53. (PARTE PRIMA)
La villa dei King aveva retto e, a parte la finestra che dava sulla veranda, sfondata dal cugino di Eusebio, raccoglitore di canna da zucchero con paga regolare, che aveva lasciato vetri e schegge in salotto, l'interno era pulito. Dulce stava spazzando l'acqua, le foglie e i fiori gualciti, e li gettava dalla porta sul retro senza canticchiare.
Eusebio controllava lo stato delle baracche e si domandava dove si fosse ficcato Samuel, ragazzo incolto che spariva per ore e notti senza dare mai una spiegazione utile né a lui né al padrone. Il resto della servitù, levate le donne, sondava i dintorni con le lampade a olio e l'animo scosso dalla visita agli Scogli del Sacrificio. Lo stregone aveva dato il via a un passaparola con cui invitava gli abitanti a vedere la Sirena Alata.
«La Sirena ci ha protetti. Ecco la vittima che ha placato l'uragano.»
In realtà l'uragano non era esploso con l'usuale virulenza anticipata dalle avvisaglie, e per gli indigeni quel lungo periodo iniziato con l'assenza della pioggia e del vento costante nella stagione giusta, con le uccisioni del mostro sconosciuto e coi ribelli invisibili, era peggio.
Nella villa, Avery era accomodato sullo stesso divano dei pomeriggi di conversazione. Ma Lusia non sarebbe entrata dalla porta con il vassoio del caffè né gli avrebbe fatto cenni passando fuori dalla finestra.
In quella casa, il desiderio richiamato con fatica svaniva e Lenore era solo un'altra delle presenze ostili che gli avevano tenuto compagnia in Scozia. Avrebbe dovuto stordirla di piacere per somministrarle il laudano con l'acqua in cui avrebbe disciolto lo zucchero di canna.
Stava riflettendo su come aggirare la preoccupazione della giovane per stuzzicarla, che lei parlò, il viso come il primo quarto di luna che era uscito a rischiarare l'oscurità della notte primitiva.
«Gliel'ho detto, sapete.»
«Lo immaginavo.»
«Sono libera come due anni fa, ma non sono la stessa.»
«Nemmeno io.»
«La amavate nel modo folle di cui ho letto nei libri. Io provavo qualcosa di stordente per voi, di felice e appagante. Voi invece venivate qui per trovare lei e usavate me. Ero una buona ragione.» Lenore sollevò gli occhi sul viso di Avery, irresistibile. «Non credo che mi porterete con voi in Inghilterra né che mi sposerete per affetto. Mi sposerete, se mai lo farete succedere, per i motivi che gli uomini usano nei matrimoni di interesse. Navigando, non dovrete sopportare la vita in comune nella nostra casa. Io possiedo quel pezzetto di carne per cui gli uomini uccidono.»
«Non potete parlare per me, Lenore.»
«Nemmeno la mia balia mi sopportava, sapete? Mi picchiava con un cucchiaio di legno o con le mani, io strillavo e pretendevo. I miei genitori si sentivano sollevati quando riuscivano a stare soli. Mia madre una volta disse che mi avrebbe scambiata volentieri con mia sorella che morì in Inghilterra, così remissiva.»
«Non sono un santo e non pretendo che mia moglie lo sia. Conosco canaglie di ufficiali e le loro consorti sono poco meno di prostitute. Pare che l'uomo non possa evitare di volere tutto.»
«Ma voi non sareste geloso di me. Non uccidereste né mentireste per tenermi accanto.»
«Lenore, vi siete mai pentita di aver mandato al sacrificio un'innocente?»
«Non posso dire che essermi sbarazzata di lei mi abbia rimestato la coscienza. Dovreste aver udito che chiesi alla Sirena di prendersela.»
Avery si dominò al pensiero che con quella sera si chiudeva una storia vecchia. Si alzò, andò vicino alla giovane e le sfiorò il viso con il dorso della mano. Lei gliela prese e la portò in basso e gliela mosse come voleva la muovesse. Dopo qualche sospiro, patendo la svogliatezza nel corpo del capitano, Lenore gli scostò le dita.
«Venite in camera mia.»
Di sopra, gli amanti si spogliarono al buio, ciascuno dalla parte di letto che aveva scelto, con il vento a soffiare in un moto inquieto. Lei pensò alle stagioni trascorse nei Caraibi, con certe raffiche che a volte si rannicchiavano sotto i tetti al posto delle rondini e le conciliavano il sonno.
Meditando sulle molte donne che aveva avuto, Avery riuscì a irrigidirlo e un ulteriore aiuto glielo diede il seno della Sirena, che svegliò la sua tempra. Evitò la posizione preferita di Lusia e prese Lenore da dietro, con lei stesa sul lenzuolo a tenersi alla testiera del letto e a sfregare il sesso sulla tela.
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