
- Quindi, cosa pensi che debba fare adesso con Michael? – Chiede, mentre le sue delicatissime mani massaggiano la mia schiena.
- Posso chiederti una cosa, prima?
Harper inarca un sopracciglio. So che non è contenta che le si facciano domande ma se vuole che l'aiuti, devo sapere.
- Spara.
- Perché Michael ti piace?
- Che domanda è? Non c'è un motivo per cui ti piace qualcuno. Lo guardi e pensi che sia quello giusto per te. E credimi, a me non capita spesso.
- Quindi, pensi che sia l'uomo con cui potresti costruire una famiglia?
Harper esita. Per un attimo si ferma anche con le mani e io rimpiango già quelle dita abili. Prende un sospiro e poi ritorna a lavorare sulla mia pelle.
- Credo di sì. Sempre che lui mi voglia, ovviamente.
- Harp, è impossibile non volerti.
- Ti ringrazio ma se è al sesso che ti riferisci, io e Michael lo abbiamo già fatto.
- Bene, perché d'ora in avanti non ci andrai più a letto.
- Stai scherzando?
- Te l'ho già detto, Harp. Devi farti desiderare. Lunedì puoi scrivergli che ti è dispiaciuto non essere andata con lui e magari provare a chiedergli di andare a cena. Ovviamente sarà qualcosa di informale, magari in pizzeria.
- Lunedì sera ho i ragazzi.
Sento tutto il rimpianto dell'occasione perduta nella sua voce. Devo fare qualcosa.
- Posso fare da baby-sitter.
Harper scoppia a ridere di nuovo. Credo sul serio che pensi che io sia un buffone, vista la facilità con cui riesce a divertirsi con quello che dico.
- Non ridere! Ho esperienza. Sto spesso con Emily quando Rebecca e Patrick sono fuori. E piaccio ai bambini, un sacco!
- Loro non ti conoscono, Thomas.
- Beh, i tuoi fratelli sono grandicelli, possiamo fare amicizia mentre tu andrai a cena con Michael.
Per qualche secondo Harper non dice nulla. Continua a muovere le mani su e giù sulla mia schiena, a fare pressione nei punti di maggior contrattura ma non emette parola. So che ci sta pensando. Spero solo non si chiuda nuovamente a riccio e mi dica di no. Non so perché ma voglio aiutarla sul serio.
- Facciamo così. Domattina manderò un messaggio a Michael e se lui dirà di sì, potremo discutere della faccenda del baby-sitting.
- Aggiudicato. E ora sarà meglio che vada a casa.
Non credo di poter insistere oltre. C'è una cosa che ho capito in questi giorni in cui ho iniziato a parlare con Harper: non si deve esagerare. È una che si sbottona facilmente i pantaloni ma con molta meno scioltezza riesce ad aprirsi con qualcuno. È molto facile che la fiducia guadagnata si perda anche solo con una parola sbagliata e poi recuperare è un macello. Non è una tipetta semplice e ha un gran caratterino tosto. Solo che io non ho intenzione di mollare.
Il lunedì mattina siamo tutti convocati in sala riunioni da mia sorella. Nella stanza c'è un caldo insolito. Rebecca non riesce proprio a capirlo che otto persone in uno spazio chiuso non hanno bisogno del riscaldamento a più di ventidue gradi. Risultato: qua dentro sembra di stare alle Barbados e sono certo che da un momento all'altro spunteranno piante tropicali e sabbia.
La riunione di questa mattina è indubbiamente molto importante e mia sorella è un vero genio. In soli pochi mesi di apertura, è riuscita a creare un ottimo canale di comunicazione con i brand di abiti da sposa, con le riviste specializzate e sta cercando di organizzare una sfilata con importanti marchi per la fine del mese. È per questo che stamattina, ci ha radunati tutti nella sala riunioni e ha cominciato a chiederci idee su come potremmo realizzarla e quale potrebbe essere l'appeal che potrebbe spingere le case di moda a voler partecipare.
Io sono presente in quanto gestore dei canali social e anche perché ovviamente Becky vuole che sia io ad occuparmi dell'allestimento della sfilata. Non avrei mai creduto che l'architettura potesse andare d'accordo con il mondo degli abiti da sposa ma a quanto pare, se sei una con delle visioni di imprenditorialità così futuristiche come mia sorella, riesci a far conciliare anche ambiti apparentemente lontani. Certo, se non facesse tutto questo caldo, io eviterei di sudare e sembrare un coglione e magari potrei dare il mio contributo. È che qui dentro davvero non si respira, non so come facciano le assistenti a non morire asfissiate dal momento che devono indossare quella divisa assurda.
Mi fermo a osservare Harper. Oggi ha una parte dei capelli raccolti dietro la nuca ma i suoi ricci ribelli non riescono proprio a stare in ordine. Come al solito, ha truccato parecchio i suoi occhi scuri ma non risulta comunque volgare. È tutta concentrata sul suo blocco note, so che non sta prendendo appunti perché ha l'espressione persa di chi è completamente immerso in un altro mondo. Chissà che fa; magari è una scrittrice e sta buttando giù una scena del suo romanzo. No, a ben pensarci, Harper non ha davvero l'animo della scrittrice. Forse sta facendo i conti delle bollette o la lista della spesa o magari, sta disegnando.
Ecco sì, l'animo dell'artista le si addice di più.
- Potremmo allestire così, che ne dici Tom?
Sono certo che prima di questo, Becky abbia detto almeno un altro centinaio di frasi che mi sarebbe stato utile sentire dal momento che non ho idea di che diavolo stia parlando.
- Tom? – Insiste Rebecca.
Non posso continuare a far finta che non stia parlando con me.
- Ehm...Scusa?
- Oh Cielo, ma che ti prende oggi? Dicevamo che dal momento che presenteremo delle collezioni primavera/estate, potremmo ricreare uno scenario botticelliano ma in chiave moderna.
- Non male. Potremmo allestire dei pannelli al led. – E spero davvero di non aver detto un'idiozia.
- Idee su cosa rappresentare dai pannelli? – Chiede Rebecca.
Immagino che il senso del brainstorming di stamattina sia proprio questo: raccogliere le idee e poi tirare fuori qualcosa di decente da spiegare agli stilisti che mia sorella ha intenzione di invitare. È il mio lavoro, anche se non sono un creativo, sono comunque un architetto e questo è il primo lavoro nel mio campo di specializzazione da quando sono da Miss Bridal. Non posso lasciarmi scappare l'occasione, ne va della mia autostima, già notevolmente compromessa dagli accadimenti dell'ultimo periodo.
- Potremmo sovrapporre immagini della Venere e della Primavera di Botticelli con gli abiti che sfileranno. – Propone Letizia.
Devo ammettere di averla sottovalutata.
- O con dei bozzetti. – Rilancio.
A quella parola, Harper sembra destarsi. Sono certo che non abbia capito un'acca di quanto detto fino adesso ma appena ho pronunciato la parola magica, la sua attenzione è stata completamente catturata.
- Bozzetti? Nessuno disegna qui, a parte Harper e me. – Precisa Rebecca.
- Appunto, potremmo far scorrere sui pannelli al led i vostri bozzetti.
- Tom ma...
- Non abbiamo una collezione con il marchio Miss Bridal. – Incalza Harper – E poi io non disegno.
Inarco un sopracciglio. Qualcosa mi dice che sta mentendo. C'è troppa urgenza nei suoi modi di fare, troppa foga nel voler chiudere l'argomento.
- Ma la sfilata sarà non prima di gennaio. – Riprendo, sfoggiando un sorrisetto compiaciuto. – Avete tutto il tempo di lavorare ad almeno cinque modelli da proporre.
- Sì ma le tempistiche della sartoria potrebbero non coincidere. Le sarte hanno già tanto lavoro con gli abiti da sistemare per le nostre spose, non possiamo pretendere anche gli extra.
Rebecca sembra sconsolata. So che l'idea di una sfilata con i primi abiti di produzione Miss Bridal è quello che vorrebbe da tutta la vita e io non capisco perché non colga l'occasione.
- Non dovranno fare extra. Basta organizzare il lavoro in modo diverso. – Insisto.
Sento gli occhi infuocati di Harper puntati addosso. Non so cosa le prenda ma all'improvviso ha messo il muso, sembra furiosa e ovviamente ho intenzione di approfondire il prima possibile, non appena questa riunione sarà conclusa.
- Io so cucire, Rebecca. Se serve, posso dare una mano. – Si offre Felicia, la più minuta di tutte le assistenti assunte da Becky, con i capelli cortissimi e completamente ossigenati.
- Solo cinque abiti, Bec. – Sussurro quasi, mentre guardo negli occhi mia sorella.
So che ha bisogno di incoraggiamenti quando si devono assecondare le sue iniziative un po' pazze.
In realtà, non so davvero perché lo sto facendo. Sono ben consapevole che creare dal nulla cinque abiti da sposa porterà sicuramente del lavoro in più a chi già si sbatte tutto il giorno in questo atelier ma lo sguardo carico di rabbia di Harper, mi spinge ad insistere. Non so se è una sfida – l'ennesima – che mi sento di dover vincere con quella ragazza con cui ho passato una notte incredibile, o un modo per capire veramente qualcosa di più di lei, fatto sta che ho intenzione di battere il ferro finché è caldo, che nello specifico significa accarezzare l'idea che a mia sorella fa più gola: una collezione di abiti da sposa tutta Miss Bridal, che potrà sfilare assieme ai più grandi nomi della moda sposa.
- Se posso aggiungere una cosa... - Tentenna Letizia, alzando la mano, i suoi boccoli perfettamente in piega cadono sulle spalle. – Tra qualche giorno arriverà a Londra Etienne, mio cugino. È uno stilista affermato, ha lavorato per diverse case di moda importanti a Parigi. Al momento non ha un impiego perché ha deciso che la Francia non aveva più niente da dargli. Potrei chiedergli di darci una mano.
- Tu hai un parente stilista? – Quasi gracchia mia sorella.
Adesso la vedo sul serio, la scintilla di eccitazione nei suoi occhi.
- Beh sì, è francese. L'ho appena detto.
- Perché non me lo hai detto subito? Chiamalo, organizza un colloquio con lui. Lo voglio nel team!
Harper sbuffa e fa roteare gli occhi.
- Qualcosa non va, Harper? – Chiedo.
Tutti e quattordici gli occhi si puntano su di lei, adesso. Mi fa una smorfia, poi si sistema meglio sulla sedia e inizia a parlare:
- Onestamente? Trovo che sia un'assurdità. Assumere uno stilista significa avere un'ulteriore uscita da tenere a budget. In più, con tutto il rispetto Letizia, non sappiamo come lavora né quale sia il suo stile. Per pensare cinque abiti, creare i bozzetti, ci vuole tempo e noi siamo a metà ottobre e la sfilata sarà tra quattro mesi. Come possiamo pensare di farcela se ancora non abbiamo neppure metà del lavoro fatto?
Paura. Questa è pura paura.
Una persona che non teme la sfida non parlerebbe così e anzi, si butterebbe a capofitto nel progetto, chiedendo di poter uscire subito dalla riunione per poter iniziare a disegnare, ammesso che lo sappia fare davvero.
- Però ti ho spiegato la mia volontà di creare un marchio tutto nostro per gli abiti da sposa. Io credo che potremo farcela. Tu hai dei bozzetti pronti, no? –
Rebecca ormai non rinuncerà mai all'idea della sfilata con una linea di abiti suoi.
- I miei bozzetti non sono abbastanza. Meglio assumere questo francese, se è uno stilista allora saprà rispettare anche le tempistiche. – Si arrende Harper alla fine.
Vittoria!
- Bene, direi che ci siamo. – Concludo soddisfatto. – Ora, se è tutto, io andrei di là. Devo contattare un paio di fornitori e poi visto che dovremo fare le cose in grande, sarà il caso che mi metta sul programma di progettazione per iniziare a pensare a qualcosa di originale per l'allestimento.
- Ti adoro quando fai il professionista!
Rido, perché l'entusiasmo che mostra mia sorella per le cose che le interessano è incredibile. Le do un bacio sulla guancia, saluto le altre signore e mi chiudo la porta della sala riunioni in cui probabilmente ho perso dieci litri di liquidi alle spalle.
La grande sfida ha avuto inizio e io ho già vinto il primo round.
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