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38. (PARTE PRIMA)

Il signor Middleton si scomodò nel tardo pomeriggio, prima che Kozlov tornasse come un agnello all'ovile – Avery era piuttosto innervosito da un ritardo che non poteva quantificare né rimbrottare, il russo non aveva stabilito a priori un'ora di rientro –, per raggiungere la pirocorvetta. Bolton gli disse, risentito dal fatto che dovesse badare alla nave senza poter scendere, che il capitano era all'ospedale.

Il signor Middleton risalì sulla carrozza e si diresse all'ospedale, dove trovò chi cercava sulla soglia d'ingresso con un cannocchiale puntato in direzione del mare.

Avery lesse la lettera in piedi, con Middleton che sbirciava le righe.

Altri due morti nell'East End, stavolta, fra le foreste di mangrovie. Deve essere l'ambiente ideale del mostro.

«Il signor Campbell è spaventato, come tutti noi. La seconda uccisione è avvenuta poco distante dal patio di casa sua.»

«Forse dovreste tornare all'antica idea di dar fuoco all'isola. È un uccello, si alzerà in volo alla vista delle fiamme.» Avery ricordò una battaglia di quando era allievo, la nave trasformata in una fiaccola nella notte e gli uccelli che strillavano credendo che il bagliore rappresentasse l'inizio del giorno. «Se volete posso mandare qualcuno a indagare. Il signor Lennox ha alcune corvette a disposizione. Posso fornire qualche marinaio togliendolo all'equipaggio. Per quanto mi riguarda non voglio andar via da qui.»

«Fate bene» disse Middleton, a cui non importava molto dei guai negli altri distretti. «Trovo ottima la vostra idea.»

Avery annuì e raccolse la fetta di pane alla banana che aveva appoggiato al davanzale. La morse e masticò con il pensiero rivolto alle Sirene e alla lancia in fondo al mare. «Che voi sappiate, esiste un artificiere...» cominciò, ma poi vide il secondo ufficiale venire su dal sentiero con i capelli in disordine e un'aria di complessivo abbattimento. Da vicino si accorse che era esaustione. «Kozlov» lo apostrofò e omise l'appellativo di cortesia usato di fronte all'autorità.

Il russo si avvicinò senza mutare il passo e con lui venne avanti una zaffata di sudore di cavallo e pesce. Middleton si fece indietro e raggrinzì il naso.

Avery ricevette l'effluvio, e in esso trovò il cavallo e l'acqua e qualcosa di più penetrante. «Dove siete stato? In un mattatoio di pesci? Guardatevi!» Volse gli occhi verso il rappresentante di George Town per vedervi il biasimo e l'orrore riservati ai mendichi, e il riflesso del suo stesso pensiero gli fu intollerabile, assommato al ritardo e ai segreti di un uomo che considerava un fratello d'arme.

«Chi siete?» domandò Middleton, che non ricordava il russo alla riunione dal Governatore.

«Un marinaio» disse Kozlov, che sapeva comprimere l'imbarazzo con la menzogna.

«Questo che vedete è il mio secondo ufficiale» quasi gridò Avery. «Un ufficiale di marina sulla terraferma! Cosa dovrei fare? Quale scelta mi lasciate tornando in ritardo da chissà dove?» Allargò le braccia e dovette trattenersi dall'agitarle. Il pensiero che il russo si fosse rotolato con un'indigena sulla spiaggia lo spronava a punirlo. La schiena di Kozlov sostituì quella di Bolton sul graticcio nella mente.

«Cos'è questo baccano?» Cobb uscì dall'ospedale seguito da Jimmy sifilitico. «Buon... signor Kozlov!»

A Cobb non sfuggirono i calzoni macchiati di fango, il viso smorto e sofferente. Scansò il capitano, pestò un piede a Middleton e afferrò un braccio del russo, temeva che sarebbe crollato a terra. In realtà Kozlov era saldo sulle gambe.

«Portatelo dentro» disse Avery. «Penserò a... diavolo, devo risolvere un'altra questione adesso.»

Tornò la quiete all'esterno. Nell'animo di Avery imperversava la furia.

Middleton avvertì che l'aria intorno si era guastata e cercò di essere gentile. «Capitano, vogliamo discuterne a cena stasera?»

«Vi ringrazio, ma vorrei andare al Forte.» Avery lasciò la fetta di pane alle banane sul davanzale, cercò la mano del rappresentante, la strinse per congedarsi e s'incamminò con il cannocchiale sottobraccio. Pochi passi e tornò indietro, lasciò il cannocchiale sul davanzale e disse a Middleton: «Consegnate un messaggio al signor Campbell. Manderò qualcuno ad aiutarli».

A piedi, scacciando zanzare e ragionamenti che lo irritavano ulteriormente, salì al Forte. Non era la sua giornata fortunata, perché incrociò Lenore che usciva dal cortile in compagnia di Dulcina.

Avery si inchinò, la giovane fece un cenno con la testa fingendo di non vederlo e proseguì.

Avery invece rimase fermo e le si rivolse. «Come state?»

Il buonsenso di Lenore le disse di proseguire con l'alterigia della sua razza. Ma lei si voltò per scrutare il capitano nella luce dorata del tardo pomeriggio. Sarebbe stata attenta ai segnali; ora sapeva riconoscerli e vide che gli occhi verdi di Avery non sfuggivano al suo biancore per fissarsi sulla negra al suo fianco.

Dulcina guardava gli uccelli marini in cielo con l'espressione istupidita.

«Bene. Vi ringrazio, capitano. E voi? Godete di buona salute?»

«I marinai hanno la scorza dura.»

Due estranei. Però mi rincuora vedere che non gli interessa questa stupida. L'avrei uccisa se solo fosse ricominciato tutto daccapo. L'avrei fatta sparire dove nessuno l'avrebbe mai trovata e avrei preso un valletto. E a cosa sarebbe servito? Amami, dannazione. Perché non è toccato a me?

«Buona serata» disse Avery.

«Anche a voi. Che la fortuna vi accompagni.»

«Quando vi sposerete? Se posso permettermi.»

«Non abbiamo fissato la data. Forse a marzo. O forse a novembre dell'anno prossimo. Mio padre sta valutando.»

«Il signor Lennox è un ottimo partito.»

Avery avanzò nella penombra che i muri proiettavano dentro il cortile. Si era pulito la coscienza. Un miserabile. Acchiappò il dottor Patterson e gli chiese: «Il signor Lennox è malato? Può ricevere visite?».

Patterson non aveva pruderie inglesi e rispetto dell'etica. Proruppe in una risata che fece voltare Lenore e la cameriera.

«È uno dei pochi uomini che ho visitato che si preoccupa di essere troppo sanguigno. Mi ha chiesto un calmante.» Seguitò a ridere e ad agitare la borsa da medico, il cui contenuto tintinnò. «La sua futura sposa è una donna desiderabile, l'avrete vista entrando, a meno di averla mancata per minuti. Era qui fino a poco fa. A vederla pare un'altra britannica tiepida ma pare che scaldi il sangue.»

Avery lasciò il dottore, scosse la testa e si avviò.

Dopo un colloquio limitato dall'attenzione incostante di Lennox, si decise che due ufficiali della pirocorvetta andassero a verificare la situazione nell'East End con alcuni marinai e un drappello di soldati su una delle corvette.

«Vi manderò Abel, ho sentito che c'è un galeone ancorato a Gun Bay. Abbiamo urgente bisogno di una lancia.»

«Non troverete niente. Gli indigeni sono i ladroni del Gòlgota. Fareste meglio a farvene costruire una nuova. Il buon legno qui non manca affatto, potete scegliervi l'albero giusto. Non credete alla diceria che ci vuole privi di legno stagionato. Conosco un carpentiere navale in pensione, un amico del vostro amico Connolly. È sull'isola da un anno e mezzo e dicono sia bravo.»

«Se non dovessi trovarne una superstite sul galeone, mi contenterò della vostra idea. A proposito, sapete se c'è un artificiere sull'isola?»

«Un artificiere?»

«Possiedo un arpone difettoso. Sapete, quelle nuove armi esplosive per la caccia ai grandi cetacei. Non posso credere che non ne abbiate mai visto uno. In ogni caso è un aggeggio letale, se e quando funziona. E pare che il mio acquisto non funzioni.»

«Fatemi pensare. In città non c'è nessuno che si fregia del titolo di artificiere, ma due dei miei soldati sono abili con le cariche.» Un'immagine della cenere che cadeva in fiocchi e il suono della detonazione dei barili portati per fermare l'avanzata degli uomini di Avery durante l'attacco scellerato al Forte due anni prima, ammutolirono Lennox. «Sommer sa maneggiare il fulminato di mercurio e pasticcia d'abitudine con l'acido nitrico e... cos'era quella sostanza? Ah, la segatura di legno. Non so se possa fare al caso vostro, posso mandarlo a chiamare di modo che possiate esporgli la questione.» Lennox si accorse che Avery teneva la testa bassa e una smorfia infelice in viso. «Non mi sembrate allegro.»

«Ho forse motivo di esserlo?»

«Intendo dire che di solito siete intraprendente. Stasera mi sembrate abbattuto.»

«È stata una pessima giornata.»

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