- Capitolo Dieci - (seconda parte)
Due anni prima...
Io, Celine e Crystal stavamo chiacchierando mentre raggiungevamo i nostri genitori in salotto.
Mio padre e mia madre ci guardarono scendere le scale, come se fossimo modelle e loro i nostri giudici, facendo calare il silenzio.
Non riuscivo a guardare oltre mia madre, conscia di quello che avevo visto il giorno prima.
« Siete tutte e tre meravigliose », disse mio padre emozionato.
« Si ok ok, bellissime, ma adesso andiamo, siamo in ritardo e sai benissimo che la signora Raynolds non accetta queste cose»
Mia madre era un calcio nelle palle, ormai lo avevo constatato.
Lui, avvolto nel suo smoking nero con camicia rigorosamente bianca, acconsentì. Guardandoci con occhi a cuoricino, lentamente aprì la porta invitandoci a uscire da vero galantuomo.
In fondo tutti avevamo paura della signora Raynolds.
Era una donna potente, come suo marito, Jeremy Fox.
Erano facoltosi, con la puzza sotto il naso, multimiliardari, e in tutto questo avevano un unico figlio, conteso da tutte, ma che nessuno aveva mai visto. Nicholas Fox.
Le chiacchiere che si raccontavano su di lui erano molte.
C'era chi diceva che era morto, chi affermava che era troppo importante per presenziare a una cena di beneficenza, chi riferiva che abitava su un'isola lontana e infine chi dichiarava che, con i suoi quarant'anni aveva messo su famiglia, senza dire nulla alla famiglia Fox.
Chissà chi si credeva di essere.
Sua madre invece lo sapeva benissimo.
Anche se aveva i suoi ottant'anni suonati, era un vero militare.
Organizzava sempre questo tipo di cene, anche se lei abitava a chilometri di distanza.
Puntualmente, ogni anno le organizzava in un posto diverso, non rinunciando mai a tutta la sua servitù.
Era una maniaca del controllo, ma in fondo il potere era anche questo.
Avere tutti, sempre disponibili a
qualunque costo.
Appena sceso il primo gradino del patio, per dirigermi verso l'auto, rimasi a bocca aperta.
« Sorpresa! Tanti Auguri Ty» sentii le mie sorelle e mio padre strillare contemporaneamente, ma io ero del tutto immobile.
Ammiravo un meraviglioso regalo a quattro ruote.
Una macchina blu notte mi salutava dal parcheggio, con tanto di fiocco rosso. Anche se avevo esplicitamente chiesto di non ricevere nulla per festeggiare, la adoravo già.
Andai ad abbracciare mio padre e poi mia madre, anche se in modo più rigido e sbrigativo di quello che forse si aspettava. Non riuscivo a fare diversamente però.
« Dai, avrai modo di vederla bene domani, dobbiamo andare. Subito. » mia madre mi bloccò sull'attenti mentre mi avvicinavo alla macchina che mi avevano appena comprato.
Cazzo, non poteva dire sul serio.
La mia euforia per la sorpresa si sgonfiò come un palloncino.
La guardai, nel suo lungo vestito di Chanel rosso fuoco, ancorata al braccio di papà, si dirigeva verso la limousine che avevano affittato per la serata senza degnarmi di uno sguardo.
Che grande stronza.
Le mie sorelle che avevano assistito alla scena e avevano già capito qualcosa, si affrettarono a venire da me. Stavo per risponderle spiattellando tutto quello che era successo il giorno prima, quando Celine mi ammonì con lo sguardo per farmi capire di lasciar perdere e fare finta di nulla.
Mi aggiustai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e feci un gran respiro, mentre Crystal alzava gli occhi al cielo consapevole che nostra madre era una grande guastafeste.
Forse la stavo facendo più drastica del dovuto, in fondo avrei avuto tutto il tempo l'indomani per guardare meglio il mio dannatissimo regalo.
La serata non era iniziata bene per me e speravo, avviandomi verso la limousine, che sarebbe andata meglio.
Una volta arrivate nella villa dove si teneva la cena, ci recammo al guardaroba per depositare i nostri cappotti.
I nostri genitori erano già entrati già nella sala e noi ci eravamo attardate di proposito per confabulare.
« Ho voglia di farla arrabbiare.
Secondo voi, meglio se bevo come una spugna o se mi apparto con qualcuno? Amo vederla su tutte le furie » disse Celine mentre guardava la mamma in lontananza.
Scoppiai a ridere, le mie sorelle non scherzavano quando dicevano che volevano bere come spugne. Reggevano bene l'alcool, ma vedere una ragazza di diciotto anni, bere ad una cena di beneficenza come se non le bastasse mai, avrebbe messo in ridicolo i miei genitori.
Celine mi fece l'occhiolino, aveva capito che dicendo così aveva alleggerito la pesantezza che mi circondava.
Ma appena varcai la soglia di entrata della sala di ricevimento, quella brutta sensazione che mi circondava la mattina prima, mi percorse la schiena facendomi irrigidire.
Avevo ancora un brutto presentimento, era una sensazione viscerale, mi faceva stringere lo stomaco e tremare come una foglia.
Non sapevo mai cosa potesse succedere, ma quando sentivo questa percezione ero certa che sarebbe accaduto qualcosa di negativo come ieri.
Ero talmente tanto offuscata che improvvisamente, mi ritrovai nella giungla dei manichini di Versace e Dior, accanto alle mie sorelle.
Dopo aver mangiato sedute a un tavolo così lussuoso da far venire il vomito, ci spostammo in un'altra sala.
C'era un palco, dove la signora Raynolds stava iniziando a parlare dei bambini bisognosi nel mondo.
Mentre ascoltavo il suo discorso, guardai intorno, uomini vestiti da pinguini e donne ricoperte di gioielli erano in ogni angolo accalcati a parlare e a sfoggiare gli ultimi acquisti.
Niente di nuovo insomma, ma mi sentivo osservata.
Continuai a guardare, ma nulla, tutti erano impegnati fra loro o ad ascoltare la signora Raynolds.
Non riuscivo a capire chi diavolo mi stava guardando così assiduamente.
Cominciai a tremare, le mani sudate, la gola chiusa.
Avevo bisogno di aria, tanta aria.
Crystal si accorse del mio piccolo nervosismo e allungò una mano per toccarmi un fianco e attirare la mia attenzione.
« Cos'hai? »
« Sensazione, ricordi? »
Di certo non potevo dirle che mi sentivo osservata, così tanto da sentirmi nuda.
« Ancora? Che palle Ty, ma goditi la vita, senza essere così pesante e negativa. »
« Ma se ieri avevi la stessa sensazione e non è successo nulla » mi ricordò mia sorella.
Erano entrambe convinte che fosse tutto uno scherzo eppure per me queste sensazioni erano sempre rivelatrici.
« Sentite, non sono cavoli vostri e poi non mi sento a mio agio. Posso sentirmi strana o devo fare una richiesta scritta a qualcuno? »
Le mie sorelle non risposero, colpite dal modo in cui avevo parlato, quindi continuai anche se stavo soffocando.
E in più, ora, si era aggiunta la mortificazione per come le avevo trattate.
« Vado a fare un giro fuori nel giardino, dite ai nostri genitori che sono lì se mi cercano.
Tornerò tra poco, non preoccupatevi »
Mi voltai e stringendo le mani lungo i fianchi, sorrisi alle persone che sorpassavo fino ad arrivare a una grande finestra alta in mogano, che dava su un grande giardino.
Una volta fuori, rimasi senza parole per la vista che il balcone dove mi stavo affacciando offriva.
Ai lati avevo folti e grandi alberi verdi che lasciavano spazio all'immenso prato buio e dello stesso colore di fronte a me.
Una fontana altissima sullo sfondo veniva circondata da siepi enormi.
Ogni siepe aveva una forma ben definita.
Tutti animali.
Che cosa strana.
Volevo passeggiare fra quelle siepi, mi incuriosivano talmente tanto che cercai di trovare un modo per raggiungerle.
Notai una scala sulla mia sinistra che scendeva proprio in quel giardino fatato.
Mi sbrigai a scenderla per non farmi vedere dalle persone che stavano uscendo dalla porta-finestra.
Avevo bisogno di rimanere sola e non di continuare a sfoggiare il mio sorriso più falso per compiacerle mia madre.
Una volta finite le scale, mi trovai un sentiero di ciottolini bianchi che conduceva proprio alla bellissima fontana.
Camminando, mi accorsi che dietro le siepi c'erano anche delle panchine in ferro battuto.
«Salvezza per i miei piedi e la mia mente» sussurrai mentre mi sedevo.
Guardai di fronte a me, la fontana era immensa.
Nell' acqua si rifletteva la luce della luna creando un gioco di luce e ombre davvero spettacolare.
Nel mezzo c'era un pilastro con un 'anfora da cui purezza limpida cadeva direttamente sul fondo.
Lo scrosciare dell'acqua era un rumore che trasmetteva tranquillità e pace.
« Sola?»
Una figura totalmente vestita di nero si manifestò vicino all'entrata del sentiero che portava alla villa.
Il mio cuore cominciò a battere talmente forte che non riuscivo a calmarlo in nessun modo.
Quella sensazione negativa comparve come uno tsunami e io non ebbi il coraggio di proferire parola.
Ty stai attenta.
«Non rispondi? Sai che è maleducazione non rispondere a una persona? »
Nulla, vuoto totale.
L'uomo si avvicinò e il chiarore della luna illuminò il suo viso.
Cazzo era lui.
L'uomo che ieri era con la mamma.
«Tu...»
«Io...»
Lo sconosciuto sorrise toccandosi l'orologio da milioni di dollari che aveva al polso.
« Chi sei? » dissi cominciando a guardarmi intorno con la coda dell'occhio.
«Non è importante chi sono, ma chi sarò»
Ty, qua non si mette bene.
Cominciai ad alzarmi e con nonchalance ad allontanarmi piano piano mentre l'uomo continuava a parlare.
« Sai Felicity, io so chi sei tu e questo è l'importante.»
«Non per me cazzo»
«Signorile, davvero signorile»
«Cosa cazzo vuoi da me? Chi sei? Come facevi a sapere che mi trovavo qui?»
«Ti osservavo »
Mi sentivo stregata dalle sue parole, era bello certo, ma vedevo nei suoi occhi un'anima nera.
Dovevo fare qualcosa, la mia mente e il mio sesto senso mi dicevano di scappare, ma io e la mia maledetta curiosità volevamo capire cosa volesse.
«Ok, eccomi. Ora dimmi: Cosa cazzo vuoi?»
«Tutto»
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