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58. (PARTE SECONDA)

La Oblivion lasciò Grand Cayman in un giorno di fine marzo nel quale le nuvole avevano cominciato a sporcare la purezza del cobalto. Una aveva la forma di un delfino amazzonico, un'altra di un uccello del paradiso, un'altra ancora era curva come uno squalo che virava.

I marinai sul ponte, pronti al comando, si divertivano a trovare somiglianze, al contrario di Bolton che le vedeva per cosa, meteorologicamente parlando, erano: cumuli torreggianti dalla base appiattita, mossi da un vento instabile, che presto avrebbero assunto lo stadio di cumulis mediocris e, di seguito, si sarebbero trasformati in cumulonembi traghettando le piogge.

I mercantili avevano preso un discreto abbrivio; Kozlov osservava il nome del più vicino nella calura umida. A bordo del Pembroke c'erano i signori King: la figlia, con lo sguardo assente e per mano al Comandante dei fanti, li aveva salutati sulla spiaggia senza piangere. 

Lennox aveva detto al russo che intendeva rilevare i braccianti dei King e continuare le coltivazioni, un guadagno da aggiungere alle rendite inglesi e allo stipendio per la gestione del Forte. Avery aveva lasciato un regalo per la sposa, l'abito inutile nella sua scatola infiocchettata, prima di congedarsi.

Kozlov aveva annuito e ascoltato con un'espressione diversa dal solito, il rigore spezzato da una spossatezza dolce che i moti del corpo diffondevano.

Avery salì in coperta con il tricorno in testa. Si mise accanto al timone. «Pronti a salpare!»

MacMourrog ripeté l'ordine, seguito dal nostromo.

Non c'erano pescatori sulla spiaggia nell'ora del demone meridiano. Sonnecchiavano sotto le palme o nelle casupole; i lavoratori erano nei campi a cantare inni africani e i britannici si muovevano in città disinteressandosi della partenza di una nave inglese, una consuetudine che vedevano da anni.

Se qualcuno di loro si fosse degnato di andare alla scogliera nei pressi del Forte George, avrebbe assistito a una scena insolita. Preceduta dall'Aliseo, la Sirena del Mar dei Caraibi emerse di fianco alla nave e agitò la mano per salutare gli occupanti.

Chi poteva gettare uno sguardo fuoribordo, non essendo impegnato sulle griselle o alle manovre, vide una donna bellissima con i capelli neri dai riflessi bluastri ricambiare la loro attenzione silenziosa, e il capitano e il secondo ufficiale rispondere al saluto sollevando di un dito il tricorno, prima che lei smettesse di nuotare – quando l'elica venne messa in funzione – e li guardasse allontanarsi.

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