- Capitolo Trentuno -
Quello che avevo davanti, l'avevo visto solo nei film.
Eravamo in un enorme bunker sotterraneo.
Ma per quanto cercavo di assimilare ogni dettaglio, non riuscivo a farmene capace.
Cazzo.
Ma come si poteva creare una cosa del genere senza farlo sapere alla polizia?
Bocchettoni di aria ultra moderni facevano in modo di poter respirare.
Ma comunque il caldo, il sudore e l'eccitazione si sentivano in ogni quadrato.
I muri erano grezzi e pieni di graffiti, nonostante le luci al neon richiamassero modernità e innovazione.
Cominciai a focalizzare bene la gente, il calore e la musica alla mia destra.
Persone in costume ballavano strusciando il loro corpo su un altro.
Ragazzi in giacche di pelle erano seduti su delle moto, bevevano birra, mentre chiacchieravano tra di loro.
Un fischio acuto mi fece tappare le orecchie per un attimo e girai di scatto il volto verso la mia sinistra per vedere da dove provenisse.
Una folla di gente accalcata intorno a un uomo si spingeva e sventolava bigliettoni.
Da dove ero, non potevo capire se era Lux, ma dalla fisionomia doveva essere per forza uno dei suoi scagnozzi.
« Per le scommesse qui! Mi raccomando, si chiudono fra cinque minuti quindi sbrigatevi, razza di idioti. »
La voce sparata in un megafono a tutto volume si poteva udire anche al di sopra della musica.
«Ma dove diavolo siamo finiti? »
Fissai i miei occhi in quelli di Celine che aveva appena parlato.
I suoi invece erano puntati altrove.
Incuriosita, seguii la sua traiettoria e raggelai.
Un grande telo nero avvolgeva qualcosa di grande, non riuscivo a capire cosa ci fosse all'interno.
Vedevo solo posizionata al centro un immenso quadrato avvolto in un mantello.
« Cosa c'è lì? » dissi continuando a guardare quel colore carbone che avvolgeva e rendeva protagonista il suo interno.
« Oh cazzo. Ora si che siamo fottuti. »
Per un secondo non capii, non riuscendo a connettere l'espressione di puro orrore di Crystal che aveva attirato la mia attenzione.
Ma quando mi sentii spinta verso l'entrata che avevamo appena oltrepassato, tutto si fece più chiaro.
Un braccio arpionò la mia vita, facendomi arretrare e sbattendomi al muro del corridoio, mentre con l'altra mano chiudeva la porta dietro di noi.
Eravamo io e lui ora.
Incrociai i suoi occhi per un'istante.
Fiamme incendiavano le sue pupille tanto da farmi abbassare lo sguardo.
« Cosa cazzo ci fai qui? »
L'odore di Noah mi chiuse la gola senza permettermi di parlare.
Sentii il sangue defluire dal cervello per finire chissà dove, senza dare spazio di poter agire in alcun modo.
« Felicity, rispondi. »
Le sue mani bloccarono i miei fianchi e risalirono con calma ogni fibra del mio corpo.
La sua voce era un soffio gelido, capace di accapponare la pelle.
Aveva pronunciato il mio nome con disprezzo, non aveva usato il nomignolo che mi aveva attribuito.
Era sparito e con lui tutto quello che lo circondava.
Sapevo che Noah era fuoco e io legno e che soltanto il contatto tra di noi, riusciva a far bruciare ogni mio più piccolo tassello.
Ero totalmente fottuta. Lo sapevo.
« Guardami quando ti parlo. » Con una velocità mai vista, mi arpionò il viso puntando i suoi occhi nei miei.
Lo sentivo vicino, molto vicino, forse anche troppo.
Volevo allontanarlo, ma nello stesso istante lo volevo addosso.
E così lo guardai sul serio.
Mi tuffai nelle sue finestre dell'anima.
Il desiderio che sentivo io, lo percepivo e vedevo anche in lui, ma la rabbia che emanava era così evidente da inglobare anche il più piccolo briciolo di passione.
Nel momento in cui cercai di parlare, lui fu come se si risvegliò, allentando un pochino la presa e facendo scendere con piccoli movimenti la mano che aveva sul mio viso, verso il collo.
I suoi occhi si affinarono cercando di scavare nei miei.
Stava cercando di capirmi, di analizzarmi, anche se sapeva benissimo che non avrebbe trovato nulla di buono.
Avvertii la pelle incendiarsi nel momento in cui avvicinò le labbra a un centimetro dal mio orecchio.
Lo sentii ispirare il mio odore, come se volesse assimilare ancor di più la mia essenza.
« Dimmi perché sei qui, plucky. »
Il calore del suo fiato si propagò tra i miei capelli e sulla mia guancia come se fosse una coperta con cui riscaldarsi.
Brividi di eccitazione si propagarono per tutto il mio corpo, nel momento in cui posizionò le sue mani sul muro vicino alla mia testa e il suo fiato scendere fino ad arrivare sul mio collo.
Il mio punto debole.
Lo era sempre stato.
Ogni volta che qualcuno mi sfiorava lì, brividi di freddo, solletico o calore, tendevano a farmi piegare la testa.
In quel momento volevo soltanto provare la morbidezza delle labbra di Noah sulla pelle.
Il solo pensiero mi fece stringere le cosce, dove i miei umori avevano inzuppato a dismisura le mutandine di pizzo.
Non sapevo cosa fare, anche se dentro nel profondo, la mia libido avrebbe dato libero accesso a Noah, per rendermi qualsiasi cosa lui volesse.
Inclinai di più la testa per dare accesso a Noah.
Volevo sentire.
Volevo provare.
Volevo scegliere di sentire.
« Dimmi, perché sei così testarda? » Continuò ad un soffio dal mio collo.
Nello stesso istante un suo ginocchio si insinuò tra le mie gambe serrate.
Con una lieve forza riuscì a inserirsi nel mezzo e ad appoggiare tutto il suo corpo su di me.
Percepii una leggera pressione aumentare nei suoi pantaloni e le mie guance già rosee per il caldo e l'adrenalina, divennero di colpo cremisi.
Si lasciò andare su di me facendo pressione con la sua gamba tra le mie, mentre labbra calde mi bagnavano il collo esposto.
Sensazioni mai provate si scatenarono dentro di me.
Calore, adrenalina, voglia di avere di più.
Noah si muoveva lento e sensuale sulla mia pelle come se fosse una danza solo per me.
Mordeva, leccava e baciava ogni singola parte.
Mi sentivo stordita, ma volevo rimanere lì per sempre.
Mi spinsi verso di lui, dandogli ancora più accesso al mio corpo, ma lui si staccò.
I suoi occhi incontrarono i miei e passarono, secondi indelebili.
Volevo baciarlo.
Avevo una innata fantasia di assaporare il suo sapore, di baciare quelle labbra color ciliegia, ma la paura di essere respinta era troppo grande.
Mi ero lasciata andare con lui, nonostante i pensieri che avevo.
Di lui mi fidavo.
Avevo seguito il consiglio delle ragazze, vivi e lasciati andare.
Un'impulso e una voglia di rivalsa si accesero nel mio corpo, tanto da aver la capacità di avvicinarmi ancor di più al suo viso con il mio.
I nostri nasi si toccarono mentre i nostri occhi si osservavano ancora.
« Cosa vuoi da me? »
Lo guardai e mi avvicinai di più.
Soltanto una parola ci divideva per porre fine al tutto e unire le nostre labbra in un ballo carico di passione e rabbia.
Eravamo occhi negli occhi.
E io per un solo istante li strinsi chiudendoli e decisi, con tutto il coraggio che avevo, di pensare di meno e di agire di più.
Lo dovevo a me in fondo.
Ero pronta a farlo.
A baciarlo.
« Amore sei qui? »
Il mio cuore si congelò diventando un ghiacciolo.
Una voce femminile aveva invaso il corridoio, facendo staccare Noah da me all'istante.
« Sì, baby. »
Sbattei gli occhi più volte e focalizzai una bionda in minigonna di jeans e top bianco sull'uscio della porta.
Era un'angelo caduto dal cielo, tanto bello quanto raffinato.
« Ti stiamo cercando tutti, è ora. » La vidi parlare a Noah e guardare me, analizzandomi dalla testa ai piedi con sguardo superiore.
L'avevo già vista,ma non così vicino.
Sembrava una modella uscita dalla passerella dei miei completini preferiti. Forse era un'angelo proprio di quest'ultima.
Al contrario di me.
Mi vergognai della mia misera uniforme sciatta da casa.
Mi mancavano solo le pantofole e poi, potevo benissimo rappresentare una delle zie di Sabrina vita da strega.
Vidi Noah sorriderle dopo essersi staccato da me, sistemarsi la giacca di pelle, il ciuffo ribelle e andare verso di lei.
Le diede un bacio in testa e la spinse in avanti.
Mi guardò un'ultima volta, con la stessa strafottenza che avevo conosciuto il primo giorno.
Non era più il Noah di cinque minuti prima, era tornato a essere lo stronzo cattivo ragazzo.
« Sparisci. » disse osservandomi da sopra una spalla, prima di chiudere la porta.
La rabbia che avevo assopito tornò a caricarmi.
Sparisci.
Ero una pistola.
Ero pronta a sparare su chiunque, soprattutto su di lui.
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