Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

- Capitolo Quindici -

Ero sveglia già da un po', con un sorriso sulle labbra da far invidia.

Non sapevo chi fosse quel ragazzo, forse nemmeno lo avrei mai rivisto, ma aveva lasciato una scia, qualcosa di difficile da decifrare dentro di me.

I suoi occhi avevano illuminato la mia notte turbolenta dopo anni.
Avevano placato le tenebre che mi avvicinavano ogni giorno, e io, inconsapevolmente, gliene sarei sempre stata grata.

Oltre a lui, il letto in cui avevo dormito era super comodo, un sontuoso kingsize con baldacchino.

Di certo i miei non avevano badato a spese.
Esasperata al solo pensiero, decisi di alzarmi e uscire dalla mia stanza.

Cerca di abbassare la mia maglietta bianca extralarge che avevo indossato al volo prima di varcare la soglia, senza alcun risultato. Ero già pronta mentalmente alle critiche di mia madre così vestita, figuriamoci se mi presentavo nuda con solo l'accappatoio, avrebbe fatto scoppiare la terza guerra mondiale.

Mi ritrovai, spaesata e sola, in un piccolo salottino.
Ieri, per la stanchezza, non avevo notato nulla.
Ero corsa in camera come un fulmine, spossata dal viaggio e non solo.

Mi guardai intorno e notai come i miei genitori avevano prenotato una suite con tutti i comfort.

Le pareti erano completamente bianche ed erano destabilizzanti al mattino presto.
I raggi del sole che entravano dalle grandi finestre donavano all'ambiente una magia fatta di luce naturale.
Era talmente accecante che dovetti chiudere e aprire più volte gli occhi per abituarmi.
Li stropicciai e riuscii a focalizzare bene la stanza.

Era ampia e spaziosa, con divani in pelle beige e un tavolino bianco con un vaso di fiori finti al centro.
Le ampie vetrate che davano sul balcone offrivano una vista panoramica sulla piscina con acqua cristallina.
Un ingombrante tavolo in legno niveo con sedie dello stesso colore occupava un lato, vicino a una vetrata.
Tende di un bianco candido aggiungevano un tocco di raffinatezza e modernità.
Ma non c'era nessuno.

Tutto era perfetto.
Solo una cosa stonava in quell'ambiente.
Un post-it verde con una penna accanto, posizionati sul grande tavolino.

Mi avvicinai per vedere cosa c'era scritto e riconobbi subito la calligrafia.

"Siamo giù a fare colazione, sbrigati a vestirti. Fra poco si parte.
Papà"

Sbuffai e tornai in camera per prepararmi di nuovo. Non mi andava di fare colazione con loro, fingendo di essere una famiglia felice.
Ma almeno dovevo raggiungerli per dirgli che volevo fare un giro nei dintorni mentre li aspettavo.

Rovistai nella mia valigia e presi le prime cose che trovai.
Con una maglietta gialla a costine che lasciava scoperto l'ombelico in una mano e uno short jeans aderente vecchio di circa sei anni nell'altra, mi avviai verso il bagno per fare una doccia veloce.

Dopo essermi asciugata e lavato i denti, indossai i vestiti.
Faceva troppo caldo per truccarsi, quindi spazzolai velocemente i miei lunghi capelli color carbone.

Non avevo voglia nemmeno di avvicinarmi ai miei genitori, figuratevi se mi sarei presa la briga di prepararmi per fare bella figura con gli ospiti dell'hotel.

Dopo aver raccolto tutte le mie cose e chiuso la valigia, presi lo zainetto, indossai gli occhiali da sole e mi incamminai verso la porta.

Ero al quindicesimo piano di un hotel a cinque stelle e, per come mi sentivo, avrei preferito le scale, piuttosto che incontrare persone in spazi piccoli.

Ma l'apatia e le mie gambe, a malincuore, decisero per me, dirigendosi verso l'ascensore.
Nel momento in cui arrivai di fronte alle porte, queste si aprirono.

Due anziani signori che chiacchieravano fra di loro mentre uscivano, e io ne approfittai per infilarmi dentro e chiamare il piano terra.

Non sapevo cosa fare e dove andare, affidarsi al mio senso dell'orientamento era fuori discussione, come anche chiedere indicazioni a qualcuno.
L'unica soluzione era usare Google Maps e così mi misi alla ricerca di una caffetteria con i miei cornetti preferiti.

Mi accorsi all'istante che le mie sorelle e Charlie mi avevano bombardato di telefonate e messaggi.
Non ero nemmeno arrivata a destinazione e già era un susseguirsi di "Come è la nuova casa?" "Hai fatto amicizie?" "Non preoccuparti, siamo qui per te!".
L'ultimo messaggio che lessi fu quello di Celine sul nostro gruppo.

Celine: "TY! SE NON RISPONDI SUBITO, APPENA TI VEDO, I TUOI CAPELLI NERI DIVENTERANNO BIONDO OSSIGENATO"
PS: RISPONDICI O DOVRAI DORMIRE CON UNA CUFFIA IN TESTA DA ORA IN POI... OCCHIO SORELLINA!"

Scoppiai a ridere e cominciai a rispondere ad ogni messaggio, consapevole del fatto che Celine ne sarebbe stata capace.

Ero talmente immersa che nel momento in cui l'ascensore suonò per segnalare l'arrivo a destinazione, con la testa ancora rivolta verso il telefono, cominciai a camminare verso l'uscita.

All'improvviso, sbattei contro un corpo muscoloso e il contraccolpo mi rispedì all'interno dell'ascensore.

Ero già pronta all'impatto con il terreno, ma due braccia forti mi avvolsero come una coperta calda.

Mi irrigidii per il contatto, ma nello stesso momento, un profumo virile invase i miei sensi.

Quel profumo.

«Mmmh Dio...»

«No scimmietta, o forse si»

Cazzo! Lo avevo detto ad alta voce.

Non stavo capendo nulla, non mi riconoscevo, mi sentivo debole.
Ero carta fra le sue mani.
L'unica cosa che percepivo era il mio corpo.
Da totalmente rigido e freddo, passò ad essere lava bollente.

«Scusami, ero completamente presa dal telefono.» balbettai.

«Strano modo di incontrarci, per la seconda volta»

Non riuscivo a guardarlo, ma in compenso, ero ancora stretta al suo corpo.

Realizzai troppo tardi la posizione strana.

«Scusami» dissi alzando gli occhi e piantandoli nei suoi.

Erano divini come li ricordavo.
Un profondo blu notte.

Non feci in tempo a parlare ancora che lui mi lasciò andare bruscamente e distolse lo sguardo.

Feci lo stesso, ma senza farmi vedere lo studiai con la coda dell'occhio.

Si era cambiato.
Portava gli stessi anelli, la stessa collana, ma aveva addosso un completo nero senza giacca.

Era molto elegante, ma anche sportivo. Camicia, pantaloni neri aderenti, bracciali in bella vista.

Facevo fatica a distinguere anche un cane da un orso in quel momento, per come ero presa dall'attrazione che provavo per lui.

Vidi che le sue labbra si mossero come se stesse parlando.

Felicity ti sta parlando, svegliati!

La mia coscienza mi riportò alla realtà in un nanosecondo.

«Scusa?»

Ero patetica, patetica!

La vergogna mi invase e le mie guance si dipinsero di rosso.

«Scendi?» disse accennando un sorriso.

«Sì, grazie.»

Continuai ad osservarlo segretamente, come un leone pronto ad attaccare la sua preda.

Non ero mai stata una cacciatrice, ma in quel caso sentivo l'esigenza di comunicare, di ridere e di avere un contatto con lui.

Nel momento in cui decisi di parlare, lui si grattò la barba incolta sfiorandosi per puro caso la camicia.
Mi bloccai all'istante.

Un livido violaceo spuntava vicino la clavicola.
Traccia letale di una donna in calore.

Tipico.

Quello che mi destabilizzò non fu tanto il succhiotto fatto dalla tipa sanguisuga, ma la sua fierezza nel portarlo.

«Problemi?»

Beccata alla grande!

Un sorrisetto spuntò sul suo viso mentre si aggiustava i polsini della camicia.

Aveva capito tutto, lo stronzo.
Presa da una botta di sicurezza lo guardai dritto negli occhi.

«La prossima volta dovresti dire alla tipa sanguisuga che se continuava poteva anche prosciugarti.» dissi indicando il succhiotto.

Una risata virile uscì dalla sua bocca lasciandomi di stucco.

«Cosa ridi?» lo guardai a bocca aperta mentre lui si inumidiva le labbra.

«Ci siamo scontrati due volte per puro caso e la prima cosa che mi dici è questa?»

Diventai rossa come un peperone.
Aveva dannatamente ragione.

Si abbassò e prese qualcosa da terra mentre io continuavo a contemplare la mia pessima figura.

«Tieni, questo è tuo» disse ridandomi il telefono caduto a terra mentre l'ascensore ci avvisava di essere arrivati a destinazione.

Lo sconosciuto aveva capito tutto: che ero ammaliata dalla sua bellezza e dai suoi occhi, che ero timida e imbranata.
Ma soprattutto che ero patetica.

Indossò gli occhiali, fece due passi e si girò verso di me.

«La sanguisuga scopa da Dio e per come la vedo io, del resto non mi interessa.»

Poi, con sguardo languido, mi esaminò dai piedi fino alla testa, facendo infiammare ogni parte del mio corpo.
In un movimento fulmineo, fece scoccare la lingua contro il palato, puntando nuovamente quelle perle blu nei miei occhi.

«Io sono Noah», mi fece l'occhiolino e io, allibita, lo guardai andare via.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro