10. Chi capisce le donne è bravo!
Quando sono sotto al portone di casa mia, mi precipito su per le scale, convinto di trovare in casa come minimo il Diluvio Universale. Una volta sulla porta, che è completamente spalancata, vedo Laurie con lo straccio che sta imprecando in tutte le lingue conosciute del mondo.
«Ehi, ma che è successo?»
«Questa dannata catapecchia ha i tubi corrosi dalla ruggine! Ero in bagno a lavarmi i denti e il tubo del lavello ha deciso di cedere, così l'acqua ha cominciato a grondare inondando non soltanto il bagno ma anche la moquette del salotto, come puoi ben vedere!»
In effetti, c'è un'enorme chiazza di acqua fin sotto al divano. Non che ci voglia molto ad invadere questo minuscolo appartamento degli anni Cinquanta, arredato con mobili trovati qui e là nei mercatini dell'usato che piacciono tanto a Laurie e a mia sorella. Saranno si e no sessanta metri quadri mal distribuiti, un pugno ad un occhio per un architetto come me ma a quanto pare non posso fare troppo lo schizzinoso e devo accontentarmi.
«Dammi qua, finisco di asciugare io. Hai già chiamato un idraulico?»
«Thomas, sono le dieci di sera di venerdì, dove diavolo lo trovavo un idraulico? E poi, ci sei tu. Non sei un architetto?»
«Sì e allora?»
«Non vi insegnano ad occuparvi di tutto quello che riguarda un edificio? I tubi fanno parte della casa, dovresti saperli gestire.»
Non credo di capire. Ho una laurea con lode alla facoltà di architettura, è vero ma giuro di non aver mai toccato le tubature del bagno in vita mia. So progettare perfettamente un appartamento, potrei persino capire come va installato un impianto ma giuro su Dio che non ho idea di come si cambi un tubo. No, decisamente la manodopera idraulica non rientra nelle mie competenze.
«Forse non ti è chiaro quello che fa un architetto,» le dico, mentre prendo lo scopettone dalle sue mani e inizio a tamponare la moquette. Temo che il padrone di casa debba intervenire anche su questa, ora che è bagnata mostra evidenti segni di muffa. È assurdo come mia sorella e Laurie abbiano vissuto tutti questi anni qui dentro senza beccarsi una malattia ai polmoni, visto lo schifo che hanno respirato.
«Vuoi dirmi che non sei in grado di rimediare al danno?»
«Non solo non ne sono capace ma credo anche che non sia di nostra competenza. È compito del padrone di casa provvedere a queste piccole opere di manutenzione, quindi ora chiameremo lui e gli diremo di venire domattina a sistemare la faccenda.»
«Ma stasera il bagno è inutilizzabile e io avevo in programma di uscire! Così ho la serata rovinata!»
A chi lo dici!
Se ripenso alla sensualità del corpo di Harper avvolto in quell'asciugamano e al modo in cui eravamo vicini durante il massaggio, mi do dell'idiota da solo per averla mollata così su due piedi in favore di una moquette ammuffita dall'acqua del tubo del bagno!
«Non tocchiamo questo tasto, per favore. Cerca il numero del proprietario e vediamo di risolvere. Chiederemo a Patrick e Rebecca se possiamo usare il loro bagno, per questa sera.»
Laurie mi guarda, un sopracciglio inarcato e l'aria di chi non è affatto convinta di questa soluzione. Per quanto mi riguarda, non ne vedo altre migliori, quindi sorrido e me ne infischio dei suoi dubbi.
Per fortuna, un quarto d'ora dopo siamo riusciti a trovare un accordo con il proprietario: verrà con un operaio domani mattina e valuterà l'entità del danno. Con buona pace della mia folle coinquilina, me ne vado in camera mia; sono stremato, sono successe più cose in queste dodici ore che in ventotto anni della mia vita.
Dopo aver sfilato i jeans ed essermi liberato della camicia, mi butto sul letto e mando un messaggio a Harper. Mi dispiace averla mollata così e qualcosa mi dice che anche a lei non ha fatto molto piacere essere interrotta.
Tom_Cuor_Di_Leone: Sono arrivato a casa e praticamente servivano le pinne per entrare! Mi dispiace aver interrotto il massaggio sul più bello, pensi che potremmo rimediare? In fin dei conti, abbiamo ancora un accordo, no?
Non so davvero cosa abbia questa ragazza per attrarmi così. So che per la prima volta, dopo Inge, mi sento interessato a qualcuno ed è una sensazione piacevole. Ero convinto di aver chiuso per sempre con le faccende sentimentali, che non facessero per me e invece qualcosa mi dice che non è così. Al di là dell'attrazione che provo indubbiamente per Harper, è quella voglia di scoprire qualcosa in più di lei, di far cadere quella corazza con cui si protegge che mi spingono a voler passare del tempo con lei. Quando vedo però che il mio messaggio non ottiene risposta, mi giro nel letto, sperando che l'acqua non raggiunga anche questa camera e mi metto a dormire.
Il mattino seguente, in atelier c'è un insolito silenzio. Rebecca e Etienne stanno lavorando sulla collezione da proporre alla sfilata, le altre assistenti sono in riunione pre-apertura ma non mi pare di aver visto Harper, con loro. Ho intenzione di chiederle di passare insieme la pausa pranzo, dovrò pur scusarmi in qualche modo per averla piantata in asso in quel modo, così lascio la porta del mio ufficio aperta con la speranza di vederla passare. In realtà, sono piuttosto distratto dalle e-mail in entrata che affollano la mia casella di posta. Negli ultimi giorni ho preso contatti con alcuni studi di architettura in città e ho scritto anche al mio professore dell'università per chiedere se qualcuno è interessato ad assumere un architetto freelance e tornare finalmente nel mio campo. Non ho ancora ricevuto risposte ma questa mattina, tra le centinaia di mail spam, ce n'è una che potrebbe interessarmi. Si tratta di uno studio di design con cui ho collaborato mentre ero in Danimarca che mi propone un ultimo posto in un team per un progetto che partirà dopo le feste di Natale. Una catena di centri commerciali in quel di Copenaghen in cui avremmo l'esclusiva del progetto e della realizzazione, praticamente quello che ho sempre sognato. Certo, si tratterebbe di nuovo di un impiego lontano da Londra ma almeno potrei farla finita con siti internet da ristrutturare, abiti da sposa e scenografie per sfilate di cui, onestamente, mi interessa poco.
L'unica cosa che mi fa titubare dall'accettare subito è l'idea di dovermi allontanare di nuovo dai miei amici, di non prendere parte ai preparativi per il matrimonio di Patrick e Rebecca e – dannazione– io sono il testimone! Inoltre, non lo nego, mi dispiacerebbe allontanarmi anche da Harper. Per questo prendo tempo. Rispondo al titolare dello studio che la sua offerta è indubbiamente interessante e che al momento però devo valutare alcuni aspetti della mia vita che non prevedono il trasferimento. Mi prendo tempo fino alla fine dell'anno, prima della fine di dicembre saprò dargli una risposta definitiva.
Proprio mentre premo invio e vedo la bustina della e-mail allontanarsi dalla posta in uscita, Harper passa davanti al mio ufficio. Cammina talmente veloce che mi pare di aver avuto una visione, tanto che sbatto gli occhi per capire se l'ho soltanto immaginata oppure è passata sul serio. Mi alzo rapidamente e la chiamo, sperando che si fermi e mi dia la possibilità di parlarle.
«Harp?» Chiamo ancora quando sono sull'uscio.
La vedo bloccarsi, esitare, poi finalmente si gira. La massa enorme di capelli ricci le cade sulle spalle. È stranamente senza trucco, la faccia di chi vorrebbe trovarsi ovunque, tranne che davanti al mio ufficio.
«Ehi, allora sei davvero tu, pensavo di aver avuto un'allucinazione!»
«Sì, Tom sono in ritardo. Vuoi dirmi qualcosa di particolare?»
«Stai bene? Voglio dire, va tutto bene?»
Harper alza gli occhi al cielo. Ha l'aria scocciata, la stessa di quando ci siamo rivisti per la prima volta dopo quell'interessante notte a casa sua. Sembra come se tutti i progressi fatti finora e il nostro avvicinamento si siano vanificati nel nulla e io mi chiedo se per caso ce l'abbia con me per qualche motivo.
«Sto bene, devo solo sbrigarmi, ok?»
«Ok ma...Pranziamo insieme più tardi? Ti va?»
«Così poi mi pianti di nuovo da sola come una scema per correre da quella tua Laurie e io faccio scelte sbagliate? No grazie.»
Ma di che diavolo sta parlando?
La mia Laurie?
Ma che dice?
E di quali scelte sbagliate parla?
«Ascolta, mi dispiace per ieri sera. Ti ho anche scritto un messaggio, io...»
«Non ho tempo, adesso.»
Mi interrompe e mi lascia lì come un idiota, dandomi le spalle e andandosi a rifugiare negli spogliatoi delle ragazze che ovviamente per me sono off-limits. Non riesco davvero a capire cosa le prende.
Il pomeriggio del sabato in atelier sembra non passare mai. Non so se avete presente, ma ci sono quelle giornate in cui, nonostante tu faccia un milione di cose, alla fine guardi l'orologio e ancora è prestissimo. Ecco, io sono bloccato in questo maledetto atelier, a finire il progetto delle luci per questa benedetta sfilata e, nonostante abbia fatto telefonate, inviato mail e ordinato materiali, dovrò rimanere qui ancora due ore.
Ovviamente, alla fine non ho pranzato con Harper. Si è dileguata non appena finito il suo appuntamento prima della pausa e non l'ho più vista. Non ho certo intenzione di mollare però, così ho deciso che la aspetterò fino alla fine del turno, tanto non ho niente di meglio da fare in programma.
Mentre finisco di compilare un noiosissimo file Excel con delle misure, mi arriva un lunghissimo messaggio di Laurie:
L@uri&: Se pensavi che la catastrofe si fosse risolta ieri sera, evidentemente sei un ottimista. L'operaio che è venuto a fare il sopralluogo per valutare il danno ha dichiarato la casa inagibile per almeno due settimane. La moquette è marcia, piena di muffa e l'acqua di ieri non ha aiutato. Devono bonificare tutto l'appartamento, quindi io e te dobbiamo fare le valigie. Io sto andando da una mia collega e porto Crunchy con me, tu hai tempo fino a domani per trovare una sistemazione. Ah, ovviamente non pagheremo l'affitto al proprietario per i prossimi due mesi, quel taccagno ci voleva intossicare con le sue muffe! P.s. Mi sa che come architetto non sei granché, non avevi nemmeno capito che la moquette è da buttare!
Io le donne davvero non le capisco!
Sarebbe colpa mia se non mi sono accorto che la casa stava cadendo in pezzi? Abito lì da pochissimo e sì, ieri sera mi sembrava che fosse in condizioni pietose ma non potevo certo immaginare che ci fossero delle muffe tossiche!
Comunque adesso sono di nuovo nei guai. Non ho idea di dove poter andare, soprattutto perché questa notizia capita come un fulmine a ciel sereno, non ho tempo di chiedere a nessuno, né di cercare una sistemazione.
«Dannazione!» Esclamo, in preda alla frustrazione, lanciando lo smartphone sulla scrivania.
Questo casino della casa non ci voleva proprio, non ho idea di come poterne uscire se non andando a vagabondare in giro, come un barbone.
«Ehi,big brother! Che succede?»
La faccia pimpante di Rebecca spunta sulla porta e in men che non si dica, si siede davanti a me, su una delle sedie libere della scrivania.
«Il tuo ex padrone di casa è un vecchio spilorcio che non fa i lavori da anni in quell'appartamento. Ieri sera è scoppiata una tubatura del bagno e oggi l'operaio che è venuto a valutare il danno ha scoperto che non solo c'è un problema ai tubi ma la moquette è marcia.»
«Oh...»
«Già.»
«Laurie stamattina mi ha detto del tubo ma non della moquette.»
«Sì perché lo ha scoperto poco fa, dopo il sopralluogo. Ora siamo tutti e due dei senzatetto, anzi no, mi correggo: lei va a stare per due settimane da una sua collega, lo sfollato sono io.»
«Mi dispiace tanto, Tom.»
«Mi chiedo solo quando questa ondata di sfiga finirà di abbattersi sulla mia testa!»
«Ascolta, per questa notte puoi stare da noi. L'appartamento di Patrick non è enorme ma il divano è comodo. So che non è granché ma almeno non dovrai andare a dormire a Piccadilly Circus con i barboni!» Rebecca sorride e il viso allegro di mia sorella strappa un mezzo sorriso anche a me.
«Grazie. Prometto che ne approfitterò solo per questa sera. Inizierò subito a cercare un'altra sistemazione.»
«Non ti preoccupare. E poi, puoi sempre tornare da mamma e papà.»
«Piuttosto vado sul serio a Piccadilly!»
Rebecca ride e poi si mette a giocherellare con le mie penne nel barattolo.
«Comunque, miei disastri personali a parte, sei qui perché volevi dirmi qualcosa in particolare?» Chiedo.
«Hai mai avuto paura di fare qualcosa?»
«Intendi dire come quando mi sono tuffato dalla scogliera di Capri a quindici anni, pur non sapendo cosa c'era sotto e quanto era profonda l'acqua?»
Ebbene sì, posso vantare di queste perle, nei miei annalesdi ragazzino adolescente idiota.
Rebecca ridacchia, poi risponde: «No, mi riferisco alle decisioni che hai preso nella tua vita».
«Bec, non vorrei ricordartelo ma sono il re della vita incasinata. Ho paura praticamente sempre, ogni volta che scelgo senza sapere se sia la cosa giusta da fare. Ma nello specifico, cos'è che ti turba?»
Mia sorella si guarda in giro, come se stesse cercando le parole giuste, poi alla fine spara: «Questa faccenda del matrimonio. Ho sempre sognato di sposare Patrick, lo sai. E sai anche che ho rischiato di perderlo a causa di Harry e di tutto il casino che stavo per combinare.»
«Sì e onestamente sono felice che Pat ti abbia chiesto la mano, così la smettete di rincorrervi una volta per tutte»
«E se invece fosse l'inizio della fine? Se non dovessimo sposarci ma solo continuare ad essere conviventi? Patrick non è certo il classico tipo da fede al dito e vita coniugale. Certo da quando sta con me si è votato alla monogamia e mi ama, non ho dubbi ma ho paura proprio di questo. Abbiamo trovato finalmente un equilibrio. E se il matrimonio rovinasse tutto?»
«Rebecca, il matrimonio non è altro che una firma su un pezzo di carta. Non cambierà nulla fra di voi, vivete già come una coppia sposata. Tu e Emily siete già la famiglia di Patrick e lui vuole stare con voi per sempre.»
«No! No, invece! Il matrimonio è impegno, sacrificio, rinnovamento. E se alla lunga ci stancassimo? E se una volta messo l'anello al dito, scoprissimo che in realtà non siamo poi così compatibili?»
Mi stropiccio la faccia con una mano. Questo discorso mi farà venire un eritema, lo so già.
«Ascolta, tu e Patrick vi conoscete da una vita. Sei l'unica che riesce a tenere a bada quel suo carattere da orso bruno che si ritrova e lui riesce a tenere a bada te, che sei un terremoto. Avete avuto tutta la vita per capire che siete compatibili, non sarà certo un matrimonio a cambiare le cose».
Rebecca prende un gran sospiro e si butta con la schiena sulla sedia, sconfitta. «Dici che mi sto facendo troppe domande?»
«Non solo, sono anche parecchio inutili»
«D'accordo, ci rifletterò su. Tu non dire niente a Patrick, per favore»
«Giuro che non sei mai stata in questo ufficio. Però Bec, lascia da parte le tue angoscie e vivi questo momento bellissimo, ti prego. Stavi per sposare un imbecille, non puoi avere dubbi su Patrick».
Mia sorella annuisce e poi si alza, decisa a tornare a lavoro. «Ti aspettiamo stasera, penso che prenderemo una pizza per cena, Patrick torna tardi. E grazie, Tommy-bello».
«Non c'è bisogno di ringraziarmi a patto che non mi chiamerai mai più così.»
Rebecca ride e poi lascia il mio ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
Ma io che ho fatto di male per essere circondato da donne?
La fine del turno di Harper è alle sette e mezza. Io sarei potuto andare a casa già da un'ora, in realtà ma non ho intenzione di passare la domenica a rimuginare sul suo strano atteggiamento, quindi ora la sto aspettando per chiederle cosa diavolo le passa per la testa. Esce dopo qualche minuto, lo sguardo catturato dallo schermo dello smartphone.
«Posso darti un passaggio?» Le chiedo e la vedo sobbalzare. Ovvio, non mi aveva visto.
«No»
Riprende a camminare ma io non sono da meno e con soli due passi, le sto dietro.
«Mi dici cosa diavolo ti prende? Oggi mi hai evitato tutto il giorno, ti ho chiesto di pranzare insieme e mi hai schifato, non hai risposto al mio messaggio ieri sera...Si può sapere che diavolo ti prende?»
Finalmente si ferma, pianta le mani sui fianchi e con uno sguardo infuocato mi brucia la faccia.
«Vuoi davvero saperlo?»
«Beh, sì!»
«Sono andata a letto con Michael, per colpa tua Thomas!»
Un tonfo sordo. È questo il rumore del mio cuore che cade, senza possibilità di fermarsi, dritto nel mio stomaco. Non mi aspettavo certo una rivelazione del genere, soprattutto perché le avevo detto esplicitamente di non cedere e credevo lo stesse facendo, visto che non sentiva quell'idiota da qualche giorno. Mi sfugge soltanto un particolare: perché sarebbe colpa mia.
«Non capisco...»
«È facile. Ieri sera sei corso dalla tua Laurie e mi hai lasciato lì come una cretina. Quando Michael mi ha chiamato, ho pensato che almeno c'era qualcuno che voleva passare la notte con me, che non mi avrebbe mollata con il sushi in cucina per correre chissà dove a fare chissà cosa. Così ho accettato di vederlo e sono andata a casa sua. Il resto lo sai»
«Porca miseria, Harper!» Adesso inizio a perdere la pazienza. «Mi stai dicendo che sei andata a letto con quell'imbecille perché io sono dovuto correre a casa per un imprevisto? Pensavi davvero che preferissi asciugare l'acqua di un tubo del bagno rotto piuttosto che stare con te?»
«Beh, sei stato tutta la sera a mandare messaggi a quella tua Laurie e quando lei ti ha chiamato sei corso in suo soccorso senza pensarci due volte...»
«Laurie è la mia coinquilina, non la mia Laurie!»
«Beh, ad ogni modo ormai è andata»
«Che vuol dire?»
Harper prende ancora tempo e io credo di essere sul punto di scoppiare. Non posso credere che sia andata a letto con Michael per ripicca. Di cosa poi?
Se fra me e lei non c'è niente, perché ha dovuto reagire così?
«Michael mi ha chiesto di frequentarci, in modo serio intendo.»
Eccola, l'ennesima cattiva notizia della giornata.
«Ma bene. È quello che volevi, no? Sono davvero felice per te, Harper. Al contrario di quanto pensavo, la tua strategia è stata sicuramente migliore della mia. Spogliarsi evidentemente aiuta sempre, spero solo che voi donne smetterete di credere che siamo ni uomini a sfruttarvi. Adesso è meglio che vada, devo trovare un posto dove dormire per i prossimi quindici giorni. Tanti auguri per la tua relazione.»
So di aver parlato con rabbia e so anche che le mie parole avranno effetto su Harper, perché è meno sicura di sé di quanto voglia far credere ma proprio non ce l'ho fatta ad essere comprensivo. Mi sento offeso, deluso e mi smebra come se il rapporto che stavo cercando di costruire con lei interessasse solo a me. Per un attimo, ho davvero creduto che tra noi potesse nascere qualcosa che andasse al di là dell'attrazione fisica; sono certo di non averli percepiti solo, io quel feeling e quel piacere nel passare del tempo insieme. Eppure lei ha preferito la via carnale per riuscire a sedurre il ragazzo che è convinta le piaccia. Tutti i miei sforzi di cercare di farle capire che una persona può interessarsi a lei anche senza togliersi i vestiti e fare sesso sono stati vani e questo è il risultato.
Credevo di conoscere un po' le donne ma a questo punto mi viene da dire che chi le capisce è bravo. Sono tutte uguali, forse? Sono io che ho sbagliato a pensare che Inge è stata un caso, una stronza che capita a tutti, almeno una volta nella vita? Harper non ha forse fatto la stessa cosa, scegliendo la via più facile anziché aspettare?
Me ne torno a casa con la coda fra le gambe e l'umore sotto la suola delle scarpe. Dovrò anche fare le valigie e andare a scroccare un posto sul divano del mio migliore amico.
Come se non bastasse, inzia a piovere. E io ovviamente, non ho un dannato ombrello.
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