- Capitolo Venti -
Era come lo ricordavo nei sogni.
Forse anche più bello.
Stretto in tutta quella pelle, in quei pantaloni, era acqua per gli assetati.
I suoi occhi blu risaltavano intorno a tutto quel nero.
La bocca carnosa si intravedeva nel casco ed era di un rosso ciliegia.
Cercai di non guardarlo negli occhi più del dovuto, ma era difficile, mi aveva incatenata a lui.
Ero ammaliata da tutto quel ben di Dio in una maniera al limite del vergognoso.
Una sensazione strana si insinuò dentro di me che mi fece per un'attimo barcollare.
Era come se noi fossimo in un altro mondo, senza le mie sorelle e i ragazzi, senza la tavola calda.
Con niente intorno, solo io e lui.
Riprenditi Felicity, mamma mia sei una causa persa.
Cercai di tornare al momento, al parcheggio, ma soprattutto al presente reale e non a quello fantastico che vivevo nella mia testa.
«Carina la moto, è con questa che rimorchi?» dissi tirando fuori la prima cosa che mi venne in mente.
«Gelosa per caso?»
«Chi io? Di lei sicuramente.»
Lo guardai con aria di superiorità, cercando di camuffare i sentimenti contrastanti che mi provocava soltanto la sua voce.
«Da come mi guardavi, pensavo fossi gelosa anche di me.»
Sono un'emerita stupida.
«Nei tuoi sogni.»
«Forse un giorno ti vedrò, ma sono sicuro che nei tuoi già ci sono... vero scimmietta?»
«Fottiti Noah, fottiti.»
Sorrise e spostò la tuta da motociclista dal polso, guardando l'orologio.
«Fra tre ore, mi fotteranno e le fotterò... tranquilla»
La mia bocca si aprì automaticamente mostrando tutto il mio sdegno.
«Ehi, come sta Lullaby?»
David si avvicinò a noi, mentre gli altri rientravano in macchina per ripartire.
«Sta bene! Solo qualche graffietto» disse Noah.
Dio, gli uomini! Pudore zero.
Avevo sempre trovato squallido sentire i ragazzi parlare delle loro conquiste.
Il modo in cui ne parlavano, i gesti che facevano.
Come se la donna fosse un pezzo di carne e non una persona con dei sentimenti.
Fu più forte di me in queste circostanze, non riuscivo a stare zitta.
Soprattutto, per me era difficile collegare il cervello alla bocca.
«Immagino come sta bene... la sanguisuga ha fatto centro»
Parlai a bassa voce mentre guardavo intorno il panorama.
Il mio carattere un po' ribelle che stava emergendo di nuovo, si era spento sempre di più nel corso degli anni senza mai riemergere.
Con Charlie, combinavo un sacco di casini per colpa del mio carattere.
Mi diceva sempre che non voleva essere nei panni degli altri quando litigavano con me.
Le avevo scritto che ero arrivata, che era andata alla grande, sarcasticamente parlando, ma dovevo aggiornarla sulle ultime novità.
Immersa nei miei pensieri, presi il telefono e non mi accorsi che Noah mi stava guardando.
Aveva gli occhi puntati su di me già da un bel po', visto che David aveva smesso di parlare.
Cazzo.
«Dicevi?»
Lo guardai consapevole che aveva sentito anche la più piccola sillaba.
«Nulla» dissi facendo la vaga.
Non volevo sembrare ai suoi occhi la solita bambina capricciosa e appiccicosa.
Ne era pieno il mondo.
Ragazze pronte a rivestire il ruolo della crocerossina per uomini come lui.
Superficiali e boriosi.
Io non ero così.
Ma soprattutto, nonostante la voglia di conoscerlo perché mi piaceva veramente tanto, non riuscivo a sottomettermi a lui.
L'avevo fatto troppe volte nella vita.
Voltai la testa e mi diressi verso la macchina, avviando la chiamata a Charlie.
«Dio amica, ma che fine hai fatto? Stavo per chiamare i servizi segreti ,cazzo!»
«Nulla, ho un pochino di novità e poco tempo per dirtele.. quindi ascoltami»
«Sono tutta orecchie cucciola!»
Cominciai a raccontare tutto quello che era successo nelle ultime cinque ore. Mi soffermai solo sulle cose importanti.
L'unica cosa che mi fu strana era parlare di Noah.
Girai la testa verso di lui, mentre con una mano mi toccavo la coda dei capelli.
Era sempre lì, che mi guardava mentre parlava con David.
I suoi occhi mi percorrevano da capo a piedi più e più volte, talmente tanto che sentii le guance prendere colore all'improvviso.
«Ty ci sei? Ma non è che è caduta la linea? Che palle questo telefono devo cambiarlo. Inutile che lo riavvio ogni volta. Mamma, mammaaaaaaa. Mi serve qualche soldo per il telefono. Ma come devo usare la carta? Ma dai mamma lo sai che sono imbran-»
«Charlie?»
«Chiedi a papà cavolo! Sono incapace che posso farci»
«Charlieeeee!» strillai il suo nome, così forte che mi vergognai di averlo fatto due secondi dopo.
«Scusa Ty! Eccoti finalmente, pensavo di dover cambiare questo telefono. Ultimamente mi dà tanti problemi»
«Sì, ho sentito. E quindi non sai usare il bancomat?» risi alla mia stessa battuta sapendo benissimo che la mia migliore amica era veramente un'imbranata.
«Cosa posso farci? Non sono capace, adesso dovrò farmi spiegare anche quella storia che si può pagare anche con il telefono. Come al solito sono rimasta anni luce indietro»
«Tipico di te, comunque... salutami i tuoi e ci sentiamo domani, ok? Ora devo andare.» dissi.
Ero tentata di aprire il nuovo argomento, ma cosa potevo dirgli?
Che mi piaceva un emerito stupido?
«Tranquilla, anche io devo finire di vedere le repliche di The O.C»
«Salutami Ryan e Marissa, ma non ti azzardare a vederti le repliche di The Vampire Diares »
«Ti aspetto tranquilla. Ho la voce di Damon nelle orecchie che mi sussurra di aspettarti» disse ridendo.
Amavamo quella serie ed eravamo riuscite a non litigare per Damon e Stefan, come il resto del mondo.
«Fai la brava, ci sentiamo presto»
«Ciao cucciola e... Ty, mi manchi, spero tu stia bene» la sua voce seria mi bucò anima e cuore.
Prima di rispondere, guardai la macchina di David, dove le gemelle stavano cantando a squarciagola insieme a Miki.
Sentivo che non dovevo girarmi verso Noah, per i dieci minuti trascorsi a parlare con Charlie, il suo sguardo lo avevo sentito nelle ossa.
Con fare disinvolto, malgrado la mia testa mi dicesse di no, girai lo sguardo verso di lui.
Era lì, con i suoi occhi piantati sulla mia figura.
«Per il momento si» misi giù guardando ancora Noah.
Mi guardava come se mi stesse chiamando a sé, mi stava ammaliando con poco e ci stavo cascando con tutte le scarpe.
Ringraziai Dio però che il nostro scambio fu interrotto da David che mi richiamò.
«Ty andiamo, dovremmo ripartire così per cena saremo al college»
Guardai David acconsentendo, mentre strofinavo le mani sudate sui pantaloni della tuta.
Con la coda dell'occhio guardai Noah di sfuggita, la sua moto, dove mi soffermai un pochino di più, e colta in flagrante girai su me stessa per seguire l'amico delle gemelle.
Sentii il rombo della sua moto ripartire e la cosa mi fece vibrare tutto il corpo.
In un attimo mi affiancò e mi tirò per la coda.
«Sali».
Lo guardai sconvolta e pronta a tirargli un ceffone.
«Ho detto sali in sella».
«Ma come ti permetti?»
«Senti ragazzina, ho notato come reagisci alla mia moto e conosco la voglia e gli occhi di chi non vedrebbe l'ora di salirci. Quindi avanti».
«E Lullaby non sarà gelosa poi?»
Cazzo.
Mi aveva ingannato.
Avevo mostrato ciò che non volevo mostrare: interesse.
«Lo sapevo. Scimmietta, sali.»
Non riuscivo a capire tutto questo interesse, non riuscivo a capire perché premesse tanto per farmi fare un giro in moto.
Era una cosa stupida e infantile.
E poi chi lo conosceva?
«Allora Ty? Ti muovi, è tardi, i ragazzi devono tornare. E Noah, cazzo, lasciala stare per l'amor di Dio, finiscila di flirtare con lei, sappiamo tutti che non è il tuo tipo.» disse mia sorella affacciandosi dal finestrino.
Grazie Celine.
Sapevo benissimo che loro non potevano sapere che io e Noah avevamo già avuto due incontri. Ma mi sentii comunque vulnerabile.
In quel momento, avevo mille pensieri in testa e molte situazioni da gestire. Non volevo aggiungerne altre, non potevo sopportare ciò che sarebbe successo dopo.
Tuttavia, dentro di me avevo una forte voglia di salire con lui. Sentire ancora il suo profumo.
«Va bene, salgo, ma solo per la moto.»
«Accomodati, ma solo per avvisarti... tua sorella ha ragione, non sei il mio tipo.» disse battendo una mano sul sellino.
Feci per salire, ma con un gesto rapido e spinta da un'insana ribellione per la superiorità che mi aveva sempre dimostrato, chiusi la visiera del suo casco e con un gesto felino roteai su me stessa dirigendomi verso la macchina dei ragazzi.
Lo avevo lasciato lì.
Solo.
Il rombo della sua moto che sentii dopo essere salita in macchina, mi fece capire che lui non amava molto questo genere di situazioni.
Questi rifiuti.
Un sorriso spuntò sul mio viso.
Ben ti sta stronzo.
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