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5.


La Sirena dovette attendere che la mente accettasse l'irrisione, la smembrasse perché le fosse comprensibile e la rivomitasse. «Mentitrice!»

«Non dico affatto menzogne. Rispondo alla domanda che hai formulato.»

«Io sono una Sirena. Saprò bene quello che sono.»

«Se sei tu a dirlo. Comunque non cambia il fatto che anch'io sono una Sirena.»

Il Vento soffiò per scostare i rami, di modo che si potesse vedere bene la creatura nella luce diurna. Gli occhi avevano un aspetto umano, erano pupilla e iride e sclera, dissimili dallo sguardo della Sirena che lui aveva sempre conosciuto.

«Ti ha generato Nettuno?»

«So chi è il Dio del Mare. No, io appartengo a mia madre, che fu come me e mi fece uovo nell'isola di Zante. Ai tempi in cui nacqui la mia isola non aveva nome né collocazione certa.»

«Sei nata dove soffia il Greco, ecco perché ne conoscevi la fama» disse il Vento.

La creatura agitò le ali, che avevano una discreta apertura.

«Se non ti ha generata il Dio del Mare non puoi essere una sirena. Sarai qualcosa d'altro, e di certo sei una ladra che ha rubato il mio nome.»

La Sirena Alata aprì e chiuse le tre dita con gli artigli, graffiando il ramo su cui era posata. «Non avevo idea della tua esistenza, fino a oggi. Eppure tu esistevi. Anch'io esisto e sull'isola di Zante è quello il mio appellativo.»

«Perché sei venuta nei Caraibi?» chiese il Vento, e osservò la coda della Sirena che batteva un ritmo marziale dentro l'acqua.

«Gli uomini mi danno la caccia. Hanno decapitato le statue funerarie col mio volto dopo che mi sono cibata dei visceri dei prigionieri che i britannici avevano appeso nelle gabbie di ferro. Uno di loro mi ha vista mentre faceva la ronda al crepuscolo e ha pensato di spargere il verbo. Gli abitanti locali continuano a venerarmi, sono lo stemma della rivoluzione, ma i britannici hanno messo una taglia.»

«Una taglia?»

«Sì, Sirena pesce. Pagano i cacciatori che mi cattureranno. Valgo dieci lepta da cinque.»

«E non hai un nome che io possa pronunciare?»

«È uso, nella mia isola, che gli stranieri si presentino se vogliono delle risposte.»

«Sei tu l'invasore» gridò la Sirena, e lo strepito giunse alle piantagioni di canna da zucchero e caffè nei pressi di Turtle Fence, dove le imbarcazioni facevano carena. «Come ti permetti di venire a Grand Cayman e comportarti da padrona?»

La Sirena uccello aprì la bocca e la Sirena pesce vide incisivi affilati con cui l'intrusa si lisciò le piume sul petto. Doveva avere un qualche muscolo particolare nel collo o vertebre cervicali flessibili che le permettevano di abbassare la testa e ruotarla. Era spaventoso guardare mentre si spulciava con la testa capovolta e gli occhi mobili a controllare le mosse del mondo intorno a sé.

«Ti chiedo asilo, Sirena pesce. Se può servire a non far divampare una guerra fra noi, ti dirò come mi chiamo. Kyriake è il suono che usciva dalla bocca di mia madre.»

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La Sirena sfogliava i libri della Stanza con una furia che non le permetteva di soffermarsi sui paragrafi, ma le muoveva gli occhi in una danza ininterrotta di spostamenti a sinistra e a destra. Il Vento, ammutolito per aver condotto una creatura indesiderata sull'isola, si era rintanato nel fondo buio dell'odore di seppie.

«Non angustiarti» disse la Sirena, che avvertiva sulla pelle il calore imbarazzato dell'aria immobile. «Non è colpa tua se hai compiuto il tuo dovere.»

«Avrei dovuto dirottarla su Little Cayman.»

«È comunque un mio possedimento. Se volessi farmi cosa gradita dovresti gettare quell'insolente nel Blue Hole

«È come noi, Sirena, in qualsiasi modo voglia essere chiamata o sia stata battezzata. Parla ogni lingua degli uomini, non le si può nascondere nulla.»

«Eccettuati i pensieri che non cediamo all'aria. Finché sono chiusi dentro non può leggerli.»

«Dovresti perdere la deprecabile abitudine del soliloquio, Sirena. Forse allora i tuoi segreti sarebbero al sicuro.»

La Sirena smise di sfogliare la pagina di un libro consumato. Le rimase nella mano destra, un'ala di carta. «Le credi?»

«Tu sei giovane, Sirena, non hai idea di chi ha calcato la terra e invaso il mare nei tempi che gli uomini chiamano antichi.»

«Sono nata nell'Olocene, per la nomenclatura umana, e ho vissuto abbastanza per superare gli eruditi più straordinari.»

«Ma non hai la capacità di veggenza.»

Il Vento sapeva che la Sirena era una bambina, secondo un raffronto su scala umana, e che la sua mania per le gambe era nata con lei quando per la prima volta aveva visto un uomo camminare eretto, dopo che il Grande Continente si era spezzato e le scimmie avevano perduto la peluria ed erano diventate homo. Nettuno aveva atteso che il livello del mare risalisse dalla glaciazione per generare i suoi eredi.

«Sirena, ascoltami. Persino tuo padre nacque quando l'oceano era popoloso. La Terra era già stanca di vivere. Esistevano pesci e molluschi bivalvi. Poi successe qualcosa, si tramanda fra i venti, e ogni forma di vita sparì per ricomparire diversa. Nettuno nacque nel Triassico con le alghe verdi. E non credo si sia generato da solo come il pesce delle mangrovie che è maschio e femmina insieme.»

«Lui dice che lo generarono gli dèi.»

«Comunque sia, restò solo a vigilare sul Grande Mare che circondava il Grande Continente. Forse nemmeno tuo padre può affermare con esattezza se prima di lui siano esistiti "Sirene" e "Tritoni" diversi dagli attuali.»

«È una teoria interessante, la cui veridicità non posso escludere.»

«Bada, Sirena, che se dovessi interpellarlo potresti farlo adirare e patiremmo grandi sconvolgimenti. Nettuno può affogare i continenti nello stesso modo in cui tu affoghi chi ti cagiona danno.»

La Sirena appoggiò la pagina, chiuse il libro e si accorse che il bordo continuava a sporgere, giallognolo e irregolare.

«Ti ricordo che, sempre secondo la tradizione orale, il Patto fra il Signore dei Venti e voi venne siglato nel Devoniano, quindi doveva esserci qualche progenitore del progenitore per poterlo fare.»

«Tu dici che sono esistite sirene più vecchie di mio padre?»

«Può darsi che fossero simili ad animali privi del cervello che ha il Re del Mare.»

«E lei potrebbe essere un relitto?»

«Potrebbe, sì. Mi pare di aver letto in un poema, scritto da un uomo cieco, che nei tempi antichi le sirene avevano ali e coda che non era di pesce.»

«Un cieco non può scrivere» disse la Sirena, e sorrise.

«Non lui, ma come per la Bibbia potrebbe aver tramandato il poema per via orale e qualcuno aver trascritto le parole.»

«E il libro che ti ho dato? Contiene qualche rivelazione utile?»

«No, Sirena, pare a me un sogno. Solo un sogno.»

«Un sogno. Chissà cosa si prova a sognare.»

Il Vento non rispose, era troppo rammaricato.

«Perché non posso avere quello che hanno gli uomini? Perché il Dio del Mare ha deciso che chi amministra dovesse essere scevro dei doni in possesso degli amministrati? Mi ha lasciato i patimenti. Ha permesso che diventassi gelosa e mi mortifica per una sua mancanza. Se mi voleva senza sentimento doveva crearmi con più attenzione. E poi dice che non capisce il Dio degli uomini, che ha scelto per loro il libero arbitrio! Ha stabilito l'inviolabilità fisica delle sirene e ci ha lasciato la capacità di comprenderla. Maledetto!» La Sirena scostò il libro con il dorso della mano e si sdraiò sul pavimento umido. Batté i pugni. «Perché il capitano ha scelto quella dannata indigena?»

«Sirena, mi meraviglia la tua ingenuità. Forse che tu non hai scelto lui a discapito di centinaia di altri uomini? Perché lui non avrebbe dovuto fare altrettanto?»

La Sirena tirò a sé la coda finché sentì le scaglie grattarle il petto. Non aveva l'ombelico, non era mai stata attaccata a una madre. Odiava quando il Vento le rammentava quanto fosse egoista e orgogliosa. Sapeva bene che ogni sentimento aveva connotazioni intrinseche buone e spregevoli, ma preferiva crogiolarsi nell'accezione migliore quando pensava a se stessa. Era egoista per salvarsi e orgogliosa per fierezza. Il Vento diceva di amarla, ma si permetteva libertà di cui lei avrebbe fatto a meno.

«So che non ti piace essere giudicata. Chi t'ama non lo considera un diritto, bensì una forma di conoscenza intima e ti apprezza ugualmente. Tu cosa sai di quel capitano? Nulla. E lui cosa sa di te? Nulla.»

La Sirena taceva, immersa dentro i pensieri che le parole del Vento innescavano.

«Forse hai ragione quando dici che Nettuno avrebbe dovuto dare ai suoi figli l'indifferenza della divinità, non vi avrebbe dovuto fare imperfetti. Tu sei rimasta indifferente al desiderio amoroso per secoli, finché lo hai incontrato nelle sembianze del capitano. E per te è cominciato l'inferno del calderone.»

La Sirena fissò le pareti della Stanza.

«La Chiesa ha creato un Inferno di demoni con sembianze animalesche che pungolano i dannati immersi in calderoni bollenti. Tu stessa hai detto alle mante che l'unica cosa che vuoi, eccettuate le gambe, è bruciare nel fuoco che ti sei scelta. Il tuo amore per il capitano è il fuoco e l'impossibilità di consumarlo è il calderone.» Il Vento le soffiò sul viso, ma non c'erano lacrime da spargere. «Ti avevo avvertita che non sarebbe tornato e non mi hai creduto. Hai avuto fiducia in un essere che è volubile quanto te. Gli uomini non sono mai stati coerenti. Ricordi il principio della tua leggenda e come è cambiato nei secoli?»

La Sirena tornò agli albori della sua esistenza quando uomini quasi senza parola, spaventati dalla potenza delle forze naturali – soprattutto l'acqua che spegneva i fuochi – donavano al mare i bambini gettandoli dalle scogliere.

«E questo accadeva prima di Cristoforo Colombo. Poi capirono che il sacrificio dei bambini levava agli uomini il domani, sarebbero finiti estinti al pari degli animali che cacciavano. Decisero allora di privarsi dei guerrieri. Poi capirono che lasciavano sguarniti i deboli dalle forze necessarie a difendersi in tempi di guerra. Quindi decisero per i giovani, e fra essi scelsero le femmine. Pare un'assurdità, sono le donne ad avere il grande privilegio della riproduzione. Però non lo è. Sacrificare una donna è un grande dono e tu hai scelto di accettarlo approvando l'operato degli uomini. La tua purificazione è divenuta un loro rituale.»

La Sirena non poteva ribattere alle cantilene del Vento in virtù della loro natura veritiera. Per secoli aveva accettato le tacite imposizioni insite nel ruolo – e in quella che era divenuta la sua natura – e adesso avrebbe dovuto accettare il patto che lei stessa aveva siglato col suo animo.

«E io credo che fra qualche anno torneranno ai bambini» chiuse il Vento.

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