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2. I progetti di vita di Thomas

Sono sveglio da un quarto d'ora.

Il divano di Patrick è terribilmente scomodo e io ho praticamente passato la notte in bianco, a rigirarmi in uno spazio troppo piccolo per il mio corpo di uomo di quasi trent'anni.

Quando mi tiro su, ho un dolore lancinante nella zona lombare della schiena e so già che se continuerò così, un'ernia non me la toglierà nessuno.

Dannazione! Ho un disperato bisogno di trovare una sistemazione prima che la mia salute ne risenta in modo serio.

Ancora una volta, mentre mi tengo la testa fra le mani cercando di sciogliere la cervicale, mi chiedo come sia possibile che io mi sia ritrovato in questa situazione. Avevo un lavoro che amavo, facevo parte di un progetto esclusivo ed ero certo che la mia vita non sarebbe mai diventata un caos ingestibile come invece lo era quella di mia sorella. Mi sono sempre vantato del mio equilibrio e della mia vita organizzata in prospettiva. Adesso, che mi ritrovo a dormire su un divano a casa del mio migliore amico e di mia sorella, mi sento un randagio. Se non fosse stato per Rebecca, probabilmente sarei davvero finito a chiedere l'elemosina, invece per fortuna mi ha chiesto di occuparmi del sito del suo atelier, di contattare i fornitori e di gestire la comunicazione. Non sono affatto portato per niente di tutto questo, a me piace progettare edifici e arredare gli interni ma credo che non abbia molta scelta. Fare il difficile in questo momento significa firmare una condanna a morte e ritengo di essere ancora troppo giovane per passare a miglior vita.

Sono le sei e un quarto e di riprendere sonno non se ne parla.

Mi infilo rapidamente i pantaloni della tuta, senza fare troppo rumore recupero le mie scarpe da corsa e, cuffiette nelle orecchie, mi preparo alla mia quotidiana sessione di running al parco.

A Londra l'inverno si sta annunciando torrido. Siamo ad ottobre eppure fa già un freddo notevole e, di prima mattina, la brina ghiaccia sui vetri delle auto parcheggiate e sull'erba di Hyde Park.

Correre mi piace, mi aiuta ad ossigenare i muscoli e il cervello. I kilometri che percorro al freddo mi ricordano quelli che a Chesham, Patrick e io facevamo al campo di rugby, quando speravamo di diventare giocatori professionisti. Sembra passata un'eternità e ogni tanto ho un po' di nostalgia per quei due ragazzini che si buttavano nel fango senza temere le conseguenze. Vorrei poter avere la stessa spavalderia anche ora che dovrei riprendere in mano la mia vita.

So per certo di non voler continuare il lavoro in atelier sempre ma, al tempo stesso, ho una fottuta paura di ricominciare a cercare qualcosa nel mio campo. La delusione che ho vissuto è stata talmente cocente che non riesco a trovare il coraggio di mettermi di nuovo in gioco. Potrei fare tantissimo: inviare il mio curriculum a qualche studio importante, con la mia esperienza non ci metterebbero molto a chiedermi un colloquio; potrei persino mettermi in società con qualche ex collega e aprire uno studio tutto mio ma per questo salto nel buio ci vuole coraggio e mi pare chiaro che io non sia forte come Becky. La mia sorellina è una forza della natura, non si è mai persa d'animo, neppure quando quell'idiota l'ha piantata sull'altare. Ha scelto di andare avanti e ha raggiunto i suoi obiettivi. Sono davvero fiero di lei, del modo che ha trovato per riuscire ad uscire dai suoi casini e dal percorso compiuto per diventare una persona migliore, adulta. C'è solo da imparare da Trottolina.

Sono quasi arrivato al laghetto al centro del parco, quando noto una faccia familiare che sta discutendo con un ragazzo vicino al roseto già spoglio. La ragazza con cui ho passato una notte di passione qualche mese fa e che, sorprendentemente, ho ritrovato da Miss Bridal, se ne sta tutta infagottata in un giubbotto che le va grande e a giudicare dai toni usati, lei e il suo interlocutore non stanno propriamente discutendo dei cambiamenti climatici. 

Mi avvicino e abbasso il volume della musica che avevo sparato nelle orecchie.

- Ma mi avevi detto che saremmo stati insieme! – Brontola lei, con un tono laconico che non credevo le appartenesse.

È carina anche conciata in quel modo per proteggersi dal freddo. La massa di capelli ricci è contenuta da un berretto di lana e gli occhi sono truccati in maniera accurata, nonostante sia ancora molto presto. Mi chiedo cosa ci faccia in giro a quest'ora con quel tipo. Mi avvicino di più, per cercare di carpire ancora qualche informazione dalla loro conversazione.

- Non essere ridicola, stai facendo i capricci!

- Capricci un corno!

Il ragazzo la afferra per un polso e con tono davvero poco amichevole continua:

- Mi stai facendo perdere la pazienza, Harper! Ti ho detto che non possiamo stare insieme questo fine settimana, non insistere!

- Mi fai male!

Mi sento in dovere morale di intervenire. Non solo perché credo che Harper sia molto carina ma soprattutto perché in questo momento, nonostante la sua aria da chi non deve chiedere mai, è pur sempre una ragazza in difficoltà.

- C'è qualche problema? – Chiedo, avvicinandomi ai due.

- Oh santo Cielo! Ci mancava lui!

Harper è sempre incredibilmente felice di vedermi, non c'è che dire.

- Vi conoscete? – Chiede il bruto che la tiene ancora per un polso.

Guardandolo da vicino, direi che è più grosso di quanto mi potesse sembrare poco fa, con delle folte sopracciglia nere, definite sicuramente da qualche colpo di pinzetta, e la mascella scolpita. Fa paura, lo ammetto.

Forse non mi sarei dovuto intromettere, dopo tutto magari stavano facendo una chiacchierata tra amici o, perché no, magari stavano provando una scena di una pièce teatrale! Ho sottovalutato il fatto che ficcare il naso in fatti che non mi riguardano potrebbe ritorcersi contro di me. Posso già sentire il dolore del naso rotto a seguito del pugno che il tizio qui sembrerebbe perfettamente in grado di tirarmi.

- No!

- Sì!

Io e Harper rispondiamo all'unisono, solo che lei mente, io invece dico la verità.

Il tizio moro sembra disorientato. Ci guarda, passando gli occhi da me a lei cercando di capire chi dei due si sta prendendo gioco di lui. Spero tanto che scelga Harper. Ci tengo al mio naso, dopo tutto.

- Non mi interessa, tanto me ne stavo andando.

Il ragazzo molla il polso di Harper, che all'improvviso ha urgenza di fare qualcosa per evitare che lui la molli lì senza tanti complimenti.

- Ma avevamo detto di...

- Ti chiamo io, Harp.

Il tizio è già di spalle e sta camminando verso la parte nord del parco. Rimaniamo io e Harper, avvolti dal silenzio e dalla nebbia del mattino freddo. Noto la sua espressione carica di delusione e all'improvviso mi chiedo se non provi qualcosa per quel bestione dalla mascella scolpita.

- Fantastico! Hai rovinato tutto! – Commenta risentita quando finalmente capisce che il suo amico non tornerà indietro.

- Io? Scusa se mi permetto ma non mi pare che il tuo amico avesse una gran voglia di stare qui con te.

- E cosa ne sai tu?

- Harper stai scherzando? Hai visto come ti parlava? Ti ha quasi spezzato un polso, buon Dio!

Harper distoglie lo sguardo dalla mia faccia; probabilmente, se le avessi dato uno schiaffo le avrei fatto meno male. Gli occhi scuri si velano di uno strato di lacrime e io temo sul serio che scoppi a piangere da un momento all'altro. Ma ovviamente, questo sarebbe possibile se Harper fosse una ragazza fragile e indifesa. In due secondi, tira su col naso e poi torna a guardarmi.

- Va bene, visto che hai mandato all'aria il mio appuntamento, almeno offrimi la colazione, adesso.

- Ci sto. Però tu mi spieghi che razza di tipo è uno che fissa un appuntamento alle sei e mezza di mattina ad Hyde Park con una ragazza!

Harper sbuffa di nuovo e poi prende a camminare, lasciandomi indietro.

- Muoviti lentone! – Grida.



Nella caffetteria dove entriamo, ci saranno almeno venticinque gradi, il che è un sollievo. Avevo sottovalutato il freddo londinese al mattino presto e accolgo questo calore come una benedizione. Dico ad Harper di occupare un tavolo mentre io mi occupo di fare la fila e ordinare. Esita e per un attimo penso che prenda la mia idea di offrirle la colazione come un'offesa. Non ho ancora capito bene cosa succeda nella sua vita ma di certo non è una tipa convenzionale, potrebbe prendere il mio gesto come un modo per circuirla. Fortunatamente, non sembra essere dell'umore giusto per discutere, così dopo aver individuato un tavolo, va a prendere posto.

Qualche minuto dopo la raggiungo con due tazze di tè e dei muffin. Non conoscendo i suoi gusti, ho preferito non rischiare e andare su un grande classico.

- Mangio uova strapazzate e yogurt, la mattina.

Ecco appunto.

- Lo terrò a mente per la prossima volta.

- Chi ti dice che ci saranno prossime volte?

- Era così, per dire.

Non ho voglia di dargliela vinta. Non mi interessa granché se, dopo oggi, non vorrà più fare colazione con me, anche se qualcosa mi dice che non sarà l'ultima volta che ci ritroveremo in una situazione come questa. Il mio istino mi dice che questa ragazza che adesso si sta togliendo il berretto di lana, liberando i suoi ricci ribelli, ha un disperato bisogno di aiuto e non so perché ma sento che io potrò fare al caso suo.

- Quindi sei uno che corre al parco di prima mattina, eh? – Chiede, poggiando le labbra sul bordo della tazza e soffiando sul liquido scuro, per farlo raffreddare.

Giuro di non aver visto mai niente di più sensuale. Non so se Harper sia consapevole di quanto i suoi gesti siano carichi di potenza sensuale e dunque lo faccia apposta per provocare sempre, oppure ne sia ignara. In questo caso, è una dote naturale che la rende incredibilmente attraente.

- Solo quando la mia schiena lo permette.

- Quanti anni hai? Ottanta?

- Ventotto ma dormo su un divano scomodissimo da mesi.

- Giusto, la storia dello sfigato che ha perso tutto.

- E tu come lo sai?

Harper fa spallucce e poi ingolla ancora un po' del suo caffè.

- Il paese è piccolo e la gente mormora. Nello specifico, lavori in un ambiente prettamente femminile e le nostre colleghe sono delle pettegole di prima categoria. Ho sentito delle cose su di te da loro.

- Bene, quindi tu sai tutto delle mie sfighe ma io non so nulla di te. - Preciso.

- Perché io non vado in giro a raccontare i fatti miei. Comunque, se mi fossi simpatico ti direi che ho un diploma da osteopata preso in uno dei tanti periodi morti della mia vita. Potrei aiutarti con la schiena ma non ho intenzione di essere gentile con te.

- Sia mai che tu faccia qualcosa per il prossimo...

- Le persone se ne approfittano e io non voglio farmi sfruttare.

Si nasconde di nuovo dietro alla sua tazza di caffè, così io dopo aver mangiato un pezzo del mio dolcetto, parto all'attacco:

- E quindi la domanda sorge spontanea: che ci facevi al parco con quel tipo alle sei di mattina, Harper?

So che incalzare è l'unico modo per farla cedere. Se continuassi a girarci intorno o ad aspettare che sia lei a raccontarmi qualcosa di sé, probabilmente mi fare vecchio e io non voglio perdere tempo. Questa ragazza è diversa da tutte quelle che ho incontrato prima e mi incuriosisce, voglio saperne di più.

Harper spara i suoi occhi neri su di me e inarca un sopracciglio. So che non è contenta della domanda diretta ma mi sembra giusto giocare ad armi pari: siamo stati a letto insieme per chissà quale motivo, lei sa tutto dei miei guai e lavoreremo insieme. Mi sembra una situazione decisamente a suo favore, non posso permetterlo.

- Dovevo incontrare Michael. Lui è uno stunt-man e stava girando una scena come comparsa ad Hyde Park, così l'ho raggiunto.

- Alle sei del mattino?

- Senti, non sono affari tuoi. Ok?

Improvvisamente capisco tutto.

- Lui non è interessato, non è così?

Un sorrisetto mi increspa le labbra. Eccolo lì, il suo punto debole: muore dietro a uno che la tiene sul filo del rasoio e lei non ha idea di come fare per conquistarlo una volta per tutte. Tipico di tutte le donne: amano quello che non le vuole e rifiutano chi invece farebbe carte false per loro. È strano, da quello che ho potuto capire fino adesso, facevo Harper un tantino più originale e invece è racchiusa nel suo cliché esattamente come chiunque altra. 

- Io non lo so, se è interessato. Un momento lo è e quello dopo cambia idea. Una notte dorme da me e quella dopo dice di voler stare con i suoi amici in giro per locali.

Ottimo, hanno anche fatto sesso. In buona sostanza, Harper la dura in realtà si sta facendo usare da un uomo non particolarmente interessato, che le dà attenzioni solo quando lo decide lui. È praticamente la regina dei cliché, molto peggio di quanto credessi.

- E tu ti struggi d'amore per uno che in realtà non sa cosa vuole dalla vita. – Concludo.

- Ehi, vacci piano, ok? Primo, io non mi struggo proprio per nessuno, secondo non c'è bisogno di sputare sentenze. Te lo ripeto: io e te non siamo amici.

- Posso aiutarti.

Harper inarca di nuovo un sopracciglio, questa volta nel suo sguardo c'è stupore.

- E come?

- Sono un uomo e posso aiutarti a capire come conquistare quel tipo.

- Scusa ma non mi sembri propriamente il guru delle situazioni sentimentali. Preferisco chiedere all'oracolo del ristorante cinese.

Giusto. Ci sta. In fin dei conti, ai suoi occhi sono solo lo sfigato che è stato mollato dalla ragazza con cui usciva, che ha perso il lavoro e un sacco di soldi e che dorme su un divano a casa del suo migliore amico e di sua sorella. Quello che non sa è che prima di ritrovarmi ad essere un fallito, avevo una vita brillante, ero un tipo sveglio e divertente. E, strano ma vero, piacevo alle donne.

- Fidati. Hai bisogno disperatamente di essere aiutata e il tuo sguardo da cucciola abbandonata mi dice che saresti disposta a qualsiasi cosa pur di riuscire a conquistarlo.

Harper serra gli occhi, cercando di scrutarmi per individuare dove sia la fregatura. In tutta onestà, non c'è. Non ho alcun motivo per volermi prendere gioco di lei, anzi. Credo che, nonostante il modo in cui abbiamo iniziato, potrebbe nascere una bella amicizia tra noi, perché come ho già detto, Harper mi incuriosisce e sono certo che sotto quel suo strato ruvido, ci sia molto altro.

- Che cosa vuoi in cambio?

Prendo un bel respiro; so che è il mio turno, devo giocarmela bene. Mi guardo intorno, la caffetteria inizia ad essere affollata. Sono quasi le sette e mezza e la città inizia a svegliarsi e a mettersi in moto, dando inizio a tutte le attività quotidiane. C'è gente che si fa fare un caffè veloce a portar via, qualcun'altra che già con la ventiquattrore in mano è in fila alla cassa e legge le e-mail dal cellulare, chi invece se la prende con calma prima di andare a scuola e, con la divisa addosso, si concede comunque una colazione completa comodamente seduto al tavolo. Tengo ancora un po' Harper sulle spine e poi sparo: 

- Massaggi alla schiena.

- Che cosa? – Harper strabuzza gli occhi di fuori e per poco non si strozza col caffè.

-Hai detto di aver fatto un corso da osteopata, no? Il mio mal di schiena necessita l'intervento di qualcuno che sappia sciogliere i punti giusti. Ci guadagneremo entrambi.

- E se non riuscirai ad aiutarmi a conquistare Michael?

Stavolta è il mio turno di fare spallucce: - Allora vorrà dire che hai fatto una buona azione, facendomi passare il dolore. Magari andrai in Paradiso, per questo. Allora, ci stai?

Le tendo la mano, per sancire il nostro accordo. Harper la guarda e ci pensa su, in realtà so che ha già deciso perché non credo abbia tante alternative, dopo la scenetta del parco. Finalmente la stringe ma non smette di essere scettica:

- Vedi di impegnarti. E inizia a trovarti una superficie decente su cui riposare. Non posso farti massaggi per tutta la vita.

E anche questa è una grande verità. Nonostante l'idea che Harper mi massaggi mi piaccia parecchio, so perfettamente che è arrivato il momento di trovare una sistemazione decente. E forse so anche dove andare.


In atelier c'è un insolito silenzio. La maggior parte delle assistenti sono impegnate in appuntamenti con future spose eccitate all'idea di trovare l'abito dei sogni e io sto cercando di capire come modificare il nostro sito senza creare troppi casini. Rebecca ha dato per scontato che io conosca tutti i linguaggi informatici necessari, non ha forse chiaro che un architetto parla ben altre lingue. Proprio mentre sto esultando per essere riuscito ad inserire una delle modifiche che mi ero prefissato, mia sorella irrompe nel piccolo ufficio che mi ha riservato. Rebecca è diventata molto più carina, ultimamente. Non che non lo fosse già, anzi.  Ho sempre pensato che fosse strano che non trovasse nessun ragazzo decente, dal momento che il suo aspetto è sempre stato gradevole ma da quando è diventata mamma ha assunto un'aria più matura, da donna. In più, l'amore che prova per Patrick sicuramente contribuisce e darle quella luce particolare che le illumina gli occhi.

- Trottolina, tutto bene? – Le chiedo, alzando gli occhi dal computer.

- Io sì. E tu?

- A parte alcuni passaggi incomprensibili del linguaggio HTML per creare delle dannate finestre su questo sito, direi tutto bene.

- E allora perché sei seduto in quel modo ridicolo?

È vero. Il mio dolore alla sciatica è diventato insopportabile subito dopo la doccia che ho fatto tornando da Hyde Park. Quindi ora mi ritrovo seduto in diagonale sulla sedia con le rotelle dell'ufficio sperando che quel dolore lancinante mi dia tregua.

- Sciatalgia. Dovreste cambiare il divano, a casa Law.

- E tu dovresti trovarti un alloggio definitivo.

Rebecca soffia quasi quell'ultimo commento, accasciandosi sulla sedia di fronte a me. So che non lo dice perché non mi vuole intorno quando siamo a casa; è in pensiero per me e da fratello maggiore non posso che apprezzare il suo interesse.

- Lo so, Bec. È che gli affitti costano un occhio della testa e non ho liquidità sufficiente ancora per dare un anticipo per una casa tutta mia.

Rebecca si strofina le mani. So che significa, sta rimuginando su qualcosa. Mia sorella è un libro aperto per me, è così da sempre quindi non c'è bisogno che le chieda cosa le passa per la testa, perché sa già che dovrà spiegarmelo lei.

- Pensavo...Da quando sono andata a vivere da Patrick, Laurie è rimasta senza coinquilina. Con lei c'è solo Crunchy e proprio qualche giorno fa mi diceva di quanto sia faticoso provvedere alle spese della casa tutta sola. L'affitto non è altissimo ma con un solo stipendio e le bollette da pagare, può diventare difficile.

- Mi stai dicendo di trasferirmi da Laurie?

- Potrebbe essere una soluzione temporanea fino a che non riuscirai ad avere dei risparmi per una casa da comprare.

- Lei non accetterà mai.

- Veramente...Ci ho già parlato.

Cosa, cosa, cosa? Devo essere addirittura più disperato di quanto io mi sia mai accorto, se Becky ha deciso di prendere questa iniziativa ancor prima di consultarmi. Se non fossi certo che a lei e a Patrick non sia di troppo disturbo avermi in casa, penserei sul serio che vogliono liberarsi di me.

- Non fare quella faccia, Tommy-bello. Non ti sto cacciando da casa di Patrick, è che... - Esita.

Quando Rebecca tentenna, vuol dire che c'è dell'altro che non mi sta dicendo.

- Che? – Chiedo. Tanto vale sapere tutto subito.

- Patrick e io abbiamo comprato una nuova casa. È qui vicino, così non dobbiamo fare avanti e indietro da Kensington tutti i giorni, perché è a pochi minuti sia dall'atelier che dallo studio fotografico.

- Ma...E il matrimonio?

- Ci stiamo lavorando. Siamo nella fase preparativi, lo sai. Con Emily le cose sono un po' rallentate perché ci porta via del tempo ma entro la fine dell'anno saremo sposati.

Un matrimonio, una casa nuova da arredare più vicina al lavoro di entrambi. È giusto. Abbiamo l'età per queste cose e, ancora una volta, sento quel vuoto e quel senso di sconfitta farsi largo alla bocca dello stomaco. Potevo avere anche io quei traguardi e invece mi ritrovo a farmi dare dei consigli da mia sorella.

- Non essere triste, Tommy-bello. Arriverà anche il tuo momento, sei stato solo sfortunato. Ma la ruota gira, fratellone e quello che il destino ti ha tolto, ti tornerà indietro con gli interessi.

- Parli per esperienza personale? – Le sorrido.

Rebecca ricambia e annuisce sicura: - Beh, stavo per essere promossa e sono rimasta incinta di un ragazzo che è svanito nel nulla e poi mi sono messa con Patrick e ho aperto questo posto. Direi che sono l'emblema vivente della ruota che gira, no?

Mi lascio scappare una risata, poi le prendo la mano dall'altra parte della scrivania.

- Grazie, Bec. Di' a Laurie che se per lei va bene, da stasera posso iniziare a portare le mie cose da lei. inizierò a pagarle l'affitto già da questo mese.

Rebecca annuisce, poi fa il giro della scrivania, mi schiocca un bacio sulla guancia e trotterella verso la porta.

- Ah Bec?

- Sì?

- Smettila di chiamarmi Tommy-bello!

Con una linguaccia, Rebecca sparisce dietro la porta e prima che io mi rimetta a lavoro, non posso non sentire il vento del cambiamento che finalmente sembra soffiare sopra la mia faccia. Spero non sia lo spiffero della finestra.

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