54. (PARTE SECONDA)
Molte volte si era sentito dare del matto, e a un certo punto aveva cominciato a considerare la faccenda nello stesso modo di una frase scaramantica. Tuttavia, se in molti lo dicevano, doveva esserci della verità nelle osservazioni. Non credeva possibile che persone diverse per estrazione e carattere ravvisassero in lui la medesima tara.
E lui sapeva di essere pazzo abbastanza da disobbedire agli ordini, da svignarsela dalla nave per un'ora piacevole, da rigirare le femmine a suo piacimento, da non riuscire a dare il giusto peso a un delitto.
I duelli del suo tempo prevedevano un lasso di tempo dalla sfida allo svolgimento, per scoraggiare chi si avventurava nella vendetta. Il tempo era concesso per riflettere, ma Avery, seduto sulla panca di legno nella cabina, pensò che chi aveva inventato la regola non avesse tenuto conto che in tali condizioni era impossibile ragionare con lucidità.
Fidano nella scelta di sottrarsi per il terrore.
Sgranò fra le mani le perle della collana rotta, sapendo che gli sarebbe rimasto sui polpastrelli l'odore della Sirena. Sollevò la testa per vedere il letto rifatto – uno dei molti modi in cui ingannava la trepidazione – e il libriccino del missionario. Aveva sviscerato il libriccino dalla prima pagina all'ultimo rigo. Un mucchio di parole promettenti, peccato che gli si smarrissero nella testa pochi attimi dopo averle lette. E se in certe ore, in cui il peso della decisione l'aveva fatto scarrocciare verso la vera follia da pugni sulle paratie, da testate o da acmi di distruzione, era andato dal missionario per farsi spiegare alcuni passaggi oscuri, non aveva mai avuto lo sprezzo di confessarsi.
La Chiesa nega le funzioni della sepoltura al suicida e a quelli che muoiono in duello. Se restano vivi sono comunque scomunicati, al pari di quelli che assistono al duello. Un'usanza da Barbari che sopravvive tutt'ora e fa il paio con i sacrifici delle Cayman.
Non poteva confessare. Davanti al consiglio sacro di un religioso avrebbe preso con immancabile prontezza la via sbagliata. Forse non era fatto per il perdono, non con la sua anima pervicace. Non riusciva a farsi dominare per intero dalla razionalità. Era fatto della stessa pasta del predecessore di Lennox.
Mi credo nel giusto finché le cose volgono a mio favore, dopodiché la giustizia universale che professo assume la forma di una decisione sommaria.
Era l'ossessione mai addomesticata per Lusia a fornirgli il carbone per la fiamma. Il raggiro che entrambi avevano subìto per la loro fiducia animalesca. Come pecora muta davanti ai suoi tosatori. Pensava a lei e riviveva la navigazione di giorni felici, poi soccombeva sotto l'improvvisa virata sull'unica azione che aveva decretato la sventura.
Il suo amore era incontrollabile, niente di cos'aveva provato prima di lei si poteva paragonare a un sentimento che raccoglieva in sé la felicità e il terrore, ogni estremo possibile. Non aveva mai capito, le rare volte in cui fermava il moto del corpo per cedere ai pensieri, da dove gli nascesse la calma di spirito, il benessere di quando stava con lei. L'umore migliorava, era benevolo verso gli ostacoli all'idea che in un momento qualsiasi del giorno o della notte l'avrebbe avuta. L'idea e la realizzazione del possesso gli conferivano una sopportazione sovrumana. Il suo corpo produceva una sostanza tossica e gliela diffondeva nelle vene.
A volte provava una calma simile quando conversava con Kozlov. Una calma che aveva una radice diversa ma produceva lo stesso frutto: laddove Lusia era la succube, la discepola, la serva, il russo rappresentava ciò che lui voleva essere, la parte che gli mancava. Kozlov comprendeva i suoi ragionamenti e ne anticipava il volere. Una rivelazione immediata, nel momento in cui il Lord Grand'Ammiraglio aveva scortato sulla nave il giovanotto di Irkutsk, presentandoglielo e affidandogli il compito di secondo tenente.
È più intelligente e calmo di me. E ha un braccio più saldo del mio.
Il pensiero gli fece abbassare gli occhi sulla spalla destra e abbandonare la panca per muovere gambe che gli dolevano. Era rimasto solo al comando. MacMourrog stava da qualche parte, senza aver dato notizie, fra Cuba e la Giamaica, e Kozlov era confinato nella casa con la veranda dalle regole del duello.
La vita sulla nave pareva la stessa, pensò Avery aprendo la porta della cabina, ma era cambiato il modo in cui lui la attraversava. Percorse il corridoio e salì dal boccaporto aperto.
Si mosse col passo di sempre fra gli uomini impegnati nel lavorio abituale, gli occhi che registravano ogni magagna e ogni perfezione – Lee che stendeva il bucato; i marinai anziani che ancora si mettevano la pece sui codini striminziti; Bolton, tornato sulla nave, impegnato nelle rilevazioni barometriche –, eppure era isolato in modo irreparabile da loro, chiuso in una campana di Halley dalla ridda di azioni che avevano formato la trama attuale della sua esistenza.
«Burns, per cortesia, quella scotta è allentata.»
Registrò il movimento repentino del marinaio e ripercorse la ramanzina sulla condotta deplorevole dell'equipaggio, che aveva inflitto per un'ora buona al suo ritorno sulla pirocorvetta. Non rammentava ogni termine, sapeva di aver vomitato loro addosso due anni di frustrazioni, omertà e inganni e li aveva minacciati in ogni modo possibile, di frustarli, di lasciarli a terra, di segnare i nomi dei mentitori sul libro dell'Ammiragliato di modo che non potessero più servire su nessuna nave, condannati alla miseria e agli espedienti. Aveva citato la Corte Marziale, i Tre riuniti, la varea del pennone, spaventando i deboli e intaccando gli incuranti. Aveva scrutato parte della ciurma supplicare il perdono, parte piangere in silenzio, parte imprecare a denti stretti.
Voleva sentirsi meglio e per qualche ora aveva avuto il sollievo. Dopodiché, al pari di un'infezione che non può essere debellata, era risprofondato nella melma e aveva deciso d'aver convissuto abbastanza con il dolore e i rimpianti suoi figli. Ogni minuto gli lasciava la certezza che la forza scompariva, quell'essenza vitale che l'aveva sorretto in ogni età della sua breve vita, e la ascoltava perdersi nel passato dietro di sé.
La presenza del capitano scombinò il ritmo ordinario della guardia. Gli uomini si sentivano pienamente colpevoli; la sensazione che per merito di Kozlov e del nocchiere per molto tempo era aleggiata loro attorno senza toccarli, adesso era entrata dentro in una massa indesiderata.
I gabbieri salirono sulle griselle senza che fosse necessario, chi era seduto per rifiatare si sollevò senza appoggiarsi all'impavesata.
Bolton offrì un saluto formale. Blight si levò il cilindro. Fourcade, seduto su una sedia al coronamento a leggere, non badò all'arrivo del despota.
Avery li considerò senza alcun gesto che provasse che li aveva visti. Voleva passeggiare, e nel farlo scorse la riva distante, la lunga fascia di spiaggia di sabbia fine lambita da una schiuma esausta e, dietro, il rullo del mare che da trasparente si scuriva nel verdazzurro e nel turchese.
Si udivano le voci dell'acqua e del vento. L'Aliseo piegava le foglie delle palme verso ovest. West Bay era l'anticamera adiacente a una stanza chiassosa.
Il primo anno in cui era divenuto capitano, alla fine Nutter aveva mollato, aveva potuto percorrere con Kozlov l'intera costa occidentale a piedi, da George Town a Boatswains Point, cosa che aveva desiderato fare per gli anni in cui gli era precluso, siccome la sua squadra e quella del russo scendevano alternate. Forse stava lì la doglianza, nel fatto che doveva per forza fare quello che gli veniva impedito e avere quello che non possedeva.
Non potevo avere in dono un animo peggiore, pensò quando scese il cassero. Un colpo solo. Non ne voglio due o multipli.
Lui e Kozlov avevano portato Lenore alla villa; di fronte alla servitù che li guardava, aveva spiegato che la giovane era caduta in una pozza. Avevano bevuto, lei dormiva perché era brilla. Aveva scrutato il viso di Kozlov per leggervi la riprovazione, cercando la vacuità e trovandovi un qualcosa di pericoloso che l'aveva ammutolito.
Nel silenzio della villa senza padroni, Kozlov si era scusato di fronte a testimoni indigeni, orecchie che ascoltavano e menti che non capivano.
Lui aveva rifiutato. La sua educazione riteneva insufficienti scuse e genuflessioni per un reato del genere.
Eppure, mentre passeggiava sul ponte pulito, avrebbe voluto ridere del modo in cui avevano trascinato la figlia dei King alla villa, un sacco da scaricare, o della volta in cui si erano perduti nei mangrovieti. Nemmeno le doti di Kozlov li avevano levati dall'impiccio di insetti ronzanti e zanzare; erano caduti e scivolati per l'intera notte, finché all'alba non avevano scorto degli indigeni sulla via delle piantagioni, e prima che il padrone si accorgesse che non erano dei suoi, ma bianchi coperti di fango e ponfi, erano stati ingiuriati come perditempo.
Non posso credere che se ne sia invaghito al punto da disobbedirmi. Lo era già da allora? Difficile a dirsi per un uomo che ho sbagliato a giudicare. È colpa delle chiacchiere, delle stupidaggini di cui gli uomini parlano nel tedio della navigazione.
Smise di avanzare, strinse la radice del naso e scosse la testa. Gli uomini si scambiarono cenni di sottecchi.
Metti ordine.
Vuoi davvero procedere?
La ritirata non è contemplata.
Avresti dovuto accettare le scuse quanto le ha porte.
I russi amano i duelli.
Va' e falla finita. Lo sapevi da quando hai accettato di imbarcarti di nuovo per le Cayman.
Bolton si era avvicinato.
«Signore, vorrei parlarvi. Nel quadrato, se fosse possibile.»
Avery annuì ed esaminò il viso del nocchiere. Riebbe la sensazione che fosse anziano e che meritasse il rispetto dovuto.
L'odore del quadrato era la mescolanza di uomini di diverse età, in cui Avery separò l'emanazione di permanganato di potassio del dottore e l'Eau de Parfum del nocchiere.
«So che avete deciso e non ho l'autorità per dissuadervi. Non ne ho nemmeno l'ardire, in questo caso. Vorrei sapeste che nessuno di noi si è comportato come ha fatto senza ponderare le conseguenze. Abbiamo operato una scelta, che non è libera dalla riprovazione. Non esiste un solo capro espiatorio, come immagino abbiate sospettato fin dal principio. Non è giusto che io mi faccia da parte e lasci avanzare chi ha avuto più coraggio di me nel portare a compimento la scelta. Signore, voglio sappiate che il signor Kozlov declinò la promozione a capitano e il comando della fregata quando voi rifiutaste l'incarico nel Quarantasei. Ero presente quando il Primo Lord Ammiraglio insistette, e lui rispose che l'unica cosa che poteva fare, per obbedire alla Marina, era convincervi qualora gli fosse stato impartito l'ordine. Ed è quello che poi ha fatto.»
Avery ascoltò con l'animo asciutto. «C'è altro che volete aggiungere?»
«Mi appello alla vostra clemenza. So che avete perso più di quanto guadagnerete da una rappresaglia. So cosa significa. Non l'ho mai detto a nessuno, ma uno dei miei figli morì quando aveva appena imparato a chiamarmi. Il giorno prima l'avevo portato in spalla a guardare gli uccelli marini e il giorno dopo era inerme nel lettuccio. Non avrebbe più toccato i giochi sparsi nella stanza, non avrei più sentito i suoi strilli o quando mi chiamava distogliendomi dal lavoro. Non mi avrebbe aspettato sulla soglia né mi sarebbe venuto a prendere coi suoi fratelli. Ed è vero che mi sono rimasti gli altri, ma la vita non è la stessa se viene a mancare qualcuno che ci ha toccato. Passeranno anche per voi, e vi auguro di vivere a lungo, ventotto anni di assenza e sarà come il giorno successivo, soprattutto se lascerete entrare il pensiero.»
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