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51. (PARTE QUINTA)

Kyriake si era liberata della stretta dei due venti, che adesso parevano accompagnarne il volo. Sotto di sé vedeva gli Scogli che svettavano circondati dalla spuma ribollente e bianca. Con la sua profondità oculare individuò la Sirena tenuta su dalle onde, i capelli che si muovevano in un groviglio di serpenti neri dietro la schiena, sorretti dall'aria.

Adesso è lei l'arpia.

La Sirena sollevò gli occhi senza sentimento e vide il grosso uccello volteggiare in circolo, come un falco avrebbe fatto intorno a una torre invisibile. «Perché non la state trattenendo?» gridò ai venti.

L'Aliseo non rispose. Il Williwaw discese per schiaffeggiarle il corpo e comunicarle che non poteva rompere il patto che da ere vigeva fra lui e le Sirene.

«Non m'importa se è tua sorella, fintanto che è una sorella ingiusta! Se avesse potuto uccidervi l'avrebbe fatto! Adesso voi obbedite a me!» I capelli passarono da dietro la schiena ai lati del viso e in avanti. «Aliseo! Ascoltami! Io e te siamo amici da moltissimo tempo. Mi hai sempre rispettata e io ho fatto lo stesso. Conosco il tuo animo misericordioso, lo stesso che ti ha fatto condurre qui un abominio in buona fede. Ascoltami! Adesso ho bisogno di te.»

L'Aliseo esitò; la Sirena avvertì il soffio farsi debolissimo e venire sovrastato dal Williwaw. Il vento del Nord obbediva alle direttive del padrone, emerso vicino alla scogliera.

Voltatasi verso il Tritone Artico, la Sirena notò un uomo in cima alla scogliera e le parve di udirne la voce fioca. Poi tornò a fissare il volo della nemica.

«Kyriake, ti condanno per aver sfidato la mia autorità e ucciso la popolazione che amministro. Il tuo sacrificio placherà l'uragano!»

La Sirena Alata non replicò, zittita dalla raffica stordente del Williwaw e dallo schiaffo improvviso dell'Aliseo. Il Buran, che aveva spinto Kozlov sulla scogliera, le premette la testa e il dorso verso il basso perché la sacrificata s'inchinasse.

La Sirena formò un vortice accanto allo scoglio più alto dove venivano legati i sacrificati, e l'acqua divenne una catena simile a un uroboro che inseguiva la sua estremità senza averla ancora afferrata, strisciando intorno alla roccia.

Il cielo si distese in una lastra, poi si contrasse. Si formò un occhio bianco da cui precipitò una grandinata di chicchi di ghiaccio.

La Sirena Alata raggrumò il potere che le fornivano le anime inalate e si rivestì di una luce d'oro. Si trovava perpendicolare alla Sirena.

La Sirena scrutò l'uccello irradiare il calore di un sole troppo vicino.

Kozlov, in equilibrio sulla scogliera, dovette socchiudere gli occhi e voltare un poco la testa. Aveva il fucile in posizione.

Tieni gli occhi aperti. Sei abituato.

Rischiò di venire accecato quando diede un'ultima occhiata alla forma luminescente sospesa davanti, distante poco più di cinquanta iarde, e premette il grilletto.

Il proiettile era indirizzato al viso, i venti inconsapevoli lo deviarono. Entrò nel ventre della Sirena Alata, che aveva trasformato la bocca in becco.

Kyriake avvertì il dolore conosciuto di un'arma intaccata dal potere, girò la testa e individuò l'assassino, l'uniforme blu. I tre venti cercavano di spingerla verso il mare senza successo, lei era inattaccabile ai loro soffi combinati.

Kozlov si sforzò di tenere le palpebre abbastanza sollevate e sperò che il rimasuglio della forma luminescente che sfarfallava gli lasciasse una visione parziale. Vide il mostro gettarglisi addosso e avvertì la pesantezza delle braccia colpite dalle pallottole della grandine.

Tieni gli occhi aperti, concentrati. È adesso.

Aprì la culatta girando il vitone, prese il proiettile dalla tasca della giacca e lo fece scivolare dentro la camera di sparo, inclinò il fucile, riportò la mano alla tasca dove c'era il sacchettino di polvere nera mischiata alla bianca, lo trasse e ne rovesciò nello scodellino e fuori, al diavolo gli sprechi, richiuse il vitone. Aveva ricaricato con la rapidità dell'esercizio e con la sicurezza di farcela, la stessa di quando rincasava di notte durante le tempeste siberiane. Risollevò il fucile, lo puntò e sparò all'immagine che si ingrandiva e la centrò in viso, ma lei continuò a ingrandirsi e lui a fissare l'unico foro nero nella fronte dorata.

Non posso ricaricare per la terza volta.

Kozlov non pensò alla morte, chiuse gli occhi, abbassò la testa e l'immagine davanti a lui scomparve. Percepì una forma solida accanto e una mano sospingerlo di lato, udì il cigolare del cannone dietro il quale si era posizionato per sparare con il fucile. Riaprì gli occhi e vide la schiena del capitano.

Avery ce l'aveva davanti, non poteva mancarla. Il sistema di sgancio a molle in contro tensione spinse l'arpone in avanti e l'arma trapassò Kyriake. Un fiotto di icore cadde sul ferro, e il metallo sibilò; la Sirena Alata retrocedé per sfuggire, tirandosi dietro fune che si tendeva.

Le alette laterali del proiettile si aprirono. Un boato esplose nel corpo di Kyriake, le risalì dal petto alla testa e le incenerì gli organi. Venne avvolta dalle fiamme che le uscivano dal buco nel petto.

I tre venti caddero su di lei e la trascinarono verso lo scoglio.

L'uroboro di mare si levò in alto nel momento in cui il vortice si abbassava in spirali di acqua e spuma e scopriva il fondale.

La Sirena Alata precipitò, una forma di fuoco che seguiva di poco la lunga fune con l'asta dell'arpone. La fune legata all'asta, mutilata, affondò mentre Kyriake raggiungeva il pelo dell'acqua. L'uroboro guidato dalla Sirena la circondò e la premette alla roccia. Kyriake pensò che l'acqua avrebbe estinto le fiamme, ma venne smentita. La voce di sua madre le raggiunse la mente: «Hai imparato troppo dagli uomini, credi a loro e non a me. Avrei voluto tu restassi un animale per sempre.»

Il mare si richiuse sul mostro delle Cayman.

La Sirena rimase stupita da ciò che era successo alla nemica, non immaginava che il proiettile del fucile potesse produrre un fuoco capace di resistere al mare. Fu un pensiero breve, nell'urgenza s'immerse e stette davanti alla Sirena Alata, la cui luminosità era adesso un bagliore fioco, senza fiamme, e il cui corpo era stato violato dai proiettili, due buchi piccoli nel ventre e nel viso e una voragine nel petto.

L'icore rendeva l'acqua scintillante, e la Sirena dovette raggrupparlo in una pozza per impedire che raggiungesse i pesci e li avvelenasse.

Kyriake avvertì un liquido in gola che non poteva sputare. Per un riflesso inspirò, la glottide si chiuse in uno spasmo. Sperimentò l'apnea. Non moriva. Si agitò, scalciò con le zampe artigliate.

Le fondamenta del mare e della terra tremarono.

La Sirena levò, dal sacchetto che si era legata in vita, una conchiglia puntuta. Sollevò il braccio e si accanì sul petto della nemica, spingeva il mare dentro il becco perché raggiungesse i sacchi aerei carbonizzati.

Kyriake prese respiri disordinati che le annebbiarono la volontà. Pensò al nevoso aere, alla sera che scendeva invocata. Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme che vanno al nulla eterno. Non posso morire. Che cos'ha il cuore? Le giunsero le parole degli uomini: «La Sirena è immortale.» E di nuovo la voce di sua madre: «Hai imparato troppo dagli uomini, credi a loro e non a me».

Il Tritone del Mare Artico colpì Kyriake con le correnti. Lui e la sorella provavano a ucciderla, e a ogni assalto si accorgevano che la Sirena Alata tornava del colore originale.

La Sirena gettò la conchiglia, la cui punta si era spezzata. Individuò l'asta dell'arpone, che aveva raggiunto uno scoglio sommerso e si era posata. La prese con le mani e la conficcò a fondo nella carne fino a sbrecciare la roccia e la voltò in un angolo di quarantacinque gradi. Sentì il cuore di Kyriake emettere un frullo che le risalì la mano e le fece lasciare l'arma. La coscienza le gridava nella mente. È la sua natura. Quanto di lei è colpa e quanto costrizione?

Una massa d'acqua, con la solidità di un muro, arrivò addosso alla Sirena Alata e le chiuse gli occhi; la Sirena e il Tritone Artico vennero scagliati lontano.

Nettuno si erse con il tridente. Mosse la mano libera, un gesto lento, lentissimo, e toccò il petto della sacrificata. Dal becco uscì uno scoppio di icore.

Sopra, la grandine che colpiva la superficie del mare e della terra in un fracasso di ciottoli si trasformò in piume di neve candida. 

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