13. Dammi mille baci e poi altri cento
Ho dato il mio primo bacio a tredici anni.
Ero in terza media e il ragazzino che mi ha ficcato la lingua in bocca non mi piaceva affatto.
Il motivo per cui l'ho fatto è piuttosto semplice: mi servivano dei soldi per comprare il vestito per il ballo di fine anno e mia madre, come al solito, mi aveva tagliato i fondi, ritenendo inutile sprecare denaro per un vestito quando già avevo un armadio pieno. Peccato non avesse capito l'importanza dell'evento per una ragazzina adolescente.
Così, un pomeriggio, dopo l'ultima lezione di educazione fisica, ho trascinato Trevor McDonald fino al cortile dietro agli spogliatoi e gli ho proposto la mia tariffa. Cinquanta sterline per dieci minuti di pomiciata. Praticamente un affare, considerato che mi moriva dietro dal primo anno e che in genere un bacio durava molto meno. Lui ovviamente non si fece scappare l'occasione, anche solo per potersi vantare con i suoi amici della squadra di rugby, così chiusi gli occhi e finsi di avere davanti Leonardo Di Caprio.
Per quanto la mia immaginazione fosse fervida, l'effetto e il sapore non furono affatto piacevoli.
Da quel lontano pomeriggio di maggio, ho dato innumerevoli baci a persone più o meno gradevoli e non tutti gli uomini che ho baciato mi hanno trasmesso qualcosa. Persino le ultime sessioni di pomiciata intensa con Michael non sono state come mi aspettavo.
Niente a confronto di questo.
Il bacio che Thomas mi sta regalando sa di caramello e spezie profumate, di brividi sulle braccia e stomaco pieno di meraviglie. Non credevo che si potessero provare così tante sensazioni attraverso due bocche che si toccano.
E nonostante questo momento di pura estasi, all'improvviso la paura mi attanaglia e anche se le mani di Tom mi stanno incorniciando il volto, sento di dovermi separare da lui. Per fortuna, il fato è dalla mia parte e il mio telefono inizia a squillare, liberando nell'aria le note di Bohemian Rapsody, dei Queen.
Lo so, non è una suoneria sobria ma almeno sono certa di sentirla.
Mi stacco di colpo da Thomas, che apre gli occhi e mi lancia uno sguardo interrogativo. So che si sta chiedendo se io sia davvero così folle da interrompere un momento del genere per uno stupido cellulare che ha preso ad urlare ma in realtà non sa che per me è come una benedizione. Chissà dove avrebbe potuto portarmi quel bacio, visto che il mio cuore batteva talmente forte che mi ha fatto temere di avere una fibrillazione.
Non dico nulla, cerco il telefono nella borsa e quando lo estraggo, contemporaneamente, abbassiamo tutti e due gli occhi sul display.
È Michael e io mi sento subito uno schifo.
Dovevo andare a cena con lui e invece stavo baciando Thomas fino a due secondi fa.
Stavo baciando Thomas e Michael ci ha interrotti, mettendo fine ad uno dei momenti più belli della mia vita.
Vedo la delusione negli occhi di Tom, lascio che la suoneria invada l'aria ancora per qualche secondo.
«Non rispondere, Harp.» Mi dice Tom in un sussurro.
«Non posso. Scusami, devo prenderla.»
In realtà è una via di fuga che non vedevo l'ora di percorrere. Ho sentito troppe emozioni nel mio stomaco durante quel bacio, ho provato troppi brividi in quello scambio silenzioso di chissà quali promesse. Non posso permettermelo.
Mi alzo dallo sgabello del pianoforte e mi sposto fuori, dove l'aria fredda della sera mi prende a sberle la faccia, come se anche lei volesse punirmi per le sciocchezze e i casini in cui sono in grado di ficcarmi. Vedo l'agente immobiliare che mi sorride mentre è tutto intento a compilare i suoi documenti. Come faccia con questo freddo, davvero non lo so.
«Pronto?» Rispondo alla fine, dopo mille squilli.
«Harper, ma dove sei finita? Dovevamo vederci un quarto d'ora fa al ristorante, adesso hanno anche dato via il tavolo che avevo riservato!»
Il tono di Michael è decisamente irritato e non posso dargli torto, non gli ho nemmeno scritto un messaggio per avvisare che non sarei andata da lui. Adesso però, dopo quello che è successo in casa con Thomas, credo proprio che la cosa migliore da fare sia raggiungerlo e schiarirmi le idee.
«Mi dispiace, ho avuto un contrattempo e non sono riuscita ad avvisarti.»
Proprio in quel momento, la porta della villetta si apre e Thomas mi guarda con rabbia. Mi dispiace averlo definito un contrattempo, non lo è stato affatto ma non posso certo spiegare a Michael che me ne stavo felicemente appollaiata sulle labbra del mio collega. Tom scuote la testa con disapprovazione e poi mi sorpassa, raggiunge l'agente immobiliare e si mette d'accordo con lui per entrare nella nuova casa già da domani. Torno a concentrarmi su Michael, devo sistemare questa faccenda e mi appunto mentalmente di parlare con Thomas più tardi.
«Ascolta, aspettami a casa mia. Le chiavi sono sotto lo zerbino, entra e serviti da bere. Al massimo fra trenta minuti sono lì e recuperiamo il tempo perso.»
Non dico altro, riaggancio la chiamata e ficco il telefono di nuovo nella borsa. Devo correre, quindi sorpasso Thomas e l'agente immobiliare senza dirgli nulla, anche se quest'ultimo mi grida dietro un "arrivederci signorina" che mi fa sentire ancora più uno schifo. So che Thomas meriterebbe almeno un confronto ma adesso non ce la faccio. E non è perché ho fretta di raggiungere Michael, ma molto più semplicemente perché non saprei cosa dire.
Quel bacio mi è piaciuto, forse persino troppo, e non ho idea di cosa possa significare. Nella strada che percorro al contrario, sui mezzi pubblici, non faccio altro che ripetermi di smettere di pensarci, perché quello che è successo non ha un senso, è semplice attrazione, proprio come quella sera a casa mia, dopo aver incontrato Tom nel pub. Noi siamo così, non riusciamo a resisterci. Eppure, quelle emozioni sono certa che le abbia sentite anche lui. Nessuno dei due voleva andare oltre, è stato un bacio dato perché ne sentivamo il bisogno e sarebbe potuto durare per ore, senza necessariamente toglierci i vestiti. È questo che mi spaventa, non ho mai baciato nessuno perché sentivo la necessità di farlo, perché provavo la voglia di concedermi un piacere dettato non dall'attrazione ma dal cuore.
Il cuore? Ma che sto dicendo?
Non ho mai ascoltato quello stupido organo che non fa che combinare casini e rovinare la vita alle persone.
Mi obbligo di smettere di rimuginarci, mi obbligo ad archiviare quello che è successo nel cassetto dei baci dati per sbaglio e quando apro la porta di casa e vengo finalmente accolta dal calore del mio appartamento, trovo Michael seduto sul divano, un calice di rosso in mano e lo sguardo perso davanti ad replica di una partita della nazionale inglese di calcio.
«Eccomi, ce l'ho fatta!»
Michael scatta in piedi, facendo oscillare il liquido rosso nel suo bicchiere. Indossa un paio di pantaloni beige e una camicia a quadri da boscaiolo, la barba incolta e i capelli legati in un piccolo codino alto. Qualche giorno fa, quella visione mi avrebbe fatto venire in mente pensieri poco leciti e invece stasera sono quasi infastidita da questo suo aspetto da attore fintamente trascurato. Sono una stupida, lo so, ma non riesco a non fare il paragone con il cappotto blu di Thomas, i suoi capelli sempre perfettamente sistemati e la sua mascella squadrata, con quegli occhi vispi che mi fanno sorridere anche quando non ne ho voglia.
Merda!
Sono più incasinata di quanto credessi!
«Finalmente, dolcezza! Ma dove eri finita?»
«Ho dovuto aiutare un collega con una ricerca. Sai, con l'avvicinarsi della sfilata e tutto il resto, ho perso la cognizione del tempo. Scusami.»
Pronuncio le ultime parole mentre lui si avvicina e mi aiuta a sganciare i bottoni del cappotto. È incredibile come averlo così vicino non mi faccia alcun effetto e la mia mente continui invece ad elaborare le scene di quel bacio con Thomas. Devo fare qualcosa per capire, devo avere la prova del nove per riuscire a districare i dubbi che fino a questo momento mi hanno dato il tormento.
«Baciami, Michael.» Ordino all'improvviso.
Perché so che l'unico modo per fare chiarezza nella mia testa e – dannazione! – anche in quel dannato cuore, è avere un confronto. Se riuscirò a provare le stesse sensazioni che ho sentito mentre baciavo Thomas, allora quel bacio non è stato poi così tanto diverso da tutti gli altri e posso davvero sperare di essere salva da quel turbinio impossibile che sono i sentimenti.
Quando Michael esegue il mio ordine e poggia le sue labbra sulle mie, per poi approfondire e cercare la mia lingua però, non sento assolutamente niente, se non un senso di disgusto dato dal modo diverso di baciarmi, rispetto a Tom.
Sono fregata.
Tutto quello che credevo di provare per Michael svanisce in un baleno, non è vero che mi piaceva più di tutti gli altri, era semplicemente una sfida da vincere. Non posso neanche lontanamente paragonarlo a quello che ho provato mentre baciavo Tom.
Thomas.
L'ho lasciato in quella casa senza nemmeno salutarlo, facendogli credere che per me quel bacio non ha significato nulla.
Ho paura. Ho sempre chiuso fuori le emozioni dalla mia vita perché so che effetti devastanti possono avere sulle persone. Mia madre è diventata una stronza insensibile che odia persino i suoi figli, dopo che mio padre l'ha scaricata per ben due volte e lei era innamorata, oh se lo era!
È per questo, per non rischiare di diventare come lei e vivere una vita spezzata che ho deciso che non mi sarei mai lasciata andare. È per non subire il dolore dell'abbandono, già provato quando mio padre se ne è andato, che non voglio un uomo solo nella mia vita.
Eppure, se mi chiedessero di immaginarmi con qualcuno con cui essere felice per il resto dei miei giorni, non ci penserei due volte, dopo oggi pomeriggio.
Faccio una leggera pressione sul petto dal respiro irregolare di Michael e con una leggera spinta, riesco a farlo staccare dalle mie labbra. Non voglio protrarre oltre questa tortura.
Lo guardo e mentre lui mi sorride, già pronto a ricominciare, io lo fermo, poggiando un dito sulla sua bocca.
«È finita, sono libera.»
Michael mi guarda aggrottando le sopracciglia. È chiaro che non possa capire.
«Ma di che stai parlando?»
«È tutto chiaro adesso. Io non sono innamorata di te, Mike! Non posso credere di aver creduto di poterlo essere. Non sei tu quello che mi interessa.»
«Harper sei sicura di sentirti bene? Mi hai tampinato per mesi, chiedendomi una relazione esclusiva e adesso?»
«E adesso sono libera. Era una fissazione la mia, sei stato l'unico che non me l'ha data subito vinta e io mi sono impuntata. Conquistarti era più una questione di principio che un vero e proprio innamoramento.»
«E a cosa devo questa improvvisa epifania?»
Abbasso gli occhi.
Al sapore del caramello e delle spezie profumate che ho assaggiato baciando Thomas.
«Ho capito,» dice con una punta di amarezza Michael. «C'è un altro.»
«Michael, io...»
«No, non dire niente. Sei soltanto una ragazzina viziata che pensa di poter giocare con le persone. Sai che ti dico? Meglio così. Non ho intenzione di perdere tempo con una come te, ho un film da girare finalmente come parte del cast e ci sono un sacco di ragazze pronte ad uscire con me a cui avrei dovuto dire di no per rispettare te, che invece non sai nemmeno cosa significhi prendersi cura di un'altra persona. Me ne vado!»
Non aggiungo altro. Forse ha ragione lui, sono talmente egoista che mi sto mettendo in un pasticcio. Adesso credo di provare qualcosa per Thomas ma se fra due giorni mi sveglio e mi accorgo che non è così?
Non posso continuare a giocare con le persone ma non posso più nemmeno ignorare quello che sento quando sono con Thomas.
Lascio che Michael sbatta la porta con decisione e l'ultima immagine che ho di lui riguarda le sue spalle che si muovono per infilarsi il giubbotto.
Sento una frenesia muovermi dentro, non posso rimanere in questa casa silenziosa perché i bambini non ci sono. Ho bisogno di sistemare le cose, di correre ai ripari prima che sia troppo tardi e che Tom pensi sul serio che io sia una psicolabile con seri problemi di bipolarismo. Mi guardo intorno e intercetto chiavi e cappotto, poi mi precipito in strada.
Non ho idea di dove trovare Thomas, magari è ancora a Barnes a concludere le trattative per quella dannata villetta che adesso mi sembra ancora più lontana da casa mia, o forse mi dice bene e lo trovo già a casa di Patrick.
L'istinto e le gambe mi guidano verso la metropolitana, scendo rapidamente le scale e quando arriva il convoglio salto su, destinazione casa del fidanzato della mia datrice di lavoro.
Sto facendo la figura di merda più grande della mia vita, ne sono assolutamente consapevole. Non è da me trasformarmi nell'eroina dei romanzetti che tutte le donnicciole leggono appassionatamente, sospirando e sognando il protagonista senza macchia e senza paura che regala loro attimi che il compagno nella vita reale non sa dargli. Io sono sempre stata quella che prende per il naso gli uomini, che se li porta a letto e poi non li vuole rivedere una seconda volta. Volevo fare lo stesso anche con Thomas ma questa volta non lo so che cosa ci si è messo di mezzo. L'unica cosa che so è che adesso i miei piedi si stanno muovendo con rapidità, come guidati da una forza superiore che mi fa scendere alla fermata giusta e correre su per le scale, fino al portone dove vivono Patrick e Rebecca, che per mia fortuna è già aperto.
Salgo velocemente anche l'ultima rampa e mentre suono alla porta, butto un occhio all'appartamento davanti, quello che Tom divideva con Laurie. La porta è socchiusa e riesco ad intravedere la moquette da sostituire tutta arrotolata e piena di muffa. Se Laurie aveva intenzione di tornare presto ad abitare qui, temo che debba rivedere i suoi piani.
Dopo qualche istante che a me pare infinito, la porta magicamente si apre e Rebecca, in tenuta da casa, mi sorride anche se riesco a notare la sua espressione sorpresa.
«Harper! Che ci fai qui?»
«Scusami, so che è tardi e non voglio disturbare ma...Tom è qui?»
«Certo, stavamo cenando. Vuoi unirti a noi?»
In tutto questo casino, non ho minimamente pensato al fatto che sono a stomaco vuoto da pranzo e ora che ci penso, dopo la corsa in metro e quella per venire qui, avverto una certa fame.
Lo so, lo so, chi penserebbe mai a mangiare quando stai per dire al ragazzo che ti piace che baciarlo è stata l'emozione più grande degli ultimi anni?
Io.
Non vorrei mai che mi immaginiate come quelle ragazze tutte insalate e acqua liscia. Io riesco ad avvertire i morsi della fame anche se nel mio stomaco gravitano emozioni che farebbero esplodere chiunque, quindi l'idea di accomodarmi a cena con Becky, Patrick, la piccola Emily e Tom non mi dispiace affatto. Potrebbe essere anche un'ottima scusa per costringerlo poi a starmi a sentire, perché so di non essere proprio la prima nella lista delle sue persone preferite, al momento.
«Sicura che non disturbo?»
«Stai scherzando? Patrick ha cucinato il cous-cous tunisino, ha fatto la ricetta originale che gli hanno insegnato qualche mese fa, quando ha fatto un servizio fotografico lì. Peccato che ne abbia preparato una quantità buona per un intero esercito, quindi ci fa piacere se ti unisci a noi. E poi, stiamo festeggiando la nuova casa di Tom e so che tu eri con lui, quindi fai parte della compagnia. Su, coraggio entra!»
Non ho mai avuto un buon rapporto con la fede ma in questo momento prego il Cielo che mi protegga e che vada tutto bene.
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